venerdì 25 febbraio 2022

Ucraina, la soluzione Kissinger

Diceva 8 anni fa: si sbaglia appoggiare i contendenti: «serve solo la riconciliazione»

Biden invece spinge la Russia nelle braccia di Pechino


C'è una possibile via d'uscita alla crisi che oppone l'Occidente alla Russia in tema di Ucraina. È contenuta in una parola nella quale crede un signore di 99 anni, la mente lucida ed enorme conoscenza del mondo e della diplomazia di nome Henry Kissinger: finlandizzazione. Si potrebbe tentare ancora adesso una progressiva integrazione di Kiev nell'Unione europea, sia pure lasciandola in rapporti molto stretti di tipo economico con Mosca e garantendone la neutralità. In altre parole: business con gli ucraini, ma entrata nella Nato neanche a parlarne.

L'idea risale alla crisi del 2014 che portò all'annessione russa della penisola di Crimea. Il 5 marzo di quell'anno, con un intervento sul Washington Post, l'ex Segretario di Stato di Richard Nixon mise in chiaro il suo pensiero: «Troppo spesso il problema ucraino viene posto in termini di scelta: Kiev deve stare con l'Oriente o con l'Occidente. Ma se l'Ucraina vuole sopravvivere e prosperare, non deve diventare l'avamposto dell'uno contro l'altro e viceversa: deve semmai funzionare come ponte tra loro». Perché, scriveva Kissinger, se Mosca tentasse di rendere Kiev un suo Stato satellite, finirebbe per ripetere quanto è già accaduto nella sua storia, ossia una serie di pressioni reciproche fra lei, l'Europa e gli Stati Uniti.

Il Metternich di Washington ne ha anche per l'Europa. Bruxelles, scriveva, «deve riconoscere che la sua lentezza burocratica e la subordinazione dell'elemento strategico alle politiche nazionali in tema di negoziazione del rapporto tra l'Ucraina e l'Europa hanno contribuito a trasformare un negoziato in una crisi. La politica estera è l'arte di stabilire delle priorità». La priorità, in questo caso, sono gli ucraini che hanno da secoli un rapporto viscerale con i russi, non foss'altro che la storia russa è iniziata proprio con la Rus' di Kiev, l'embrione della Russia (860-1240) e che spesso la storia russa ha incrociato su quelle pianure, specie quando si è trattato di battaglie storiche per la libertà di Mosca come quella della Poltava, dove nel 1709 l'esercito di Pietro il Grande sconfisse gli svedesi di Carlo XII.

Kissinger osserva un'altra cosa: l'Ucraina occidentale è cattolica, quella orientale ampiamente ortodossa. È una nazione poliglotta in cui a Ovest parlano ucraino, a Est prevalentemente russo: «Trattare l'Ucraina come parte dello scontro Est-Ovest affonderebbe per decenni ogni tentativo di portare la Russia e l'Occidente (specie la Russia e l'Europa) in un sistema di cooperazione internazionale». Anche perché il Paese è diviso, e le fazioni politiche cercano di sopraffare l'una contro l'altra: allora erano Viktor Yanukovic contro Yulia Tymoshenko; adesso sono il presidente Vladimir Zelensky (russofono ma europeista) contro Viktory Medvedchuk, amico intimo di Vladimir Putin (padrino di Battesimo di sua figlia), avvocato e imprenditore con tre televisioni attive in Ucraina e leader del partito filorusso Ukrainian Choice. A febbraio del '21 Zelenski aveva chiuso le tre Tv di Medvedchuk (112 Ucraina, Zik Tv e NewsOne Tv) ma di questo ne parliamo in un altro articolo.

Però la divisione interna in fazioni, come si vede, rimane. Kissinger ha ragione. Questo gli hipster che lavorano alla Casa Bianca per Joe Biden non l'hanno letto o capito, ed ecco perché Mosca sta entrando sempre più nell'orbita di Pechino e perché si sta avverando quello che otto anni fa uno dei più grandi personaggi storici del Ventesimo secolo ha previsto. È sbagliato, suggerisce, appoggiare i filoccidentali contro i filorussi: bisogna invece «cercare la riconciliazione».

Vale anche per Putin: Occidente e Russia non hanno mai preso in considerazione tutto questo e in ogni caso hanno risolto nulla: «La Russia non può imporre una soluzione militare senza isolarsi nel momento in cui molti dei suoi confini sono già precari; per l'Occidente, la demonizzazione di Putin non è una politica ma l'alibi per l'assenza di essa». L'uomo del Cremlino – dice ancora Kissinger – non può rischiare un'altra Guerra fredda dando la parola alle armi; la Casa Bianca (allora Barack Obama, di cui Biden era il vice: vedete che il discorso regge ancora): «Deve evitare di trattare la Russia come un discolo a cui spiegare con pazienza le regole di comportamento volute dagli americani». Già: vallo a spiegare allo staff di Sleepy, l'Addormentato Joe (cosa che Kissinger predica dal 2007, inascoltato) più riconciliazione nazionale.



A questo, Kissinger (che all'epoca scriveva queste righe a proposito della crisi di Crimea) aggiungeva anche il riconoscimento russo della sovranità ucraina sulla Crimea ma una maggiore autonomia della penisola con libere elezioni alla presenza di osservatori internazionali, con alcune considerazioni sullo status della flotta russa nel porto di Sebastopoli. E avvertiva che sì, erano una serie di «scontenti bilanciati tra ambo le parti. Ma se non si raggiungerà una qualche soluzione sulla base di questi o altri elementi comparabili, la discesa verso lo scontro accelererà. E quel tempo verrà abbastanza presto». In 8 anni tutto questo si è avverato. Fonte: qui

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