venerdì 31 marzo 2017

NIGEL FARAGE: ‘ORA VOGLIO FAR SALTARE L’UNIONE EUROPEA’.

IL POLITICO CHE DI FATTO HA CAUSATO LA BREXIT E LA FINE DI DAVID CAMERON, ORA PENSA AL PROSSIMO OBIETTIVO: ‘UN’EUROPA DI NAZIONI SOVRANE E INDIPENDENTI CHE LAVORANO INSIEME, CON IL REGNO UNITO LEADER’

(AGI/EFE) - L'eurodeputato eurofobico britannico dell'Ukip, Nigel Farage, l'uomo che era alla guida del movimento che oggi ha registrato il suo trionfo con l'avvio dei negoziati per l'uscita di Londra dall'Ue ("un giorno che una volta era solo un sogno oggi e' realta'", ha commentato alla Bbc), vorrebbe tanto ora "vedere come riuscire a spaccare" l'Unione europea.

THERESA MAY NIGEL FARAGETHERESA MAY NIGEL FARAGE
"La Brexit e' parte di un piu' ampio fenomeno europeo", ha dichiarato il formalmente ex leader dell'Ukip, secondo il quale l'intero "progetto europeo e' un errore. Era una buona idea all'inizio ma ora e' uno sbaglio" mentre sarebbe meglio "un Europa di nazioni sovrane ed indipendenti che lavorano insieme e in cui il Regno Unito rivesta un ruolo di leader".

Farage ritiene la Brexit (l'esito del referendum che l'allora premier conservatore David Cameron convoco' - il peggior errore politico possibile che ha pagato con l'oblio - per il 23 giugno, certo di restare nell'Ue e di disinnescare allo stesso tempo la minaccia a destra dei conservatori rappresentata dall'Ukip) sia solo l'antipasto di un'avanzata dei partiti populisti "che si oppongono all'Ue e ha sottolineato che la leader dell'estrema destra francese Marine Le Pen "potrebbe diventare presidente della Francia".

Fonte: qui
donald trump nigel farageDONALD TRUMP NIGEL FARAGEfarage trumpFARAGE TRUMP

Stakanovisti della sanità

Non c’è soltanto l’Italia arrogante dei furbetti: ecco storie e volti di chi non si tira mai indietro

L’indagine. Un’indagine della Federazione di Asl e ospedali (Fiaso), rileva che pur dovendo fare i conti con il nuovo orario di lavoro europeo - che vieta turni massacranti - i lavoratori della sanità hanno fatto di più in minor tempo, senza far allungare le liste d’attesa ed evitando tagli dei servizi

C’è il professore pensionato che da oltre tre anni lavorare gratis per il suo ospedale. L’infermiere del 118 che lavora 40 ore di fila al gelo per fronteggiare l’emergenza neve. O la dottoressa del pronto soccorso che non va in maternità temendo di scaricare troppo lavoro sui colleghi. Sono l’altra faccia del pianeta dei furbetti. E’ l’universo molto più popoloso e poco raccontato degli stakanovisti della sanità, che non si tirano mai indietro. Come la dottoressa Maria, che a Parma non si è fermata per 24 ore ed ha salvato la vita a tre bimbi.  

Proprio ieri un’indagine della Federazione di Asl e ospedali (Fiaso), ha raccontato come pur dovendo fare i conti con il nuovo orario di lavoro europeo che vieta turni massacranti i lavoratori della sanità hanno fatto di più in minor tempo, senza provocare allungamenti delle liste d’attesa o tagli dei servizi. Anche se la stessa Federazione denuncia che la situazione è al limite del collasso. Ma se questo pilastro del nostro welfare ancora tiene lo si deve ai tanti eroi senza volto che per una volta mostrano la faccia raccontando i loro sacrifici. 

Il professor Pier Paolo Vescovi, specialista endocrinologo e diabetologo, con 340 pubblicazioni alle spalle è un caso a se. Sarebbe dovuto andare in pensione a ottobre del 2013 ma per lui l’ultimo giorno di lavoro non c’è mai stato. «Ho continuato a lavorare come responsabile scientifico dell’ospedale di Mantova con la qualifica di primario emerito ma senza percepire stipendio. E pensi che ho anche lasciato li 100 giorni di ferie non retribuite». Stakanovista? «No, solo amore per questa professione». 

Mauro d’Agostino, infermiere, coordina il 118 di Pescara. Si è fatto l’emergenza neve ed è stato in prima fila nei soccorsi all’Hotel Rigopiano. «Ho fatto fino a 40 ore di lavoro consecutive al gelo, avendo come riparo solo le ambulanze e i mezzi di soccorso». «Ma quella di quest’anno è l’eccezione che conferma la regola, perché qui è normale fare turni di 36 ore. E sa qual è il bello? Che quando da responsabile del servizio ho chiesto di restare a un collega che magari aveva già lavorato 12 ore, non c’è mai stato uno che abbia risposto no». Sacrifici ben ripagati, «perché quando salvi una vita sofferenza e stanchezza scompaiono». 

La stessa vita dura la fa Elisabetta Lombardo, medico del pronto soccorso del “Vittorio Emanuele” a Catania. «Abbiamo 60mila accessi l’anno, ci sono giorni che non riesci nemmeno ad andare in bagno o a prendere una bottiglietta d’acqua. Se ti ammali ci pensi tre volte prima di assentarti, perché sai che poi il tuo lavoro ricade sulle spalle dei colleghi che sono già al limite». «Così all’inizio della mia prima gravidanza mi sono fatta forza e sono rimasta al lavoro lo stesso, anche se al pronto soccorso si ha diritto da subito all’aspettativa».  

Daniele Curci è un altro che non si risparmia. Fa l’infermiere all’Unità dei trapianti renali delle Molinette a Torino, dove tiene anche corsi di laurea in scienze infermieristiche. «E’ capitato di dover fronteggiare anche tre trapianti in contemporanea, perché quando arriva una donazione mica ci si può tirare indietro». Poi fa due conti. «Tra assistenza e didattica faccio 50 ore a settimana per arrivare a mala pena a duemila euro al mese. Mia moglie mi dice chi me lo fa fare ma quando mi trovo a trasmettere la mia passione agli studenti del corso dico chi se ne importa». 

La pensa così anche Giampiero d’Offizi, Responsabile dell’Unità operativa Malattie infettive ed epatologia allo Spallanzani di Roma. «Tra clinica, didattica, ricerca e organizzazione non ho tregua. I weekend sono spesso una chimera, ma qui trattiamo tanti pazienti di classi disagiate, che si sentono abbandonati: le loro lettere di ringraziamento ripagano di tutto». Un grazie che dovrebbe arrivare di tutti gli italiani. 

11/03/2017

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giovedì 30 marzo 2017

IL PRESIDENTE DEL VENEZUELA FA UN GOLPETTO E SI ASSEGNA PIENI POTERI, ESAUTORANDO IL PARLAMENTO CONTROLLATO DALL’OPPOSIZIONE

IL TRIBUNALE SUPREMO DI GIUSTIZIA ASSUME IL CONTROLLO DEL POTERE LEGISLATIVO 

ORA IL GOVERNO PUO’ FARE QUEL CHE VUOLE

(ANSA) - Il Tribunale Supremo di Giustizia (Tsj) del Venezuela ha assunto tutte le funzioni dell'Assemblea Nazionale, il Parlamento unicamerale in mano all'opposizione, lasciando la via libera al governo di Nicolas Maduro per governare senza alcun controllo. 

In una sentenza la notte scorsa, l'alta corte ha stabilito che siccome l'Assemblea si trova in situazione di "ribellione ed oltraggio" alle sue decisioni, "le competenze parlamentari saranno esercitate direttamente dalla Sala Costituzionale (del Tsj) o da qualsiasi organo che essa disponga, per garantire lo Stato di diritto".

MADURO E BERGOGLIOMADURO E BERGOGLIO
Formalmente, la sentenza del Tsj è stata adottata in risposta a una richiesta presentata dal governo riguardo la costituzione di aziende miste pubblico/privato, per la quale sarebbe necessaria l'autorizzazione del Parlamento, secondo i termini della Costituzione. L'alta corte ha deciso che, data "l'urgenza della questione" e quello che definisce l'"omissione incostituzionale parlamentare", il presidente è solo tenuto ad "informare" il Tsj delle sue decisioni, mentre l'Assemblea "non potrà modificare le condizioni proposte né pretendere di stabilirne altre".

IL PRESIDENTE VENEZUELANO NICOLAS MADURO DURANTE UNESERCITAZIONE MILITAREIL PRESIDENTE VENEZUELANO NICOLAS MADURO DURANTE UNESERCITAZIONE MILITARE
In questo modo il governo può bypassare completamente l'Assemblea Nazionale - dove l'opposizione controlla 112 seggi, su un totale di 167, dalle elezioni politiche del 2015 - e governare per decreto, essendo tenuto solo ad informare delle sue iniziative al Tsj.

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COMPROMESSO STORICO DEL 'FINANZIAMENTO'. BUZZI HA DATO DENARO A VELTRONI E AL TANDEM PANZIRONI-ALEMANNO

COMPROMESSO STORICO DEL 'FINANZIAMENTO'. BUZZI HA DATO 150 MILA EURO A VELTRONI (“MAI IN NERO”) E 850 MILA AL TANDEM PANZIRONI-ALEMANNO ("NON SMETTEVA MAI DI CHIEDERMI SOLDI") 

BUZZI: “SONO SEMPRE STATO COMUNISTA, MA SE UN GATTO ME PIJA ER SORCIO, IO PAGO…”

1. PER FINANZIARE VALTER IL LIMITE ERA 5 MILA EURO
Il.Sa. per il Corriere della Sera
salvatore buzzi con il quarto stato alle spalleSALVATORE BUZZI CON IL QUARTO STATO ALLE SPALLE

Le rivelazioni in progress di Salvatore Buzzi colpiscono di nuovo il Partito Democratico. Nel corso dell' esame, il fondatore della 29 giugno aveva già sparato a zero sui suoi ex colleghi di partito (salvandone una parte) ma ora, durante il controesame, Buzzi sembra voler condurre l' affondo.

walter veltroniWALTER VELTRONI
E, per la prima volta, l' imputato chiama in causa l' ex sindaco Walter Veltroni, sostenendo di averlo finanziato durante la campagna elettorale attraverso il sistema delle coop. «Tirammo fuori 150mila euro. Finanziamenti in chiaro e mai in nero» aggiunge, come se questo fosse sufficiente a ridimensionare la portata dell' accusa. E anche se il nome di Veltroni non compare nell' elenco dei finanziati, prodotto dai suoi difensori gli avvocati Alessandro Diddi e Piergerardo Santoro, è chiaro che ormai Buzzi va a ruota libera. Precisano dall' allora comitato elettorale di Veltroni: «Il limite al finanziamento era rigorosamente di 5mila euro...»
SALVATORE BUZZI - GIULIANO POLETTISALVATORE BUZZI - GIULIANO POLETTI

É la sua parola contro quella degli altri ma il re della «29 giugno» conta anche sul rimbalzo mediatico delle sue affermazioni. A stretto giro il senatore Maurizio Gasparri decide di rincarare la dose: «Possibile che un illustre esponente della sinistra come Veltroni non voglia dare un contributo di verità sulla vicenda? Perché non smentisce?».

SALVATORE BUZZI - LUCIANO CASAMONICA - GIANNI ALEMANNOSALVATORE BUZZI - LUCIANO CASAMONICA - GIANNI ALEMANNO
Buzzi ne ha anche per Franco Panzironi e Gianni Alemanno: «Non smetteva mai di chiedermi soldi - dice - complessivamente gli abbiamo dato 867 mila euro, molti erano per la campagna elettorale di Alemanno». In pressing anche Francesco Storace ma su Nicola Zingaretti: «Bugie ai giudici». Oggi toccherà a Massimo Carminati offrire la sua versione.

Il Nero, in collegamento da Parma, risponderà alle domande dei difensori ma non sarà ripreso dalle televisioni: «Rispetto ad altri più o meno celebri processi che lo hanno visto imputato - dice l' avvocato Ippolita Naso - questo si presta ad un suo intervento in quanto è condito di una serie di ricostruzioni fantasiose e suggestive che meritano di essere chiarite una volta per tutte».



2. BUZZI E PANZIRONI "TI HO DATO PURE UN OROLOGIO PER LAVORARE"
Federica Angeli per la Repubblica - Roma

SALVATORE BUZZI FRANCO PANZIRONISALVATORE BUZZI FRANCO PANZIRONI
«OTTOCENTOSETTANTA-CINQUEMILA euro più un orologio scelto da lui in una gioielleria: ecco quanto ho dato negli anni a Panzironi per vincere le gare. Perché se volevi lavorare in Ama bisogna pagare Panzironi: non c' erano pasti gratis in Ama con lui e anche quando se n' è andato ha continuato a gestire tutto». Salvatore Buzzi grida dal carcere di Tolmezzo nel corso dell' interrogatorio dell' avvocato Bartolo, difensore di Franco Panzironi, l' ex ad Ama in quota Alemanno «a libro paga» del ras delle coop. 

E l' avvocato Bartolo urla a sua volta, parlando sempre al plurale e non per conto del suo assistito, come fanno gli altri penalisti. «Noi siamo da due anni in galera ha capito Buzzi?» o anche «siamo accusati di associazione di stampo mafioso».
franco panzironiFRANCO PANZIRONI

Le tangenti "tracciate" dall' accusa ammontano a 200mila euro ma per Buzzi è il quadruplo quello che ha dovuto dare a Panzironi e di cui non vi è prova se non la sua parola. «Perchè il suo cliente è un delinquente! », grida il ras delle coop nell' aula bunker di Rebibbia.

E l' avvocato Bartolo esplode: «Non si permetta! Piuttosto ci spieghi per quale motivo sta coprendo Alemanno e Visconti: non sarà mica un discorso di regole tra vecchi camerata?». Ormai il gioco è a chi indispettisce di più l' altro. E di fronte alla orgogliosa rivendicazione di Buzzi di essere sempre stato un comunista, il legale di Panzironi, come se la tensione non fosse già alta, soffia sul fuoco. Sempre urlando, chiede: «Lei che si definisce comunista non si vergogna ad aver finanziato le campagne elettorali del 2013 di Alemanno? ».

BUZZI CARMINATIBUZZI CARMINATI
La domanda, seppur ammessa dal tribunale, solleva sdegno da parte di alcuni suoi stessi colleghi. L' avvocato Ippolita Naso di Carminati, dal banco dietro, di fronte all' aggressività del collega, spalanca le braccia e dice: «è una domanda sul piano etico », «ma chi è lei: un moralizzatore? », chiosa il difensore di Buzzi Piergerardo Santoro.

La giudice riporta ordine e il ras delle coop non si sottrae neanche a questa ultima domanda. «Le rispondo in termini marxiani: tu non devi guardare se il gatto è bianco o nero, se me pia er sorcio io lo pago». Una parabola, una delle tante enunciate da Buzzi (come quella «la verità è che io sono stato un argine alla corruzione a Roma»), che chiude gli 8 giorni dedicati a lui. Da oggi tocca a Carminati.

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LA MOGLIE, DI FILLOL, PENELOPE INDAGATA PER COMPLICITA’ IN APPROPRIAZIONE INDEBITA E TRUFFA AGGRAVATA

INTERROGATA PER TUTTA LA GIORNATA


manifestazione pro fillon parigi 10MANIFESTAZIONE PRO FILLON PARIGI 10
Dopo una lunga giornata di interrogatorio presso il polo finanziario del tribunale di Parigi, Penelope Fillon - la moglie del candidato della Destra all’Eliseo, François Fillon - è stata iscritta nel registro degli indagati nell’ambito dell’indagine sui presunti impieghi fittizi in parlamento: è quanto riferiscono fonti giudiziarie. 

Per tutta la giornata, Penelope Fillon è rimasta chiusa nella sede del Polo nazionale finanziario per l’interrogatorio con i giudici. Un’audizione fiume, cominciata ieri mattina e finita solo a sera tardi, intorno alle 22:30, quando una berlina scura, con la moglie del candidato a bordo, ha lasciato l’edificio per riportarla a casa.
FRANCOIS FILLON CON LA MOGLIE PENELOPEFRANCOIS FILLON CON LA MOGLIE PENELOPE

Doppio passaporto franco-gallese, 5 figli con Fillon, Penelope è indagata, tra l’altro, per complicità in appropriazione indebita e truffa aggravata.

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mercoledì 29 marzo 2017

BREXIT: THERESA MAY FIRMA E L’AMBASCIATORE NOTIFICA L’ARTICOLO 50 ALL’UNIONE EUROPEA

"È IL MOMENTO DI ESSERE UNITI", DICE LA MAY AI BRITANNICI. 

E AGLI SCOZZESI: "NON AVRETE UN SECONDO REFERENDUM" 

E PARTONO GLI APPELLI DELLE AZIENDE PER RIPRISTINARE ACCORDI BILATERALI.

RYANAIR: "GB RISCHIA DI RESTARE SENZA VOLI PER L'UE"

ANSA

theresa may firma la richiesta secondo l articolo 50THERESA MAY FIRMA LA RICHIESTA SECONDO L ARTICOLO 50
La premier britannica Theresa May ha firmato la lettera per la notifica dell'articolo 50 del Trattato di Lisbona che, nel momento della consegna al presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk ed ha segnato l'avvio formale dell'iter della Brexit, il divorzio di Londra dall'Ue sancito dal referendum del 23 giugno scorso. Lo riporta la Bbc. La lettera - poche cartelle - è stata consegnata alle 13,30 a Tusk dall'ambasciatore Tim Barrow del Regno Unito a Bruxelles. E ha fatto scattare i due anni di negoziati previsti per il divorzio.

"E' il momento di essere uniti". Così la premier britannica, secondo le anticipazioni dei media del Regno Unito, si rivolgerà più tardi al Paese annunciando l'inizio della Brexit. Nel suo richiamo all'unità dopo le divisioni del referendum ricorda come "siamo una grande unione di persone e nazioni con una storia di cui andar fieri e un brillante futuro".

La May, sempre secondo le anticipazioni dei media, si impegna a "rappresentare ogni persona in tutto il Regno Unito, inclusi i cittadini Ue". Secondo la leader conservatrice, i milioni di residenti europei nel Regno "hanno fatto di questo Paese la loro casa".

theresa may firma la richiesta secondo l articolo 50THERESA MAY FIRMA LA RICHIESTA SECONDO L ARTICOLO 50
"E' uno dei momenti più importanti nelle recente storia del Regno Unito". Così la premier britannica Theresa May ha definito l'annuncio formale che farà sull'avvio della Brexit e delle trattative con Bruxelles. Il fine, ha aggiunto il primo ministro, è quello di creare una "relazione profonda e speciale" con l'Europa.

"Dobbiamo cogliere questa storica opportunità per emergere nel mondo e plasmare un sempre maggiore ruolo per una Gran Bretagna globale", ha aggiunto la premier parlando a Birmingham durante un forum sugli investimenti del Qatar. "Questo si traduce non solo nel costruire nuove alleanze ma ampliare i rapporti coi vecchi amici che sono al nostro fianco da secoli", ha detto ancora May.
tim barrowTIM BARROW

Intanto il parlamento scozzese ha votato in maggioranza a favore della richiesta di un referendum bis sulla secessione da Londra in risposta alla Brexit. La proposta era stata presentata dalla first minister e leader indipendentista dell'Snp, Nicola Sturgeon. "Non apriremo i negoziati sulla proposta della Scozia": è la risposta della premier britannica, tramite un suo portavoce. "Ora non è il momento giusto", ha ribadito il primo ministro, riferendosi all'inizio dei negoziati sulla Brexit.

"Per la Gran Bretagna sarà molto costoso lasciare l'Unione europea", ha detto il capogruppo del Ppe al Parlamento europeo Manfred Weber. Durante il periodo dei negoziati e quello transitorio, Londra "dovrà rispettare tutti gli obblighi in corso e la legislazione in corso - sostiene il tedesco - se no sarebbe un comportamento irrispettoso che creerebbe problemi ai negoziati". "Avremo in mente solo l'interesse dei 440 milioni di cittadini europei e non più quello dei cittadini britannici". "Uscire dall'Ue significa costruire di nuovo muri e barriere - afferma - e molti cittadini britannici avranno problemi con limitazioni della loro libertà nella vita quotidiana. Non mi piace ma è il risultato del referendum e tutti devono affrontare la realtà".

Dopo il referendum è arrivato, infatti, il giorno 'x' della Brexit. Il Regno Unito, a 44 anni dal suo ingresso nell'allora Comunità economica europea, oggi procede all'attivazione dell'articolo 50 del Trattato di Lisbona e da lì si aprono i negoziati per lo storico 'divorzio' da Bruxelles.

nick clegg protesta davanti al parlamentoNICK CLEGG PROTESTA DAVANTI AL PARLAMENTO
Si è aperta sul fronte interno, per Theresa May, fra le folate di vento della riottosa Scozia, la settimana della Brexit, quella in cui la Gran Bretagna si appresta a dare un giro alla roulette della storia: attivando l'articolo 50 del Trattato di Lisbona, passo senza ritorno (forse) sulla strada del divorzio dall'Unione Europea.

May tenta di serrare le file in seno al regno di Sua Maesta', alla vigilia di quel momento fatale e in vista di un biennio di negoziati con l'Ue che s'annunciano problematici, carichi d'insidie e incognite. Per farlo ha iniziato dalla sfida piu' difficile, quella del territorio del nord, dove la maggioranza e' anti-Brexit e dove la first minister, Nicola Sturgeon, e' tornata a soffiare sulla secessione scozzese.


BREXIT: APPELLO RYANAIR,GB RISCHIA RESTARE SENZA VOLI PER UE
(ANSA) - Appello di Ryanair al Governo britannico perché metta il tema dell'aviazione in prima linea nei negoziati con l'Ue e fornisca un piano post-Brexit coerente, altrimenti il rischio è di lasciare il Regno Unito senza voli da e per l'Europa da marzo 2019, quando uscirà dall'Ue. Lo si legge in una nota della compagnia low cost irlandese.

BREXITBREXIT
"A circa 9 mesi dal referendum sulla Brexit non sappiamo quali effetti avrà sul settore dell'aviazione", spiega Kenny Jacobs di Ryanair, sottolineando che "sta diventando preoccupante il fatto che il Governo britannico sembri non avere un piano B per mantenere i cieli liberalizzati della Gran Bretagna legati all'Europa se non dovesse restare" in vigore l'accordo europeo 'Cielo aperto'. In questo caso, spiega la nota, il Governo Gb dovrà o negoziare un accordo bilaterale con l'Ue per consentire i voli da e per l'Europa, oppure ripristinare le storiche regole del Wto, che non coprono l'aviazione, aumentando così la possibilità che non ci siano voli tra Europa e Gb per un periodo da marzo 2019.

Ryanair, che conta oltre 3 mila dipendenti nel Regno Unito e trasporterà quest'anno oltre 44 milioni di clienti dagli aeroporti britannici, ha già imperniato il fulcro della propria crescita dalla Gran Bretagna ad altri aeroporti dell'Ue - evidenzia la nota - decidendo di non aggiungere ulteriori aeromobili nei 19 aeroporti del Regno Unito nel 2017 e di tagliare il proprio tasso di crescita dal 15% ad appena il 6% quest'anno.

michael o leary ryanairMICHAEL O'LEARY RYANAIR
Mentre Westminster firma la lettera per la notifica dell'articolo 50, Ryanair si appella al Governo di Londra affinché "definisca immediatamente una strategia per mantenere i viaggi low cost tra Gb e Ue a partire da marzo 2019" - prosegue la nota - e avverte che mancano appena 12 mesi prima di un possibile taglio della programmazione, dal momento che l'operativo dell'estate 2019 viene preparato a marzo 2018.

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Chi governerà il mondo dopo la morte di David Rockefeller ?

Il 20 marzo del 2017 , ai 101 anni di età, è morto David, il patriarca del clan Rockefeller. Il multimiliardario deceduto aveva sviluppato le attività di suo nonno, il fondatore della dinastia, John Rockefeller, il capostipite che morì nel 1937.

Sicuramente David ha provveduto ad aumentare il capitale che aveva ereditato, tuttavia non si è trattato soltanto di questo. David Rockefeller ha dato un contributo significativo alle tendenze ideologiche, politiche ed economiche che si sono sviluppate in America e nel mondo intero nell’ultimo secolo. Questo contributo, nell’opinione dell’autore dell’articolo scritto da , Valentín Katasónov, della Fondazione di Cultura Strategica, è la più rilevante che non la maggioranza dei presidenti degli Stati Uniti nel dopoguerra.

Le elite mondiali.
David Rockefeller è stato colui che ha messo in marcia il progetto di globalizzazione e per tutta la sua vita lo ha sviluppato. In primo luogo, i Rockefeller hanno avuto sempre una partecipazione nel capitale del Sistema della Riserva Federale. Come risultato delle due guerre mondiali hanno rinforzato la loro posizione nella Federal Reserve, relegando ad un secondo livello i Rothschild (l’altra poderosa dinastia). I Rockefeller controllavano il principale banca di Wall Street, la Chase Manhattan, il cui presidente fino al 1981 fu lo stesso David.
David Rockefeller, banchiere e “filantropo”
In secondo luogo si costituirono istituzioni informali ma molto influenti della elite globale che permisero di promuovere nuove idee e progetti. Negli Stati Uniti naturalmente David è nel ‘Council of Foreign Relations’,( CFR), organismo costituito mel 1921, ed anche nel Gruppo Bilderberg era un partecipante regolare di tutte le riunioni, iniziando per il primo ed è stato un membro del Comitato dei Governatori del club.

In terzo luogo bisogna tenere in conto la Fondazione Rockefeller, quella che è una delle più grandi fondazioni “benefiche” d’America, le cui attività non sono mai state molto trasperenti. Le tre generazioni dei Rockefeller si sono dedicate ad “opere di carità” la cui priorità era quella di appoggiare il sistema di educazione superiore ed alcuni progetti nel campo della medicina e della genetica (in linea con le teorie dell’eugenetica). Gli studi genetici patrocinati dai Rockefeller hanno avuto carattere chiuso.

In quarto luogo, i Rockefeller, a differenza di altre dinastie capitaliste, hanno investito molto finanziando personaggi politici, intellettuali e i grandi media. A giudizio di Katasónov, questi investimenti risultano più redditizi nel lungo periodo che non nei valori di borsa.
Uno dei grandi successi di David Rockefeller si può considerare la creazione nel 1973 della Commissione Trilateral, una organizzazione internazionale privata che include rappresentanti dell’America del Nord, dell’Europa Occidentale e dell’Asia. Il loro obiettivo dichiarato è stato quello di discutere e trovare soluzioni ai problemi globali. Anche con aiuto dei Rockefeller è stato creato il Club di Roma nel 1968.
Fiduciari dei Rockefeller nel Governo degli USA
David Rockefeller non è mai entrato nel governo degli Stati Uniti ma ha semopre avuto suoi fiduciari all’interno. Fra di loro si trovano personaggi come Henry Kissinger e Zbigniew Brzezinski, sottolinea Katasónov, ma sempre ha confidato nel potere del suo clan; tra i suoi 4 fratelli il più influente era Nelson Rockefeller, governatore di New York e vice presidente sotto l’Amministrazione Ford.
Negli anni ’70 del secolo XX, Rockefeller ha partecipato nello smantellamento del sistema monetario di Bretton Woods, nel 1976 iniziò la conferenza in Giamaica in cui si è deciso di sostituire lo standard del dollaro in rapporto con l’oro con lo standard di carta.

Quello che rimaneva da fare era creare una domanda crescente per il biglietto verde. Il primo passo per ottenere questa meta era stata fatta dall’allora Segretario di Stato Henry Kissinger, il quale provocò la guerra del 1973 tra gli arabi e gli israeliani. Questo fatto fu seguito dal drastico aumento dei prezzi del petrolio e da una crisi energetica

Kissinger ha mantenne conversazioni con i leaders dell’Arabia Saudita e altri paesi esportatori di petrolio convincendoli per vendere petrolio soltanto a fronte di dollari. Pertanto, lo standard dei dollari di carta si era trasformato fin da allora in petrodollari.

I petrodollari che iniziarono a guadagnare i paesi dell’OPEC sono stati inviati alle banche degli Stati Uniti, incluso la Chase Manhattan, e furono emessi in forma di prestiti ai paesi del Terzo Mondo (indebitandoli). Ai principi degli anni ’80, come conseguenza di un forte aumento dei tassi d’interesse chiave della Federal Reserve, fu provocata una crisi del credito globale di cui si sono beneficiate le stesse Banche degli USA. L’equipe di economisti laureati nelle stesse università che la Fondazione Rockefeller sempre aveva finanziato, hanno iniziato in quel periodo a dare forma all’ideologia neoliberista delle globalizzazione economica e finanziaria diffusa da FMI.
L’essenza di questa ideologia consiste nella minimizzazione del ruolo dello Stato nell’Economia, nella eliminazione delle barriere, lasciando liberi non solo i movimenti delle merci ma anche quelli dei capitali, la privatizzazione delle proprietà statali e dei servizi pubblici, lo sviluppo integrale dei mercati finanziari, il predominio delle leggi di mercato e la fluttuazione dei cambi valutari e dei tassi d’interesse, la competitività dei salari (leggi sfruttamento della mano d’opera al più basso costo). 
Da allora, i mercati finanziari sono cresciuti fino a ottenere le proporzioni astronomiche di oggi, mentre l’economia tradizionale produttiva si è deteriorata.
Sarebbero i Rockefeller dietro la nuova truffa economica, mentre la Chase Manhattan si trovava in condizioni finanziarie così instabili che dovette fondersi con la JP Morgan, cosa che ha portato alla creazione della Morgan Chase. David aveva investito così tanto denaro nel petrolio ed era consapevole che il combustibile stava perdendo nel tempo il suo valore aggiunto e non è riuscito a trovare un suo sostituito con le medesime caratteristiche economico/energetiche. Il peggiore colpo lo ha sentito nel novembre del 2016, quando la corsa presidenziale è stata vinta da Donald Trump, conosciuto avversario della globalizzazione, partigiano dell’economia reale.
Nonostante questo, David Rockefeller non era un uomo capace di tutto. Era un semplice mortale, come gli altri(questo marzo il suo settimo cuore si è fermato per sempre) e comunque, negli ultimi due decenni, ha vissuto svariate pesanti delusioni.

Nella opinione di Katasonov, la globalizzazione finanziaria ed economica nella sua forma attuale ormai non potrà a continuare. 

Nello scenario sta entrando altra gente, quella che Katasonov (dottore in economia e professore dell’Università MGIMO) preferisce chiamare il “clan della Silicon Valley”. Si tratta dei giovani informatici che pensano in altre modalità. Per questo clan esiste soltanto denaro digitale, che è manipolato da Banche digitali, e persone come David gli sembrano vecchi dinosauri. E’ ormai giunta l’ora del successivo atto del dramma mondiale.

Fonte: Sputnik Mundo
Traduzione: Luciano Lago

Fermi due giacimenti in Libia: stop al gas per l’Italia e a un terzo del petrolio

Nuove difficoltà per l’industria petrolifera in Libia. Ieri la produzione di greggio si è ridotta di un terzo e si è fermata anche l’estrazione di gas a Wafa, giacimento operato dall’Eni che rifornisce l’Italia attraverso il gasdotto Green Stream.

La dinamica degli eventi resta piuttosto confusa. All’origine di tutto sembra esserci il blocco di due pipeline, provocato secondo fonti del Sole 24 Ore da una protesta di lavoratori per ritardi nel pagamento degli stipendi. Ma sono circolate indiscrezioni di stampa anche sulla presenza di gruppi armati.
Sta di fatto che due giacimenti – Sharara, il più grande del Paese, operato dalla spagnola Repsol, e Wafa per l’appunto – hanno dovuto interrompere la produzione, spingendo la National Oil Company (Noc) a dichiarare lo stato di forza maggiore sui carichi di greggio in partenza dai terminal di Zawiya e su quelli di condensati da Mellitah.

La compagnia libica parla di «circostanze fuori dal nostro controllo e che non possono essere prevenute».
Nonostante la situazione di caos nel Paese, che aveva convinto l’Opec a esonerarla dai tagli di produzione, la Libia aveva più che raddoppiato la produzione di greggio negli ultimi mesi, fino a superare 700mila barili al giorno. La rimozione di forniture per 250mila bg, legata agli «incidenti» di ieri, ha risollevato di quasi il 2% le quotazioni del petrolio – che erano vicine ai minimi da 4 mesi – per riportare il Brent in chiusura a 51,33 dollari.
Uno stop prolungato delle estrazioni, soprattutto a Sharara, che produceva oltre 220mila bg, potrebbe accelerare il riequilibrio tra domanda e offerta di petrolio, dando una mano all’Opec e ai suoi alleati impegnati nei tagli. «La questione importante per il mercato è capire se questa intrerruzione si rivelerà duratura o meno», osserva Richard Mallinson, analista di Energy Aspects.
«In passato – ricorda Tim Evans, di Citi Futures – le fermate sono durate da pochi giorni fino a due anni - Il bisogno di entrate generate dal petrolio sarà comunque un forte incentivo per negoziare che l’oleodotto sia riavviato il prima possibile».
Quanto al gas libico, la situazione per il momento non desta allarme: sul mercato c’è abbondanza di forniture alternative e la stagione invernale è ormai alle spalle.
Proprio il blocco di un oleodotto da parte di milizie irregolari aveva paralizzato per due anni le operazioni a Sharara, che era tornato in attività solo lo scorso dicembre.
All’inizio di marzo una fazione nota come Brigate per la difesa di Bengasi aveva occupato due dei maggiori porti della Libia, Es Sider e Ras Lanuf, ostacolando l’export di greggio, con ripercussioni sulla produzione. Le spedizioni sono riprese solo due giorni fa, dopo che il generale Khalifa Haftar, vicino al parlamento di Tobruk, è riuscito a riconquistarli dopo cruenti combattimenti.
Per saperne di più, clicca qui

GRANDI BANCHE, GRANDI ELUSIONI

UN QUARTO DEI PROFITTI DEI PRINCIPALI ISTITUTI EUROPEI DICHIARATO NEI PARADISI FISCALI 

LOCALITA’ PRESCELTE: LUSSEMBURGO, IRLANDA E CAYMAN 

IL CASO LIMITE DEL DELAWARE: NELLO STATO AMERICANO CONCENTRATA LA RESIDENZA FISCALE DEL 49% DELLE BANCHE USA 

IN UN CONDOMINIO HANNO UN RECAPITO 285 MILA AZIENDE

Ugo Bertone per Libero Quotidiano

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In un solo anno, nel 2015, le 20 banche europee più importanti hanno parcheggiato nei paradisi fiscali il 26% dei profitti realizzati per un totale di poco superiore ai 25 miliardi di euro. 

Un piccolo mistero, visto che nei 58 Stati che meritano l' etichetta di Paradiso fiscale le banche sviluppano solo il 12% dei loro affari ed impiegano solo il 7% del personale, che si spiega in un modo solo: elusione fiscale.

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È questo il risultato di un report, dal titolo "Aprire le casseforti", curato da Oxfam, una delle più prestigiose organizzazioni non governative inglesi, che si basa esclusivamente su fonti ufficiali. Nel 2015, infatti, le banche europee sono tenute a specificare i guadagni ottenuti Paese per Paese. È stata così possibile elaborare una mappa della ricchezza bancaria. Anzi di quel che gli istituti sottraggono alle varie giurisdizioni fiscali con effetti paradossali. Il Lussemburgo, ad esempio, conferma la sua natura di grande cassaforte nel cuore dell' Unione Europea che ha consentito alle 20 grandi banche di accumulare in soli dodici mesi 4,9 miliardi di euro di profitti, più di quanto gli stessi istituti hanno saputo realizzare nello stesso periodo in Gran Bretagna, Svezia e Germania messe insieme.
banca lussemburgoBANCA LUSSEMBURGO

Il Lussemburgo non è l' unico paradiso dei banchieri. Anche l' Irlanda non scherza. Il fisco di Dublino, già sotto tiro per le condizioni di favore garantite ad Apple, ha fatto ponti d' oro ad almeno cinque banche: la britannica RBS, la francese Societe Generalé, UniCredit per l' Italia, le spagnole Santander e BBVA. Questi istituti pagano imposte con un' aliquota media del 6% e in calo del 2% per alcune banche e comunque, segnala Oxfam, «ben al di sotto del tasso normalmente in vigore, il 12,5%, che è già il più basso nell' Unione europea»

Le cinque maggiori banche francesi, BNP Paribas, BPCE, Crédit Agricole, Crédit Mutuel-CIC e Sociatà Générale «hanno dichiarato 5,5 miliardi di profitti nei paradisi fiscali».

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Clamoroso il caso di Deutsche Bank, il colosso tedesco che ha in corso un aumento di capitale per far fronte alle multe inflitte dal fisco e dalle autorità di mercato in Europa come negli Usa. Nel 2015, per queste ragioni, l' istituto di Francoforte ha accusato un rosso di 6,1 miliardi di euro. Ma nello stesso anno Db ha dichiarato 1,2 miliardi di profitti in Lussemburgo, singolare eccezione in un anno gramo dove la banca ha perduto un po' ovunque, con l' eccezione di Hong Kong

È lecito sospettare, si legge nel report, che la banca tedesca «faccia affidamento sulla pratica di trasferimento degli utili» a caccia delle condizioni migliori dal punto di vista fiscale. Ed è facile pensare che altrettanto facciano i concorrenti.

hong kongHONG KONG
Barclays, ad esempio. Nel 2015 la banca ha realizzato profitti per 557 milioni in Lussemburgo, pagando la bellezza di un milione in tasse. Ovvero lo 0,2%. Niente male. Se considerano anche le attività in Irlanda e Svizzera, nota Oxfam, Barclays ha realizzato in questi tre paesi 900 milioni di utili (il 15% circa del totale) pur contando soltanto 500 dipendenti in tutto. «In poche parole - sintetizza Oxfam - nel 2015, queste nazioni rappresentano il 18% del risultato globale di Barclays ma solamente lo 0,4% dei suoi impiegati».

DELAWAREDELAWARE
Non è un record, visto che Bnp Paribas è riuscita ad accumulare 174 milioni di profitti alle isole Cayman: Dipendenti sul posto? Zero. Così come avviene nel Delaware, lo Stato americano che ha vantaggi fiscali e di tutela contro i ficcanaso degni di un isolotto dei Caraibi. 

Guarda caso, in Delaware ha domicilio il 49% delle sedi delle filiali Usa delle banche analizzate da Oxfam. 

Anzi, in un solo palazzo ci sono 285 mila indirizzi legali al domicilio fiscale oltre Oceano: per risparmiare sulle tasse si può stare un po' stretti.
Fonte: qui