UNA VOLTA PASSATA L’EMERGENZA SANITARIA, RESTERANNO LE MACERIE DEL TESSUTO PRODUTTIVO
BOCCIA HA CALCOLATO UNA PERDITA DI 100 MILIARDI DI PIL OGNI 30 GIORNI E SECONDO CONFESERCENTI QUASI LA METÀ DEI TITOLARI RISCHIA DI CHIUDERE PER SEMPRE
LA PREVISIONE DI MOODY’S: IL PIL DELL’AREA EURO NEL SECONDO TRIMESTRE DEL 2020 CALERÀ DEL 7,4%
#QUICROLLATUTTO!
MOODY'S: PIL EUROZONA -2,7% NEL 2020 CON TSUNAMI ECONOMICO MONDIALE
(AWE/LaPresse) - Il Pil dell'area euro nel 2020 segnerà una flessione del 2,7%, con un tonfo del 5,7% nel primo trimestre e del 7,4% nel secondo trimestre. Si registrerà una ripresa solo nel quarto trimestre, quando è previsto che il Pil aumenti dell'1,6%. Sono le stime degli analisti di Moody's, contenute nel report 'Covid-19: Global Economic Tsunami'. Le stime della società di rating sull'andamento del Pil globale nel 2020 vedono un calo dello 0,4%, per gli Stati Uniti, una flessione dello 0,5%.
Covid-19 "ha creato uno tsunami economico mondiale. L'economia globale è immersa in una grave recessione", spiegano gli analisti di Moody's. "Il virus - proseguono - ha portato alla chiusura di parti significative delle economie asiatiche e ora europee e statunitensi". Le banche centrali "hanno reagito in modo aggressivo ma stanno esaurendo lo spazio di manovra poiché i tassi di interesse hanno raggiunto il limite inferiore a zero", sottolinea Moody'
LA SERRATA COSTA 100 MILIARDI AL MESE E IL 44% DEI NEGOZI NON RIAPRIRÀ PIÙ
Lodovica Bulian per “il Giornale”
Il decreto Cura Italia è un decreto "Chiudi Italia", avverte il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia. Così «dall' emergenza economica si entra nell' economia di guerra». E si rischia di scrivere l' epitaffio del motore produttivo del Paese: «Il 70 per cento del tessuto produttivo italiano chiuderà».
Con un impatto devastante, calcola Boccia: «Se il Pil è di 1.800 miliardi all' anno vuol dire che produciamo 150 miliardi al mese. Se chiudiamo il 70% delle attività vuol dire che perdiamo 100 miliardi ogni 30 giorni». Numeri enormi in uno scenario da coprifuoco su cui incombe anche la minaccia di sciopero generale dei sindacati che volevano provvedimenti ancora più duri, e che chiedono una stretta ulteriore sulle tipologie di imprese che possono restare aperte.
«Lo sciopero generale onestamente non riesco a capire su cosa - critica il presidente degli industriali - I codici Ateco che il governo ha indicato sono addirittura più restrittivi di quello che ci aveva indicato in quella sede. Ha indicato ai prefetti che se alcuni codici non sono previsti, possano verificare e quindi tenerli chiusi io non ho capito più di questo cosa si dovrebbe fare. In più - fa notare Boccia - avremo una massa rilevante di persone in cig; il punto è se qualcuno abusa, ci saranno i prefetti che controlleranno e gli stessi sindacati che faranno uno sciopero particolare in una singola azienda. Ma uno sciopero generale in questo fase non penso vada fatto anche come messaggio al Paese. Quindi l' appello che faccio è cerchiamo di essere compatti anche nelle nostre diversità».
La domanda che ora ci si fa da nord a sud è quanto si può andare avanti. Quanta riserva hanno le piccole e medie imprese per sopravvivere e per quanto. Se avranno la forza, quando tutto sarà finito. La paura di non rialzarsi corre tra gli imprenditori: secondo un sondaggio condotto da Swg per Confesercenti il 44% dei titolari di attività non esclude la possibilità di non riaprire più, una volta superata l' emergenza.
Un altro 34% ritiene di essere a rischio chiusura se la sospensione dell' attività disposta dal governo dovesse protrarsi ancora a lungo. E il 67% ritiene che i provvedimenti sin qui adottati siano poco o per niente adeguati: «Ci sono migliaia di imprese che rischiano di non riaprire dopo lo stop - conferma Patrizia De Luise, presidente di Confesercenti - Abbiamo bisogno di liquidità, da subito e in modo semplice. Bisogna aprire le maglie del credito con procedure semplificate.
Vanno bloccati gli sfratti e sospesi i pagamenti delle locazioni commerciali, esonerando le imprese anche dai canoni demaniali e di concessione per le occupazioni di suolo pubblico». Anche l' indennizzo da 600 euro previsto per i lavoratori autonomi «non è sufficiente».
Un quadro nero, confermato da una ricerca di Bva Doxa sugli effetti della diffusione del Coronavirus fatta su un campione di 301 aziende italiane: il 76% dichiara di aver subito un impatto negativo fin dalla prima ora, una su cinque teme che i primi effetti si vedranno solo da aprile. Il 49% dichiara che per compensare le perdite ridurrà per prima cosa gli investimenti pubblicitari.
Fonte: qui
OCCHIO PERCHÉ ARRIVANO I PRIMI VERI SEGNI DEL DISASTRO ECONOMICO DA CORONAVIRUS: DA OGGI DOVREBBERO INIZIARE A CHIUDERE I BENZINAI IN TUTTO IL PAESE. LA MINACCIA ARRIVA DA VARIE SIGLE SINDACALI: PAURA PER LE CONDIZIONI DI SALUTE, CROLLO DEGLI INCASSI E PURE RIDUZIONE DEI PREZZI
OVVIAMENTE SI SCATENANO GLI AUTOTRASPORTATORI: SE CHIUDONO I DISTRIBUTORI, COME PORTIAMO LE MERCI ESSENZIALI? IL GOVERNO INTERVERRÀ PER FERMARE LA SERRATA MA DOVRÀ FORNIRE VERE GARANZIE
#QUICROLLATUTTO!
CARBURANTI: DA STAMATTINA CHIUSURA GRADUALE DEGLI IMPIANTI
"Da soli, non siamo più nelle condizioni di assicurare né il necessario livello di sicurezza sanitaria, né la sostenibilità economica del servizio. Di conseguenza gli impianti di rifornimento carburanti semplicemente cominceranno a chiudere: da mercoledì notte quelli della rete autostradale, compresi raccordi e tangenziali; e, via via, tutti gli altri anche lungo la viabilità ordinaria". Lo annunciano i sindacati dei gestori Faib Confesercenti, FegicaCisl, Figisc/Anisa Confcommercio.
"C'è una categoria di persone, oltre 100mila in tutta Italia, che, senza alcuna menzione, ha finora assicurato, senza alcun sostegno né di natura economica, né con attrezzatura sanitaria adeguata, il pubblico servizio essenziale di distribuzione di energia e carburanti per il trasporto di beni e persone", sottolineano le associazioni. "Centomila persone che hanno continuato a fare il loro lavoro (ridotto mediamente dell'85%) a rischio della propria incolumità e mettendo in pericolo la propria salute, presidiando fisicamente il territorio, rimanendo dove sono sempre state e dove ogni cittadino di questo Paese è abituato a trovarle ogni giorno, vale a dire in mezzo alla strada".
"Noi non siamo certo eroi, né angeli custodi. Ma nessuno può pensare di continuare a trattarci da schiavi, né da martiri", proseguono. "Siamo persone con famiglie da proteggere, cittadini tra gli altri che sanno di dover assolvere ad una responsabilità di cui non si vogliono spogliare, ma a cui non può essere scaricato addosso l'intero carico che altri soggetti, con ben altri mezzi, disponibilità economiche e rendite, si ostinano ad ignorare".
"Correremo il rischio dell'impopolarità e dei facili strali lanciati da comode poltrone, ma davvero non abbiamo né voglia, né la forza per spiegare o convincere delle solari ragioni che ci sostengono. Chi volesse approfondire - concludono - può chiedere conto a Governo, concessionari autostradali, compagnie petrolifere e retisti indipendenti: a ciascuno di essi compete fare per intero la propria parte se si vuole assicurare la distribuzione di benzina e gasolio".
CONFTRASPORTO: "IL GOVERNO INTERVENGA PER EVITARE LO SCIOPERO DEI BENZINAI"
“Il minacciato blocco da parte dei benzinai deve essere assolutamente evitato: a rischio il trasporto delle merci essenziali”. A lanciare l’allarme è il vicepresidente di Confcommercio e Conftrasporto Paolo Uggè, che invita il Governo a fornire risposte alle richieste dei gestori degli impianti autostradali e stradali di carburante per evitare che l’autotrasporto sia costretto, suo malgrado, a fermarsi per l’impossibilità di far rifornimento interrompendo l’approvvigionamento delle merci.
“Auspichiamo un immediato intervento del Governo perché, se le sigle dei gestori di carburante dovessero confermare il fermo, annunciato a partire da domani, si avrebbe come effetto il rischio della conseguente sospensione dei servizi essenziali già precari che oggi le imprese dell’autotrasporto stanno garantendo agli ospedali, alle farmacie, alle attività produttive e ai negozi di generi di prima necessità”, conclude il vicepresidente di Conftrasporto-Confcommercio. Fonte: qui
IL PRIMO OBIETTIVO ECONOMICO/SOCIALE? EVITARE LA CARESTIA
MINGARDI: IL COVID19 HA INNESCATO UN FENOMENO DI DEGLOBALIZZAZIONE CHE HA GIÀ UN EFFETTO DISTRUTTIVO
CHIUDERE ATTIVITÀ È FACILE: RIAPRIRLE NON LO È AFFATTO, E QUESTO È ANCORA PIÙ VERO IN UN PAESE DI PICCOLE E MICRO IMPRESE COME È IL NOSTRO.
REALTÀ CON SCARSO CAPITALE, VESSATE DA IMPOSTE, GIÀ PROVATE DA ANNI DI CRESCITA ZERO
Alberto Mingardi per “la Stampa”
Bastano i soldi? Se il governo chiude buona parte delle attività produttive del Paese, vuol dire che pensa di riuscire a riattivarle, non appena possibile.
È forse una convinzione dovuta all' ampia rete di sostegno europeo: dal nuovo Qe all' apertura su un prestito del Mes alla possibilità, mai così concreta, dell' emissione di debito "comunitario".
Sarà sufficiente? Per usare un' espressione di John Cochrane, spegnere e riaccendere un' economia non è come spegnere e accendere una lampadina.
Somiglia di più a spegnere e riavviare un reattore nucleare.
Chiudere attività è facile: riaprirle non lo è affatto, e questo è ancora più vero in un Paese di piccole e micro imprese come è il nostro. Realtà con scarso capitale alle spalle, vessate da imposte e adempimenti, già provate da anni di crescita zero.
Facciamo l' esempio più banale.
Pensate ai bar di cui sono pieni le nostre città e che vivono grazie al consumo di caffè e brioche al banco, la mattina, un' abitudine per milioni di italiani. Potranno sopravvivere a un distanziamento sociale prolungato, forse destinato a protrarsi fino alla scoperta di un vaccino?
Il governo si è posto, per fortuna, il problema di tutelare filiere produttive "essenziali". Ma la divisione del lavoro è ramificata e complessa. Per fare la passata di pomodoro che non deve mancare sugli scaffali del supermercato non serve solo che qualcuno quei pomodori li raccolga: servono macchinari per lavorarli, macchinari che si possono rompere e che magari debbono essere sostituiti.
Perché siano sostituiti, qualcuno deve continuare a produrli e qualcun altro deve continuare a mettere a sua disposizione materiali e componenti. Altri ancora debbono trasportare tutte queste cose. Se si spezza un anello della catena, vanno in fumo relazioni e pratiche consolidate e, almeno per un certo periodo di tempo, il prodotto nei negozi non arriva più. Siamo sicuri che sia facile distinguere l' essenziale da ciò che non lo è?
Nei prossimi mesi, un numero straordinario di persone beneficerà di qualche sostegno, ormai è chiaro. Nessuno di noi però cerca di avere un reddito per il gusto di ricevere il bonifico. Lo stesso vale per gli aiuti. Lo diceva già Adam Smith: persino il mendicante, che dipende dalla carità del suo prossimo, "con il denaro che uno gli dà, acquista da mangiare". La carità è utile solo alla coscienza di chi la fa, se chi la riceve non ha beni da poter acquistare.
Il Covid19 ha innescato un fenomeno di deglobalizzazione che ha già un effetto distruttivo sulle filiere internazionali. La chiusura nazionale lo amplifica.
I generali combattono sempre l' ultima guerra. Così fa chi pensa solo a strumenti per "sostenere la domanda". Ma oggi bisogna guardare al dato dell' offerta. Questo vuol dire aiutare le imprese a stare aperte. L' interlocuzione con le parti sociali dovrebbe mirare a proteggere nel modo migliore i lavoratori, non a guadagnare consenso chiudendo stabilimenti.
La riconversione delle aziende, affinché possano essere utili a produrre mascherine o strumenti per l' emergenza ma soprattutto affinché non interrompano l' attività, deve essere agevolata in ogni modo.
Ai supermercati ora si raccomanda di prendere la temperatura a chi entra, pochi giorni fa il Garante della privacy aveva vietato alle imprese di fare lo stesso: a negozi e aziende va data la più ampia possibilità di sperimentare strategie per proteggersi e dunque rimanere attivi.
Non abbiamo mai visto un' economia fermarsi così, neanche in tempo di guerra.
Combattere la pestilenza non può voler dire generare la carestia. Fonte: qui
Alberto Mingardi per “la Stampa”
Bastano i soldi? Se il governo chiude buona parte delle attività produttive del Paese, vuol dire che pensa di riuscire a riattivarle, non appena possibile.
È forse una convinzione dovuta all' ampia rete di sostegno europeo: dal nuovo Qe all' apertura su un prestito del Mes alla possibilità, mai così concreta, dell' emissione di debito "comunitario".
Sarà sufficiente? Per usare un' espressione di John Cochrane, spegnere e riaccendere un' economia non è come spegnere e accendere una lampadina.
Somiglia di più a spegnere e riavviare un reattore nucleare.
Chiudere attività è facile: riaprirle non lo è affatto, e questo è ancora più vero in un Paese di piccole e micro imprese come è il nostro. Realtà con scarso capitale alle spalle, vessate da imposte e adempimenti, già provate da anni di crescita zero.
Facciamo l' esempio più banale.
Pensate ai bar di cui sono pieni le nostre città e che vivono grazie al consumo di caffè e brioche al banco, la mattina, un' abitudine per milioni di italiani. Potranno sopravvivere a un distanziamento sociale prolungato, forse destinato a protrarsi fino alla scoperta di un vaccino?
Il governo si è posto, per fortuna, il problema di tutelare filiere produttive "essenziali". Ma la divisione del lavoro è ramificata e complessa. Per fare la passata di pomodoro che non deve mancare sugli scaffali del supermercato non serve solo che qualcuno quei pomodori li raccolga: servono macchinari per lavorarli, macchinari che si possono rompere e che magari debbono essere sostituiti.
Perché siano sostituiti, qualcuno deve continuare a produrli e qualcun altro deve continuare a mettere a sua disposizione materiali e componenti. Altri ancora debbono trasportare tutte queste cose. Se si spezza un anello della catena, vanno in fumo relazioni e pratiche consolidate e, almeno per un certo periodo di tempo, il prodotto nei negozi non arriva più. Siamo sicuri che sia facile distinguere l' essenziale da ciò che non lo è?
Nei prossimi mesi, un numero straordinario di persone beneficerà di qualche sostegno, ormai è chiaro. Nessuno di noi però cerca di avere un reddito per il gusto di ricevere il bonifico. Lo stesso vale per gli aiuti. Lo diceva già Adam Smith: persino il mendicante, che dipende dalla carità del suo prossimo, "con il denaro che uno gli dà, acquista da mangiare". La carità è utile solo alla coscienza di chi la fa, se chi la riceve non ha beni da poter acquistare.
Il Covid19 ha innescato un fenomeno di deglobalizzazione che ha già un effetto distruttivo sulle filiere internazionali. La chiusura nazionale lo amplifica.
I generali combattono sempre l' ultima guerra. Così fa chi pensa solo a strumenti per "sostenere la domanda". Ma oggi bisogna guardare al dato dell' offerta. Questo vuol dire aiutare le imprese a stare aperte. L' interlocuzione con le parti sociali dovrebbe mirare a proteggere nel modo migliore i lavoratori, non a guadagnare consenso chiudendo stabilimenti.
La riconversione delle aziende, affinché possano essere utili a produrre mascherine o strumenti per l' emergenza ma soprattutto affinché non interrompano l' attività, deve essere agevolata in ogni modo.
Ai supermercati ora si raccomanda di prendere la temperatura a chi entra, pochi giorni fa il Garante della privacy aveva vietato alle imprese di fare lo stesso: a negozi e aziende va data la più ampia possibilità di sperimentare strategie per proteggersi e dunque rimanere attivi.
Non abbiamo mai visto un' economia fermarsi così, neanche in tempo di guerra.
Combattere la pestilenza non può voler dire generare la carestia. Fonte: qui
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