SICURAMENTE NON L’AVEVANO COMPRESA LUI E ZINGARETTI, PD DOC, CHE ANDAVANO IN GIRO A FARE APERITIVI…
BEPPE SALA BEVE BIRRA CON ALESSANDRO CATTELAN
Dal 27 febbraio al 23 marzo, da #milanononsiferma e #restateacasa: dopo 26 giorni, il sindaco Beppe Sala ha ammesso che il suo racconto dell’emergenza Covid-19 è stato macchiato da un errore di comunicazione. Il primo cittadino di Milano ha fatto mea culpa sui social, lì dove si è consumata ‘l’inversione a u’ della sua narrazione: “Il 27 febbraio in rete circolava il video #milanononsiferma: forse ho sbagliato a rilanciarlo, ma in quel momento nessuno aveva compreso la veemenza del virus”. E poi una polemica: “Accetto le critiche, ma non tollero che qualcuno possa ancora marciarci su per scopi politici“.
BEPPE SALA IN PALESTRAGALLERA E ATTILIO FONTANA
Sala non fa nomi, ma quando si riferisce a “qualcuno che ci marcia su per scopi politici” si riferisce al governatore lombardo Attilio Fontana e soprattutto all’assessore regionale al Welfare Giulio Gallera, che a più riprese hanno criticato le uscite del sindaco. Solo venerdì scorso, ad esempio, tra Gallera e Sala è stata polemica sulla possibile chiusura dei trasporti pubblici locali, con il braccio destro di Fontana a chiedere lo stop immediato dopo gli errori dei giorni precedenti e il primo cittadino a rispondergli a tono, accusandolo di demagogia. Proprio sul tema di fermare bus e metro, tuttavia, è stato lo stesso Sala ad ammettere di aver sbagliato strategia: “Noi abbiamo ridotto la frequenza del trasporto pubblico i primi due giorni, non abbiamo dato un servizio eccellente e poi abbiamo messo a posto” ha detto Sala il 20 marzo.
NICOLA ZINGARETTI ALL'APERITIVO DEI GIOVANI PD A MILANO
Nel tweet odierno, però, per motivare la propria sottovalutazione dell’epidemia il sindaco ha anche sottolineato che il 27 febbraio “nessuno aveva compreso la veemenza del virus”. Falso. E il sindaco lo sa bene. Lo dicono i fatti. Era stato proprio lui, del resto, a chiedere la chiusura di tutte le scuole e le università di Milano dal 23 febbraio (dopo la scoperta del focolaio del Lodigiano), quindi 4 giorni prima del video #milanononsiferma. “Scopo precauzionale” disse allora: ma sul fatto che si trattasse di un provvedimento emergenziale non c’erano dubbi. Quindi c’era già contezza della “veemenza del virus”.
BEPPE SALA IN BARCA
Non solo. Due giorni dopo, il 25 febbraio, arrivò la notizia del rinvio del Salone del Mobile, uno degli eventi clou della stagione milanese. In quelle ore, tuttavia, il primo cittadino era ancora convinto che per arginare il diffondersi del coronavirus non fosse necessario fermarsi del tutto: “In questo momento Milano non può fermarsi – disse durante una diretta su Facebook – Dobbiamo lavorare affinché questo virus non si diffonda ma non si deve nemmeno diffondere il virus della sfiducia: Milano deve andare avanti“.
BEPPE SALA CALZINI ARCOBALENO
Una convinzione che Sala ha continuato a manifestare anche nei giorni successivi, fino al ‘fatidico’ 27 febbraio, quando ha condiviso il video #milanononsiferma e si è fatto ritrarre con Alessandro Cattelan durante un aperitivo: foto sulla sua pagina Instagram accompagnata dalla scritta “un’altra dura giornata di lavoro” e gli hashtag #forzamilano e #finalmenteaperitivo.
NICOLA ZINGARETTI A MILANO
Ai primi di marzo, però, la situazione peggiora sensibilmente e la comunicazione di Beppe Sala cambia verso. L’esempio lampante arriva il 5 marzo, con una doppia intervista a Corriere della Sera e Repubblica. Il primo cittadino parla di ripresa economica dopo l’emergenza e dice che serviranno almeno due mesi, come accaduto in Cina: “Potrebbe essere così anche per noi. Questo ci fa capire quanto sia necessario adesso cambiare il nostro modo di vivere per contenere il contagio“. Quindi #restateacasa. Refrain ripetuto come un mantra anche successivamente.
BEPPE SALA CON LA MAGLIETTA DELLA NAZIONALE INGLESEBEPPE SALA SU STYLE
L’8 marzo scrive sulla sua pagina Facebook: “Il mio invito, semplicemente, è di stare in casa il più possibile. Diamo una dimostrazione di realismo e di buon senso”. Poi la spiegazione: “Dobbiamo cambiare le nostre abitudini di vita, dobbiamo evitare il più possibile contatti non strettamente necessari. E ve lo dice uno che in queste settimane ha sempre sostenuto che le regole vanno applicate e non discusse, ma che ha anche cercato di mantenere alta la speranza e la volontà di non fermarsi di fronte alle difficoltà“. Oggi il tweet che ha chiuso il cerchio, con l’ammissione dell’errore.
BORGONOVO (“LA VERITÀ”) FA L’ELENCO DI CHI HA SPECULATO SUL VIRUS: “CI RIMARRÀ STAMPATA IN TESTA LA PAGLIACCIATA DI BOCCIA CON LA MASCHERINA FARLOCCA PENZOLANTE DA UN’ORECCHIO. TERREMO A MENTE LE INTEMERATE DI GORI E SALA, CHE INVITAVANO LA POPOLAZIONE AD AFFOLLARE I RISTORANTI CINESI.
SOPRATTUTTO, CI RICORDEREMO DI GIUSEPPI CONTE. DEI SUOI MAGLIONCINI E DELLE SUE INUTILI CONFERENZE STAMPA E DELLA SUA SMANIA DI APPARIRE..."
FRANCESCO BORGONOVO
Gli anticorpi nessuno li aveva. Dal primo all' ultimo, non eravamo pronti, non potevamo esserlo. Il Covid-19 ci ha tirato un primo pugno blando, come per studiarci, poi si è ritratto soltanto per assestarci il cazzotto più forte, quello del ko. Tutti siamo rimasti storditi, con le gambe molli. Abbiamo provato a reagire, e abbiamo sbagliato, ognuno a modo suo. Abbiamo fatto casino noi giornalisti, trascinando i lettori su e giù per le montagne russe dell' ansia. Hanno contribuito gli «esperti», bisticciando fra loro.
Non ci hanno capito nulla i politici di ogni colore, compresi quelli che non hanno responsabilità di governo, come Matteo Salvini che prima invitava a chiudere poi spingeva a riaprire. Talvolta, stravolti dalla pressione, hanno sbagliato gli amministratori e le associazioni di categoria. Ha sbagliato - confusa e imbambolata - un' intera nazione, forse perché, in certi momenti, si è abbandonata alla voce suadente che le sussurrava: «Non sta capitando qui, non davvero, è solo un brutto sogno».
CORONAVIRUS TERAPIA INTENSIVA BERGAMOBEPPE FIORELLO FOTO DI BACCO (2)
Però ci sono due modi per sbagliare: con colpa e con dolo. Poiché la confusione l' abbiamo alimentata tutti, siamo comunque colpevoli. Qualcuno, tuttavia, ha consapevolmente insistito nel tentativo bieco di accrescere il proprio capitale politico. La colpa può essere lavata via; il dolo invece rimane. E di chi ha sbagliato con dolo - per arroganza o brama di potere - dovremo avere memoria. Sulla Stampa, Beppe Fiorello ha scritto che «quando tutto questo sarà finito ci sarà necessità di un giorno del ricordo». Le giornate gonfie di retorica ci piacciono poco. Ma quando tutto questo sarà finito, di qualcosa ci ricorderemo senz' altro. Anzi, di qualcuno.
FRANCESCO BOCCIA SI PRESENTA CON LA MASCHERINA ALL'ORECCHIO E BORRELLI SE LA RIDE
Ci ricorderemo del ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia. Ci rimarrà stampata in testa la sua pagliacciata con la mascherina farlocca penzolante da un orecchio, un gesto spaccone fatto per insultare l' assessore lombardo alla Sanità, Giulio Gallera. Quest' ultimo si è lamentato perché la Protezione civile gli aveva inviato mascherine di carta igienica da distribuire negli ospedali. Boccia gli ha fatto il verso tra gli sghignazzi di Angelo Borrelli, evanescente capo della Protezione civile.
FRANCESCO BOCCIA – RITIRO DEL PD ALL'ABBAZIA DI CONTIGLIANO
Il ministro, in questo modo, ha offeso non solo la giunta lombarda, ma tutti coloro che rischiano la pelle lavorando privi delle necessarie protezioni. Boccia ha poi cercato di giustificarsi mentendo: «La mascherina che ho indossato durante la conferenza stampa è del tipo che indosso quotidianamente». Peccato che decine di foto lo smentiscano. Forze politiche di destra e di sinistra hanno chiesto le sue dimissioni, ma Boccia - non pago - ha rilasciato un' intervista al Corriere della Sera da cui trasudava spocchia. «La cattiveria è negli occhi di chi guarda», ha detto.
ROMANO PRODI E MARIO MONTI
Poi ne ha approfittato per bastonare di nuovo l' opposizione: «Le critiche dei sindaci leghisti sono ingenerose. Se non ci fosse lo Stato sarebbero crollati». Curiosa visione del mondo: lui è libero di insultare chi si ammazza di fatica, ma se qualcuno osa criticarlo, reagisce con la da bestia ferita.
GIORGIO GORI
Tira in ballo lo Stato, il caro Boccia. Lo Stato che oggi boccheggia pagando anni di austerità feroce. Come quelle praticate a suo tempo da Mario Monti, lo stesso che negli ultimi giorni si è permesso di rifilarci lezioncine sul fatto che «serve più Europa» per salvarsi dall' epidemia. Ci ricorderemo di come Monti ha difeso le scriteriate frasi della presidente della Bce Christine Lagarde («Non siamo qui per ridurre gli spread»), nonostante i danni pazzeschi che hanno provocato. Sì, ci ricorderemo di tutti e due.
MILANO NON SI FERMA LO SPOT DI SALA SUL CORONAVIRUS 5
Terremo a mente pure le intemerate di Giorgio Gori e di Giuseppe Sala, sindaci pd di Bergamo e Milano. Ci ricorderemo di quando invitavano la popolazione ad affollare i ristoranti cinesi, e si preoccupavano di combattere «la discriminazione» invece di correre ai ripari. Faremo un pensiero ai loro ripetuti inviti a «ripartire» che hanno dato forza all' epidemia. Vero, sbagliare si poteva. Ma questi sindaci ne hanno approfittato per fare polemica con la «destra razzista» e, pur di fronte alla drammatica evidenza, hanno accuratamente evitato di scusarsi.
MILANO NON SI FERMA LO SPOT DI SALA SUL CORONAVIRUS
LUCA ZAIA E LE MASCHERINE
Ne avremo memoria. Ci rammenteremo anche di Gad Lerner che, nel pieno del disastro, accusava Luca Zaia di essere un razzista. Di Massimo Giannini, secondo cui «l' untore è Matteo Salvini». Quando sarà finita, la Storia dovrebbe avere già sepolto le sardine, ma se per qualche curioso ricorso così non fosse, ci ricorderemo anche di Mattia Santori e dei suoi, che proposero di combattere il virus «con gli anticorpi della cultura», che venerdì insistevano a dire che «il razzismo è un virus» e ieri avevano ancora il coraggio di sostenere che gli italiani «sono in cerca di un nemico» ma «il prossimo nemico siamo tutti». No cari, il nemico siete voi e le vostre scemenze.
NICOLA ZINGARETTI ALL'APERITIVO DEI GIOVANI PD A MILANOGAD LERNER
Cretinate come quelle di cui si è reso protagonista Nicola Zingaretti, il re degli aperitivi, e con lui tutti i giornalisti e gli attivisti che corsero ad ingozzarsi di ravioli e involtini primavera. Avremo pensieri per costoro, a partire da Romano Prodi, che si complimentò con Pechino per la gestione della crisi, e dal governatore toscano Enrico Rossi che si accordò con il consolato cinese per battere la discriminazione, e intanto il contagio avanzava. Ci ricorderemo di Laura Boldrini, che accusava la destra di «sciacallaggio» e mentre l' epidemia imperversava si è inabissata, uscendo saltuariamente solo per ricordarci «la dignità dei migranti». Terremo a mente lei e i suoi amici delle Ong che - con rare eccezioni - hanno continuato imperterrite a celebrare l' accoglienza anche nei giorni del panico.
LUCIA AZZOLINAL'ENNESIMA DIRETTA FACEBOOK DI GIUSEPPE CONTE
Ci ricorderemo del governo, del ministro Lucia Azzolina che voleva tenere aperte le scuole «luogo di inclusione» e del ministro Fabiana Dadone che voleva cogliere l' opportunità per rendere permanente lo smart working. E soprattutto ci ricorderemo di lui, di Giuseppe Conte. Dei suoi maglioncini e delle sue inutili conferenze stampa notturne, delle sue smargiassate («siamo i primi in Europa») e della sua smania di apparire, delle sue risposte tronfie alle Regioni, dei suoi decreti pasticciati, delle sue retromarce e ripartenze, del suo rifiuto di nominare un commissario. Quando sarà finita - perché finirà - ci ricorderemo del virus, dei nostri errori, delle nostre colpe. Non cercheremo nemici per assolverci, no. Ma il dolo non si perdona e l' arroganza ancora meno. Fonte: qui
ROMANO PRODI ON THE BEACHGIUSEPPE CONTE IN DIRETTA FACEBOOK
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