mercoledì 24 novembre 2021

SE PENSATE ANCORA CHE SIA UNA BANALE INFLUENZA ASCOLTATE I PRIGIONIERI DEL LONG COVID

STANCHEZZA CRONICA, DEBOLEZZA DIFFUSA, DOLORI MUSCOLARI, DIFFICOLTÀ RESPIRATORIE, PERDITA PROTRATTA DELL'OLFATTO, ANSIA, ASSENZA DEL SONNO, "NEBBIA DELLA MENTE": SONO I SINTOMI DI CHI HA AVUTO IL CORONAVIRUS E NON RIESCE PIÙ A TORNARE "LA PERSONA DI PRIMA" 

LA STORIA DEL CHIRURGO VASCOLARE RICCARDO GOTTI, CHE OGGI SI MUOVE CON UNA STAMPELLA...

Marco Imarisio per il "Corriere della Sera"

riccardo gotti 2RICCARDO GOTTI 

 

La nebbia che circonda il Long Covid si dirada già nell'atrio dell'ospedale. «Ogni parte di me ha dovuto recuperare la propria funzione, dai muscoli al cervello. E purtroppo non è ancora finita».

 

Nel febbraio 2020 il chirurgo vascolare Riccardo Gotti cura un anziano che si scoprirà poi essere positivo. Due giorni dopo, anche a lui vengono febbre alta e difficoltà respiratorie. A marzo il ricovero, la terapia intensiva, 55 giorni attaccato alla macchina per la circolazione extracorporea, un incubo descritto in un bel libro intitolato Danze di sguardi, ma che non è finito con il ritorno a casa e la riabilitazione.

il libro di riccardo gottiIL LIBRO DI RICCARDO GOTTI

Oggi è al lavoro. Si muove reggendosi a una stampella. «Quando si parla di strascichi del Covid credo di rappresentare un caso limite, ma per molti dimissioni dall'ospedale e negatività non sono la fine della sofferenza».

 

Non esiste neppure una definizione precisa per quell'insieme di malesseri, dolori e difficoltà di tornare come prima che costituiscono il lascito del coronavirus, e secondo studi recenti colpiscono almeno il 35% delle persone dopo la loro guarigione ufficiale.

 

Quando si parla di Long Covid, è come muoversi su un terreno sconosciuto. «Nonostante gli esami sulla funzione degli organi vadano quasi sempre bene, c'è un numero significativo di ex pazienti che anche a distanza di molti mesi continua a presentare sintomi invalidanti e debilitanti» dice il professor Fabiano Di Marco, direttore del reparto di pneumologia del Papa Giovanni XXIII di Bergamo.

 

riccardo gotti 3RICCARDO GOTTI 

I numeri

L'ultima volta che ci avevamo parlato era durante la notte più buia del primo lockdown, quando l'ospedale della città più colpita dalla pandemia sembrava l'ultimo avamposto contro l'avanzata di questo male invisibile.

 

Era quasi asserragliato nel suo ufficio al quarto piano della Torre 4, dove viveva, dormiva e lottava assieme a colleghi e infermieri. Tra il 23 febbraio e il 7 aprile 2020, furono ricoverati 1.328 pazienti. Il 33,7%, 448 persone, morì in ospedale, altri 38 entro un anno dalla dimissione.

 

long covidLONG COVID

A distanza di mesi dalla guarigione, oltre un terzo dei 918 superstiti di quella prima ondata presentava o lamentava conseguenze. Con una vasta gamma di sintomi che vanno dalla debolezza diffusa ai dolori muscolari, difficoltà respiratorie, e poi perdita protratta dell'olfatto, ansia, assenza del sonno, fino allo stato che in termini medici è definito brain fog, nebbia della mente.

 

long covid 7LONG COVID 

Sono fenomeni che possono essere riassunti in una frase. «Dottore, non sono più la persona di prima». Era quasi inevitabile tornare qui, dove tutto è cominciato, per parlare di questo enigma chiamato Long Covid.

 

riccardo gotti 1RICCARDO GOTTI 






Oggi il professor Di Marco coordina con altri suoi colleghi il programma di assistenza lanciato dalla Lombardia, una serie di ambulatori all'interno dell'ospedale dedicati a pazienti in teoria guariti, ma che non si sentono tali. Radiografie al torace, spirometria e l'esame che tramite la diffusione di uno 0,3% di monossido di carbonio consente di capire eventuali alterazioni polmonari.

 

long covid 6LONG COVID 

È quasi la replica del vecchio protocollo usato per le conseguenze delle epidemie di Sars e Mers. «Spesso troviamo cicatrici polmonari che ci aspetteremmo poco rilevanti dal punto di vista clinico, ma che sono accompagnate da a uno stato di spossatezza che risulta essere il detonatore di questo malessere».

 

long covid 5LONG COVID 






A poca distanza dal suo ufficio è ricoverato un pensionato bergamasco che si ammalò durante la scorsa primavera. Ci ha provato in ogni modo, a ricominciare una vita normale. Ma non è riuscito a superare i danni permanenti ai polmoni uniti a un forte disturbo da stress post traumatico.

 

long covid 4LONG COVID 

I medici stanno cercando di convincerlo ad accettare un intervento giudicato necessario che lui rifiuta con forza. «La maggior parte dei casi di Long Covid - spiega Di Marco - si risolvono con una nuova riabilitazione in strutture che quasi sempre riescono a cancellare gli effetti a lungo termine. A rendere più complicato un nuovo processo di cure è la paura di non riuscire mai a guarire in maniera adeguata».

 

long covid 3LONG COVID 



Il punto nevralgico di questo nuovo percorso di cure è un ambulatorio situato in un'altra ala del Papa Giovanni XXIII. Per raggiungerlo occorre fare un piccolo viaggio in un passato doloroso e recente attraversando il blocco centrale dell'ospedale, la cosiddetta «piastra», adibita a magazzino pieno di pallet e pannelli dismessi.

 

long covid 2LONG COVID 

Nel momento peggiore della pandemia fu trasformata in un ulteriore reparto di terapia intensiva, grazie alla generosità delle imprese locali, che lavorarono giorno e notte per fornire i caschi respiratori necessari a salvare vite umane. Era appena venti mesi fa. «A volte ho la sensazione che ci si sia dimenticati in fretta di quel che è stato» sussurra Di Marco.

 

Il male invisibile

Alla fine di una giornata di visite nell'ambulatorio Long Covid la direttrice del reparto di neurologia Maria Sessa e le sue collaboratrici hanno visto e sentito di tutto. Un operaio di mezza età che non trova più l'olfatto e ha rischiato l'avvelenamento mangiando una confezione di minestrone avariato e scaduto da mesi.

 

long covid 1LONG COVID 

Una casalinga che piange perché non riesce più a preparare pranzo e cena alla famiglia. Una manager che confessa di non riuscire a esprimere concetti articolati per un problema di concentrazione.

 

Ma ogni tanto ci sono le buone notizie. «Nella prima ondata molti pazienti svilupparono complicanze neurologiche acute. In quelle successive meno, ma i medici di base continuano a segnalare nuovi casi di disturbi cronici».

 

LONG COVIDLONG COVID

Studi recenti mostrano una tendenza al miglioramento di questi sintomi immateriali, per i quali non ci sono test diagnostici che tengano. «A oggi non abbiamo gli strumenti per definire un disturbo neurologico da Long Covid. Anche perché non sembra esservi alcuna correlazione con la gravità del contagio iniziale».

 

stanchezza cronica 2STANCHEZZA CRONICA 





In Italia non esistono linee-guida sulla gestione del dopo. La dottoressa Sessa si affida al protocollo in vigore nel Regno Unito, che suggerisce una riabilitazione fisico-cognitiva. «L'unica certezza è l'estremo disagio, talvolta la disperazione, di chi subisce questi effetti così subdoli. Sottostimiamo il ruolo degli odori nella nostra vita, e quanto sia destabilizzante rendersi conto di aver perso alcune facoltà mentali. Ma da questi effetti collaterali se ne esce. La prima cosa da fare è non perdere la speranza». Fonte: qui

 

stanchezza cronica 1STANCHEZZA CRONICA 
















“LA VARIANTE DELTA DEL CORONAVIRUS STA SPARENDO PER AUTOESTINZIONE” 


VENTATA DI SPERANZA DAL GIAPPONE DOVE GLI SCIENZIATI DELL’ISTITUTO NAZIONALE DI GENETICA DELL’UNIVERSITÀ DI MISHIMA HANNO TEORIZZATO CHE L’IMPROVVISO CROLLO DEI CASI NEL PAESE SIA DOVUTO AL FATTO CHE UN ECCESSO DI MUTAZIONI PORTEREBBE ALLA “MORTE” DEL VIRUS: “QUANDO SI REPLICA I SUOI GENI SUBISCONO CASUALI ERRORI DI COPIATURA E…”


Da www.blitzquotidiano.it

 

VARIANTE DELTAVARIANTE DELTA

La variante dominante Delta del coronavirus sta sparendo per “autoestinzione” come è già accaduto in Giappone. Secondo gli scienziati nel Paese attualmente ci sono solo 140 casi al giorno nonostante la variante Delta sia comparsa ben tre mesi fa. Alla fine dell’estate il Giappone ha subito l’ondata più forte. Ad agosto, c’è stato un picco di circa 23.000 casi al giorno. Tuttavia la scorsa settimana l’ondata si è interrotta bruscamente ed è quasi completamente scomparsa. Tokyo che ha registrato solo 16 nuovi casi, ricorda il Sun.

COVID VARIANTE DELTA PLUSCOVID VARIANTE DELTA



Gli scienziati dell’Istituto Nazionale di Genetica e dell’Università di Mishima hanno teorizzato che l’improvviso crollo dei casi sia dovuto al fatto che un eccesso di mutazioni avrebbe portato Delta ad “autoestinguersi”. Quando un virus si replica, i suoi geni subiscono casuali “errori di copiatura” che, nel tempo, portano a cambiamenti nella struttura dei virus.

 

VARIANTE DELTAVARIANTE DELTA



Le mutazioni possono metterlo in grado di diffondersi, eludere l’immunità o causare gravi malattie. Ma in alcune occasioni, secondo gli esperti, queste mutazioni arrivano a un “punto morto dell’evoluzione”. Secondo gli scienziati giapponesi la variante Delta avrebbe accumulato un eccesso di mutazioni a carico di una proteina chiamata nsp14, responsabile della correzione degli errori di copiatura durante la replicazione virale. Ciò avrebbe portato la variante Delta all’autodistruzione, come ha detto il professor Inoue al Japan Times.

TEST VARIANTI COVIDTEST VARIANTI COVID

 

Cosa dicono gli esperti

“Siamo rimasti letteralmente scioccati dai risultati. In Giappone la variante Delta era altamente trasmissibile e respingeva altre varianti. Pensiamo che man mano si accumulavano le mutazioni sia diventato un virus difettoso, non più in grado di replicarsi. Considerando che i casi non sono aumentati, riteniamo che durante le mutazioni ad un certo punto si sia diretto all’estinzione naturale”. Inoue ha affermato che se Delta fosse ancora presente continuerebbe a diffondersi. Fonte: qui


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