Indice
- Introduzione
- Epidemiologia
- Dal COVID-19 (nuovo coronavirus) all'epidemia di polmonite che fa paura al mondo
- Sintomi
- Cause
- Diagnosi
- Trattamento
- Prevenire la polmonite
- Domande e risposte
INTRODUZIONE
La polmonite è un'infiammazione acuta dei polmoni (di uno solo o, più comunemente, di entrambi) – di natura per lo più infettiva – che, se non riconosciuta e curata, può compromettere la capacità respiratoria, e quindi, in casi estremi, mettere a repentaglio la vita di chi ne venga colpito.
Tra i sintomi più comuni febbre, respiro corto, talvolta sibilante o difficoltoso, dolore al torace, tosse (prima secca, poi grassa), spossatezza, inappetenza, stato di malessere e indolimento generale. Ciascuno di noi può, una o più volte nella vita, ammalarsi di polmonite; non si tratta, infatti, di una infezione rara. Basti pensare che in media, nella sola Italia, ogni anno quasi 200mila persone vengono ricoverate per polmonite, delle quali oltre 10mila, purtroppo, non sopravvivono.
La polmonite, infatti, rappresenta la prima causa di morte per malattia infettiva nei Paesi occidentali.
Sono, tuttavia, soprattutto i soggetti più fragili a essere vulnerabili a questo tipo di infezione: anziani, persone con malattie croniche del tratto respiratorio, bambini piccoli, pazienti
immunodepressi, degenti ospedalieri. Fattori di rischio sono inoltre l’essere tabagisti, specialmente se di lunga data, e l’essere soggetti a ricorrenti infezioni delle prime vie respiratorie.
Provocano la polmonite agenti infettivi di diversa natura: virus (come il coronavirus cinese, di cui parleremo più avanti), batteri, funghi, protozoi. Ciascuna forma di polmonite assume caratteristiche un po’ diverse e prevede trattamenti differenziati.
Ad esempio, una comune causa di polmonite negli over 65 non vaccinati è il virus dell’influenza, che dalle prime vie respiratorie può, in caso di debolezza immunitaria, raggiungere i polmoni e creare focolai infettivi a carico degli alveoli, le piccolissime strutture a forma di grappolo che permettono all’ossigeno di raggiungere il sangue. In questo caso parliamo di una polmonite che si trasmette da persona a persona, e che si può curare solo con farmaci sintomatici.
Al contrario, una polmonite batterica, ad esempio causata dallo Streptococco pneumoniae (o pneumococco), può scatenarsi senza che vi sia stato alcun contagio da soggetto infetto, perché questi microrganismi si trovano comunemente nel nostro corpo, in particolare nelle mucose.
Quando siamo indeboliti, debilitati, anziani o abbiamo condizioni di stress particolari, tali germi possono diventare aggressivi fino a infettare i polmoni. Una polmonite batterica può essere più pericolosa di quella virale, presentare sintomi più severi, ma può essere curata con gli antibiotici, in particolare le penicilline. Nei casi in cui il quadro clinico appaia serio, è opportuno effettuare la terapia in regime di ricovero ospedaliero.
A proposito di ospedali, è anche interessante specificare che le polmoniti vengono differenziate a seconda che si contraggano “in comunità”, ovvero negli ambienti in cui ciascuno di noi vive e lavora (casa, uffici, luoghi pubblici, palestre, scuole...), oppure in ospedale.
Nello specifico, questa è la classificazione:
- Polmoniti comunitarie (che si contraggono fuori da strutture sanitarie), per lo più causate da virus, batteri, fungi e micoplasmi (microrganismi simili ai batteri, che infettano il tessuto interstiziale del polmone, e non gli alveoli); Forme interstiziali: mostrano infiltrati infiammatori nei setti intralveolari
- Polmoniti nosocomiali, che si contraggono in ospedale durante una degenza per altra malattia o intervento chirurgico. Si tratta, in genere, di polmoniti batteriche più gravi rispetto a quelle comunitarie, sovente resistenti agli antibiotici.
- Polmoniti correlate ad assistenza sanitaria, che colpiscono pazienti in lungodegenza, che ricevano trattamenti in day hospital, dializzati ecc. Anche in questo caso, l’agente patogeno è per lo più di natura batterica resistente agli antibiotici.
Prima di entrare nel dettaglio e spiegare le cause delle diverse tipologie di polmonite e la sintomatologia con cui questa seria infezione respiratoria può manifestarsi, vediamo quanto è diffusa nel mondo, e in Italia, e dedichiamo un piccolo approfondimento anche al nuovo coronavirus 2019-nCoV, la cui rapidità di diffusione sta preoccupando l’Organizzazione mondiale della Sanità e mettendo in ginocchio il Paese d’origine: la Cina.
Consulta i centri che hanno dichiarato di essere specializzati in Polmonite
Centri specializzati in PolmoniteEPIDEMIOLOGIA
La polmonite fa ancora paura, a causa dell’attuale epidemia provocata dal “nuovo” coronavirus 2019-NCoV, originatosi dalla città cinese di Wuhan, di cui parleremo nel prossimo paragrafo.
Ma anche prima di questa emergenza sanitaria, la polmonite è sempre stata una malattia da non sottovalutare. Sebbene, infatti, la sua prognosi sia solo in casi rari negativa, il suo decorso e il fatto che colpisca organi vitali quali i polmoni andando ad affaticare la capacità respiratoria, sono e devono restare condizioni da monitorare attentamente, in regime di ricovero ospedaliero, quando necessario.
Veniamo ai numeri della sua diffusione, tralasciando le cifre allarmanti della nuova epidemia. Ci informa l’OMS che nel 2017 di questa malattia infettiva sono morti 808.694 bambini in tutto il mondo, e che pertanto la polmonite si porta via il 15% dei bambini al di sotto dei cinque anni di età in tutto il mondo, ma specialmente nei Paesi più poveri, dove ammalarsi è più facile a causa della scarsa igiene, della malnutrizione e della insufficiente quando non inesistente assistenza sanitaria.
Attenzione: molti di questi bambini/e avrebbero potuto essere salvati, se avessero ricevuto le cure antibiotiche adeguate!
In generale, nel mondo, un milione di persone muore di polmonite ogni anno, delle quali la maggior parte sono bambini/e (dati Unicef).
E in Italia? Per quanto riguarda la prima infanzia, per fortuna, la situazione non è così drammatica. Resta il fatto che la polmonite colpisce ogni anno molte migliaia di persone, per lo più anziani, e purtroppo in alcuni casi il decesso è inevitabile. Si stima che circa 2500 persone muoiano in Italia proprio a seguito, o per le complicanze, di una polmonite. Per lo più si tratta di soggetti fragili, immunodepressi, con patologie croniche pregresse. Se ci basiamo sui dati ISTAT del 2015, sempre per rimanere in un discorso di cifre e di dati ufficiali, in Europa si sono contati 11632 decessi per polmonite.
Dati importanti, cui si potrebbero sovrapporre quelli della nuova pandemia, che possono aggravare in modo netto e drammatico il quadro generale anche nelle regioni europee.
Interessante da sapere: il 12 novembre è la Giornata mondiale contro la Polmonite (World Pneumonia Day), istituita nel 2009 per volontà dell’OMS e dell’Unicef proprio allo scopo di sensibilizzare i governi e le istituzioni sanitarie globali a potenziare le misure per contrastare la diffusione della malattia, in primis le vaccinazioni anti pneumococco, che come vedremo è uno dei principali agenti infettivi, e antinfluenzale.
Dal 2017 nel nostro Paese il vaccino anti pneumococco è stato inserito nei nuovi LEA e viene somministrato gratuitamente agli over 65, i più a rischio di contrarre l’infezione.
Consulta i centri che hanno dichiarato di essere specializzati in Vaccinoprofilassi:
Centri specializzati in Vaccinoprofilassi
DAL COVID-19 (NUOVO CORONAVIRUS) ALL’EPIDEMIA DI POLMONITE CHE FA PAURA AL MONDO
Tutti ne parlano, con un allarme crescente che è stato confermato dall’OMS attraverso comunicati ufficiali che si susseguono senza soluzione di continuità: il "nuovo" coronavirus - denominato 2019-nCoV - si diffonde con una rapidità imprevedibile e imprevista, e al momento ancora non è possibile sviluppare un vaccino, né stabilire una terapia antivirale adeguata. Il rischio globale è perciò stato modificato da “moderato” ad “alto”.
Il Ministero della Salute ha attivato un portale interamente dedicato alla malattia, in cui è possibile trovare dati aggiornati e consigli per il personale medico e per i comuni cittadini, in special modo coloro che per qualsiasi ragione debbano effettuare viaggi all’estero (in particolare in Cina o in Oriente), o ne siano appena rientrati. In questo paragrafo, però, cerchiamo di capire che tipo di polmonite sia quella provocata dal “nuovo” coronavirus, come si manifesti e quali siano i reali rischi che l’infezione comporta o può comportare.
Cosa sono i coronavirus?
Si tratta di una famiglia di virus responsabile di causare infezioni respiratorie negli esseri umani, tra cui la SARS (Sindrome respiratoria acuta grave).
Il coronavirus 2019-nCoV è il settimo finora individuato, in grado di trasmettersi da essere umano a essere umano. Il vettore “primario” del microrganismo, però, è certamente animale, probabilmente un pipistrello. Dall’animale l’infezione è poi passata agli esseri umani, e il virus ha “imparato” a trasmettersi da persona a persona direttamente. Importante: proprio come accade per l’influenza, il neo coronavirus è contagioso anche prima che la persona infetta mostri i sintomi della malattia.
Quali sono i sintomi di questa nuova infezione virale e quanto è grave?
Inizialmente la malattia si manifesta con sintomi simil-influenzali quali febbre, tosse secca, difficoltà respiratorie, mal di gola. Rapidamente l’infezione può estendersi ai polmoni aggravando il quadro generale.
I soggetti in buona salute non hanno difficoltà a guarire, ma una polmonite virale acuta di questo tipo in persone anziane o già debilitate, ad esempio con pregressi disturbi cardiaci, epatici o renali, affetti da diabete, malattie croniche o con un sistema immunitario debilitato, possono andare incontro a complicanze respiratorie fino al decesso.
Come si cura?
Il trattamento al momento è sintomatico. Non trattandosi di un virus noto fino a oggi, infatti, non è ancora stato messo a punto un vaccino, o altra terapia specifica.
Come si previene il contagio?
Le misure consigliate sono più o meno le stesse previste per prevenire l’influenza: evitare contatti ravvicinati con persone che mostrino sintomi di tipo respiratorio o che possano essere entrate in contatto con il virus, lavarsi spesso le mani, indossare mascherine in luoghi affollati e, in caso di sintomi, recarsi subito in una struttura sanitaria per i controlli.
Inoltre, è bene anche non consumare carni o pesci crude, lavare bene le verdure e la frutta, bere acqua imbottigliata. Queste misure valgono specialmente se ci troviamo in zone del mondo in cui l’epidemia è presente, o dove si sono già verificati dei casi certi di contagio, ma dal momento che non è prevedibile se (e quando), l’infezione raggiunga l’Italia, occorre stare in guardia.
Da sapere: l’infezione da COVID-19 non necessariamente si sviluppa in polmonite; si trasmette da persona a persona come un’influenza e risulta pertanto molto contagioso, ma al momento sembra meno grave della SARS.
Attenzione: non è una malattia mortale. Può, proprio come ogni polmonite, aggravare un quadro generale di salute non buono, e provocare complicanze fino al decesso, ma ciò non significa in alcun modo che ammalarsi di questa infezione virale sia una condanna a morte.
SINTOMI
Diagnosticare una polmonite dai sintomi non è sempre semplice. Talvolta, infatti, mancano segnali distintivi della malattia che consentano di differenziarla da un’altra infezione più “banale”, come una influenza stagionale o un raffreddore che non guarisca. Specialmente le polmoniti virali possono presentarsi “quasi” asintomatiche, o con manifestazioni sfumate ed eterogenee che possono facilmente essere sottovalutate o confuse con altro genere di malattia infettiva.
Nei bambini sotto ai cinque anni, ad esempio, che presentino sintomi quali tosse e respiro faticoso, con o senza febbre, la polmonite viene diagnosticata quando si osserva che la gabbia toracica, durante l’atto respiratorio, tende ad abbassarsi mentre l’addome si solleva. In condizioni di salute, infatti, quando si inspira si sollevano sia il torace che l’addome.
Inoltre, sempre nei bambini piccoli, il respiro appare accelerato e possono presentarsi in concomitanza altri sintomi specifici quali inappetenza (i neonati, ad esempio, non hanno voglia di attaccarsi al seno materno o alla tettarella del biberon), ipotermia, perdita di conoscenza e convulsioni. Da notare: la dispnea (ovvero la difficoltà a respirare), è un sintomo più comune nelle polmoniti virali.
La polmonite può presentarsi facilmente senza febbre, sebbene il rialzo della temperatura sia un sintomo abbastanza frequente. La polmonite virale ha in molti casi origine da una precedente infezione alle prime vie respiratorie (naso, bronchi), e si manifesta inizialmente con sintomi simil influenzali tra cui mal di gola, mal di testa, febbre e brividi, spossatezza, dolori articolari e muscolari, inappetenza, tosse secca.
Da questo primario quadro sintomatologico non preoccupante, che può durare da qualche giorno a una settimana, si può però giungere a un rapido aggravamento della situazione generale, con disturbi severi tra cui:
- Tosse che da secca si trasforma in produttiva (quindi con espettorato);
- Dolori al petto;
- Difficoltà respiratorie;
- Febbre elevata;
- Colorazione bluastra delle labbra;
- Nei bambini nausea e/o vomito.
Con sintomi di questa natura, verosimilmente ci troveremmo di fronte a una polmonite virale acuta da trattare immediatamente. Se la malattia è di natura batterica, ovvero provocata dal pneumococco o da un altro bacillo, allora il primo sintomo, o uno dei primi, è rappresentato dal cosiddetto brivido “scuotente”, determinato da una reazione del sistema immunitario alla “liberazione” della tossina nel corpo.
Attenzione, anche nel caso di un'infezione bronco-polmonare di natura virale, se questa venisse trascurata, vi è la possibilità che si sovrapponga una infezione batterica, ben più seria, specialmente nei soggetti over 65.
In questo caso, ai sintomi già visti per la polmonite virale, si associano febbre ancora più elevata accompagnata da abbondante sudorazione, polso rapido e respiro ancora più difficoltoso, unghie bluastre (segno chiaro che il corpo è in forte debito di ossigeno) e l’espettorato può mostrare striature di sangue. Inutile dire che un simile quadro clinico preveda l’immediato ricovero ospedaliero.
Polmoniti virali e batteriche, però, non sono le uniche possibili. Come chiariremo nel paragrafo successivo, infatti, la polmonite può essere anche “atipica”, ovvero causata da un altro microrganismo (il Mycoplasma pneumoniae) e avere sintomi ben più sfumati rispetto a quelli finora descritti. In questo caso, infatti, l’infiammazione polmonare si presenta senza febbre, e tosse e/o difficoltà respiratorie si manifestano in ritardo, lentamente. Purtroppo questo tipo di polmonite atipica è particolarmente subdola proprio in quanto quasi asintomatica, e può progredire indisturbata fino a interessare il cuore o altri organi interni.
CAUSE
La polmonite è una malattia infettiva che può essere causata da diversi agenti patogeni, tra cui virus e batteri. Quando questi microrganismi raggiungono i polmoni e li infettano, accade che gli alveoli, ovvero le componenti più piccole dell’”albero respiratorio”, che possiamo immaginare come piccole sacchettine cave che permettono lo scambio gassoso tra l’aria inspirata e il sangue, si infiammano riempiendosi di pus e compromettendo, in tal modo, la capacità respiratoria.
Nella lista dei patogeni più comuni troviamo:
- Streptococcus pnaeumoniae (o pneumococcus): un batterio responsabile della maggior parte delle polmoniti nei bambini. In questo caso si parla di polmonite pneumococcica, contro la quale esiste un'immunizzazione vaccinale;
- Haemophilus influenzae di tipo B: il “comune” virus dell’influenza stagionale, che è anche la seconda, seppur indiretta, causa di polmonite batterica, perché l’incapacità del sistema immunitario di neutralizzare il virus influenzale permette a questo e ad altri batteri già presenti nell’organismo debilitato, di generare focolai infettivi nei polmoni, infiammandoli;
- Staphylococcus aureus: un batterio piuttosto aggressivo, che può creare focolai infettivi in diverse zone del corpo e successivamente “migrare”, attraverso il sangue fino ai polmoni, infettandoli a loro volta;
- Il virus respiratorio sinciziale (VRS): che provoca la maggioranza dei casi di polmoni virale nel mondo. Si tratta di un microrganismo molto diffuso e contagioso, che provoca infezioni alle vie respiratorie, superiori e inferiori. Questo tipo di polmonite virale è particolarmente diffusa tra i bambini;
- Nei soggetti, in particolare bambini, malati di HIV, il microrganismo che più frequentemente provoca complicanze polmonari è lo Pneumocystis jiroveci, un fungo (proprio come la Candida albicans), che si comporta da agente patogeno in fisici immunocompromessi;
- Un caso a parte sono le polmoniti cosiddette “atipiche”, in cui a infiammarsi non sono tanto gli alveoli, quanto gli spazi interstiziali tra un alveolo e l’altro. A causare queste forme di polmonite sono, o possono essere, i seguenti microrganismi:
- Mycoplasma pneumoniae: pseudo batterio che di norma tende a infettare persone giovani (under 40), che vivano o lavorino in ambienti affollati. Sovente questa forma di polmonite si manifesta in modo subdolo, subacuto, ragion per cui chi ne viene colpito presenta sintomi sfumati, non di rado assenza di febbre, e la diagnosi arriva solo quando il quadro generale comincia ad aggravarsi;
- Chlamydophila pneumoniae: questo microrganismo provoca più comunemente infezioni delle prime vie respiratorie, ma in alcuni casi può anche degenerare in polmoniti non acute;
- Legionella pneumophila: si tratta di un batterio noto per provocare la “malattia del legionario”, o legionellosi, che è appunto una grave forma di polmonite non contagiosa. Il microrganismo che la causa si annida per lo più in ambienti acquatici e nelle condotte dell’aria e da queste fonti arriva agli esseri umani.
Le polmoniti atipiche - che sono tutte causate da batteri - non sono rare (al contrario!), ma vengono definite in questo modo perché - come abbiamo spiegato - si manifestano in modo diverso rispetto alle altre polmoniti batteriche: spesso non danno sintomi acuti e improvvisi, e all’esame radiografico i polmoni si presentano in modo diverso rispetto a chi abbia contratto infezioni batteriche “tipiche”.
Prima di affrontare il discorso sui principali fattori di rischio della polmonite, è bene segnalare un tipo di infiammazione polmonare che non ha origine infettiva, ma che non per questo è meno pericolosa: la polmonite ab ingestis. Tecnicamente si tratta di una polmonite da “ingestione”, o aspirazione (o inalazione), e si verifica quando arrivano nei polmoni sostanze che “sbagliano strada”, quali cibi, bevande, succhi gastrici, saliva ecc. Una volta giunte a livello polmonare, tali sostanze possono provocare focolai infettivi e infiammare gli alveoli.
A rischio di sviluppare una polmonite ab ingestis sono i pazienti disfagici, che abbiano subito interventi di tracheostomia anche temporanei, e nei quali facilmente cibi semiliquidi, liquidi o semisolidi, così come la propria saliva, possono essere mal deglutiti e una parte finire, attraverso la trachea, nei polmoni e non nell’esofago e poi nello stomaco, come dovrebbe accadere.
Tutto possiamo ammalarci di polmonite, naturalmente, ma ci sono dei precisi fattori di rischio di cui tenere conto, che aumentano le probabilità che questo avvenga. Per lo più sono a rischio tutti coloro che abbiano un sistema immunitario compromesso o indebolito, come, ad esempio, i malati di AIDS, sia bambini che adulti, i pazienti ospedalieri e in particolare chi sia reduce da interventi chirurgici, i dializzati e i neo trapiantati.
Altre categorie “a rischio” sono:
- I tabagisti (specialmente di vecchia data) e in generale coloro che sono esposti al fumo passivo per molte ore al giorno (ad esempio bambini, figli di tabagisti);
- Coloro che soffrono di broncopneumopatia cronico-ostruttiva (BPCO), di asma o di fibrosi cistica;
- Coloro che vivono in aree urbane fortemente inquinate (soprattutto bambini), o che siano esposti a sostanze chimiche irritanti per le vie respiratorie;
- I malati cronici, specialmente di malattie autoimmuni tra cui il diabete mellito e l’artrite reumatoide con interessamento polmonare (il cosiddetto “polmone reumatoide”), i cardiopatici e chi soffra di insufficienza renale.
DIAGNOSI
Per diagnosticare una polmonite in atto può essere sufficiente una visita del proprio medico curante che, attraverso l’auscultazione dei polmoni e la valutazione dei segni clinici e dei sintomi lamentati dal paziente, si accorga che vi è un'infiammazione a carico dei polmoni.
Per avere la certezza di una polmonite di qualunque tipo, è però utile sottoporre il paziente a una radiografia toracica. Questo esame strumentale non solo permette di confermare la diagnosi, soprattutto in casi dubbi, quando la sintomatologia sia sfumata e possa in parte sovrapporsi a quella di una bronchite o di un’altra infezione respiratoria, ma aiuta il medico a capire quanto sia estesa l’infiammazione.
Per individuare il microrganismo che ha provocato l’infezione polmonare, e quindi stabilire il tipo di terapia farmacologica adeguata al caso (soprattutto se parliamo di polmonite batterica o atipica, trattabili con antibiotici), può essere utile anche un esame dell’espettorato al microscopio o l’emocoltura, ovvero la ricerca dei microrganismi infettivi nel sangue.
In presenza di polmoniti di grado severo in cui il quadro clinico generale del paziente sia più drammatico, sarà necessario anche procedere a una serie di analisi più approfondite per capire se, e in quale misura, l’infezione si sia estesa ad altri organi quali reni e cuore, e all’emogasanalisi, necessaria per verificare la capacità respiratoria dell’ammalato/a.
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Il trattamento della polmonite dipende da diversi fattori quali:
- Età e condizioni generali di salute del paziente;
- Gravità dei sintomi;
- Tipologia di polmonite.
In generale, sia le polmoniti virali, che batteriche o atipiche, possono essere curate in casa, o necessitare di un ricovero ospedaliero. Scopo di qualunque terapia è quello di favorire la guarigione dall’infezione, ma anche di prevenire eventuali complicanze; per tale ragione è importantissimo evitare il fai da te e seguire con scrupolo le indicazioni del proprio medico, o del pediatra, in caso la malattia abbia colpito un bambino.
La polmonite batterica necessita di terapia antibiotica, che spesso viene comunque somministrata anche in caso dubbio, specialmente per evitare che a un’infezione virale si sovrapponga un focolaio batterico.
In caso di polmonite virale acuta, tuttavia, la cura antibiotica risulta inutile per contrastare l’infezione e alleviare i sintomi, perché questi farmaci non sono efficaci contro i virus. Spesso, infatti, la polmonite virale non viene trattata farmacologicamente - specialmente se il paziente è in buone condizioni generali - perché il sistema immunitario è in grado di superare l’infezione da solo. In questi casi si procede a un trattamento sintomatologico che prevede questi passaggi:
- Somministrazione di antipiretici in caso di febbre elevata. Attenzione: ai bambini sotto i 12 anni NON si deve somministrare l’acido acetilsalicilico che potrebbe provocare la sindrome di Reye, una grave malattia neurologica che può avere conseguenze letali;
- Assunzione di molti liquidi per combattere la disidratazione che la febbre e la sudorazione possono provocare, e per fluidificare il muco intrappolato nelle basse vie respiratorie e facilitarne l’eliminazione.
In caso di tosse, è bene evitare di assumere farmaci specifici o sciroppi in autonomia. Per quanto fastidiosa, infatti, la tosse è utile al corpo per eliminare i germi infettivi, e “bloccarla” farmacologicamente potrebbe rallentare il processo di guarigione. Nei bambini, se la tosse è molto fastidiosa e impedisce di dormire o di mangiare, o magari provoca conati di vomito, è opportuno consigliarsi con il pediatra per stabilire se, e cosa, usare per alleviare il sintomo.
Fare attenzione all’umidità degli ambienti in cui si trova il malato/a. Il microclima non deve essere troppo secco, pertanto occorre umidificare l’aria (l’umidità dovrà essere almeno del 50%), e ogni tanto è bene arieggiare. Il/a paziente dovrà inoltre stare lontano/a da fumo o altre fonti inquinanti.
L’alimentazione dovrà essere, soprattutto nella fase acuta della malattia, semiliquida, e basata per lo più su alimenti tiepidi e di facile digestione, quali latte caldo, tè, passati di verdure e minestroni, brodi, tisane ecc.
Il riposo dovrà essere assoluto fino a completa guarigione.
In genere, se insorgono complicazioni, una polmonite acuta, virale o batterica, si supera nel giro di qualche settimana. Tuttavia, come abbiamo visto, non sempre le cose vanno così lisce.
In alcuni casi può rendersi necessario un ricovero ospedaliero per un trattamento d’urto o d’emergenza. In questi casi di norma viene seguito un protocollo collaudato che prevede una terapia antibiotica ad ampio spettro, la somministrazione di fluidi per endovena e, eventualmente, la terapia con l’ossigeno per aiutare la respirazione.
Quanto può durare il ricovero per una polmonite? Dipende dalla velocità con cui il corpo reagisce alle terapie. Può bastare una settimana, come può essere necessario un mese. Spesso questa malattia lascia spossati, stanchi, smagriti, ma è importante non forzare i propri tempi di recupero, o quelli dei bambini/e o degli anziani che ne siano stati colpiti.
Per sincerarsi dell’avvenuta guarigione, i medici (anche il proprio medico di famiglia o pediatra, in caso di cure casalinghe), in genere prescrivono un’altra radiografia del torace, dalla quale è possibile valutare lo stato dei polmoni.
Ci possono essere complicanze; la polmonite, infatti, è una malattia seria. Tra queste:
- Insufficienza respiratoria, che può rendere necessario l’ausilio di macchinari per la respirazione artificiale o l’ossigenoterapia;
- Sepsi (si verifica quando l’infezione si diffonde a tutto il corpo e diventa formazione di ascessi polmonari pieni di pus, che prevedono un drenaggio per esser svuotati);
- Sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS), in cui l’incapacità respiratoria può avere esiti letali;
- Tali complicanze, come abbiamo visto, sono più probabili nei bambini piccoli e negli anziani/e, e in coloro che abbiano un sistema immunitario indebolito o soffrano di altre patologie croniche.
PREVENIRE LA POLMONITE
Una buona notizia è che prevenire la polmonite in molti casi è possibile. Come? Vediamo quali sono i suggerimenti degli esperti:
- Vaccinarsi. Il vaccino antinfluenzale e il vaccino specifico anti pneumococco sono disponibili per tutti, e in particolare per le categorie a rischio quali anziani e bambini piccoli, donne in gravidanza, persone con malattie croniche, personale medico e chiunque viva o lavori a contatto con tante persone potenziali “veicoli” dei germi patogeni. Con la vaccinazione ci si può proteggere da alcune delle più comuni forme di polmonite, sia virali che batteriche;
- Lavarsi spesso le mani (con sapone antibatterico). Sembra un atto scontato, ma non lo è. La maggior parte dei germi con cui entriamo in contatto e che possono infettarci fino a provocarci malattie gravi come la polmonite arrivano dalle nostre mani. Attenzione, quindi, a lavarcele spesso soprattutto quando ci troviamo in luoghi pubblici affollati, usiamo mezzi pubblici, ci troviamo in un ospedale o in un ambulatorio medico;
- Non fumare. Il tabagismo è, come abbiamo visto, uno dei principali fattori di rischio delle malattie polmonari, perché il fumo compromette la capacità di questi organi della respirazione di reagire agli agenti infettivi una volta “attaccati”. Pertanto, oltre ad essere fortemente stimolati a smettere, i fumatori, specialmente se di lunga data, sono anche invitati a vaccinarsi contro lo pneumococco;
- Evitare le bevande alcoliche o consumarle con moderazione e occasionalmente;
- Curare le proprie condizioni di salute generali. Significa fare attenzione a tutti i minimi segnali anomali che il nostro corpo ci invia, soprattutto se si tratta di sintomi che non passano da soli o che peggiorano nel tempo, quali tosse, dolore al torace, febbricola, fiato corto, senso di spossatezza ecc.;
- Rinforzare il proprio sistema immunitario attraverso una dieta sana, una vita attiva, un sonno di qualità e, quando necessario, con integratori di vitamine (ad es. vitamina C, betacarotene, vitamine del gruppo B) dietro prescrizione del medico.
DOMANDE
1. QUALI SONO I PRIMI SINTOMI DELLA POLMONITE?
La polmonite si manifesta per gradi, e può avere una sintomatologia più o meno acuta a seconda del tipo di patogeno che la causa e delle condizioni generali e dell’età di chi ne venga colpito. In generale, questa sono i sintomi di una polmonite acuta, virale o batterica:
- Tosse, che inizialmente è secca e insistente, per poi ridursi e diventare produttiva. Il catarro può apparire bianco (polmoniti virali), o verdastro-giallino (in questo secondo caso l’origine è batterica), talvolta misto a sangue:
- Dolore toracico;
- Brividi (in caso di polmonite batterica si parla di “brividi scuotenti”, ovvero molto violenti);
- Febbre che può diventare elevata, abbondante sudorazione;
- Respiro faticoso e rapido (dispnea), talvolta sibilante (nelle polmoniti virali);
- Inappetenza, estrema stanchezza, energia vitale bassa.
2. COSA PROVOCA LA POLMONITE?
La polmonite è una malattia infiammatoria che colpisce gli alveoli polmonari, le più piccole unità dell’albero respiratorio che si trovano dentro i polmoni. Quando gli alveoli si infiammano, producono pus, e non riescono più a svolgere in modo efficiente lo scambio gassoso tra polmoni e sangue, limitando in tal modo l’apporto di ossigeno al corpo e rendendo la respirazione difficoltosa. In casi estremi può pertanto essere necessaria l’ossigenoterapia fino a remissione dei sintomi. A causare l’infiammazione deli alveoli polmonari possono essere microrganismi diversi, in particolare virus e batteri. Esiste poi una forma particolare, e rara, di polmonite, definita ab ingestis, che dipende dall’incauta o inconsapevole ingestione di cibi o liquidi che finiscono nei polmoni generando focolai infettivi. La polmonite può essere monolaterale o, più frequentemente, bilaterale, colpendo entrambi i polmoni.
3. QUANTO È PERICOLOSA LA POLMONITE?
Essendo una malattia infiammatoria che colpisce i polmoni, la polmonite è una malattia seria anche quando non presenti complicanze e colpisca soggetti in buona salute. Può comunque aggravarsi fino a diventare sistemica o comportare un’insufficienza respiratoria acuta con esiti letali. Tuttavia, complicanze e prognosi negativa sono riscontrabili in a condizioni in partenza problematiche, quali l’essere anziani e/o malati cronici, cardiopatici, diabetici, immunodepressi, sofferenti di BCPO, asma o fibrosi cistica, o essere bambini molti piccoli.
4. LA POLMONITE È CONTAGIOSA?
La polmonite è un’infezione polmonare causata per lo più da agenti patogeni, tra cui virus, batteri e funghi. In alcuni casi si trasmette da persona a persona per via aerea, ad esempio entrando in contatto con le goccioline di saliva di una persona infetta o che stia incubando la malattia. Un bacio, una stretta di mano, un contatto ravvicinato, un colpo di tosse o uno starnuto, sono altrettante modalità di trasmissione della polmonite virale, che si contagia più o meno come un’influenza. Ma, ad esempio, molte polmoniti batteriche non sono contagiose, perché il batterio che le causa è già presente nel corpo della persona, mentre altri microrganismi, quali ad esempio i funghi, sono presenti nell’ambiente, ma non si trasmettono da persona a persona. Il coronavirus cinese responsabile della pandemia di polmonite che si sta in questi giorni cercando di fermare, si trasmette da persona a persona con le stesse modalità dell’influenza virale.
5. COME SI DIAGNOSTICA LA POLMONITE?
La visita obiettiva del medico, con l’auscultazione dei polmoni e con la valutazione delle condizioni generali del paziente può già fornire indicazioni utili per formulare una diagnosi di polmonite. La conferma arriva dalla radiografia toracica, che è anche necessaria per capire quanto sia estesa l’infiammazione.
Dalla lastra, però, non è possibile capire quale microrganismo abbia provocato la malattia, per tale ragione il medico può richiedere un’analisi del sangue per capire come si stia attivando il sistema immunitario e attraverso la conta dei globuli bianchi capire se l’infezione sia batterica o virale. La conferma si può avere tramite l’esame al microscopio di un campione di espettorato del paziente.
6. COME DISTINGUERE UNA BRONCHITE DA UNA POLMONITE?
La radiografia toracica permette con sicurezza di escludere un interessamento polmonare di una infezione che abbia colpito i bronchi. In casi dubbi, infatti, occorre capire se il parenchima (tessuto di rivestimento esterno) dei polmoni sia coinvolto nel processo infiammatorio, o meno.
Questa distinzione è importante perché in caso l’infezione sia “confinata” alla regione tracheo-bronchiale il livello di gravità della malattia risulta inferiore. La polmonite, infatti, permane una malattia più seria, perché va a interessare le strutture più piccole dei polmoni, quegli alveoli che garantiscono lo scambio gassoso tra polmone stesso e sangue, mantenendolo ossigenato. Senza sufficiente apporto di ossigeno tutto il nostro corpo, e il cuore in particolare, vanno in sofferenza. Fonte: qui
Polmonite acuta interstiziale
ORPHA:79126
Riassunto
La polmonite acuta interstiziale (AIP), definita anche sindrome di Hamman-Rich, è una forma rapidamente progressiva e istologicamente distinta di polmonite interstiziale idiopatica (si veda questo termine). La prevalenza è stimata in circa 1/25.000. L'AIP esordisce a varie età, con un'età media all'esordio di circa 50 anni. Non esiste prevalenza di sesso o associazione con il fumo di sigaretta. L'esordio è acuto/subacuto (1-3 settimane), con dispnea e tosse, seguite da rapido deterioramento della funzionalità respiratoria e necessità di ventilazione meccanica nella maggior parte dei pazienti. La febbre è presente all'esordio in circa la metà dei casi e in molti di essi l'anamnesi è positiva per una sintomatologia simil-virale, in assenza di evidenze di laboratorio di infezioni batteriche o virali. Le lesioni dell'AIP appaiono bilaterali e a volte irregolari alla radiografia del torace e alla tomografia computerizzata a alta risoluzione (HRCT), con opacità alveolari associate a aree meno addensate 'a vetro smerigliato'. Nella maggior parte dei casi sono visibili aree di consolidamento della lesione, anche se non sono così comuni come le aree ipodense 'a vetro smerigliato'. La biopsia polmonare rivela i segni istologici della fase acuta e/o di organizzazione del danno alveolare diffuso (DAD). La fase essudativa mostra edema, membrane ialine e trombi microvascolari. La fase di organizzazione della lesione rivela un vago addensamento fibroso, per lo più nei setti alveolari, e una iperplasia dei pneumociti tipo 2. La diagnosi di AIP viene posta, in un servizio clinico appropriato, nei pazienti che hanno una presentazione clinica compatibile con la sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS, vedi questo termine), senza una chiara eziologia. La diagnosi differenziale, a livello istologico e clinico, si pone con la riacutizzazione della fibrosi polmonare, il DAD nei pazienti con malattie collageno-vascolari, il DAD da causa nota (ARDS), le infezioni (soprattutto polmonite da Pneumocystis Jiroveci e legionella), le polmoniti indotte dai farmaci, le polmoniti da ipersensibilità e la polmonite acuta con eosinofili (si vedano questi termini). Non è disponibile un trattamento di provata efficacia, anche se le alte dosi di corticosteroidi e la ciclofosfamide vengono usati comunemente. La prognosi è grave e la mortalità precoce è elevata.
Fonte: qui
Polmoniti interstiziali o malattie interstiziali polmonari
Le polmoniti interstiziali o malattie interstiziali polmonari o interstiziopatie polmonari, includono una vasta categoria di oltre 100 patologie polmonari, con numerose differenze eziologiche, terapeutiche e prognostiche.
Tali patologie vengono accomunate per via delle somiglianze nelle presentazioni cliniche, nell’aspetto alla radiografia diretta del torace e nelle caratteristiche fisiologiche.
Le malattie interstiziali polmonari possono essere classificate secondo il seguente schema:
- polmoniti interstiziali ad eziologia nota
- Da esposizione
- Bronchiolite Respiratoria con Polmonite Interstiziale
- Polmonite Interstiziale Desquamativa
- Istiocitosi Polmonare a Cellule di Langerhans
- Polmonite da Ipersensibilità
- da tabacco
- da farmaci e radiazioni
- Occupazionali
- Da malattie sistemiche
- Malattia del Tessuto Connettivo
- Sarcoidosi
- Linfangioleiomiomatosi
- polmoniti interstiziali ad eziologia ignota
- Polmonite Interstiziale Idiopatica
- Fibrosi Polmonare Idiopatica
- Polmonite Interstiziale Non Specifica
- Polmonite Organizzata Criptogenetica
- Polmonite Interstiziale Linfocitaria
Nel momento in cui si valutano i pazienti con malattie interstiziali polmonari, vanno considerate innanzitutto le malattie con cause o associazioni note, come le malattie dovute a specifiche esposizioni, le malattie associate a condizioni sistemiche e le malattie con una base genetica nota.
La maggior parte dei pazienti non soffre di una malattia interstiziale del polmone ad eziologia nota e la loro malattia viene classificata sulla base dell’aspetto patologico.
Questi gruppi vengono suddivisi in determinate tipologie patologiche.
Usando questo metodo organizzativo per arrivare ad un’anamnesi accurata e completa, si possono comprendere i vari processi patologici e impegnarsi nella direzione ottimale per ottenere una diagnosi precisa.
Come si deduce dal termine malattie interstiziali polmonari, le anomalie istologiche che caratterizzano le polmoniti interstiziali vanno a colpire maggiormente l’interstizio polmonare rispetto agli spazi alveolari o alle vie respiratorie, anche se vi sono alcune eccezioni.
L’interstizio è l’area che si trova tra i capillari e lo spazio alveolare.
Questo spazio permette, in condizioni normali, uno stretto contatto tra il gas ed i capillari, con una minima quantità di matrice del tessuto connettivo, fibroblasti e cellule infiammatorie come i macrofagi.
L’interstizio mette in delicato rapporto alveoli e capillari consentendo un efficace scambio gassoso.
Qualora si presenti una lesione, sia essa dovuta ad una specifica esposizione (es. amianto, nitrofurantoina o fieno ammuffito), ad un’infiammazione autoimmune mediata da una malattia del tessuto connettivo sistemica (es. artrite reumatoide) o ad una lesione sconosciuta (es. Fibrosi Polmonare Idiopatica), il polmone deve reagire al danno e autoripararsi.
Se l’esposizione o la lesione perdura o se il processo di riparazione della lesione è imperfetto, il polmone può danneggiarsi in modo permanente con un aumento del tessuto interstiziale che prende il posto dei normali capillari, degli alveoli e dell’interstizio sano.
Queste anomalie patologiche possono portare ad una severa alterazione della fisiologia polmonare.
Gli scambi gassosi vengono compromessi per colpa della disomogeneità del rapporto ventilazione/perfusione, dello shunt e della riduzione della diffusione attraverso l’interstizio anormale.
Tutte insieme queste alterazioni fisiopatologiche impediscono di sopportare sforzi come osservato in tutte le forme di polmoniti interstiziali.
Se la lesione iniziale o l’alterazione dei processi di riparazione della lesione non si fermano, si può presentare un danno tissutale progressivo fino ad un peggioramento delle alterazioni fisiopatologiche e, in casi particolarmente gravi, a morte.
Sintomi delle polmoniti interstiziali
Molte malattie interstiziali polmonari mostrano caratteristiche cliniche simili e non si distinguono facilmente in base all’anamnesi o all’esame obiettivo.
La sintomatologia è generalmente limitata alle vie respiratorie.
Tuttavia, i sintomi extrapolmonari non vanno ignorati, perché possono evidenziare la presenza di una polmoniti interstiziali coniugata ad una condizione sistemica.
La dispnea da sforzo e la tosse non produttiva sono i motivi più comuni per cui i pazienti si rivolgono ad un medico.
Altri sintomi respiratori, quali produzione di espettorato, emottisi, pneumotorace o wheezing (sibili respiratori), possono essere presenti ed indicare malattie specifiche in corso.
Se il paziente mostra anche sintomi extrapolmonari di rilievo, quali mialgia, artralgia, sclerodattilia, reflusso gastroesofageo o fenomeno di Raynaud, ci si può trovare di fronte ad una interstiziopatia polmonare provocata da una sottostante malattia autoimmunitaria (sarcoidosi, polimiosite, sclerodermia, artrite reumatoide, Lupus Eritematoso Sistemico ecc.).
All’ascoltazione del torace si registrano sempre fini crepitii inspiratori bilaterali, che solitamente si sentono meglio alle basi polmonari.
Tuttavia, in alcune malattie, come la sarcoidosi e la linfangioleiomiomatosi (Linfangioleiomiomatosi), i suoni respiratori possono essere ridotti senza rumori aggiunti, nonostante una radiografia del torace decisamente alterata.
La dispnea espiratoria è rara e la sua presenza porta a considerare un coinvolgimento delle vie aeree come parte del processo patologico primario (Linfangioleiomiomatosi, sarcoidosi, bronchiolite respiratoria associata a malattia polmonare interstiziale, polmonite interstiziale desquamativa, istiocitosi polmonare a cellule di Langerhans) o una malattia concomitante delle vie aeree, come l’enfisema o l’asma.
I caratteri dell’ipertensione arteriosa polmonare con disfunzione ventricolare destra, come edema degli arti inferiori o distensione venosa giugulare, possono apparire nel procedere di qualsiasi interstiziopatia polmonare e non bastano per la diagnosi di una forma specifica di polmoniti interstiziali.
L’esame obiettivo può anche portare alla luce alcune caratteristiche della malattia del tessuto connettivo sottostante quali sinovite, deformità articolari o eruzioni cutanee.
Diagnostica radiografica
In gran parte delle polmoniti interstiziali, la radiografia del torace mostra volumi polmonari ridotti con opacità reticolari o reticolonodulari bilaterali.
Tuttavia, la radiografia del torace ha un significato limitato perché le anomalie tridimensionali vengono sovrapposte in un’immagine bidimensionale con cattiva resa delle informazioni spaziali.
Le immagini ad alta risoluzione in sezione trasversale, riprese con la tomografia computerizzata (TC), permettono di ottenere una rappresentazione dettagliata della patologia polmonare.
Le immagini TC ad alta risoluzione forniscono una valutazione non invasiva delle polmoniti interstiziali e sono un elemento fondamentale nell’accertamento della diagnosi e nella gestione di tali patologie.
Le radiografie dirette del torace e le immagini TC ad alta risoluzione della polmonite interstiziale comune, fanno vedere il quadro caratteristico della lesione fibrotica: una malattia tendenzialmente bilaterale, a chiazze, periferica (subpleurica) e prevalentemente basilare con infiltrati reticolonodulari, spesso a nido d’ape, con anomalie cistiche.
L’architettura del polmone è distorta nei pazienti con un carico di malattia moderato o grave, con riduzione del volume polmonare e con bronchiectasie da trazione, specialmente alle basi polmonari.
Le modificazioni reticologranulari (cosiddette “a vetro smerigliato”), le maggiori attenuazioni del tessuto polmonare senza distorsione dei sottostanti vasi sanguigni o bronchi, mancano o sono minime nella Fibrosi Polmonare Idiopatica.
La malattia pleurica, l’air trapping, i micronoduli e la presenza di una linfoadenopatia significativa non si osservano, anche se 2/3 dei pazienti con Fibrosi Polmonare Idiopatica possono riportare leggere adenopatie mediastiniche.
Quando il carico di malattia aumenta, la radiografia del torace può evidenziare numerose, piccole cisti nelle regioni più direttamente interessate.
Questo pattern cistico, definito honeycombing (o aspetto a nido d’ape), descrive una fibrosi in stadio terminale ed è una caratteristica di molte malattie interstiziali polmonari allo stadio terminale.
Queste cisti fibrotiche altro non sono che la distruzione irreversibile degli alveoli normali; le terapie sono indirizzate a salvaguardare il rimanente parenchima normale e attenuare i sintomi.
A differenza della polmonite interstiziale comune, la polmonite interstiziale non specifica è un quadro patologico in cui l’infiammazione ha un ruolo dominante e mostra reperti di imaging diversi rispetto alla polmonite interstiziale comune.
L’attenuazione reticologranulare (vetro smerigliato) predomina e si ritrova centralmente e perifericamente nei campi polmonari medi e inferiori.
Queste anomalie possono migliorare se diminuisce l’infiammazione.
Si può anche notare un quadro misto di lesioni nella polmonite interstiziale non specifica fibrosante che è suggerito dall’attenuazione a vetro smerigliato in presenza di alterazioni fibrotiche.
Caratteristiche fisiologiche delle polmoniti interstiziali
Come per i reperti radiografici, si può riscontrare una grande variabilità tra le specifiche malattie in termini di alterazioni fisiologiche osservate.
Ciò nonostante, un’alterazione fisiologica restrittiva è il riscontro più comune.
Sia il volume espiratorio forzato in 1 secondo (FEV1) che la capacità vitale forzata (FVC) sono diminuiti, e il rapporto FEV1/FVC è conservato o addirittura superiore ai valori normali.
I volumi polmonari sono inferiori, così come la capacità di diffusione del monossido di carbonio (DLCO).
Tale abbassamento della capacità di diffusione è causato da un disturbo patologico dell’interfaccia alveolo-capillare.
Sebbene non siano solitamente indagate, le caratteristiche della compliance polmonare possono essere analizzate con un palloncino esofageo per stabilire la pressione intratoracica a vari volumi polmonari.
Mella maggior parte delle malattie interstiziali polmonari, i polmoni riportano una compliance ridotta e necessitano di valori sopranormali di pressione transpleurica per la ventilazione.
Questa perdita della compliance porta ad una riduzione dei volumi polmonari e ad un aumento del lavoro respiratorio.
Meno spesso, si può ritrovare un quadro fisiologico di ostruzione.
Tale ostruzione può conseguire al processo patologico primario (es. Linfangioleiomiomatosi, Istiocitosi Polmonare a Cellule di Langerhans o sarcoidosi in alcuni pazienti) o ad un concomitante enfisema o asma.
Se la interstiziopatia polmonare si sviluppa in un paziente con un enfisema significativo, gli effetti fisiologici opposti delle due malattie possono provocare un quadro spirometrico ingannevole con volumi polmonari apparentemente normali e una compliance polmonare apparentemente normale.
Tuttavia, poiché l’enfisema e le polmoniti interstiziali producono entrambi un’anomalia degli scambi gassosi, la DLCO risulta notevolmente diminuita.
Terapie non specifiche per le malattie interstiziali del polmone
Ossigenoterapia
Poiché l’ipossiemia è frequente nelle polmoniti interstiziali, viene spesso prescritta una terapia con ossigeno supplementare, anche se non è stata molto studiata come nel caso della broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO).
Nei pazienti con polmoniti interstiziali si dovrebbe calcolare la saturazione arteriosa di ossigeno a riposo e soprattutto durante sforzo, perché molti pazienti con malattia lieve possono desaturare sotto sforzo, pur avendo una normale saturazione a riposo.
Anche se gli studi sono limitati, l’ossigeno supplementare erogato con cannula nasale può prevenire l’ipossiemia a riposo e permette di effettuare uno sforzo maggiore prima della desaturazione.
Questi benefici possono migliorare la qualità della vita e potenzialmente evitare lo sviluppo di un’ipertensione arteriosa polmonare, anche se servono ulteriori studi.
Per la maggior parte dei pazienti, l’O2 liquido è la migliore fonte per l’erogazione di una velocità di flusso adeguata.
Riabilitazione polmonare ed esercizi terapeutici
La riabilitazione polmonare, perno centrale nel trattamento della malattia polmonare ostruttiva, si è rivelata utile anche nel trattamento delle malattie interstiziali del polmone.
La riabilitazione polmonare è importante per sostenere la capacità aerobica, mantenere l’attività fisica e migliorare la qualità di vita.
Quando la riabilitazione polmonare viene interrotta, i benefici si riducono in pochi mesi.
Noi incoraggiamo tutti i nostri pazienti a seguire un programma di riabilitazione polmonare ambulatoriale ed a continuare la terapia di mantenimento.
Vaccinazioni e prevenzione delle infezioni
Poiché i pazienti con malattie interstiziali polmonari possono essere colpiti da infezioni respiratorie con conseguenze più gravi, i pazienti con polmoniti interstiziali dovrebbero essere sottoposti ad una vaccinazione anti-pneumococcica secondo le linee guida dei Centers for Disease Control degli Stati Uniti ed una vaccinazione antinfluenzale annuale.
Inoltre, si raccomanda ai pazienti di praticare una buona igiene delle mani (frequente lavaggio delle mani).
Si sconsiglia l’impiego di maschere o prodotti antibatterici speciali.
I pazienti trattati con prednisone a dosi superiori a 15 mg al giorno o con un immunosoppressore risparmiatore di steroidi, dovrebbero ricevere la profilassi per Pneumocystis.
Trapianto
L’unica terapia che si è dimostrata capace di prolungare la vita dei pazienti affetti da polmoniti interstiziali, specialmente nella forma fibrotica, in stadio terminale, è il trapianto di polmone.
Il trapianto è stato effettuato con successo nel trattamento della maggior parte delle malattie interstiziali polmonari.
Sebbene la procedura si risolva di solito nel migliore dei modi, esiste sempre il rischio significativo di mortalità ad 1 anno (dal 10 al 25%) e a 5 anni (dal 50 al 60%).
Molti pazienti con polmoniti interstiziali superano il limite d’età “fisiologico” di 65 anni.
Inoltre, alcune comorbilità come la malattia da reflusso gastroesofageo, che è frequente in molte polmoniti interstiziali, precludono il trapianto di polmone a causa del maggior rischio di rigetto cronico e di morte. Fonte: qui
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