lunedì 24 agosto 2020

PERCHÉ MOLTI CONTAGIATI SONO ASINTOMATICI?

 

FORSE PER RECETTORI CHE IL VIRUS USA PER ENTRARE NELLE CELLULE OPPURE PER UN ASSETTO GENETICO PARTICOLARMENTE FAVOREVOLE 

MA E’ POSSIBILE ANCHE CHE UNA PARTE RILEVANTE DELLA POPOLAZIONE SIA GIÀ STATA ESPOSTA IN PASSATO A QUALCOSA CHE ASSOMIGLIAVA AL COVID 

SE FOSSE COSÌ VORREBBE DIRE CHE FRA NOI CI SONO PERSONE CHE, SENZA ESSERSI AMMALATE NÉ VACCINATE, SONO GIÀ IMMUNI, ALMENO UN PO’…


Giuseppe Remuzzi per “la Lettura - Corriere della Sera”

 

A proposito di Covid-19 si è parlato tanto e si continua a parlare di asintomatici — e anche con una certa apprensione — perché sembravano essere quelli che diffondono la malattia fra l’altro senza saperlo. E se invece fossero proprio loro ad aiutarci a venire a capo della pandemia di Sars-CoV-2?

 

ASINTOMATICOASINTOMATICO

Cominciano a chiederselo in tanti e paradossalmente l’idea viene da una... prigione; o meglio da quello che sta succedendo in alcune prigioni degli Stati Uniti. Secondo il «Washington Post» in Arkansas, North Carolina, Ohio e Virginia le persone infette fra i detenuti sono più di tremila: ebbene, il 96 per cento di loro non ha sintomi. È uno dei misteri di questo virus che cominciamo a conoscere un po’, ma non del tutto ancora. Perché per esempio ci sono persone che vivono o lavorano a contatto di chi è malato, si infettano, ma non hanno sintomi e non si ammalano? Se riuscissimo a capire cos’è che li protegge potremmo certamente avere un’arma in più nei confronti di questo virus.

 

Monica Gandhi, esperta di malattie infettive dell’Università di San Francisco in California, s’è subito chiesta come mai ci fosse un numero così alto di infezioni asintomatiche. Questa la sua conclusione: «Non è detto che sia sempre un problema, tutt’altro; potrebbe essere un bene per l’individuo e per la società».

 

Davvero?

tre ragazze in spiaggia con la mascherinaTRE RAGAZZE IN SPIAGGIA CON LA MASCHERINA

Forse sì. Per poterlo dimostrare la dottoressa ha raccolto tutte le informazioni possibili sugli asintomatici partendo dai dati del Centro per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie di Atlanta. Loro avevano già visto che il 40 per cento dei contagiati non ha sintomi, forse per via delle mascherine. Ma ci potrebbero essere altre ragioni: la conformazione dei recettori che il virus usa per entrare nelle cellule, per esempio, oppure un assetto genetico particolarmente favorevole. O forse gli esperti potrebbero avere sbagliato: «Sars-CoV-2 — ripetevano — è un virus del tutto nuovo e il nostro sistema immune è stato colto di sorpresa; non abbiamo armi per difenderci».

 

Ma questo potrebbe non essere vero; sempre più lavori — tutti recentissimi — avanzano l’ipotesi che una parte rilevante della popolazione sia già stata esposta in passato a qualcosa che assomigliava a Sars- CoV-2 prima ancora che il virus fosse stato scoperto. Se fosse così vorrebbe dire che fra noi ci sono persone che, senza essersi ammalate né vaccinate, sono già immuni per conto loro, almeno un po’.

bambino al mare con mascherinaBAMBINO AL MARE CON MASCHERINA

 

Va detto che il nostro sistema immune è una formidabile macchina per i ricordi, sa riconoscere tutto quello che ha visto in passato; non solo, ma a ogni nuovo incontro la sua memoria si rafforza e si espande. E tutto questo grazie a certe cellule che gli immunologi chiamano memory T cells (sarebbe: linfociti della memoria) che viaggiano instancabilmente nel nostro torrente circolatorio per difenderci dagli invasori e nel caso specifico potrebbero ricordare di avere visto in passato qualcosa di molto simile a Sars-CoV-2. Per esempio i coronavirus del raffreddore, che condividono con il virus di Covid-19 certe proteine non proprio identiche ma molto simili, come dimostra un bellissimo lavoro appena pubblicato su «Science».

 

Ma non si può nemmeno escludere che siano le proteine associate alle vaccinazioni infantili che inducono la formazione di cellule T della memoria che poi riconoscono Sars-CoV-2 come qualcosa di familiare.

mascherine gettate a terra 9MASCHERINE GETTATE A TERRA 

 

Francis Collins, il direttore di National Institutes of Health, ne è convinto, tanto da avere pubblicato un post in questi giorni per sostenere il ruolo dei linfociti T della memoria nel proteggere dall’ammalarsi tanti che sono stati contagiati dal virus.

 

Del resto come si spiegherebbe altrimenti il fatto che in Svezia — che non ha fatto lockdown — il numero di ammalati diminuisce? Dev’essere per forza legato a una immunità pre-esistente . Ed è così in altre aree del mondo anche molto povere, dove la quarantena semplicemente non la si poteva fare. I test sierologici che misurano gli anticorpi contro Sars-CoV-2 ci dicono che quelli che hanno incontrato il virus sono molti di più di quelli che pensavamo, ma forse sono ancora di più quelli che sarebbero già stati immuni grazie alle cellule della memoria.

 

Si apre insomma un campo del tutto inesplorato, ma forse più rilevante di quello su cui ci siamo concentrati finora.

 

anthony fauciANTHONY FAUCI

«Aspettiamo conferme», dice l’immunologo americano Anthony Fauci, «ma è possibile che sia così e sarebbe davvero una buona notizia». Fauci — che non ha mai risparmiato critiche alla gestione della crisi sanitaria da parte dell’amministrazione di Donald Trump — pensa più al ruolo della carica virale per spiegare perché qualcuno si ammala gravemente mentre altri, pur frequentando gli stessi ambienti, hanno poco o nulla.

 

Bisogna anche considerare che gli anticorpi se ne vanno presto, mentre l’immunità cellulare rimane più a lungo anche se è più difficile da studiare. Lo hanno fatto ricercatori di San Diego in California su vecchi campioni di sangue da donatori e hanno scoperto che nel 40-60 per cento di quei campioni si potevano trovare cellule T capaci di riconoscere Sars-CoV-2. Il virus allora non c’era ancora, per cui bisogna per forza pensare a una sorta di immunità pre-esistente.

terapia intensivaTERAPIA INTENSIVA

 

La conferma viene da studi molto simili fatti in Olanda, Germania e Singapore con risultati assolutamente sovrapponibili.

 

C’è un altro aspetto su Covid-19 che merita grande attenzione: quello dei bambini. Loro hanno più virus nel naso e in gola degli adulti, ma raramente si ammalano e non si è ancora capito se possono contagiare.

 

Come si spiega?

Potrebbero avere cellule della memoria anche delle vaccinazioni recenti. Per questa ragione Andrew Badley e i suoi colleghi della Mayo Clinic hanno affrontato il problema sistematicamente per scoprire che, se nei cinque anni precedenti sei stato vaccinato, hai qualche forma di immunità anche contro Sars-CoV-2 e questo vale per almeno sette vaccini ma specialmente per quelli contro lo pneumococco (che riduce il rischio di ammalarsi di Covid-19 del 28 per cento) e contro la polio (che lo riduce del 43 per cento).

terapia intensiva 3TERAPIA INTENSIVA 

 

Cambia il paradigma insomma: d’ora in poi invece di guardare agli asintomatici come persone che diffondono la malattia, li si potrebbe guardare con gratitudine. Chissà che un giorno non siano proprio loro a liberarci da Covid-19 attraverso una immunità di popolazione fatta anche da tutti quelli che hanno gli anticorpi ma forse ancora di più da chi ha cellule della memoria specifiche, che da sole limiterebbero moltissimo la diffusione del virus anche in aree dove i positivi non superano il 10-20 per cento della popolazione. Fonte: qui

 

“COVID PIÙ GENTILE? NO, E’ STABILE”  L’IMMUNOLOGO ALBERTO MANTOVANI: “OCCORRE DISTINGUERE FRA IL VIRUS (CHE NON È CAMBIATO) E LA MALATTIA CHE, INVECE, SI È ATTENUATA. PER DIVERSE RAGIONI. 

LA PRIMA È CHE LE POLMONITI DA VIRUS RESPIRATORI PRATICAMENTE SCOMPAIONO D'ESTATE

LA SECONDA È CHE NEI CONFRONTI DELLE PERSONE PIÙ FRAGILI, COME GLI ANZIANI, SI STA PIÙ ATTENTI. 

LA TERZA È CHE SONO I GIOVANI I PIÙ COLPITI, MA HANNO PIÙ DIFESE. 

IL VACCINO? STIAMO ATTENTI ALLE SCORCIATOIE…”

ALBERTO MANTOVANIALBERTO MANTOVANI

Estratto dell’articolo di Adriana Bazzi per il “Corriere della Sera”

 

Capita anche a scienziati italiani di fama internazionale, e non solo al popolo dei giovani frequentatori di discoteche, di trascorrere qualche giorno di vacanza in Grecia: raggiungiamo al telefono Alberto Mantovani, direttore scientifico dell'Istituto Clinico Humanitas di Milano e professore Emerito dell'Humanitas University. Ci risponde da un bosco dove è più facile prendere la linea, anche se si trova vicino ad Atene. […]

 

[…] questo nuovo coronavirus sta «perdendo pezzi», cioè sta mutando e diventando meno aggressivo, come ci informa la cronaca di questi giorni?

«Sono un immunologo e mi rifaccio alla letteratura scientifica: l'unico dato "sicuro" arriva da un lavoro pubblicato sulla rivista Cell che dice che il virus è "stabile" e non sta diventando più "gentile". Altre osservazioni (che parlano di una minore aggressività, ndr ) si basano su piccoli studi, non ancora pubblicati. Ma creano messaggi distorti che confondono le persone».

terapia intensivaTERAPIA INTENSIVA

 

Sembra che la malattia sia meno grave...

«Ecco, occorre distinguere fra il virus (che non è cambiato) e la malattia che, invece, si è attenuata. Per diverse ragioni. La prima è che, comunque, le polmoniti da virus respiratori praticamente scompaiono d'estate. La seconda è che nei confronti delle persone più fragili, come gli anziani, si sta più attenti. La terza è che sono i giovani i più colpiti, ma hanno più difese. Non dimentichiamoci, però, che il paziente "zero" di Codogno, finito in coma, aveva 37 anni ed era un maratoneta».

 

Il messaggio, quindi, è quello di non abbassare mai la guardia.

«Certo. Sono un amante dell'alpinismo e qualche settimana fa, arrivato in un rifugio, avevo una gran voglia di togliermi la mascherina, ma non l'ho fatto. Avevo visto un cameriere senza. Si tratta di dare il buon esempio: è anche una questione di responsabilità sociale».

IMMUNOLOGO ALBERTO MANTOVANIIMMUNOLOGO ALBERTO MANTOVANI

 

La prevenzione rimane un caposaldo nella lotta al contagio, ma quanto, invece, ci possiamo aspettare dai farmaci?

«Ci siamo accorti che gli antivirali, quelli usati contro altri tipi di virus e utilizzati all'inizio dell'epidemia, non funzionano contro il nuovo coronavirus e, anzi, possono essere dannosi. Si salva il "remdesivir" che accorcia di qualche giorno i ricoveri ospedalieri. Più interessante il "desametasone", un vecchio cortisonico, capace di ridurre in qualche modo la mortalità. E pure chi opera nelle terapie intensive ha imparato a trattare meglio i pazienti».

 

E per il futuro?

«Ci sono grandi speranze per gli anticorpi monoclonali che possono intercettare il virus. Qualche perplessità, invece, esiste per le terapie con il plasma di soggetti infettati».

 

E il vaccino?

«Un editoriale, appena pubblicato su Science , titola "Attenti alle scorciatoie". In altre parole, un vaccino, per essere utilizzato su ampia scala, deve dimostrare di essere efficace e sicuro. Insomma, non abbiamo bisogno di un vaccino "cavallo purosangue" che brucia le tappe, ma di un "cavallo da tiro" e forse più di uno, capaci di lavorare, magari insieme, sulla lunga distanza».

RESPIRATORE PER LA TERAPIA INTENSIVARESPIRATORE PER LA TERAPIA INTENSIVA

 

Non trova che ci sia un po' di confusione nella pubblicazione di studi su farmaci e vaccini nelle riviste scientifiche? Alcuni lavori sul coronavirus sono stati «ritrattati», cioè ritirati dai giornali su cui erano stati pubblicati.

«La ricerca sull'idrossiclorochina (un farmaco antimalarico proposto per la cura dell'infezione e sostenuto dal Presidente americano Donald Trump, ndr ) è emblematica. La scienza è imperfetta, ma certi ricercatori "barano": alla fine, però, vengono scoperti». […] 

 

Fonte: qui



 

Quell'altra verità sui contagi. "Nuovo" virus: ecco le prove

Quell'altra verità sui contagi. "Nuovo" virus: ecco le prove

L'aumento dei casi non coincide con un picco di ricoveri. Bassetti: "Gli studi scientifici ora dimostrano la mutazione"

 
Il professor Matteo Bassetti, direttore della clinica malattie infettive dell'ospedale San Martino di Genova, è tornato a parlare sulla sua pagina Facebook della mutazione del virus. Nell’ultimo post pubblicato il virologo ha scritto soddisfatto: “Ecco un dato che tutti aspettavamo e che alcuni di noi avevano ampiamente previsto già tre mesi fa..… Dopo la carica virale ridotta (dimostrata dalle pubblicazioni dell’amico Massimo Clementi), ecco la dimostrazione che il SARScoV-2 è mutato”. 

Il virus è mutato

In più di una occasione il professore aveva spiegato gli ultimi dati che vedono un aumento di soggetti positivi, sottolineando anche che i positivi non sono malati e che la maggioranza di loro adesso è asintomatica. Ieri in Italia sono stati oltre 1000 i nuovi contagiati, ma vi è stata anche una diminuzione di casi gravi. Un incremento massiccio di positivi che vede però una riduzione delle terapie intensive, che rispetto ai numeri del giorno precedente sono calate di cinque unità. Nessun nuovo ricovero.

A supporto della tesi di Bassetti arriva adesso uno studio scientifico in pre-print, quindi non ancora verificato dal mondo della scienza, che vedrebbe una mutazione del virus. Questa lo renderebbe meno aggressivo e virulento. Tra gli autori della ricerca anche Robert Gallo, scopritore del virus dell’HIV, oltre agli italiani Massimo Ciccozzi, responsabile dell'Unità di statistica medica ed epidemiologia molecolare dell'Università Campus Bio-Medico di Roma e Davide Zella, dell'Institute of Human Virology, all'università del Maryland responsabile dell'Unità di statistica medica ed epidemiologia molecolare dell'Università Campus Bio-Medico di Roma e Davide Zella, dell'Institute of Human Virology, all'università del Maryland. 

Lo studio

Ciccozzi ha spiegato all'Adnk Salute che sono state esaminate "numerosissime sequenze di Sars-Cov-2 da un database mondiale, raccolte da dicembre 2019 a luglio. E abbiamo scoperto che sta emergendo un ceppo che ha perso un pezzo: abbiamo rilevato la delezione nella proteina nsp1, implicata nella patogenesi del virus. Una modifica che può averne ridotto la letalità e potrebbe spiegare il limitato numero di decessi rispetto ai contagi che sembrano evidenziarsi in certe aree geografiche". Come spiegato da Zella, la proteina non strutturale 1 "è probabilmente il determinante patogeno più importante, e studi precedenti su Sars-CoV indicano che è coinvolto sia nella replicazione virale, che nella prevenzione della risposta del sistema immunitario innato". Quanto descritto indicherebbe che in Sars-CoV-2 sono in corso profondi cambiamenti genomici. In questo momento è importante, come sottolineato dagli scienziati, "confermare la diffusione di questo particolare ceppo virale e di ceppi con altre delezioni nella proteina nsp1 nella popolazione di soggetti asintomatici e pauci-sintomatici, e correlare questi cambiamenti in nsp1 con la ridotta patogenicità virale". 

Adesso manca solo che il lavoro venga pubblicato su una prestigiosa rivista del settore e che altri studi simili confermino la sua tesi. Che peraltro Bassetti e altri esperti sostengono ormai da mesi, venendo anche più volte attaccati da chi non la pensa come loro. Nonostante il numero di casi sia equiparabile a quello dello scorso marzo, la situazione è oggi ben diversa da un puntop di vista delle ospedalizzazioni e soprattutto della sintomatologia. La ricerca pone quindi l'attenzione sull'importanza della prevenzione, inevitabile strumento di lotta al contagio e all'aumento dei casi, ma lascia intendere come si possa anche analizzare questo picco di positivi senza cadere nel terrorismo. Una situazione quindi da tenere sotto stretto controllo ma con un punto di vista meno allarmistico, specialmente se questo serve come base per scelte politiche che incidono sulla vita di milioni di persone, dipendenti e imprenditori. 

Mille malati ma meno casi gravi

Bassetti ha terminato il suo post ringraziando la scienza, quella vera, e facendo un appello a tutti: basta allarmismo. Grazie alla scienza, quella fatta di passione e ricerca. Quella vera. Quella che amo. Ps. Oggi ci sono mille contagiati per la maggioranza asintomatici con soli tre decessi e una riduzione dei malati gravi. Ma a nessuno interessa dirlo. Le regole sono sempre le stesse (D-M-L), ma basta catastrofismo”. 

L'aumento esorbitante di soggetti asintomatici ha anche cfreato una rivoluzione nel calcolo dei casi: adesso il famoso Rt, l'indice di trasmissione, sarebbe meno affidabile. Intanto l'Italia si prepara al controesodo dalle vacanze che si preannuncia alquanto difficile. In porti e aeroporti si formeranno quasi sicuramente lunghe code per permettere a coloro che rientrano nelle loro regioni di effettuare i test e i tamponi richiesti. Con quasi sicuramente un boom di casi positivi nelle prossime ore. Nella giornata di ieri è già iniziato lo scontro tra i governatori delle Regioni. Il presidente della Campania De Luca sta pensando di chiedere al governo di richiudere i confini, mentre Emilia Romagna e Liguria non ci stanno.

Fonte: qui

POSSIAMO AMMALARCI E ANCHE RIAMMALARCI 

LA SCOPERTA DEGLI SCIENZIATI DI HONG KONG: IL CORONAVIRUS PUÒ COLPIRE DUE VOLTE  

LO DIMOSTRA LA STORIA DI UN 33ENNE POSITIVO A QUATTRO MESI DI DISTANZA DAL PRIMO CONTAGIO, MA DA UN ALTRO CEPPO DEL VIRUS SARS-COV2 E SENZA SINTOMI

I MEDICI: "L’IMMUNITÀ È A TEMPO DETERMINATO" 

QUESTA SCOPERTA DILATA I TEMPI DI SMALTIMENTO DEL VIRUS ANCHE DOPO L'INTRODUZIONE DEL VACCINO


Francesco Semprini per “la Stampa”

 

terapia intensivaTERAPIA INTENSIVA

È ufficiale, il coronavirus contagia due volte. La segnalazione arriva da Hong Kong dove si è registrato quello che può sembrare il primo caso al mondo geneticamente certificato di nuova infezione su uno stesso individuo, non collegata alla prima. Il soggetto in questione è un 33 enne affetto a quattro mesi di distanza da due ceppi distinti del virus SarsCov2 (ovvero il Covid 19 secondo la nomenclatura della Organizzazione mondiale della Sanità). A Ferragosto il paziente è risultato positivo sebbene asintomatico, al ritorno da un viaggio in Spagna, dopo aver avuto una prima infezione abbastanza lieve, con tosse, febbre e mal di gola per tre giorni all'inizio della primavera.

 

Era stato dimesso il 14 aprile, dopo due tamponi negativi consecutivi. Confrontando le due infezioni è emerso che gli episodi sono riconducibili a virus geneticamente distinti, pertanto i ricercatori ritengono che SarsCoV2 può persistere nella popolazione come altri virus umani del comune raffreddore. Se ne deduce quindi che l'immunità può essere a tempo determinato, quindi andrebbero vaccinate anche le persone già colpite da Covid-19.

 

RESPIRATORE PER LA TERAPIA INTENSIVARESPIRATORE PER LA TERAPIA INTENSIVA

Tutto questo da una parte dilata i tempi di smaltimento del virus anche dopo l'introduzione del vaccino, dall'altra richiederebbe la disponibilità di quantità maggiori dello stesso. La corsa al vaccino, intanto, è divenuta ormai un capitolo strategico della campagna elettorale negli Stati Uniti. Secondo il Financial Times, Donald Trump, impegnato in una corsa al recupero del divario rispetto al rivale democratico Joe Biden, sta valutando la possibilità di aggirare gli standard normativi Usa per accelerare le procedure per ottenere il vaccino sperimentale così da annunciarne la disponibilità prima del 3 novembre, ovvero prima del voto per il rinnovo della Casa Bianca.

 

Il piano prevederebbe che la Fda (autorità di vigilanza) conceda ad ottobre «l'autorizzazione all'uso di emergenza» del vaccino sviluppato dall'Università di Oxford con AstraZeneca, sulla base dei risultati di uno studio britannico relativamente circoscritto. Trump ha assicurato che la decisione della Fda «non ha nulla a che fare con la politica», ma è chiaro che annunciare la disponibilità del farmaco tanto atteso si tradurrebbe agli occhi Paese in un indiscusso successo nella crociata contro la pandemia ha già causato la morte di oltre 176 mila persone.

 

terapia intensiva 2TERAPIA INTENSIVA 

E quindi un asset fondamentale da portare in dote agli elettori. Il timore è che l'agenzia possa subire però pressioni politiche, a scapito della sicurezza e dell'efficacia dei trattamenti, in un senso e nell'altro. Nei giorni scorsi il tycoon aveva accusato dirigenti non meglio precisati della stessa Fda di rispondere agli ordini del «deep State» rallentando terapie e test del vaccino «sperando di ritardare la risposta a dopo le elezioni».

 

CORONAVIRUS VACCINOCORONAVIRUS VACCINO

Affermazioni pericolose per la speaker della Camera Nancy Pelosi, ma è anche vero che la scorsa settimana, secondo quanto riportato dal New York Times, l'autorizzazione della Fda all'uso di emergenza del plasma per curare i malati era rimasta bloccata dopo l'intervento di alcuni dirigenti sanitari, tra cui Anthony Fauci, guru della task force della Casa Bianca contro la pandemia, entrato più volte in conflitto con Trump. E proprio sull'impiego del plasma domenica il presidente si è giocato una carta importante, non a caso a 24 ore dalla Convention repubblicana. La Fda ha concesso infatti un'autorizzazione proprio all'uso di emergenza del plasma dei convalescenti per curare i malati di Covid-19. «È una terapia potente e ha un incredibile tasso di successo», ha detto incoraggiando i guariti a donare il sangue.

Fonte: qui


“FATELA VEDERE A CHI FA ANCORA IL PIRLA” 

GIANLUIGI NUZZI PUBBLICA UNA FOTO CHE MOSTRA DUE TAC: UNA SU POLMONI SANI E L’ALTRA SU POLMONI COLPITI DA COVID 19 

LA DIFFERENZA È FIN TROPPO EVIDENTE: NEL CASO DEL PAZIENTE INFETTO DAL VIRUS, INFATTI, IN BIANCO SONO FIN TROPPO VISIBILI LE CICATRICI CHE ANCHE IN CASO DI GUARIGIONE RIDUCONO L'OSSIGENAZIONE…


Da leggo.it

 

tac di polmoni sani e colpiti da covidTAC DI POLMONI SANI E COLPITI DA COVID

Gianluigi Nuzzi interviene a gamba tesa sull'ormai annosa faida tra “allarmisti” e “negazionisti” del coronavirus. Il giornalista e conduttore televisivo, infatti, ha deciso di pubblicare una foto che mostra due diverse tac: una eseguita su polmoni di un paziente sano, un'altra su polmoni di un paziente colpito dal Covid-19.

 

La differenza tra le due tac è fin troppo evidente: nel caso del paziente infetto dal virus, infatti, in bianco sono fin troppo visibili le cicatrici lasciate dal Covid-19, che anche in caso di guarigione riducono l'ossigenazione. Lo scatto, diffuso per primo dal dottor Giuseppe Walter Antonucci, è stato poi ricondiviso sui social proprio da Gianluigi Nuzzi. Che su Facebook, senza troppi fronzoli, scrive: «Foto da mostrare a chi fa ancora il pirla». Severo, ma giusto. Anzi, sacrosanto.

 

gianluigi nuzzi foto di baccoGIANLUIGI NUZZI FOTO DI BACCO

A sinistra Tac di polmoni soggetto sano a destra tac di polmoni ed paziente Covid. In bianco le cicatrici lasciate dal...

Fonte: qui



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