IL GENERALE LUSI, COMANDANTE DEL NUCLEO TUTELA DELLA SALUTE:
“IN
182 CASI ABBIAMO RISCONTRATO GRAVI IRREGOLARITÀ, DENUNCIANDO 136
PERSONE.
DALLA MANCANZA DI AUTORIZZAZIONI ALL'IGIENE PRECARIA DEI LOCALI
FINO ALLE VIOLAZIONI DELLE NORME ANTI-COVID.
QUALCUNO HA LUCRATO SU DPI
E PRODOTTI IGIENIZZANTI, ALTRI HANNO PROVATO A ESPORTARE FARMACI E APPARECCHIATURE MEDICHE IN PAESI DOVE POTEVANO GUADAGNARE DI PIÙ MA CHE INVECE DOVEVANO RESTARE QUI…”
Rinaldo Frignani per “il Corriere della Sera”
Adelmo Lusi
Più
di quattro mesi di emergenza, decine di migliaia di morti. Ma il 2020
sarà ricordato anche come l' anno delle inchieste della magistratura su
cosa non ha funzionato nell' affrontare l' epidemia. «Solo noi abbiamo
302 deleghe dell' autorità giudiziaria: 157 al Nord, 91 al Centro, 54 al
Sud e nelle isole». A rivelarlo è il generale di divisione Adelmo Lusi,
da tre anni alla guida del Comando tutela della Salute, dal quale
dipendono i 38 Nuclei territoriali del Nas dei carabinieri. L' alto
ufficiale è anche membro permanente dell' Unità di crisi fin dall'
inizio dell' emergenza.
Generale, si tratta soprattutto di indagini su Rsa?
«Non
solo. Siamo impegnati anche nel contrasto alle frodi in commercio sulle
forniture di dispositivi di protezione individuale e al traffico verso
l' estero di apparecchiature mediche che tuttora servono in Italia».
Qual è lo scenario che vi siete trovati davanti nelle case di riposo?
«In
soli tre mesi abbiamo effettuato 1.572 ispezioni, il 30% delle quali su
incarico della magistratura. In 182 casi abbiamo riscontrato gravi
irregolarità e sono state denunciate 136 persone. C' è di tutto: dalla
mancanza di autorizzazioni all' igiene precaria dei locali, fino alle
violazioni delle norme anti-Covid. In moltissimi casi nelle prime
settimane il personale addetto all' assistenza degli ospiti non era
formato, né indossava mascherine, guanti, visiere e parascarpe. Ci sono
state situazioni, come a Lecce e Reggio Calabria, dove ci siamo
imbattuti in anziani abbandonati a loro stessi. Erano scappati, li
avevano lasciati soli. E contagiati. Una cosa terribile».
Chi ha fatto affari col coronavirus?
«All'
inizio chi ha lucrato sui Dpi e sui prodotti igienizzanti. Poi chi ha
provato a esportare farmaci e apparecchiature mediche in Paesi dove
sapeva di poter guadagnare di più ma che invece dovevano restare qui.
Qualche numero: 1.500 violazioni commerciali, 343 denunce, 700
provvedimenti amministrativi, più di 3 milioni e mezzo di mascherine
sequestrate con 142 mila igienizzanti, 1.200 fra ventilatori e
attrezzature per terapie intensive e sale operatorie requisiti, con
quasi due milioni di confezioni di farmaci pronte per essere spedite
altrove».
Siete stati impegnati sin dall' inizio?
«Sì,
da fine gennaio. Nella primissima fase siamo stati noi a portare, con
le staffette, 6 mila tamponi da tutta Italia ai laboratori dell'
Istituto superiore di sanità per la validazione: il 99% era positivo».
Quale fenomeno vi ha sorpreso di più?
«L'
impennata delle vendite online, perché riguarda spesso chi promuove
prodotti, come farmaci e integratori, illudendo la gente che possano
sconfiggere la malattia. Ovviamente non è così. Finora abbiamo
individuato 29 siti di e-commerce , ma tutti con server all' estero.
Sono gli stessi che inviano per posta, senza garanzie sulla
conservazione del prodotto, sostanze dopanti».
E proprio all' estero siete molto attivi.
«I
Nas sono unici, un punto di riferimento, negli Usa come in Germania. In
Sudamerica e in Africa istruiamo anche i magistrati. Ma sappiamo
soprattutto di essere nel cuore degli italiani». Fonte: qui
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