mercoledì 3 giugno 2020

IL SEGRETO DEL VENETO PER IL CONTENIMENTO DEL VIRUS? VIOLARE LE STUPIDE REGOLE


“HO FATTO TAMPONI SUGLI ASINTOMATICI QUANDO NON SI POTEVA”  

LA CONFESSIONE DEL VIROLOGO CRISANTI: “SE MI FOSSI ADATTATO AL GREGGE ANCHE IL VENETO SAREBBE FINITO COME LOMBARDIA E PIEMONTE” 

IL PROTOCOLLO CHE ARRIVAVA DALL’ALTO IMPONEVA DI TESTARE SOLO CHI AVEVA LA FEBBRE SUPERIORE A 38 CON TOSSE E SOSPETTA POLMONITE, MA LA REGIONE HA CHIUSO UN OCCHIO SULLA STRATEGIA DI CRISANTI CHE GIÀ UN MESE PRIMA DI…

Andrea Pasqualetto per il “Corriere della Sera”

ANDREA CRISANTI ANDREA CRISANTI
Da una parte il professor Andrea Crisanti, che oggi lo confessa: «Ho fatto tamponi sugli asintomatici quando non si poteva perché mi sembrava chiaro che erano veicolo di contagio... se mi adattavo al gregge il Veneto sarebbe andato in rotta di collisione con il virus, come Lombardia e Piemonte».

Dall' altra la Regione, che non ha difficoltà a riconoscere di aver forzato la legge sulla privacy per spegnere i focolai: «Nell' interesse superiore della salute pubblica». Semplificando un po', il segreto di fabbrica del modello Veneto è anche il risultato di due violazioni, riconosciute come tali dagli stessi protagonisti. Crisanti ha violato la «legge» della sanità prendendo una posizione contraria a quella dell' Oms e, a cascata, dell' Istituto superiore di sanità e della Regione.

Domenico Mantoan Luca Zaia Domenico Mantoan Luca Zaia
La Regione, pur non assecondando subito Crisanti sugli asintomatici, ha invece organizzato velocemente un sistema unico di monitoraggio dei contagiati, chiamato «Cruscotto», sul filo della legge che tutela il diritto alla privacy. Così facendo il Veneto ha anticipato di circa un mese le altre regioni, come emerge con sempre maggiore evidenza dai documenti sulle prime fasi dell' epidemia.

ANDREA CRISANTI ANDREA CRISANTI
Ma andiamo con ordine e riavvolgiamo il nastro di quattro mesi. Gennaio 2020, mercoledì 29. In Italia manca quasi un mese all' esplosione dell' epidemia e il professor Crisanti scrive una lettera a sorpresa: «...anche in assenza di sintomi contattare questo numero e fissare un appuntamento per indagini di laboratorio». È un appello a tutti gli studenti, docenti e ricercatori padovani di rientro dalla Cina.

luca zaia in conferenza stampa con francesca russo luca zaia in conferenza stampa con francesca russo
Tradotto: facciamo tamponi anche agli asintomatici, categoria umana fino a quel momento ignorata dalle strategie mondiali antivirus. «Il primo test è del 5 febbraio, era un cinese, poi ne sono seguiti altri...». Non potrebbe, perché il protocollo che arriva dall' alto lo esclude, prevedendoli solo su chi ha febbre superiore a 38 con tosse e sospetta polmonite.

«Si chiede di conoscere sulla base di quali indicazioni ministeriali si sia ipotizzata tale scelta di sanità pubblica...», lo richiama all' ordine Domenico Mantoan, il potente direttore generale della sanità regionale, braccio destro di Luca Zaia (che di recente ha attribuito i meriti della strategia veneta non a Crisanti ma alla dirigente Russo), presidente dell' Aifa del farmaco e ora proposto dal ministro Speranza alla guida dell' Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali.
crisanti crisanti

Crisanti lo rassicura a stretto giro: «Ci siamo limitati a fare diagnosi in persone sintomatiche». Non è vero. I tamponi li aveva fatti, usando la scappatoia della tosse sospetta.
«Diciamo che ho edulcorato la lettera per tranquillizzare Mantoan... se non mi avesse fermato avremmo controllato sul nascere l' epidemia». Da parte sua Mantoan, meno espansivo di Crisanti, liquida così la questione: «Abbiamo seguito le indicazioni del ministero, nessuno era autorizzato a iniziative autonome».
crisanti crisanti

Il 21 febbraio, con il primo decesso a Vo' Euganeo, le cose cambiano: macchina dei tamponi a tutto vapore e numeri che danno ragione al modello «asintomatici-Cruscotto». La storia del coronavirus in Veneto è anche questa. Idee originali, controcorrente, che si sono dimostrate vincenti.

Fonte: qui

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