lunedì 22 giugno 2020

“LE FREQUENTAZIONI CON I POLITICI? SONO SEMPRE STATE ALL’ORDINE DEL GIORNO"

"IO ERO UNO DEI REFERENTI. OGNI GRUPPO ASSOCIATIVO AVEVA IL SUO PALAMARA"

“OGNUNO AVEVA QUALCOSA DA CHIEDERE, OGNUNO RITENEVA DI VANTARE PIÙ DIRITTI DEGLI ALTRI, ANCHE QUELLI CHE OGGI SI STRAPPANO LE VESTI E CHIEDONO LA MIA ESPULSIONE

IL “COMPAGNO” ALBAMONTE FREQUENTAVA LA PARLAMENTARE DEL PD DONATELLA FERRANTI…” (E PARTE LA QUERELA)

"FATTI MAI AVVENUTI": EUGENIO ALBAMONTE QUERELA LUCA PALAMARA

Da www.huffingtonpost.it

 

EUGENIO ALBAMONTEEUGENIO ALBAMONTE

Il pm romano Eugenio Albamonte, segretario di Area e in passato presidente dell’Anm, querelerà Luca Palamara, ex presidente dell’associazione magistrati che è stato espulso. Lo annuncia lo stesso avvocato Paolo Galdieri.

 

“Palamara in una serie di interviste rese oggi (a La Repubblica, a firma di Liana Milella, a Il Fatto Quotidiano a firma di Antonio Massari, a La Verità a firma Giacomo Amadori) lo ha diffamato - spiega Galdieri - parlando di fatti mai avvenuti, in particolare di non meglio precisate cene tra il mio assistito e l’onorevole Donatella Ferranti, già presidente della commissione Giustizia della Camera, nelle quali si sarebbe discusso della nomina del vicepresidente del Csm David Ermini e delle nomine di avvocati generali della Cassazione”.

luca palamaraLUCA PALAMARA

 

Pochi minuti dopo la notizia dell’espulsione dall’Anm, Palamara - che era andato al Palazzaccio per chiarire la sua vicenda ma, per una norma statutaria, non gli è stata data la parola - aveva detto “non farò il capro espiatorio”.

 

Parlando con Repubblica ha detto: “Trovo fisiologico che chi ha determinate cariche rappresentative nella magistratura interloquisca con la politica. Ma trovo meno condivisibile che ci siano procuratori della Repubblica che vadano a cena con i politici”, facendo, a questo punto, anche il nome di Eugenio Albamonte.

 

«I GIUDICI CHE MI HANNO FATTO FUORI SONO LÌ SOLO GRAZIE ALLA POLITICA»

donatella ferrantiDONATELLA FERRANTI

Giacomo Amadori per “la Verità”

 

L' ex presidente dell' Associazione nazionale magistrati Luca Palamara ieri ha vissuto il giorno più nero della sua carriera: l' espulsione dall' associazione che aveva presieduto. Per l' appuntamento si era preparato un' accorata difesa di quattro pagine, in cui si leggono frasi come questa: «Ognuno aveva qualcosa da chiedere, ognuno riteneva di vantare più diritti degli altri, anche quelli che oggi si strappano le vesti, penso ad esempio ad alcuni componenti del collegio dei probiviri che oggi chiedono la mia espulsione».

 

DAVIGO ALBAMONTEDAVIGO ALBAMONTE

Chi sono questi probi viri che si strappano le vesti?

«In particolare mi riferisco a Bruno Di Marco, Giuseppe Amato, detto Jimmy, e Claudio Viazzi Di Marco è un esponente del sistema clientelare catanese, rientra perfettamente nelle logiche clientelari di Unicost, oltre a essere il difensore nel disciplinare di Giancarlo Longo, il mio coindagato nel penale. Quando finiva i disciplinari al Csm, dove faceva il difensore, mi è capitato spesso di trovarlo dentro alle stanze dei giudici».

giuseppe amatoGIUSEPPE AMATO

 

Viazzi che cosa le aveva chiesto?

«Lui, storico esponente di Md, nulla. Venne fregato quando scegliemmo il presidente della Corte d' appello di Genova. Lì io feci nominare Maria Teresa Bonavia».

 

Quindi secondo lei aveva il dente avvelenato?

«Non dico questo, io le porto dei dati di fatto».

 

E Amato, come è diventato procuratore di Bologna?

EUGENIO ALBAMONTEEUGENIO ALBAMONTE

«Jimmy è un amico, ma con me ha utilizzato quello stesso sistema per cui io sono stato espulso».

 

Un episodio specifico?

«Oltre a me frequentava in modo assiduo i componenti laici per arrivare all' obiettivo della nomina ed ero io a introdurlo personalmente».

 

Sono in conflitto d' interessi solo i probiviri? Oggi la segretaria della seduta era Alessandra Salvadori ed è intervenuto ripetutamente il segretario generale Giuliano Caputo. Nel voto contro di lei si è astenuta solo una sua fedelissima, Alessia Sinatra

«Salvadori e Caputo sono due magistrati che hanno beneficiato del sistema delle correnti e che oggi individuano in me l' unico responsabile».

 

luca palamara giuseppe casciniLUCA PALAMARA GIUSEPPE CASCINI

La Salvadori si era interessata alla nomina del marito, è esatto?

«Forse non se lo ricordava».

 

Alcuni membri del Cdc, come Bianca Ferramosca e Francesco Minisci, si erano già dimessi da qualche settimana per le chat con lei. Mentre l' ex presidente dell' Anm Eugenio Albamonte, attuale segretario generale di Area, ha assistito al suo processo da dentro all' aula del Cdc al sesto piano della Cassazione

«Quello di Albamonte è un altro bel capitolo. Come è diventato magistrato segretario del Csm? Come è avvenuto il suo rientro in ruolo alla Procura di Roma?».

 

Come?

«Non voglio essere impreciso: vada a guardarsi le carte».

francesco lo voi nicola gratteri giuseppe amatoFRANCESCO LO VOI NICOLA GRATTERI GIUSEPPE AMATO

 

Lei parla delle cene e degli incontri «con i responsabili giustizia dei partiti politici di riferimento»: a chi pensa?

«Proprio al "compagno" Albamonte. Come io vedevo Cosimo Ferri lui frequentava la parlamentare del Pd Donatella Ferranti per discutere di nomine come quella dell' avvocato generale della Cassazione Francesco Salzano, uno degli scoop della Verità.

 

Le frequentazioni tra magistrati e politici sono sempre state all' ordine del giorno. C' è poi il discorso, inesplorato, dei rapporti tra procuratori e componenti laici. Questi ultimi vogliono avere il dominio sulle nomine e la dipendenza della magistratura dalla politica è un tema che non è mai stato sviluppato».

 

Oggi ha detto che neanche ai tempi dell' Inquisizione le avrebbe impedito di parlare

GIULIANO CAPUTOGIULIANO CAPUTO

«Il 3 marzo scorso io sono andato davanti ai probiviri con il mio difensore Roberto Carrelli Palombi. Nell' occasione domandai se mi contestassero i contenuti degli articoli di stampa, perché non capivo le accuse.

 

Sottolineai pure che quegli articoli erano basati sui brogliacci delle intercettazioni o su sbobinature mal fatte e spiegai che per potermi difendere avrei dovuto sentire gli audio originali. Che sono molto diversi dalle loro trascrizioni, come sto scoprendo in queste ore.

 

francesco minisci anmFRANCESCO MINISCI ANM

Quando ho sollevato il problema, ho anche anticipato che non avrei reso dichiarazioni quel giorno, ma davanti al Comitato direttivo centrale, dove mi sarei assunto le mie responsabilità. Ma mi è stato impedito».

 

E poi?

«Complice l' uscita delle chat, c'è stata l' accelerazione per farmi male».

 

Ma lei si aspettava che non l' avrebbero fatta intervenire?

«Assolutamente no. La storia dell' Anm è una storia di libertà, di idee, di opinioni. Nel 1926 il regime fascista sciolse l' Anm perché c' era chi voleva esprimersi liberamente. Nel mio piccolo, anche a me è stato impedito di parlare».

 

La mozione per impedire al suo difensore di parlare è stata proposta da Giovanni Tedesco

donatella ferrantiDONATELLA FERRANTI

«Un imputato che si trova come giudice Tedesco, che non ha bisogno di sentire le ragioni dell' accusato, che cosa deve fare, spararsi? Come fa un giudice a dire di non aver bisogno di sentirmi? Siamo di fronte a un principio di civiltà giuridica. Non avevo chiesto di essere assolto, ma di potermi difendere».

 

Tedesco ha detto che la fase istruttoria era delegata ai probiviri

«E se io voglio parlare davanti al mio giudice, che è il Cdc e non i probiviri? A mio giudizio avrei dovuto poter prendere la parola oggi, per il ruolo che ho ricoperto e per la gravità delle contestazioni. A marzo non l' ho fatto perché quel giorno non erano formulate pienamente e chiaramente le contestazioni».

francesco lo voi 1FRANCESCO LO VOI

 

Come si sente l' ex presidente dell' Anm a essere espulso dall' Anm?

«Ho provato un profondo dispiacere, ripensando ai tanti sacrifici fatti in quegli anni da presidente».

 

Il suo ex collega Antonio Ingroia ha detto che lei era stato scelto dal presidente Giorgio Napolitano come possibile ambasciatore per risolvere il conflitto tra il Quirinale e la Procura di Palermo

«Di questo argomento preferirei parlare in commissione antimafia, dove sono disponibile a farmi ascoltare».

 

Uno dei suoi sassolini nella scarpa sembra essere stata la scelta del procuratore di Palermo Franco Lo Voi. Gliela suggerì l' ex procuratore di Roma Giuseppe Pignatone?

«C' era un rapporto molto stretto tra Pignatone e Lo Voi».

 

Ha parlato di comunicati contro «i malcapitati politici di turno». Si riferiva a Salvini?

giuseppe pignatoneGIUSEPPE PIGNATONE

«Non solo a lui, è un discorso di carattere generale sulle prese di posizione politiche che in ambito associativo erano frequenti».

 

Nel discorso che non le hanno fatto pronunciare ha fatto cenno a nomine che hanno seguito solo logiche di potere nelle quali il merito è stato sacrificato sull' altare dell' appartenenza alle correnti, ma che la colpa di queste scelte non era solo la sua. A chi si riferisce?

«A tutti coloro con i quali mi relazionavo per trovare accordi che favorissero la realizzazione di un equilibrio nelle nomine».

 

luca palamara luca lottiLUCA PALAMARA LUCA LOTTI

I famosi pacchetti?

«Esattamente, che rappresentano l' aspetto più deteriore del correntismo».

 

Mi fa un esempio?

«Penso alle nomine del Massimario e dei consiglieri della Cassazione o della Direzione nazionale antimafia».

 

Perché ha scritto di non voler fare il capo espiatorio?

«Perché non posso essere individuato come l' unico responsabile di un sistema che non ha funzionato. Ero uno dei referenti di quel sistema, non il referente. Ogni gruppo associativo aveva il suo Palamara.

 

cosimo ferri 2COSIMO FERRI

Ed anche dentro a Unicost le logiche clientelari erano molto diffuse, a prescindere dal mio ruolo. Soprattutto nell' area napoletana e catanese. Ma su questo e molte altre questioni ci sarebbe da scrivere un libro».


Fonte: qui

CHE FINE HANNO FATTO LE CHAT DI PALAMARA MENTRE ERA MEMBRO DEL CSM?

IL MAGISTRATO FURIOSO DOPO L'ESPULSIONE DALL'ANM ''FA I NOMI'' DELLE ALTRE TOGHE CHE HANNO BENEFICIATO DEL SUO ''SISTEMA''.

IN REALTÀ SI TRATTA DEI CIRCA VENTI CHE GIÀ SONO SOTTO ESAME DALLA COMMISSIONE DISCIPLINARE, E GIÀ USCITI SUI GIORNALI.

IL VERO ''TESORO'' È NELLE CONVERSAZIONI DEGLI ANNI 2015-2019, MENTRE LUI ERA DENTRO ALL'ORGANO E MANOVRAVA IL GROSSO DELLE NOMINE…


AL CSM SOTTO ESAME PER «INCOMPATIBILITÀ» VENTI MAGISTRATI COINVOLTI NELLE CHAT

Giovanni Bianconi per il ''Corriere della Sera''

 

La prima commissione del Consiglio superiore della magistratura, quella che decide sulla sanzione para-disciplinare dei trasferimento d'ufficio «per incompatibilità ambientale», ha già avviato una ventina di istruttorie preliminari per valutare le posizioni di altrettante toghe che compaiono nelle chat di Luca Palamara. Se gli accertamenti dovessero confermare che le conversazioni e gli argomenti trattati superano soglie di inopportunità e imbarazzo tali da rendere problematico restare nell'incarico ricoperto senza perdere prestigio e credibilità, si potrebbe proporre la rimozione, da sottoporre al plenum dell'organo di autogoverno.

PALAMARA CANTONEPALAMARA CANTONE

 

Come è accaduto con Cesare Sirignano, già sostituto procuratore della Direzione nazionale antimafia, mandato via perché ritenuto coinvolto «nelle intenzioni e nelle strategie» dell'ex pm accusato di corruzione, tra cui il condizionamento della nomina del nuovo procuratore di Perugia; con espressione di valutazioni e giudizi su colleghi che ne hanno determinato un «appannamento dell'immagine di indipendenza ed imparzialità» che non gli consentiva di rimanere in quell'ufficio.

 

CESARE SIRIGNANOCESARE SIRIGNANO

Per Sirignano è in corso anche un procedimento disciplinare avviato dalla Procura generale della Cassazione, come per Palamara e i cinque ex componenti del Csm dimessisi dopo che, un anno fa, sono state diffuse le intercettazioni del loro incontro con l'ex pm e due deputati in cui si mettevano a punto le strategie per nominare un procuratore di Roma gradito ai presenti.

 

Decisioni analoghe per altri magistrati potrebbero arrivare per decisione del procuratore generale Giovanni Salvi, che da un paio di mesi ha messo al lavoro un gruppo di sostituti per analizzare tutto il materiale trasmesso dalla Procura di Perugia. Che a conclusione dell'inchiesta  penale è diventato molto più voluminoso: tutte le conversazioni telefoniche e via chat di Luca Palamara, sia quando sedeva al Csm sia dopo.

 

luca palamaraLUCA PALAMARA

Fino a maggio 2019, quando è venuta alla luce l'indagine a suo carico. L'attuale Csm, rinnovato per quasi un quarto proprio a seguito del «caso Palamara», attende le determinazioni del pg della Cassazione, ma nel frattempo s' è dato nuove regole e nuove procedure per le nomine. Che hanno determinato scelte considerate di prestigio, a volte sofferte ma comunque trasparenti. A volte all'unanimità, o con maggioranze molto ampie; altre volte frutto di divisioni e dibattiti alla luce del sole e schieramenti diversificati, anche trasversali e non predeterminati.

 

giovanni salvi foto di bacco (1)GIOVANNI SALVI FOTO DI BACCO

Fra queste ultime ce ne sono tre considerate particolarmente importanti proprio perché più o meno direttamente connesse alle vicende di cui è stato protagonista l'ex pm indagato per corruzione. La nomina del pg Salvi, il titolare delle azioni disciplinari prossime venture, è stata decisa il 14 novembre 2019 con 12 voti a favore (i togati di Area e Autonomia e indipendenza più i laici indicati dai Cinque stelle); 4 e 3 sono andati ad altri due candidati, 5 consiglieri si sono astenuti. Michele Prestipino è stato nominato procuratore di Roma, il 4 marzo scorso, con 14 voti al ballottaggio con un altro candidato, raccogliendo il consenso dei togati di Area e Unità per la costituzione, e 3 su 5 dei consiglieri eletti con Autonomia e indipendenza, più i togati di espressione grillina.

 

Più di recente, mercoledì scorso, Raffele Cantone è diventato procuratore di Perugia grazie ai 12 voti espressi dai togati di Area e i sette laici espressione di Cinque stelle, Forza Italia e Lega (l'unico indicato dal Pd, David Ermini, è vicepresidente e di norma non vota). Maggioranze diversificate, a volte persino risicate. Che hanno dato luogo anche alle spesso evocate «spaccature» in seno all'organo di autogoverno, che però al Csm rivendicano come segnale di libertà di espressione: niente a che vedere com accordi di potere e lottizzazioni.

 

 

EUGENIO ALBAMONTEEUGENIO ALBAMONTE

PALAMARA FINGE DI FARE I NOMI MA SONO QUELLI NOTI (PER ORA)

Luca Fazzo per ''il Giornale''

 

Che un uomo come Luca Palamara, passato in una manciata di giorni dagli altari del potere alla polvere dell'incriminazione, abbandonato e misconosciuto da tutti quelli che gli baciavano la pantofola, perda alla fine equilibrio e lucidità, fa parte dell'animo umano. Così la reazione apparentemente furibonda di Palamara alla sua espulsione dall'Associazione nazionale magistrati, di cui era stato a lungo presidente e leader indiscusso, rischia di venire letta come un gesto scomposto.

 

Perché in una serie di dichiarazioni Palamara tira in ballo con nomi e cognomi una sfilza di magistrati che finora sono scampati ai guai giudiziari e disciplinari che lo stanno travolgendo: e che lui indica invece come collusi o comunque beneficiari del sistema di spartizione delle cariche giudiziarie da parte del Consiglio superiore della magistratura passato alle cronache come «sistema Palamara».

luca palamaraLUCA PALAMARA

 

Ma se Palamara, come dice ieri qualcuno, «ha dato fuori di matto», bisogna riconoscere che in questa follia c'è del metodo. Infatti se si esaminano con attenzione i nomi che Palamara squaderna dopo avere promesso «adesso faccio i nomi», si scopre che il pm romano (attualmente sospeso dal servizio) fa solo e soltanto i nomi di magistrati che erano già comparsi negli articoli di stampa che riferivano il contenuto delle chat trovate sul suo telefono dal virus della Guardia di finanza.

 

C'è una sola eccezione: Eugenio Albamonte, una delle «toghe rosse» più in vista d'Italia, esponente dell'ala sinistra di Magistratura democratica. Ad Albamonte, Palamara rinfaccia due vicende: una sono gli incontri con Daniela Ferranti del Pd per scegliere il nuovo vicepresidente del Csm; l'altra, più scomoda, è il passaggio come segretario al Csm e poi il ritorno in Procura a Roma.

francesco minisci anm 2FRANCESCO MINISCI ANM

 

«Quello di Albamonte è un altro bel capitolo», dice nell'intervista alla Verità, invitando a verificare come avvennero i passaggi. Ma il trattamento riservato ad Albamonte ha una spiegazione: il rientro della «toga rossa» in ruolo avvenne quando Palamara non faceva ancora parte del Csm. E quindi viene citato solo per dimostrare che anche prima di questi anni, i sistemi in voga non erano diversi. Per il resto, Palamara picchia a destra e manca: ricorda che Bruno Di Marco, il presidente dei probiviri che lo hanno espulso, difendeva un magistrato finito in carcere, Giancarlo Longo, siciliano come lui; accusa un altro proboviro, il procuratore di Bologna, Giuseppe Amato, di avere ottenuto il suo posto grazie ai «meccanismi di cui oggi si parla».

 

E poi ce n'è per tutti, da toghe di sinistra come Claudio Viazzi e Francesco Minisci, ex presidente dell'Anm, a giudici di centro come Giuliano Caputo, attuale segretario dell'associazione, o Bianca Ferramosca di Roma, o Alessandra Salvadori di Torino. Colleghi che vengono tirati in ballo da Palamara a volte con le buone, specificando che si tratta di gente di valore; a volte più brutalmente. Un gesto scomposto? Mica tanto. Perché in realtà le rivelazioni di Palamara non rivelano niente.

 

luca palamara giuseppe casciniLUCA PALAMARA GIUSEPPE CASCINI

I nomi che detta ai taccuini sono gli stessi che le chat, compulsate in queste settimane da buona parte dei magistrati italiani, avevano già messo in luce. Possibile che non ci sia almeno un caso di nomina «aggiustata», un solo esempio di carriera trattata a forza di lusinghe e promesse, oltre a quelle intercettate dal trojan dell'indagine perugina? Ovviamente no, perché i buchi temporali dell'inchiesta sono enormi: le intercettazioni telefoniche partono il 3 marzo 2019, quando Palamara non fa più parte del Csm da sei mesi; il trojan risale ai messaggi scambiati da Palamara a partire dal 2018.

 

Tutto il prima, i tre anni iniziali di Palamara al Csm, quelli di molte scelte decisive, sono rimasti fuori dall'inchiesta. Ci sono nomine cruciali, e manovre sottobanco: la più clamorosa di tutte, quella che nel 2017 fece inserire da una «manina» la norma che permetteva ai magistrati fuori ruolo di rientrare e venire subito promossi. Se saltassero fuori i dialoghi di quegli anni, sulla magistratura si abbatterebbe un'altra bufera. Sono quelli i veri segreti che oggi Palamara custodisce ancora. E ieri manda un messaggio implicito ma chiaro: «di quelle cose per ora non parlo». Per ora. Fonte: qui



SAPETE COME HANNO FATTO A INFILARE IL TROJAN NEL CELLULARE DI PALAMARA? 

QUEL VECCHIO FURBONE NON ERA CADUTO NEL TRANELLO DEI VARI SMS ED EMAIL CON LINK DA CLICCARE, COSÌ IL PM (SENZA DIRLO AL GIP) HA CHIESTO ALLA GENTILE VODAFONE DI BLOCCARE TUTTE LE CHIAMATE IN USCITA. A QUEL PUNTO LA TOGA DELLE TOGHE SI È TROVATO UN MESSAGGIO SULLO SCHERMO…

OCCHIO: IL VIRUS CHE TUTTO ASCOLTA E TUTTO ACCHIAPPA NON È REGOLATO DALLA LEGGE

 

Antonino Monteleone, inviato de “Le Iene”, per ''il Giornale''

 

luca palamaraLUCA PALAMARA

Scopriremo col tempo se Luca Palamara è davvero un corrotto che ha asservito la sua funzione di membro del Csm in cambio di favori e utilità oppure se quella tra Luca Palamara e l'imprenditore Fabrizio Centofanti era un'amicizia contrassegnata dalla generosità del più danaroso tra i due.

 

Di certo l'inchiesta della Procura di Perugia, che indagando su un presunto sistema corruttivo che nascerebbe in Sicilia (il cosiddetto «sistema Siracusa»), ha scoperchiato e messo a nudo il meccanismo di funzionamento dell'organo di autogoverno della magistratura italiana è destinato a segnare uno spartiacque anche nella delicata e spinosa materia delle intercettazioni. Sono necessarie alcune premesse veloci, ma importanti.

luca palamaraLUCA PALAMARA

 

Uno: in tema di intercettazioni telefoniche e informatiche la riforma targata dall'ex ministro della Giustizia Andrea Orlando e quella, ancor più manettara, firmata dall'attuale inquilino di Via Arenula Alfonso Bonafede - e le sospensioni della sua entrata in vigore - hanno spinto perfino il pubblico ministero di Perugia Gemma Miliani a definire «magmatico» il quadro normativo in vigore. Due: perché il lettore lo abbia chiaro: per alcuni reati non c'è più il limite che vede «nei luoghi di privata dimora» uno spazio interdetto all'orecchio delle Procure. E questo limite cade anche quando «Non vi è il fondato motivo di ritenere» che in quei luoghi si stia commettendo «attività criminosa».

 

Mattarella con PalamaraMATTARELLA CON PALAMARA

Tre: non si mette in discussione l'utilità dello strumento in sé e quindi la necessità che - visto il dilagare della corruzione nella pubblica amministrazione - il «virus di Stato» possa infettare i dispositivi (computer, tablet, telefoni) di chi è sospettato di tradire la fedeltà all'istituzione servita.

 

trojan malwareTROJAN MALWARE

Quattro: le riforme che avrebbero dovuto limitare fortemente la pubblicazione delle intercettazioni alle sole ritenute «rilevanti» non hanno impedito lo sputtanamento della vita privata di Palamara e non solo. Ma fatte le debite premesse qui il tema è un altro: è interessante osservare «come» avviene l'infezione dei nostri apparati e leggendo le carte di Perugia appare un provvedimento molto particolare adottato dal pubblico ministero.

 

Per infettare un dispositivo elettronico di ultima generazione, al netto di molte variabili tecniche che sarebbe superfluo elencare in questa sede, serve un «aiutino» da parte del proprietario.

 

andrea orlandoANDREA ORLANDO

La polizia giudiziaria lancia l'esca e i nostri investigatori si arrovellano su come rendere appetitosa quest' esca che di solito è un link contenuto in un sms che riceviamo da un contatto che ci sembra familiare; l'allegato contenuto in una mail che riteniamo attendibile; ecc.; ma il pesce... deve comunque abboccare. Ecco nell'inchiesta di Perugia alcuni «pesci» si sono fatti furbi e non abboccano. Nemmeno Luca Palamara.

VODAFONE 5GVODAFONE 5G

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dunque si passa alle maniere forti. La Guardia di finanza, esperta in materia, suggerisce al Pm la strada da seguire: bloccare tutte le chiamate in uscita dal telefono di Palamara, dunque costringerlo - nel tentativo di risolvere il problema - ad abboccare a qualunque «esca».

 

Il Pm chiede il permesso di infettare il telefono di Palamara, ma non dice niente al Gip, che autorizza a marzo del 2019, del metodo che gli ha suggerito la Guardia di finanza (lo scriverà in una nota a piè di pagina nella richiesta di proroga) e che intende adottare per costringere Palamara a cadere nella rete del trojan realizzato dalla società Rcs Spa di Milano.

luca palamaraLUCA PALAMARA

 

Così il 30 aprile il Pm Miliani firma il «Decreto di interruzione temporanea chiamate uscenti su apparato mobile» in pratica un ordine per il gestore Vodafone di rendere inutilizzabile il telefono di Palamara «al fine di simulare un disservizio» tramite il quale «procedere all'infezione».

 

alfonso bonafedeALFONSO BONAFEDE

E Palamara, spiazzato da questo inconveniente e dopo avere tentato invano di risolvere il problema con l'assistenza clienti, non appena sul display del suo iPhone appare un pop-up che recita pressappoco così: «Rilevata anomalia chiamate in uscita, clicca qui per il reset della configurazione di rete» non ci pensa due volte, clicca e da quel momento lo smartphone non è più (solo) il suo. Bene qual è il problema? Apparentemente nessuno, ma forse c'è. La legge stabilisce per quali reati si può intercettare.

antonello soroANTONELLO SORO

 

Eppure niente dice sulle tecniche da adottare in materia di trojan. Tanto che persino il Garante per la privacy, Antonello Soro rivolge al Parlamento un appello a «circoscrivere l'ambito applicativo» di questo strumento sia per prevenire la «vulnerabilità del compendio probatorio, se allocato in server esteri» o, peggio, che «degenerino in strumenti di sorveglianza massiva».

 

trojan malwareTROJAN MALWARE

Chiedere al gestore telefonico, che prima si limitava ad un'opera «passiva», cioè mettere a disposizione il flusso telefonico e telematico del bersaglio, di compiere un'azione «attiva» che consiste nel simulare un malfunzionamento e interrompere le chiamate in uscita, può considerarsi una perdita di «neutralità» del fornitore del servizio che la legge dovrebbe disciplinare più opportunamente?

sergio mattarella e luca palamaraSERGIO MATTARELLA E LUCA PALAMARA

 

Sembra uno scherzo del destino, ma l'effetto devastante del «virus di Stato» manifesta i suoi effetti proprio in un'inchiesta che vede al centro un magistrato e la sua rete fatta di colleghi in toga e mondo politico e che ha «sconcertato» il presidente della Repubblica potrebbe avere l'effetto di spingere a un'urgente riflessione sulla necessità che tecnologie dal potenziale illimitato siano sottoposte a limiti ancora più stringenti. Fonte: qui

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