“Usarono malati gravi per affossare Di Bella, ma nessuno dice che la terapia funzionò” ►
Dott. Brandi

“Immorale”: così il British Medical Journal definì la sperimentazione che mise la parola fine al riconoscimento al livello statale della terapia ideata e sperimentata dal Professor Luigi Di Bella e oggi portata avanti dal figlio Giuseppe. Uno studio ancora in vita grazie alla Fondazione Di Bella, sostentata dalla generosità di chi ripone la propria fiducia nel Metodo.

Grazia ma anche enorme ingiustizia secondo la Dottoressa Rita Brandi, che sul palco della Marcia della Liberazione lancia l’esortazione per cui combatte: “Terapia Di Bella coperta dal sistema sanitario nazionale!” Un grido che si fa più acuto, alla luce di ciò che accadde nel ’98, quando tramite farmaci scaduti somministrati a pazienti poco meno che malati terminali, venne decretata la presunta illegittimità del metodo Di Bella. I particolari inquietanti e i terrificanti retroscena di cosa accadde sono stati spiegati dettagliatamente da Rita Brandi nel suo intervento.

Sopravvissero. Per poco più di un anno, ma sopravvissero. Nonostante farmaci scaduti, nonostante fossero ormai chemioresistenti, i pazienti sottoposti alla sperimentazione di verifica del Metodo Di Bella nel ’98, ebbero un’aspttativa di vita molto migliore rispetto a prima. Forse avrebbero potuto anche chiedere di più, se come afferma la Dottoressa Rita Brandi, “non si fosse trattato di una sperimentazione infame”. Perfino il British Medical Journal si scomodò nel definirla “immorale”, ed è forse anche il motivo per cui il metodo portato avanti da Giuseppe Di Bella, insieme alla Fondazione Di Bella, trova molta più fortuna in altri lidi, piuttosto che in patria. I farmaci utilizzati dai terapisti del Metodo sono in effetti documentati e sotto gli occhi di tutti nelle banche dati mondiali e in piattaforme come PubMed.Gov, voci non certo eretiche della medicina. Lo spiega meglio la Dottoressa Rita Brandi in questa intervista ai nostri microfoni.