martedì 18 febbraio 2020

Il finto sovranista Salvini getta la maschera ...

“FLIP-FLOP SALVINI”, e non fara’ come gli inglesi

Due giorni fa è stato: “O cambiano le regola [della UE] o facciamo come  gli inglesi”.  Siccome poche ore prima Giorgetti aveva detto al Corriere “”Noi non vogliamo uscire”, per qualche ora i media  hanno esultato, capendo che il Capitano  avesse  polemizzato con Giorgetti.  Poi  lui stesso ha detto che dice, invece, la stessa cosa: anche Giorgetti ha detto che la UE deve cambiare e regole.
Orbene: come minimo, Salvini è  come uno  di  quei cantanti stonati di un coro che oltretutto “sbagliano l’entrata” :  creando difficoltà ai compagni cantori.  Non è certo un caso se poche ore dopo il senatore Bagnai ha postato un video di mezz’ora per spiegare  che
Non Esiste Nessun Duello Dentro Alla Lega – Nessun Abbandono Del Punto Di Forza
Evidentemente la posizione di Salvini verso Giorgetti è  apparsa  tutt’altro che chiara: perché  il primo  non telefona al secondo  quando gli viene da fare una dichiarazione?


“Vedete? Andiamo d’accordissimo…”

Ma soprattutto,si vorrebbe far capire al Capitone  che  fare “opposizione”  richiede una forma e una formazione, non si riduce a dire qualche  urlaccio  da osteria.  Quando si ha il 30 per cento dei voti e si proclama di voler governare, bisogna elaborare un programma.
“O cambiano le regole o facciamo come gli inglesi”  non è un programma. E’ una  frase buttata lì  a casaccio, che al minimo esame appare senza senso. Come è stato notato,
Non si può fare  come gli inglesi”, perché il Regno Unito 1) ha la sua moneta sovrana,  e 2) ha  da anni un enorme deficit commerciale con la UE,  laddove l’Italia  ha un surplus con la UE.
Il che significa che la UE ha tutti gli strumenti per ricattarci, e noi non ne abbiamo nessuno. Quindi “non si può fare come l’Inghilterra”, perché “Europa”  ci ricatterebbe con lo spread (come  ha già fatto) e colpendo  le nostro esportazioni nella zona.
Un partito che vuole diventare governo,  ha il dovere di elaborare un  percorso e un progetto. “Come” vogliamo uscire dall’euro? In modo consensuale? Impossibile: la uscita di Borghi sul minibot  è stata una ingenuità politica: come il mitragliere che spara troppo presto, ha disperso caricatori di proiettili ed ha  segnalato al  nemico la posizione: da quel momento Il Foglio e il Corriere  esigono che a Lega  espella Borghi e Bagnai (Il Foglio anche Marco Zanni, di CUI I NEOCON HANNO VISTO LA LUCIDA DETERMINAZIONE).

La BCE (Mario Draghi) ci ha punito facendoci rincarare il debito pubblico  in modo esoso (erano “i mercati” che “scontavano il rischio uscita dall’euro”, certo come no…) insomma è stato una sconfitta.
La frase “o cambiano le regole”  va  spiegata: quali regole Salvini e Giorgetti vogliono che  la UE cambi? Potrebbero  elaborare loro o ordinare a Bagnai e Borghi un elenco ragionato con le proposte italiane?  Lasciarci fare  più deficit?
L’inflazione oltre quel 2%   – unico mandato della BCE –   che il mago e taumaturgo Draghi non ha mai realizzato?  Ma la “soluzione” che propone il capo della Bundesbank è il contrario  esatto: dice di “ridurre”  il mandato della BCE sotto il 2%. Inflazione zero, debito zero.  Chi vincerà secondo voi?
Cito da  un twitter più esperto:
“L’Italia può:
1 Restare nell’euro  e adottare unilateralmente una moneta parallela (minibot)  (è una pezza temporanea che non risolve il problema del cambio ma solo della crisi di domanda, ma sempre meglio di adesso)
  1. Uscire dall’€ restando in EU (come la Svezia), ma questo lo può fare solo in modo concordato con i mercati e con EU: A. coi mercati: secondo la procedura di Siciliano o simili https://twitter.com/KellerZoe/status/1224380762981617664 B. con EU: con meccanismo di EU law creato da EU ex art. 352 TEU.
Ma  soprattutto  e  preliminarmente, un partito di governo dovrebbe “spiegare in termini concreti e che il pubblico capisca come si esce dall’euro”, per creare il consenso democratico. Quali gli effetti  sui depositi bancari, sul debito pubblico e privato;  se il prezzo è pagare di più il debito, lo si dica”…
Senza avere in mano gli organi di  (dis)informazione e propaganda, come  le  tv? Si sono già visti i risultati.
Un convegno a Roma  organizzato dalla Lega invitando i grandi economisti internazionali eurocritici (Paul Krugman,  Ashoka Mody,   Sapir, De Grauwe,  William Mitchell ),   potrebbe essere una manovra iniziale nella strategia di conquistare il consenso democratico di un pubblico italiano spaventatissimo per i propri risparmi e soggetto a farsi terrorizzare dai media.
Ma il punto è, ovviamente,  un altro: Salvini non ha nessuna intenzione di preparare  nè un convegno  né nulla. Per lui, fare opposizione significa  dire una  minaccia da osteria, “altrimenti facciamo come gli  inglesi”, e poi passare  ad altra uscita da osteria. E’  già passato all’aborto nei pronti soccorsi  – e d anche di quello senza nessuna alternativa da proporre.
Questo atteggiamento italiano – credere che le parole bastino, invece delle azioni, e le sostituiscano – è un carattere nazionale che, spiegò un grande arabista abbiamo in comune  con gli arabi.
Ormai però,  all’estero lo sconoscono.  Wolfgang Munchau,  il corrispondente nella UE del Financial Times,   ha  annunciato “flip-flop”:  Salvini ha cambiato idea sull’euro – di nuovo.
Niente di cui preoccuparsi, aggiunge:
“…E  ‘ ovviamente, una minaccia vuota. L’Italia non invocherà l’art. 50. Ma dovremmo comunque considerare la possibilità di gradi di distacco italiano se e quando Salvini salirà al potere. La capacità dell’UE di limitare un primo ministro  indisciplinato  è fortemente limitata nell’ambito dell’unione monetaria. […]
Abbiamo notato in precedenza che l’UE non ha strumenti per impedire all’Italia di introdurre una moneta parallela e che tale strumento potrebbe fornire un piano inclinato  verso un’eventuale uscita dell’euro. Questo è il modo in cui lo si deve fare, non per decreto o referendum. Quei nord europei che si sono opposti a un’ulteriore integrazione economica scopriranno che il sistema di governance decentralizzata potrebbe a un certo punto contrastare i loro interessi.
Non pensiamo che Salvini abbia una vera strategia sull’euro oltre a mantenere aperte le sue opzioni. Non organizzerà la sua campagna elettorale sul tema dell’euro”.
Il problema vero, dice Munchau, è che nessun primo ministro italiano può farsi rieleggere,  fino a quando rispetta le regole di bilancio imposte dall’euro  –  Gli italiani hanno espulso ogni governo in carica dall’inizio dell’unione monetaria. Salvini  se torna al governo dovrà fare qualcosa di diverso”.
Ma no, tranquilli. Il vero colpo di piccone alla UE lo hanno già  dato i quattro primi ministri della Lega dei Tirchioni:  Sebastian Kurz (Austria), Mark Rutte (Paesi Bassi), Mette Frederiksen (Danimarca) e Stefan Lofven (Svezia)  rifiutano di  pagare il di più  per compensare l’uscita del Regno Unito, grande contributore. Fonte: qui


La UE  sarà fatta deperire e morire  così, per asfissia finanziaria. E noi  saremo impreparati al  dopo.  Anzi, già adesso…
Ecco come l’Unione europea rischia di azzoppare l’Italia e le banche italiane. L’approfondimento di Giuseppe Liturri
Quando si parla di Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) e rafforzamento e completamento dell’Unione Bancaria, il divario tra il contenuto degli atti che arrivano da Bruxelles e le parole che invece provengono da Roma sembra ormai incolmabile ed anzi pare aumentare.
Qualche mese fa, il ministro Roberto Gualtieri, di fronte alle rimostranze di alcuni parlamentari che gli facevano notare che il MES non era stato formalmente trasmesso alle Camere, rispose che “era sufficiente consultare i siti delle istituzione UE”. Bene, noi lo facciamo regolarmente e, ormai da tempo, documentiamo su queste colonne che gli atti dell’Eurogruppo parlano inequivocabilmente della già avvenuta definizione in linea di massima della riforma del MES, quasi prossimo alla firma dopo la definizione degli ultimi dettagli a marzo, e della trattativa aperta sull’Unione Bancaria da concludersi entro il 2024.
Tutto ciò in palese contraddizione con le risoluzioni approvate dal Parlamento sia a giugno 2019, da parte della precedente maggioranza, che a dicembre 2019, da parte dell’attuale maggioranza. È vero, a febbraio non si firma nulla, come sostengono il Presidente Giuseppe Conte ed il ministro Roberto Gualtieri. Ma, purtroppo per loro, non c’è giorno senza che arrivi un documento da Bruxelles a dimostrare che si procede spediti senza alcuna opposizione dell’Italia. Il 12 febbraio a Bruxelles si è riunito il COREPER II. Tale organo, a cui partecipano i rappresentati permanenti presso la UE, prepara i lavori del Consiglio UE nella configurazione ECOFIN (ministri economici), che terrà la prossima riunione il 18 febbraio.
Il COREPER ha esaminato una bozza di raccomandazione sulle politiche economiche dell’eurozona che sarà dapprima discussa nell’Eurogruppo del 17 febbraio, quindi sottoposta all’approvazione dell’ECOFIN del 18 e poi formalmente adottata con l’approvazione del Consiglio Europeo del successivo 27 marzo. Tra le 5 raccomandazioni spicca quella relativa al MES ed all’Unione Bancaria che è la pedissequa riproposizione di quanto affermato dal presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno lo scorso 30 gennaio.
In particolare, tra l’altro:
  1. Sull’Unione Bancaria, facendo seguito al comunicato dell’Eurosummit del 13 dicembre, proseguire a lavorare su tutti gli elementi, inclusi quelli trattati dal gruppo di lavoro di alto livello (HLWG) relativi alla garanzia comune sui depositi.
  2. Concludere la riforma del MES, compresa la istituzione di un supporto finanziario per il fondo di risoluzione delle crisi bancarie. Rendere operativo tale supporto in anticipo, purché ci siano sufficienti progressi nella riduzione dei rischi.
Tali raccomandazioni, ancora una volta, confermano che non c’è alcuna traccia delle perplessità e delle condizioni poste del Parlamento e passano come un rullo compressore sulle parole di Conte e di Gualtieri. Il treno delle decisioni marcia spedito anche a livello di Consiglio UE, il massimo consesso decisionale, e di Consiglio Europeo, organo di indirizzo e di definizione delle priorità politiche della UE.
Ma sono i dettagli a rendere la vicenda ancora più inquietante per il nostro Paese e, ancora una volta, avevamo già segnalato per tempo le nubi scure che si addensavano all’orizzonte. Per quanto riguarda l’Unione Bancaria, la raccomandazione dell’ECOFIN fa esplicito riferimento al lavoro del HLWG dell’Eurogruppo sulla garanzia comune dei depositi, illustrato nella lettera del 3 dicembre scorso, inviata dal Presidente di questo organo al Presidente Centeno. Si tratta di una tabella di marcia secondo cui articolare il negoziato politico in cui spiccano due aspetti potenzialmente dannosi per le nostre banche ed il nostro debito pubblico. Infatti si pensa di incentivare la diversificazione dei titoli di Stato nei bilanci delle banche, facendo contribuire le banche al fondo di garanzia in base alla concentrazione dei titoli di Stato ed introducendo dei costi per la loro eccessiva concentrazione.
Esito finale: le nostre banche, per non essere penalizzate, essendo quelle con la maggiore concentrazione di titoli di Stato, dovrebbero disfarsi di una quota significativa dei circa €384 miliardi di titoli di Stato detenuti a fine dicembre. Quando Gualtieri sabato 8 a Brescia parlava di opposizione dell’Italia alla ponderazione dei titoli di Stato nelle banche, non poteva non sapere che il divieto di concentrazione produce comunque effetti penalizzanti per le banche, creando incentivi alla vendita.
Non a caso la risoluzione parlamentare di dicembre contiene uno specifico passaggio sul tema (…escludere interventi di carattere restrittivo sulla detenzione di titoli sovrani da parte di banche ed istituti finanziari e comunque la ponderazione dei rischi dei titoli di stato attraverso la revisione del loro trattamento prudenziale, ed escludendo le disposizioni che prevedono una contribuzione degli istituti finanziari all’EDIS in base al rischio di portafoglio dei titoli di stato…) O crede che le banche tedesche o francesi non vedano l’ora di comprare BTP, sostituendosi alle banche italiane che comprerebbero invece titoli francesi o tedeschi?
È peraltro spiazzante leggere sul Sole 24 Ore di sabato 9 che ciò che “dicono alcuni in sala” è agli atti delle istituzioni europee dall’inizio di dicembre ed ora l’ECOFIN ed il Consiglio Europeo si apprestano ad includere nelle loro raccomandazioni di politica economica. Che presentano anche un’ulteriore minaccia per le nostre banche: in vista di un’entrata in vigore anticipata del sostegno finanziario del MES a favore del fondo di risoluzione unico è necessaria una riduzione dei rischi delle banche. Quali rischi? I derivati illiquidi delle banche francesi e tedesche? No, solo le sofferenze, ancora presenti nei bilanci delle nostre banche.
Ma lunedì 17 (Eurogruppo) e martedì 18 (Consiglio Ecofin) il ministro Gualtieri ha l’opportunità di recuperare il terreno perduto e far sapere ai nostri partner europei che sia la riforma del MES che il completamento dell’Unione Bancaria contengono elementi manifestamente irricevibili poiché in contrasto con la volontà del Parlamento. Lo farà?
(versione integrata e aggiornata di un articolo pubblicato da La Verità il 15 febbraio)
leggete qui:


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