domenica 14 aprile 2019

Sanità, l’apertura del M5S ai fondi privati per me è un tradimento politico


Nel mio precedente post che denunciava l’apertura del M5S alle mutue (fondi sanitari privati), molti sono stati i commenti: alcuni di questi chiedevano maggiori spiegazioni. Precisiamo che la proposta del M5S – che per me vale come un vero e proprio tradimento politico – è contenuta nell’articolo 5 della bozza di patto per la salute che la ministra Giulia Grillo ha sottoposto alle regioni per giungere a un’intesa. Non si capisce bene se è una proposta personale della Grillo o una proposta del M5S, qualcuno ci spiegherà. L’articolo 5 dice sostanzialmente che:
1. i fondi integrativi (mutue) sono complementari al Ssn, cioè sono parte di esso avendo lo stesso scopo di garantire la tutela della salute. Quindi si tratta di istituire quella che in gergo si chiama “seconda gamba”, dando attuazione alla proposta dell’ultimo governo Berlusconi di sostituire il sistema pubblico universalistico e solidale con un sistema multipilastro (un po’ di pubblico, un bel po’ di mutue, e anche da un bel po’ di assicurazioni private);

2. si deve rivedere la normativa attualmente in vigore per incrementare, attraverso maggiori incentivi fiscali, le prestazioni integrative facendole diventare sostitutive. Cioè lo Stato, oltre a finanziare il sistema pubblico, deve finanziare le mutue private;
3. si permette ai fondi di utilizzare anche le strutture pubbliche.
Queste le cose principali. La ragione politica di questo inaccettabile ribaltone, si legge testualmente nell’articolo 5, riguarda la “sostenibilità del sistema e l’ottimizzazione dell’utilizzo delle risorse pubbliche”. Prima di commentare l’articolo 5 (in questo post mi limiterei a ciò) vorrei ricordare due cose:
1. l’attuale sanità pubblica, invidiata da tutto il mondo, è nata dal fallimento del precedente sistema mutualistico e in particolare per risolvere i due grandi problemi che accompagnano da sempre questo tipo privato di tutela: l’insostenibilità finanziaria che causò il default delle mutue (sono sistemi che tendono a costare sempre di più e in ragione di ciò a dare sempre di meno); l’inadeguatezza dell’assistenza sanitaria (lo scopo per questi sistemi è il profitto, non la soddisfazione dei bisogni: per fare profitto essi non garantiscono mai il giusto riconoscimento delle reali necessità di cura del malato);

2. la legge di riforma del 1978 con la quale abbiamo istituito il Ssn – e quindi superato le vecchie mutue, con l’articolo 46 – prevedeva comunque la libertà per chiunque di farsi una mutua volontaria, ma vietava la possibilità per le mutue di avere finanziamenti sia privati che pubblici (con un Ssn non ha senso finanziare con degli incentivi forme di tutela privata concorrenti con il pubblico).
Ciò detto torniamo all’articolo 5:
1. i fondi integrativi, se si limitassero a passare quello che lo Stato non passa (per esempio odontoiatria, oculistica ecc.), potrebbero essere perfino un’estensione dell’universalismo, ma il problema è che essi puntano deliberatamente a scalzare lo Stato per privatizzare il mercato della salute, cioè nei fatti sono fondi sostitutivi, che vogliono marginalizzare il ruolo del pubblico o almeno tagliargli l’erba sotto i piedi. Ammettere questi fondi, che ora con un eufemismo si chiamano “complementari”, significa fare cittadini di serie A (con due tutele: quella di diritto e quella per reddito) e cittadini di serie B (con un’unica tutela pubblica marginale e definanziata). I fondi in sostanza significano ingiustizie e diseguaglianze. E pessima medicina;
2. non è vero che i fondi – come è scritto nell’articolo 5 – perseguono scopi di salute pubblica, perché la tutela della salute per questi sistemi è strumentale al conseguimento del profitto. Con i fondi, in parte i soldi dei premi e degli incentivi vanno ad assicurare le prestazioni agli iscritti, in parte vanno all’intermediazione finanziaria: cioè a presidenti, consigli di amministrazione, apparati, prebende varie. Cioè, a un vasto sistema parassitario di cui fanno parte purtroppo anche il sindacato e vari co-gestori;
3. permettere ai fondi di usare i servizi pubblici significa fare delle convenzioni, che è un altro modo per fare cittadini di serie A (quelli che pagano) e cittadini di serie B (quelli che sono assistiti per diritto). Se penso allo stato dei nostri ospedali mi vengono i brividi. L’ospedale convenzionato darà la precedenza ai fondi e i poveracci dovranno mettersi in fila. Penso alla propaganda della ministra Grillo sulle liste di attesa.
Mi fermo qui, saranno i lettori a farsi un’opinione. Conto comunque di tornare sull’argomento per informarvi sulle altre gravi ricadute della proposta Grillo. Ribadisco ciò di cui sono convinto:
1. non è vietato fare le mutue ma chi le vuole se le deve pagare;
2. se ho dei soldi da spendere per la salute io preferisco spenderli per garantire i diritti delle persone, non per garantire la speculazione e il parassitismo;
3. i problemi di sostenibilità sono risolvibili in tanti modi diversi senza per questo dover sfasciare nulla, cioè la privatizzazione come soluzione è una follia: esaspera i problemi di sostenibilità, accresce nel tempo il costo dei premi e nel tempo dà sempre di meno;
4. gli incentivi già oggi riconosciuti a tutte le forme di mutua ammontano a una cifra pazzesca – che però nessuno ha calcolato con esattezza – che paghiamo con le nostre tasse. Io propongo di togliere gli incentivi al privato e con i soldi che recuperiamo di riformare il nostro sistema pubblico, per renderlo maggiormente adeguato alle nostre esigenze;
5. l’ultima considerazione è tutta politica. Se il M5S approverà le proposte della ministra Grillo, allora dovremmo ammettere che questo movimento ci ha truffati, intendendo distruggere la sanità pubblica e quindi l’articolo 32 della Costituzione, andando oltre il neoliberismo di Berlusconi e del Pd.
10 Aprile 2019
Docente all'Università Tor Vergata di Roma, esperto di politiche sanitarie

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