venerdì 5 aprile 2019

UN TESTIMONE DI GEOVA ANONIMO RACCONTA: “È UNA SETTA. FINO A QUANDO CREDI CIECAMENTE NELL’ORGANIZZAZIONE NON CI SONO PROBLEMI, MA APPENA ESPRIMI DUBBI FINISCI TAGLIATO FUORI”

“VORREI USCIRNE MA NON POSSO. SAREBBE LA FINE DELLA MIA FAMIGLIA, MIA MOGLIE E MIO FIGLIO SMETTEREBBERO DI PARLARMI” 

LA STORIA DI GRAZIA DI NICOLA, RIPUDIATA DALLA FAMIGLIA PER UNA TRASFUSIONE

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RICORDATE LA STORIA DI GRAZIA DI NICOLA, LA TESTIMONE DI GEOVA RIPUDIATA DALLA FAMIGLIA E ALLONTANATA DALLA COMUNITÀ PER AVER ACCETTATO UNA TRASFUSIONE CHE LE SALVÒ LA VITA? ADESSO NON SA DOVE SIANO LE SUE TRE FIGLIE CHE L'AVEVANO RIPUDIATA PER LA SUA SCELTA – GRAMELLINI: “IN NOME DELL' AMORE DIVINO, NEGANO L' ESSENZA DELL' AMORE FILIALE, CHE CONSISTE NELL' ESSERE FELICE CHE TUA MADRE SIA VIVA” –LE TRE FANATICHE
Massimo Gramellini per il “Corriere della Sera”
Come in un romanzo di Ian McEwan, c' è un malato grave che può ancora scamparla e una religione che vuole impedirglielo: per i testimoni di Geova le trasfusioni di sangue sono tabù. Fede e scienza si fronteggiano al capezzale di un reparto chirurgico del Salernitano e alla fine vince la scienza, o la sopravvivenza.

Grazia Di Nicola accetta di «contaminarsi» con il sangue di altri esseri umani. Una decisione che le salva la vita, ma gliela cambia per sempre. La sua comunità la scaccia come indegna, effetto collaterale che forse aveva messo nel conto. Ma non basta: le tre figlie grandi, cresciute da lei nel medesimo credo, la ripudiano. Si rifiutano non solo di continuare a vederla, ma di respirare la sua stessa aria.

Prima trovano rifugio in casa di correligionari, poi lasciano il paese natio per un rifugio sconosciuto, dove non debbano scontare ogni giorno la vergogna di sentirsi figlie di chi ha preferito obbedire all' istinto invece che al dogma. 

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Qui non si nega il diritto di un club di espellere chi non ne rispetta le regole. Ma si rimane sgomenti ogni volta che i legami di appartenenza ideologica prevalgono su quelli di sangue. Quando un estremista politico consegna i parenti ai boia della rivoluzione. Quando un invasato religioso ammazza una figlia ritenuta infedele (e la fa franca, come è appena successo in Pakistan). Quando, in nome dell' amore divino, tre ragazze negano l' essenza dell' amore filiale, che consiste nell' essere felice che tua madre sia viva.
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ACCETTÒ TRASFUSIONE: GRAZIA, TESTIMONE DI GEOVA, HA PERSO LE TRE FIGLIE: «NON SO DOVE SIANO»

Grazia Di Nicola ha 48 anni e da tre settimane non ha notizia delle sue figlie. La storia viene da Colliano, in provincia di Salerno, e l'incubo di Grazia, testimone di Geova, è iniziato tre anni fa quando dovette sottoporsi ad un intervento chirurgico e accettò, dopo una lunga riflessione, alcune trasfusioni di sangue: una pratica rifiutata dalla sua religione, ma i medici avevano fatto pressione su di lei affinché cambiasse idea, dal momento che rischiava la morte.

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Dopo un travaglio interiore, Grazia accettò di seguire le indicazioni dei medici, ma da quel momento tutta la sua vita cambiò. Il primo trauma fu l'espulsione dai Testimoni di Geova, poi l'allontanamento delle tre figlie, anche loro testimoni di Geova. Accusandola di essere una peccatrice, le tre ragazze di 30, 25 e 21 anni troncarono il rapporto con la famiglia e abbandonarono la casa dei genitori, ospitate da altri testimoni di Geova nella stessa Colliano.

Tre settimane fa l'ultimo choc, le tre figlie hanno lasciato Colliano e ora la famiglia non sa dove siano. «Papà, il vostro fratellino ed io vogliamo solo essere sicuri che stiate bene - dice la donna lanciando un appello alle figlie -. Rispettiamo le vostre decisioni in campo religioso, questo è fuori discussione. Ma voi rendetevi conto del nostro dolore, voi sapete il bene che vi vogliamo, chiamateci». «Questi due orsacchiotti erano delle bambine, ora mi sono rimasti solo loro», le sue parole, guardando con nostalgia i giocattoli delle sue figlie di cui non ha notizie da tre settimane.
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La madre sfoglia l'album di famiglia con le foto delle sue ragazze da piccole, si ferma sull'immagine di loro tre sorridenti attorno all'ultimo nato in ospedale, e non riesce a darsi pace. «Io ho vissuto il terremoto dell'Ottanta - racconta amareggiata -, se quella tragedia si ripetesse oggi, se ci fosse una scossa proprio in questo momento, io non saprei in quale casa sono le mie figlie. 
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Questo non riesco ad accettarlo. È già accaduto in passato un incidente e noi siamo rimasti all'oscuro di quello che era successo, scoprendolo solo molto dopo. Non è normale per un genitore che ha cresciuto con sacrifici i propri figli non sapere dove si trovino, non so che cosa fare, spero che riescano a capire quanto stiamo soffrendo per loro e si facciano vive». dagospia.com


“SONO UN TESTIMONE DI GEOVA DA 30 ANNI, VOGLIO USCIRNE, MA SE LO FACCIO SONO FINITO”
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Mirko Bellis per “Fanpage”

“Un testimone di Geova non può esprimere alcuna critica. Se lo fa corre il rischio di essere cacciato. Un’eventualità che ci terrorizza perché significa perdere tutti gli affetti”. Paolo (un nome di fantasia), imprenditore di 58 di Pescara, è da trent'anni un seguace di Geova. “Mia moglie ed io eravamo cattolici – precisa – poi ci siamo convertiti, mentre mio figlio è testimone dalla nascita.

Per 3 anni sono stato anziano in una congregazione; sei mesi fa ho rimesso il mio incarico perché non volevo più continuare ad avere responsabilità nell'organizzazione”. Paolo ha rivelato per la prima volta a Fanpage.it le proprie critiche e perplessità verso il culto a Geova.

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“I seguaci sono così indottrinati che se domani il corpo direttivo gli dicesse di suicidarsi, sarebbero diversi milioni a togliersi la vita. E lo avrei fatto anch'io. Prima non volevo sentire niente che potesse mettere in discussione la mia fede, ma adesso ho finalmente aperto gli occhi”.

Quando ha iniziato a nutrire dei dubbi?
"Cinque anni fa, quando ho scoperto come sono stati trattati i casi di pedofilia. In tutto questo tempo sono cambiate le procedure: adesso è permesso denunciare alle autorità gli abusi ai minori. Ma la regola interna dei due testimoni, che devono confermare le accuse al presunto pedofilo, è rimasta.

Mi chiedo come si possa pensare di trovare due testimoni che abbiano assistito ad un abuso a un bambino. In questo modo, se la denuncia rimane dentro la congregazione, è probabile che per il pedofilo non ci sia alcuna conseguenza. Dopo gli scandali scoppiati in Australia, l’organizzazione è dovuta correre ai ripari però si continua a dare troppa enfasi alla riabilitazione del pedofilo e molta di meno alla protezione del bambino abusato. Insomma, credo esista ancora molta omertà al nostro interno. Se non vengono alla luce i casi di pedofilia è per paura".
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Paura di cosa?
"Di essere cacciati. Nel mio caso, se fossi disassociato sarebbe la fine della mia famiglia. Mia moglie e mio figlio smetterebbero di parlarmi. Dopo aver smesso di essere anziano, sembra che in casa sia entrato il diavolo. Un litigio continuo.

Per mio figlio è stata una tragedia. Non pensavo che questa mia scelta provocasse una reazione simile. No, non posso permettermi di essere mandato via. E comunque, una volta dentro la congregazione, tutti i testimoni di Geova si allontanano dalle amicizie e affetti precedenti. Per cui, se vieni cacciato, non ha più nessuno fuori dall'organizzazione. Sei da solo, “bruciato”".

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Quali altri aspetti non la convincono più?
"Non mi convince per niente come si spendono i soldi raccolti con le offerte. Un altro aspetto è l’ipocrisia rispetto alle trasfusioni di sangue".

Può spiegare meglio questo ultimo punto?
"Conosco bene la storia di una sorella (i testimoni di Geova chiamano l’un l’altro fratello e sorella, ndr) che ha fatto trasfondere il marito. Avremmo dovuto organizzare un comitato per decidere un'eventuale dissociazione. Ma un sorvegliante, cioè un mio superiore in grado, mi ha minacciato di non fare niente. Se vuoi stare tranquillo, mi disse, non parlare. Mentre in altri casi chi ha ricevuto una trasfusione è stato messo all'indice, come Grazia Di Nicola".
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Cosa deve fare quindi un testimone di Geova se l’unica alternativa per sopravvivere è una trasfusione di sangue?
"Deve morire. Con fede, ma deve morire. Prima ci credevo anch'io ma ora ho capito che è sbagliato. Portiamo sempre con noi un documento in cui affermiamo di non volere sangue altrui. Se mi trovassi in ospedale dopo un incidente, e fossi incosciente, qualcun altro deciderebbe per me. Conoscendo mia moglie, sono sicuro mi lascerebbe morire piuttosto di autorizzare una trasfusione".

E per quanto riguarda la gestione dei fondi?
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"La gestione dei fondi è quantomeno opaca perché non sappiamo come vengono spese le offerte che raccogliamo. E ancora: dove vanno a finire i soldi della vendita degli immobili? Ad esempio, la sala delle assemblee di Roseto degli Abruzzi è stata messa in vendita per 14 milioni di euro; quando l’abbiamo costruita è costata tre miliardi di vecchie lire (1,5 milioni di euro). Vorrei tanto sapere a chi andrà la differenza. Ci sono altri anziani che la pensano come me, ma sono terrorizzati di esprimere pubblicamente le loro critiche".
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Cosa avviene se un seguace vuole uscire dalla congregazione?
"Se si allontana volontariamente e rimane comunque un fedele, i parenti e gli altri membri continuano a mantenere i rapporti. Se invece viene disassociato o firma la propria rinuncia, nessuno, persino i familiari più stretti, dovranno più trattare con lui. Diventa un apostata, un malvagio che è tornato a Satana".
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Dopo queste considerazioni, cosa pensa dei fedeli a Geova?
"Penso siano una setta. Fino a quando credi ciecamente in quello che dice l’organizzazione non ci sono problemi. Ma appena esprimi dei dubbi, delle perplessità, finisci tagliato fuori da tutti i tuoi affetti. Non credo che una religione debba permettersi di rovinare le persone in questo modo". Fonte: qui

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