martedì 2 aprile 2019

LA UE “TEDESCA” , ARRETRAMENTO STORICO

Qualche settimana fa, il governo tedesco s’è accorto che la Germania  è rimasta indietro  nella Intelligenza Artificiale (AI)  rispetto all’Asia e agli Usa. “Stanzieremo enormi somme per recuperare vigorosamente  e portare la Germania alla testa” della ricerca e del business connesso.  Quanto, esattamente? “Un sacco di  soldi. Macron ha messo sul tavolo 2 miliardi per la AI. Lo supereremo”.
Ora, un articolo di Handelsblatt rivela che di quei 3 miliardi,  solo 500 sono denaro fresco; gli altri  sono  dirottamenti  da altri settori di  ricerca e sviluppo.
“Auguri, Germania!”, commenta Evgeny Morozov, il massimo giornalista esperto di innovazione e telematica: “Google per il solo 2018 ha dedicato alla spesa capitale [ricerca e sviluppo]  26 miliardi di dollari”.
Che dire? Eppure la potenza tedesca ha centinaia di miliardi:  basta pensare ai 200 e passa che ha lucrato con l’export. Sono immense somme di denaro che, non trovano impiego in una Europa perché vi imperano  austerità e recessione,  assetati di rendimenti, vanno a investirti in Turchia, in Usa, dovunque  nella finanza improduttiva. Rischiosamente e senza frutto  (vedi derivati Deutschebank)

Avarizia come metodo di governo

Da qui vediamo con plastica  evidenza fino a che punta la Germania sia collettivamente dominata dall’avarizia – una vera patologia spirituale e comune, che non riconosce come tale – fino a danneggiare il proprio stesso futuro.
Questa  patologica, meschina spilorceria, che ha imposto alla UE sotto forma di “ordoliberismo” e “bilanci in attivo”  ha  determinato un vero arretramento del continente europeo – il continente che per tre millenni è  stato fonte primaria della cultura e della scienza.  Per mera grettezza, la Germania ha  “perso”, e ci ha fatto perdere, una intera nuova fase dell’avanzamento tecnico-industriale e (quel che più interessa agli taccagni egemoni)   un “nuovo modello di business”  lucrosissimo.
Per capire di cosa si tratti, cito ancora Morozov:
Nel 2018, Google, Amazon, Microsoft e Facebook   hanno complessivamente investito in conto capitale (cose come centri di dati, AI eccetera) un totale di 77,7 miliardi.   Che sono 6,2 miliardi in più di quello che investono i quattro giganti del petrolio, Shell, Exxon,BP e Chevron insieme”.
Spese per investimenti (un tempo le facevano gli Stati). Confronto tra colossi petroliferi e colossi telematici
Le Sorelle petrolifere sono il   “vecchio modello di business” ; adesso, senza liberarci  dalla soggezione a loro,   passiamo  come europei alla subordinazione alle  Quattro Sorelle  telematiche, “GAFA”  – Google, Apple, Facebook, Amazon (e naturalmente Microsoft)  –  che in Europa esercitano un monopolio totale, profitti immensi in miliardi di euro, e la perfetta evasione fiscale: tutto grazie alle “normative europee” che consentono  a questi giganti di  vendere in Italia e fatturare in Irlanda – in nome del sacri principio della concorrenza – e in nome dello stesso sacro principio, bloccare le fusioni, necessarie in questo settore innovativo, per raggiungere le dimensioni indispensabili a competere sul piano globale.
L’Europa ci protegge” – e ci rende nani economici. Nel nuovo  business,  basta Samsung (Corea del Sud, 49 milioni di abitanti) a superarci. 

Mentre, naturalmente, smartphone, tv, laptop e schermi piatti   di cui siamo pieni, non hanno marca Irradio o Telefunken, perché Berlino ha puntato  tutto sulla produzione di auto.  E a cui l’integrazione dell’Est ex-sovietico ha fornito le legioni di manodopera a salari dimezzati, consentendo alla leadership germanica di   mantenere la sacra “competitività”  e i bei lucri,  grazie anche all’euro svalutato per la Germania e sopravvalutato per il Sud dell’area monetaria.
Tutto ciò ha  reso ancora più acuta  la taccagneria autoritaria della  Potenza Egemone,  e quel  carattere che va sempre insieme all’avarizia: l’ottusità intellettuale.  La perdita di intelligenza e di sguardo sul mondo, l’urgenza di coltivare  eccellenze per innovare.  Cose da far rivoltare nella rispettabile tomba il grande Albert Speer, che (per quanto  inquadrato nel Male Assoluto) almeno non era avaro: nelle Memorie del Terzo Reich si dispiace  di non aver capito l’importanza dei laboratori che studiavano l’atomica tedesca, perché “ci chiedevano pochissimi fondi”.
Il che ci dovrebbe far aprire un capitolo su come il capitalismo ha peggiorato la Germania. Quella che a Wall Street è grandiosa cupidigia   (“Greed is good!”)   che non esita ad  fare epici investimenti, a Berlino si è adottata in forma di spilorceria.  Patologica e moralistica, e  sboccante in arretratezza. Non è certo un caso se  sotto il ventennio   Merkel  la Germania ha chiuso le centrali nucleari per  aprire cave di lignite, con cui alimenta a buon prezzo le potenti industrie – obsolescenti, in quanto legate al “precedente business model”.
Sicché adesso è un po’ strano lo sconvolgimento che ha colto Bruxelles e Berlino per la visita di Xi e l’adesione dell’Italia alla Via della Seta.
“ Gli investimenti  cinesi  – si domanda  il saggista Cyrill Delvin – “ di solito,  fluiscono verso paesi sottosviluppati o comunistici in Asia, Africa o Sud America. Quando è diventata l’Italia un tale obiettivo? Possa avere a che fare con la leadership populismo di destra?”.
Bersaglio facile  e politicamente corretto.  Che consente di non guardare più a Nord: alla lunghissima cancelleria della torpida Mutti, al provinciale ubriacone  di un paradiso fiscale  sorpassato cui ha affidato la UE, a Selmayr e a Tusk o a Moscovici  che hanno trascurato i settori avanzati  e sono essi stessi sono  culturalmente arretrati.  Sì, l’Europa  è scesa secondo mondo sudamericano,  ma prima.
L’Europa era definita un gigante economico e un nano politico; ormai è  anche un nano  economico. Ho sentito raccontare nella radio di Confindustria che, la Sicilia ha mandato alla Cina, per  la via della Seta Ferroviaria, due vagoni di arance tarocco: “Prima era impossibile  per via dei dazi di Pechino. Oggi l’Italia esporta arance e importa tutta l’elettronica Huawei. Presto, temo, turisti cinesi  arriveranno qui per godere i tatuaggi di cui si è coperta la nostra gioventù – una meraviglia che i Maori hanno abbandonato  – e le nostre danze tribali al ritmo di Sfera Ebbasta.
La decrescita è già qui,  e da un ventennio. Avvertite quei  grillini che s’immaginano che la decrescita sia “felice”,   con noi Nuovi Maori – che abbiamo felicemente ripudiato industrie e treni –  danzanti attorno al fuoco al ritmo del Trap e Rap. Non è proprio così.
Lo dimostra anche il particolare sondaggio IFOP (l’istituto francese delle analisi dopinione).
Domanda:  Alcuni dicono che per cambiare veramente la situazione nel paese servirebbe una rivoluzione. Altri affermano  che è meglio un programma di riforme. Voi a quale affermazione vi sentite più vicino?
Come vedete, quasi 4 francesi su 10 rispondono: rivoluzione.I tentativi del regime macroniano di ridurre  i Gilet Gialli ad un fenomeno criminaloide da trattare con metodi polizieschi, appaiono anch’essi dettati da arretratezza di visione politica:  da oligarchia reazionaria.  L’81 % dei francesi denuncia che la fratture fra elites e popolo non farà che allargarsi;  “Si vede una Francia all’0orlo dell’implosione: 38% dei francesi esprimono “collera”, 28, “disgusto”…”,  dice David Nguyen, direttore dell’FOP. Guardate i tedeschi: come sono contenti e ragionevoli. Guardate gli italiani  e traete voi le conclusioni.
Maurizio Blondet
Fonte: qui

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