Qualche settimana fa, il governo tedesco s’è accorto che la Germania è rimasta indietro nella Intelligenza Artificiale (AI) rispetto all’Asia e agli Usa. “Stanzieremo enormi somme per recuperare vigorosamente e portare la Germania alla testa” della ricerca e del business connesso. Quanto, esattamente? “Un sacco di soldi. Macron ha messo sul tavolo 2 miliardi per la AI. Lo supereremo”.
Ora, un articolo di Handelsblatt rivela che di quei 3 miliardi, solo 500 sono denaro fresco; gli altri sono dirottamenti da altri settori di ricerca e sviluppo.
“Auguri, Germania!”, commenta Evgeny Morozov, il massimo giornalista esperto di innovazione e telematica: “Google per il solo 2018 ha dedicato alla spesa capitale [ricerca e sviluppo] 26 miliardi di dollari”.
Che dire? Eppure la potenza tedesca ha centinaia di miliardi: basta pensare ai 200 e passa che ha lucrato con l’export. Sono immense somme di denaro che, non trovano impiego in una Europa perché vi imperano austerità e recessione, assetati di rendimenti, vanno a investirti in Turchia, in Usa, dovunque nella finanza improduttiva. Rischiosamente e senza frutto (vedi derivati Deutschebank)
Avarizia come metodo di governo
Da qui vediamo con plastica evidenza fino a che punta la Germania sia collettivamente dominata dall’avarizia – una vera patologia spirituale e comune, che non riconosce come tale – fino a danneggiare il proprio stesso futuro.
Questa patologica, meschina spilorceria, che ha imposto alla UE sotto forma di “ordoliberismo” e “bilanci in attivo” ha determinato un vero arretramento del continente europeo – il continente che per tre millenni è stato fonte primaria della cultura e della scienza. Per mera grettezza, la Germania ha “perso”, e ci ha fatto perdere, una intera nuova fase dell’avanzamento tecnico-industriale e (quel che più interessa agli taccagni egemoni) un “nuovo modello di business” lucrosissimo.
Per capire di cosa si tratti, cito ancora Morozov:
“Nel 2018, Google, Amazon, Microsoft e Facebook hanno complessivamente investito in conto capitale (cose come centri di dati, AI eccetera) un totale di 77,7 miliardi. Che sono 6,2 miliardi in più di quello che investono i quattro giganti del petrolio, Shell, Exxon,BP e Chevron insieme”.
Le Sorelle petrolifere sono il “vecchio modello di business” ; adesso, senza liberarci dalla soggezione a loro, passiamo come europei alla subordinazione alle Quattro Sorelle telematiche, “GAFA” – Google, Apple, Facebook, Amazon (e naturalmente Microsoft) – che in Europa esercitano un monopolio totale, profitti immensi in miliardi di euro, e la perfetta evasione fiscale: tutto grazie alle “normative europee” che consentono a questi giganti di vendere in Italia e fatturare in Irlanda – in nome del sacri principio della concorrenza – e in nome dello stesso sacro principio, bloccare le fusioni, necessarie in questo settore innovativo, per raggiungere le dimensioni indispensabili a competere sul piano globale.
Mentre, naturalmente, smartphone, tv, laptop e schermi piatti di cui siamo pieni, non hanno marca Irradio o Telefunken, perché Berlino ha puntato tutto sulla produzione di auto. E a cui l’integrazione dell’Est ex-sovietico ha fornito le legioni di manodopera a salari dimezzati, consentendo alla leadership germanica di mantenere la sacra “competitività” e i bei lucri, grazie anche all’euro svalutato per la Germania e sopravvalutato per il Sud dell’area monetaria.
Tutto ciò ha reso ancora più acuta la taccagneria autoritaria della Potenza Egemone, e quel carattere che va sempre insieme all’avarizia: l’ottusità intellettuale. La perdita di intelligenza e di sguardo sul mondo, l’urgenza di coltivare eccellenze per innovare. Cose da far rivoltare nella rispettabile tomba il grande Albert Speer, che (per quanto inquadrato nel Male Assoluto) almeno non era avaro: nelle Memorie del Terzo Reich si dispiace di non aver capito l’importanza dei laboratori che studiavano l’atomica tedesca, perché “ci chiedevano pochissimi fondi”.
Il che ci dovrebbe far aprire un capitolo su come il capitalismo ha peggiorato la Germania. Quella che a Wall Street è grandiosa cupidigia (“Greed is good!”) che non esita ad fare epici investimenti, a Berlino si è adottata in forma di spilorceria. Patologica e moralistica, e sboccante in arretratezza. Non è certo un caso se sotto il ventennio Merkel la Germania ha chiuso le centrali nucleari per aprire cave di lignite, con cui alimenta a buon prezzo le potenti industrie – obsolescenti, in quanto legate al “precedente business model”.
Sicché adesso è un po’ strano lo sconvolgimento che ha colto Bruxelles e Berlino per la visita di Xi e l’adesione dell’Italia alla Via della Seta.
“ Gli investimenti cinesi – si domanda il saggista Cyrill Delvin – “ di solito, fluiscono verso paesi sottosviluppati o comunistici in Asia, Africa o Sud America. Quando è diventata l’Italia un tale obiettivo? Possa avere a che fare con la leadership populismo di destra?”.
Bersaglio facile e politicamente corretto. Che consente di non guardare più a Nord: alla lunghissima cancelleria della torpida Mutti, al provinciale ubriacone di un paradiso fiscale sorpassato cui ha affidato la UE, a Selmayr e a Tusk o a Moscovici che hanno trascurato i settori avanzati e sono essi stessi sono culturalmente arretrati. Sì, l’Europa è scesa secondo mondo sudamericano, ma prima.
L’Europa era definita un gigante economico e un nano politico; ormai è anche un nano economico. Ho sentito raccontare nella radio di Confindustria che, la Sicilia ha mandato alla Cina, per la via della Seta Ferroviaria, due vagoni di arance tarocco: “Prima era impossibile per via dei dazi di Pechino. Oggi l’Italia esporta arance e importa tutta l’elettronica Huawei. Presto, temo, turisti cinesi arriveranno qui per godere i tatuaggi di cui si è coperta la nostra gioventù – una meraviglia che i Maori hanno abbandonato – e le nostre danze tribali al ritmo di Sfera Ebbasta.
La decrescita è già qui, e da un ventennio. Avvertite quei grillini che s’immaginano che la decrescita sia “felice”, con noi Nuovi Maori – che abbiamo felicemente ripudiato industrie e treni – danzanti attorno al fuoco al ritmo del Trap e Rap. Non è proprio così.
Lo dimostra anche il particolare sondaggio IFOP (l’istituto francese delle analisi dopinione).
Domanda: Alcuni dicono che per cambiare veramente la situazione nel paese servirebbe una rivoluzione. Altri affermano che è meglio un programma di riforme. Voi a quale affermazione vi sentite più vicino?
Come vedete, quasi 4 francesi su 10 rispondono: rivoluzione.I tentativi del regime macroniano di ridurre i Gilet Gialli ad un fenomeno criminaloide da trattare con metodi polizieschi, appaiono anch’essi dettati da arretratezza di visione politica: da oligarchia reazionaria. L’81 % dei francesi denuncia che la fratture fra elites e popolo non farà che allargarsi; “Si vede una Francia all’0orlo dell’implosione: 38% dei francesi esprimono “collera”, 28, “disgusto”…”, dice David Nguyen, direttore dell’FOP. Guardate i tedeschi: come sono contenti e ragionevoli. Guardate gli italiani e traete voi le conclusioni.
Maurizio Blondet
Fonte: qui
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