IL MINISTRO DICE CHE NON C’E’ UNA SOLA OPERA CONGELATA (TRANNE LA TAV SOSPESA) MA LA ASSOCIAZIONE DEI COSTRUTTORI EDILI LO SMASCHERA: 27 CANTIERI BLOCCATI IN ITALIA CHE COMPORTANO INVESTIMENTI PER 24,67 MILIARDI E 380MILA POSTI DI LAVORO
TUTTO FERMO DALLA BRESCIA-VERONA ALLA ROMA-LATINA, ANNUNCIATA 18 ANNI FA. E IN PUGLIA...
Francesca Angeli per il Giornale
«Non c'è una sola opera bloccata in questo paese. C'è soltanto la Tav sospesa». Nessun dubbio da parte del ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, che regala ai cittadini granitiche certezze.
Peccato che siano del tutto infondate.
Possibile che il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti non sappia che ci sono almeno 27 opere bloccate sparse lungo la nostra penisola?
Possibile che il responsabile del dicastero che si occupa esattamente di questo rilasci in pubblico affermazioni prive di fondamento?
Possibile, certo, se l'assertore dell'ennesima castroneria è l'ineffabile Toninelli.
Eppure basta fare un semplicissimo controllo sul sito Ance, quello dei costruttori edili, e verificare la mole di cantieri aperti e fermi per svariati motivi. Molti da anni certo ma non è che questo governo si stia dando molto da fare per mandarli avanti.
I cantieri in disarmo sono in tutte le regioni. Si va dalla punta dell'iceberg, ovvero la Torino-Lione in Piemonte attraverso la Lombardia, dove si attende l'alta velocità sulla tratta Brescia-Verona, per proseguire in Toscana che da tanto agogna ad un'autostrada tirrenica. Poi giù attraverso il Lazio dove la Roma-Latina era stata annunciata 18 anni fa per arrivare poi in Puglia dove non si riesce ad avere la strada statale Maglie-Leuca da 24 anni. Si arriva ad un totale di 27 opere che comportano investimenti per 24,67 miliardi. Se tutti i cantieri riaprissero si sbloccherebbero 380.000 posti di lavoro.
Toninelli poi torna anche sulla oramai tristemente famosa analisi costi-benefici sulla Tav che, sostiene «è di natura scientifica e i dati io non li posso confutare». Peccato che lo stesso presidente della Commissione che ha elaborato l'analisi, il professor Marco Ponti, abbia dichiarato davanti alla commissione Trasporti della Camera giusto una settimana fa che «l'analisi costi-benefici è uno strumento imperfetto» e che «è manipolabile» anche se è comunque il migliore a disposizione.
Ma Toninelli, intervistato da Radio24, insiste: «dopo aver visitato le strade groviera che ci sono in Italia, gli 8 miliardi e 100 del Tav preferirei usarli per mettere in sicurezza l'esistente». Insomma Toninelli non dice che la Torino-Lione «non serve in termini assoluti» ma piuttosto che «non è al primo posto tra le priorità». Poi aggiunge un'altra chicca delle sue. «L'Ue ha dato finora all'Italia e alla Francia degli spiccioli», dice il ministro. Ma il finanziamento Ue per Tav è di 451 milioni di euro. Spiccioli per il ministro grillino che insiste su un costo per l'Italia di 20 miliardi mentre il costo per il nostro paese è inferiore ai 5.
«Fino al 2020 sono state date pochissime centinaia di milioni si sta parlando di un'opera dove il solo buco nella montagna costa 11 miliardi», prosegue. Toninelli poi annuncia che il governo sta per approvare un decreto per modificare il «codice dei contratti pubblici che sono quelli che veramente bloccano i cantieri e non permettono ai tecnici dei comuni di fare quella firmetta necessaria perché hanno paura di metterla sbagliata». Preoccupato per la perdita di investimenti e posti di lavoro il presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani: «Se la Tav dovesse venire definitivamente abbandonata, andrebbero in fumo 4,2 miliardi di euro e 50mila posti di lavoro».
Fonte: qui
I GRILLINI SULLE GRANDI OPERE SONO COME I COMUNISTI: CON LA DIFFERENZA CHE IL PCI ERA ALL'OPPOSIZIONE, IL M5S GOVERNA
IL NO DEI GIALLOVERDI ALLA TAV RICORDA LA TAMBUREGGIANTE CAMPAGNA DEL PCI CONTRO L'AUTOSOLE
L'UNITÀ NEL '64 STRONCÒ L'A1 CON LE STESSE RAGIONI DEL M5S: “NON SAPPIAMO BENE A COSA SERVA, NON ESISTE UNO STUDIO SERIO, MEGLIO USARE I SOLDI PER ALTRO"
Paolo Bracalini per il Giornale
L'Autostrada del Sole? «Non sappiamo bene a cosa serva, non esiste uno studio serio e completo sulle conseguenze che il colossale nastro stradale avrà sull'economia del paese, non sono state calcolate le conseguenze del permanere di un sistema di viabilità ordinaria assolutamente rachitico attorno alla fettuccia autostradale», è evidente insomma «l'impegno di spremere l'economia nazionale nella direzione di una motorizzazione individuale forzata» mentre «i problemi dello sviluppo industriale, della viabilità ordinaria, del'urbanizzazione, delle campagne, sono stati tranquillamente ignorati».
Ci fosse il Pci, ma quello degli anni '60, sarebbe contro la Tav. Basta rileggersi le pagine dell'Unità, allora organo del Partito Comunista Italiano, nei mesi in cui l'A1, l'Autostrada del Sole prima grande infrastruttura nazionale, stava per essere inaugurata sotto la presidenza del Consiglio di Aldo Moro, nell'ottobre 1964. Bollata come un'opera troppo costosa, frutto degli interessi capitalistici dell'industria dell'automobile, foriera di incidenti stradali e ingorghi, inutile visto lo stato delle strade statali che andavano sistemate prima di progettare un'arteria autostradale del genere. Lo stesso armamentario ideologico che il M5s (coadiuvato dalla Lega, favorevole ma non troppo) ripropone contro l'Alta velocità ferroviaria, con sessant'anni di ritardo rispetto al quotidiano del Pci sulla A1.
L'analisi costi benefici sull'Autosole, fatta dall'Unità, aveva dato esito negativo. La costruzione di autostrade, roba per ricchi, andava a togliere risorse per le infrastrutture usate dagli italiani meno abbienti. Stessa solfa della Tav, contrapposta ai treni dei pendolari. Leggiamo l'Unità di allora: «La contraddizione è palese. Si procede fra stridenti assurdi, riempiendo gli occhi di autostrade e dimenticando che mancano le strade normali in città e nel resto del paese. Velocità alte e comode, insomma. Soltanto per i redditi più elevati». I titoli di quel giorno, la vigilia dell'inaugurazione dell'Autostrada del Sole: «La spina dorsale di un sistema rachitico», «Una visione soltanto automobilistica», «L'Italia più corta?», con punto di domanda retorico perché la risposta era no.
Ma l'Unità avrebbe continuato negli anni successivi la sua campagna di stampa contro l'A1. Attribuendo all'autostrada la responsabilità di immani sciagure, dalla piaga dell'«invasione di turisti motorizzati», alle morti in incidenti stradali. Nel '67 titola «Rete autostradale sempre più fitta in Italia», come se fosse una disgrazia e non un progresso. Il motivo è il solito: «Un enorme pompaggio di risorse finanziarie sottratte ad altri investimenti». Leggiamo: «La trama delle autostrade ha compiuto certamente un grosso balzo avanti nel corso del '67. Migliaia di miliardi sottratti ad altre spese per servizi pubblici hanno fatto il miracolo.
Tuttavia malgrado le nuove realizzazioni sia per quanto riguarda svincoli che tangenziali, gli ingorghi sulle autostrade si sono verificati puntualmente anche quest'anno, dando luogo a una catena luttuosa di incidenti». L'impegno del Partito comunista, propagandato tramite il suo organo di stampa, era chiaro: «Mettere fine agli sperperi in una ragnatela di autostrade, dando rigorosa precedenza a investimenti sociali e produttivi, ecco il nostro impegno». Fosse stato per loro, l'A1 non si sarebbe fatta, a vantaggio di più moderne mulattiere. Come i grillini con le grandi infrastrutture. Con la differenza che il Pci era all'opposizione, il M5s governa.
Fonte: qui
Paolo Bracalini per il Giornale
L'Autostrada del Sole? «Non sappiamo bene a cosa serva, non esiste uno studio serio e completo sulle conseguenze che il colossale nastro stradale avrà sull'economia del paese, non sono state calcolate le conseguenze del permanere di un sistema di viabilità ordinaria assolutamente rachitico attorno alla fettuccia autostradale», è evidente insomma «l'impegno di spremere l'economia nazionale nella direzione di una motorizzazione individuale forzata» mentre «i problemi dello sviluppo industriale, della viabilità ordinaria, del'urbanizzazione, delle campagne, sono stati tranquillamente ignorati».
Ci fosse il Pci, ma quello degli anni '60, sarebbe contro la Tav. Basta rileggersi le pagine dell'Unità, allora organo del Partito Comunista Italiano, nei mesi in cui l'A1, l'Autostrada del Sole prima grande infrastruttura nazionale, stava per essere inaugurata sotto la presidenza del Consiglio di Aldo Moro, nell'ottobre 1964. Bollata come un'opera troppo costosa, frutto degli interessi capitalistici dell'industria dell'automobile, foriera di incidenti stradali e ingorghi, inutile visto lo stato delle strade statali che andavano sistemate prima di progettare un'arteria autostradale del genere. Lo stesso armamentario ideologico che il M5s (coadiuvato dalla Lega, favorevole ma non troppo) ripropone contro l'Alta velocità ferroviaria, con sessant'anni di ritardo rispetto al quotidiano del Pci sulla A1.
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