giovedì 3 ottobre 2019

''NON È IMPEACHMENT, È UN COLPO DI STATO''. TRUMP AL CONTRATTACCO, MENTRE POMPEO A ROMA AMMETTE CHE ERA ANCHE LUI IN ASCOLTO DURANTE LA TELEFONATA TRA IL PRESIDENTE E ZELENSKY, E SI RIVOLGE AL CONGRESSO USA: ''NON TOLLEREREMO INTIMIDAZIONI'' -


''PURE PUTIN SI METTE IN MEZZO: ''IN QUELLA CHIAMATA NON C'ERA NIENTE DI MALE. HA CHIESTO DI INVESTIGARE UN POSSIBILE CASO DI CORRUZIONE LEGATO A MEMBRI DELLA PRECEDENTE AMMINISTRAIZONE. L'AVREBBE FATTO QUALUNQUE CAPO DI STATO''

TRUMP, NON È IMPEACHMENT MA COLPO DI STATO
 (ANSA) - "Mentre apprendo sempre di più ogni giorno, sto arrivando alla conclusione che ciò che sta avvenendo non è un impeachment, è un colpo di Stato, volto a prendere il potere delle persone, i loro voti, le loro libertà, il loro secondo emendamento, la religione, l'esercito, il muro al confine, e i loro diritti di cittadini degli Stati Uniti": lo ha twittato Donald Trump dopo gli ultimi sviluppi dell'Ucrainagate.
mike pompeo e giuseppe conte 1MIKE POMPEO E GIUSEPPE CONTE 
PUTIN, NULLA DI MALE NELLA TELEFONATA TRUMP-ZELENSKY
 (ANSA) - Vladimir Putin difende Donald Trump sul caso Ucraina e sostiene di non aver notato "nulla di compromettente" nella trascrizione della telefonata tra il presidente americano e il suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky. Trump è accusato di aver voluto sollecitare indagini ucraine contro Joe Biden, suo rivale politico nella corsa alla Casa Bianca, e il figlio di questi, Hunter Biden, che sedeva nel consiglio di amministrazione di una società di gas naturale ucraina mentre il padre era vice presidente americano.
"Il presidente Trump - ha affermato Putin, citato dall'agenzia Interfax - si è rivolto a un collega con la richiesta di investigare un possibile caso di corruzione legato a membri della precedente amministrazione. Qualunque capo di Stato - ha proseguito Putin - avrebbe agito in questo modo".
UCRAINAGATE: POMPEO, NON TOLLEREREMO INTIMIDAZIONI
mike pompeo 1MIKE POMPEO 
 (ANSA) - "Le domande poste a noi violano in maniera profonda la separazione dei poteri. Risponderemo al nostro obbligo costituzionale ma in modo che siano in linea con il sistema americano e non tollereremo intimidazioni". Lo ha detto il segretario di Stato Usa Mike Pompeo in merito al suo veto agli interrogatori di cinque dirigenti del dipartimento di Stato nell'indagine d'impeachment contro Donald Trump nella vicenda dell'Ucrainagate e confermando aver partecipato alla telefonata tra Trump e il leader ucraino Zelensky.
Pompeo, rispondendo ad una domanda durante la conferenza stampa a Villa Madama, ha confermato di aver partecipato alla conversazione telefonica tra Trump e Zelensky del 25 luglio, oggetto dell'indagine per l'impeachment, ma non ha fornito dettagli su quella telefonata. Il segretario di Stato ha solo specificato di conoscere bene la politica americana in Ucraina, "una politica costante, che continueremo perseguire". Con l'obiettivo di "eliminare la minaccia della Russia nel paese, aiutare gli ucraini a eliminare la corruzione e costruire un'economia prospera".
TRUMP ZELENSKyTRUMP ZELENSKY
USA: ZELENSKY, NON HO MAI PARLATO CON GIULIANI
 (ANSA) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha dichiarato ieri di non aver mai incontrato il legale di Trump, Rudolph Giuliani, e di non aver mai parlato al telefono con lui. Lo riporta l'agenzia Interfax. "Non ho mai incontrato Rudy Giuliani. Non ho mai avuto nessuna conversazione telefonica con lui", ha affermato Zelensky. L'ex inviato Usa in Ucraina Kurt Volker si è dimesso dopo essere stato accusato di aver messo in contatto un consigliere di Zelensky con Rudy Giuliani, l'avvocato personale del presidente americano. Trump voleva sollecitare indagini ucraine contro Joe Biden, suo rivale politico nella corsa alla Casa Bianca, e il figlio Hunter.
rudy giuliani donald trumpRUDY GIULIANI DONALD TRUMP
USA: POROSHENKO, CON GIULIANI HO DISCUSSO DI INVESTIMENTI
 (ANSA) - L'ex presidente ucraino Petro Poroshenko afferma di aver incontrato l'avvocato di Trump, Rudy Giuliani, nel 2017 come "amico dell'Ucraina" e di aver discusso con lui di "sostegno politico e di investimenti" ma di non aver mai parlato di aziende ucraine né con lui né con altri notabili americani. "Noi - ha dichiarato Poroshenko - decisamente non vogliamo essere coinvolti nel processo politico interno degli Stati Uniti". Trump voleva sollecitare indagini ucraine contro Joe Biden, suo rivale politico nella corsa alla Casa Bianca, e il figlio di questi, Hunter Biden, che sedeva nel consiglio di amministrazione di una società di gas naturale ucraina mentre il padre era vice presidente americano. Fonte: qui



CONTE, UNA NE HA FATTA: LA NOMINA DI VECCHIONE A CAPO DELL’INTELLIGENCE, DUE NE HA SBAGLIATE: CONSENTIRE A VECCHIONE DI DARE INFORMAZIONI E COLLABORAZIONE AL MINISTRO DI TRUMP NELLA RICERCA DI MIFSUD, L'AGENTE DELLA LINK UNIVERSITY AL CENTRO DEL RUSSIAGATE 
LA POCHETTE CON LE UNGHIE HA CAPITO CHE I TWEET DI TRUMP NON SONO GRATIS  
VECCHIONE POTREBBE LASCIARE A BREVE, CONTE PRONTO A TRASLOCARLO A PALAZZO CHIGI CON UN RUOLO DA CONSIGLIERE



giuseppe conte gennaro vecchioneGIUSEPPE CONTE GENNARO VECCHIONE
In fondo, William Barr non ha fatto altro che quello che Giuseppe Conte consiglia a tutti, quando si ritrova impelagato in una questione delicata. "Parlane con Vecchione", dice infatti, assai spesso, il premier ai suoi interlocutori: e che si tratti di amministratori delegati di grandi aziende o di potenziali partner industriali del nostro paese, il suggerimento è sempre quello. "Parlane con Vecchione".

WILLIAM BARR JOHN DURHAMWILLIAM BARR JOHN DURHAM
Ed è così che alla fine il ministro della Giustizia americano proprio quello ha fatto: è venuto a Roma e, per ottenere collaborazione nelle sue indagini sulla scomparsa di Joseph Mifsud e sul Russiagate, ha incontrato, appunto, Gennaro Vecchione, il capo supremo del Dis arrivato a dirigere i nostri reparti d' intelligence su precisa volontà dell'"avvocato del popolo".

JOSEPH MIFSUD E Ivan TimofeevJOSEPH MIFSUD E IVAN TIMOFEEV
Il quale, dopo aver rivendicato per sé la delega ai servizi segreti, nel novembre scorso scartò candidati che alla vigilia parevano ben più accreditati (su tutti, Franco Gabrielli), per imporre un uomo di sua stretta fiducia, a cui lo legava una consuetudine vecchia di anni.

La cena per farli conoscere, a quanto pare, la si deve alle rispettive consorti: perché la ex moglie di Vecchione è amica di lunga data di Olivia Paladino, la fidanzata del premier. Che di quello stimato generale della Guardia di Finanza con tre lauree nel curriculum, romano di Roma, col quale s' era più volte ritrovato a confrontarsi - oltreché sul diritto e la formazione dei giovani ufficiali - anche della comune affezione a Padre Pio, si ricordò al momento della scelta.
george papadopoulos simona mangianteGEORGE PAPADOPOULOS SIMONA MANGIANTE

E ne decretò la promozione al piano nobile di Piazza Dante, ignorando perfino i mugugni neppure troppo sotterranei di chi riteneva irrituale, se non addirittura sconveniente, affidare i vertici di Dis e Aise (l' intelligence e il servizio segreto per gli affari esteri) a due generali con la stessa divisa: quella delle Fiamme gialle.

JOSEPH MIFSUD BORIS JOHNSONJOSEPH MIFSUD BORIS JOHNSON
E da lì, con ricorrenza crescente, nacque pure il ritornello ormai diffuso perfino al di là dei confini nazionali: "Parlane con Vecchione". Dal capo del Dis, Conte si fa accompagnare con una frequenza insolita anche in incontri a metà tra il diplomatico e il mondano, nella Roma che conta e non solo, anche quando il tema delle discussioni è solo latamente riconducibile alla sicurezza nazionale.

gennaro vecchioneGENNARO VECCHIONE
Vecchione diventa, in breve tempo, l' ombrello istituzionale sotto cui il fu professore di Volturara inizia a costruire la sua scalata nel mondo della politica, alimentando un' ansia di affermazione segretamente covata. E Vecchione segue e asseconda le alterne fortune del premier, specie nell' altalenante rapporto con chi poi, di fatto, ne sancirà la piena - per ora - apoteosi: e cioè l' Amministrazione Trump.

Conte e Gennaro VecchioneCONTE E GENNARO VECCHIONE
Le coincidenze, ovviamente, vanno viste con le dovute cautele. E però colpisce che il tweet d' investitura all' amico "Giuseppi", al termine della buriana del Papeete agostana, il presidente americano lo pubblichi il 27 agosto: e cioè, guarda un po', proprio a metà tra le due visite romane di Barr. Entrambe culminate con un incontro segreto, favorito dallo stesso Conte, con Vecchione: entrambe finalizzate a ottenere, più che a chiedere, informazioni e collaborazione nella ricerca (o nella protezione) di Mifsud, l' agente maltese al centro del Russiagate.

MIFSUD MANGIANTE BARRMIFSUD MANGIANTE BARR
Un modo, insomma, per ribadire che l' investitura a mezzo social network non era certo gratis (né vale, a riscattarla, il solo aiuto nell' indagine). E così Barr ne ha parlato con Vecchione. Che, del resto, sul mistero di Mifsud dovrebbe saperne, forse, non solo in virtù del suo attuale ruolo di capo delle "barbe finte", ma anche per la comune vicinanza agli ambienti della Link Campus, l' università di Vincenzo Scotti di cui Mifsud era uomo di punta - qui aveva incontrato per la prima volta il consigliere di Trump, George Papadopoulos - e da cui si è visto garantire durante la clandestinità un alloggio nel pieno centro di Roma, a due passi da Villa Borghese.

JOSEPH MIFSUD 1JOSEPH MIFSUD 1
E quando già il Foglio aveva rivelato gli ambigui legami tra l' ateneo di Scotti (fucina di almeno un paio di esponenti di governo grillini) e Mifsud, proprio nell' aula magna della Link Campus, il 15 marzo scorso, Vecchione accettava di tenere una lectio magistralis sulle "Nuove sfide per l' intelligence italiana": omettendo di dire che, una di queste, era proprio trovare, o proteggere, quel professore maltese apparentemente scomparso nel nulla da quasi due anni.

paola severini melograni vincenzo scottiPAOLA SEVERINI MELOGRANI VINCENZO SCOTTI
Senza contare che poi, come se ci volessero altri indizi per rafforzare i dubbi e i retropensieri sui legami tra i servizi e la Link, a metà settembre, e cioè alla vigilia del secondo incontro ravvicinato con Barr, interessato a fare chiarezza sul ruolo dell' università romana nella vicenda Mifsud, Palazzo Chigi decretava la promozione a vice di Vecchione di Bruno Valensise, uno che i piani alti del Dis li frequenta da anni e che certo definire "uomo della Link" sarebbe riduttivo, ma che pure alla Link è stato docente.

bruno valensise 1BRUNO VALENSISE 1
Ora va a occupare il ruolo che è stato, fino a pochi giorni fa, di Enrico Savio, che con Vecchione non è mai andato troppo d' accordo e che ora se ne torna alla corte del suo mentore storico, quel Gianni De Gennaro che lo ha voluto di nuovo al suo fianco, in Leonardo, dopo gli anni trascorsi insieme ai vertici dei servizi segreti.

vincenzo scotti (2)VINCENZO SCOTTI (2)
Un avvicendamento che ha rinfocolato le voci secondo cui tra gli apparati d' intelligence storicamente filoatlantici, e Vecchione, non sia mai corso buon sangue: anche in virtù delle posizioni ondivaghe tenute dal capo del Dis, e da Conte stesso, sui rapporti con la Cina, sulla collaborazione con Pechino nel settore dell' aerospazio e sulla prevenzione dalla minaccia asiatica nel campo del 5G, che a Palazzo Chigi hanno sempre voluto ridimensionare (prova ne sia la decisione di ammorbidire il decreto sulla "Golden Power" rafforzata in un disegno di legge dalle maglie assai più larghe, per le imprese cinesi) e forse perfino sottovalutare, a giudicare dall' insofferenza che sul tema ha spesso dimostrato l' ambasciatore americano Lewis Eisenberg.
gennaro vecchione flavia giacobbeGENNARO VECCHIONE FLAVIA GIACOBBE

La virata, poi, è arrivata in extremis: quando Conte ha capito che la fiducia di Washington nei confronti della Lega di Matteo Salvini era terminata, e allora ha deciso di accreditarsi lui come difensore dell' atlantismo. E forse questo basterà all'"avvocato del popolo" per proseguire la sua esperienza da premier, ma forse non varrà a Vecchione la conferma ai vertici del Dis, che potrebbe dover lasciare a breve, magari per andare a seguire il suo amico Giuseppe a Palazzo Chigi con un ruolo da consigliere del premier.


L'ITALIA È IL CENTRO DEL RUSSIAGATE E ORA TRUMP VUOLE REGOLARE I CONTI RIBALTATE
LA PROSPETTIVA E LEGGETE LA RICOSTRUZIONE DI ''ATLANTICO QUOTIDIANO'', E CAPIRETE PERCHÉ WILLIAM BARR È VENUTO IN ITALIA. NELL'ESTATE DEL 2016 I SERVIZI ITALIANI AVREBBERO AIUTATO L'INTELLIGENCE USA A SABOTARE LA CAMPAGNA TRUMP, SEMINANDO IL SOSPETTO DI UN PATTO CRIMINALE COI RUSSI CHE POI MUELLER IN DUE ANNI DI INDAGINI NON E' RIUSCITO A DIMOSTRARE



clinton trump copiaCLINTON TRUMP COPIA
Italia, Regno Unito, Australia e Ucraina. Da questi Paesi è passato, o addirittura è nato il Russiagate, disseminando tracce e indizi su cui poi l’FBI avrebbe dovuto indagare e i media costruire la narrazione del Manchurian Candidate eletto con l’aiuto di Putin. È anche sul ruolo dei servizi di intelligence, quindi, e dei precedenti governi di questi Paesi alleati degli Stati Uniti (in Italia i governi Renzi e Gentiloni) che si sta concentrando l’indagine del Dipartimento di Giustizia Usa sulle origini del Russiagate, ormai ribattezzato Spygate, e su tutte le attività investigative condotte sulla, o meglio contro la Campagna Trump nel 2016 – dopo che il procuratore speciale Mueller ha concluso la sua inchiesta senza aver trovato la “pistola fumante” della collusione.

E i governi attuali di quei Paesi, come abbiamo anticipato nel giugno scorso, stanno cooperando. Già allora infatti il DOJ parlava di “un impegno collaborativo in corso” tra il team guidato dal procuratore Durham e “alcuni attori stranieri” sull’inquietante ipotesi che all’origine del Russiagate ci siano stati contatti – che definire impropri sarebbe un eufemismo – tra l’amministrazione Obama e servizi di Paesi alleati per fabbricare prove di collusione fra Trump e la Russia.

WILLIAM BARRWILLIAM BARR
Mentre l’ispettore generale Horowitz si sta concentrando sulla condotta degli agenti FBI e dei funzionari del DOJ, il procuratore Durham sta indagando ad ampio raggio proprio sulle attività dei servizi di intelligence americani e stranieri, così come sul ruolo di organizzazioni e singoli non governativi.

Era solo questione di tempo. In questi ultimi giorni abbiamo avuto la conferma che i contatti tra l’amministrazione Trump e il governo italiano per chiarire il ruolo del nostro Paese – che abbiamo cercato di ricostruire in questi mesi con il nostro Speciale Italygate – sono arrivati ai più alti livelli politici, come dimostra la visita, non annunciata, dell’Attorney General William Barr in Italia della scorsa settimana.

Con chi si è incontrato venerdì scorso a Roma, probabilmente a Palazzo Margherita, dove ha sede l’ambasciata Usa? Barr, accompagnato da Durham, ha incontrato i vertici dei servizi e alti funzionari del governo italiano, ma riteniamo che almeno Durham possa aver preso contatti anche con rappresentanti del Ministero della giustizia e della Procura di Roma, competente sia per quanto riguarda la scomparsa del professor Joseph Mifsud, su cui torneremo, sia per la collaborazione – presente e passata – con FBI e DOJ.

WILLIAM BARR JOHN DURHAMWILLIAM BARR JOHN DURHAM
Cosa può aver detto Barr ai suoi interlocutori? Il procuratore generale Usa ha presentato Durham alle controparti italiane e chiesto loro la massima collaborazione nella sua indagine. Dov’è Mifsud? Chi e perché ha voluto l’operazione nei confronti di George Papadopoulos, l’ex consigliere della Campagna Trump a cui venne riferito del materiale “dirt” su Hillary Clinton in mani russe, che fece partire almeno ufficialmente l’inchiesta dell’FBI?

Non sarebbe la prima volta che Barr arriva riservatamente in Italia. “È stato avvistato il 15 agosto scorso al Marriott Grand Flora Hotel di Roma”, scrive Politico. “Barr, in giacca e cravatta, era accompagnato da diversi collaboratori ed aveva una scorta consistente mentre veniva fatto entrare di gran fretta nell’albergo”.

Come confermato dal DOJ, per assicurarsi la collaborazione delle autorità dei Paesi coinvolti, il procuratore generale Barr ha espressamente chiesto l’aiuto del presidente Trump in persona:

“Come precedentemente annunciato dal Dipartimento di Giustizia, un team guidato dal procuratore John Durham sta indagando le origini dell’inchiesta di controintelligence sulla Campagna Trump per le presidenziali 2016. Durham sta raccogliendo informazioni da numerose fonti, compresi alcuni Paesi stranieri. Su richiesta dell’Attorney General Barr, il presidente ha contattato altri Paesi per chiedere loro di presentare il procuratore generale e Mr. Durham ai funzionari appropriati”.

“Il DOJ ha semplicemente chiesto che il presidente provvedesse alle presentazioni per facilitare l’indagine in corso, e così ha fatto”, conferma la Casa Bianca.
JOHN DURHAMJOHN DURHAM
Accertate ormai le richieste di collaborazione da parte di Trump al presidente ucraino Zelensky (la telefonata del 25 luglio scorso oggetto della denuncia di un whistleblower e pretesto per l’avvio di una procedura di impeachment) e al premier australiano Scott Morrison, appare a questo punto improbabile, considerata la visita proprio di Barr, che il presidente Usa non abbia avanzato personalmente una simile richiesta anche al presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte.

Con il quale, secondo le cronache, ha parlato al telefono il 5 settembre scorso (il giorno del giuramento del nuovo governo al Quirinale) e si è intrattenuto brevemente prima della cena di apertura del G7 di fine agosto a Biarritz. Poche ore dopo la chiusura di quel summit, come ricorderete, il tweet di endorsement all'”amico Giuseppi” da parte di Trump, a reincarico ormai certo. Un premio per la disponibilità dimostrata a collaborare con l’AG Barr?

Non sappiamo ancora per certo se l’Italia sia stata “l’epicentro della cospirazione”, come sostiene Papadopoulos, ma ora è certo che Barr e Durham stanno effettivamente collaborando con questi quattro Paesi (Italia, Regno Unito, Australia e Ucraina) sul loro ruolo nelle origini della bufala Russiagate.

E questo spiega il nervosismo, anzi il panico a Washington. Le indagini di Barr e Durham stanno arrivando a meta. Dall’esigenza di reagire, in una corsa disperata contro il tempo, nasce il Kievgate – probabilmente di concerto tra i Democratici al Congresso e gli uomini della Cia ancora fedeli all’ex direttore Brennan – per denunciare come il presidente Trump sta usando i suoi poteri e la diplomazia Usa per assicurarsi un indebito vantaggio elettorale. Qualcosa però non torna, il doppio standard è evidente.
george papadopoulos simona mangianteGEORGE PAPADOPOULOS SIMONA MANGIANTE

Finché si indagava sulla presunta collusione Trump-Russia, di cui Mueller non ha trovato prova, si trattava di difendere la democrazia americana dalle interferenze straniere nelle presidenziali 2016. Ora che si tratta di indagare sulla collusione, ancora presunta ma verosimile, tra l’amministrazione Obama, la Campagna Clinton e Paesi alleati, contro un candidato e poi presidente eletto, il rischio di interferenze straniere nel processo democratico non preoccupa più, si tratta di interesse politico personale di Trump che vuole “screditare” l’inchiesta di Mueller e i propri avversari.

Come il procuratore generale Usa ha ripetuto in diverse interviste e audizioni, la Campagna Trump, e poi il team del presidente eletto, sono stati spiati. Bisogna chiarire se vi fossero motivi legittimi per farlo, se la raccolta di informazioni fosse “lecita e appropriata”, secondo le leggi e gli standard del DOJ, se i metodi investigativi usati fossero appropriati, o se invece l’inchiesta di controintelligence fosse motivata da un’opposizione politica al candidato e poi presidente Trump. Ma bisogna anche chiarire se FBI e CIA si siano avvalse in qualche modo di “attività di servizi di intelligence stranieri”. Il sospetto è che queste attività siano state condotte su suoi collaboratori anche prima del 31 luglio 2016 – data di apertura formale dell’inchiesta di controintelligence – come il caso Mifsud-Papadopoulos lascia supporre.

GEORGE PAPADOPOULOS 1GEORGE PAPADOPOULOS 1
MIFSUD – Come abbiamo ricostruito nelle precedenti puntate del nostro speciale, il diplomatico australiano Alexander Downer, amico dei Clinton, nel luglio 2016 fornisce la dritta che porta l’FBI, il 31 luglio, ad aprire formalmente l’inchiesta di controintelligence sulla Campagna Trump. Riferisce che durante un incontro a Londra il 10 maggio, Papadopoulos gli ha raccontato di aver saputo che i russi hanno materiale “dirt” su Hillary Clinton e sono pronti ad usarlo per aiutare Trump.

Ma perché solo a luglio? Downer ricollega l’indiscrezione all’hackeraggio da poco denunciato dal DNC, attribuito alla Russia.
È il professore maltese Jospeh Mifsud, in un incontro sempre a Londra, il 26 aprile, a riferire a Papadopoulos che i russi hanno materiale “dirt” sulla Clinton in forma di “migliaia” di sue email. Si tratterebbe però non dell’hackeraggio dei server del DNC, avvenuto quasi due mesi dopo, ma delle email che l’ex segretario di stato ha fatto transitare sui suoi server privati.

Papadoupolos conosce Mifsud il 14 marzo a Roma, ad una conferenza della Link Campus University, università fondata dall’ex ministro dell’interno italiano Vincenzo Scotti che forma gli agenti di CIA, FBI, MI6 e dei servizi italiani. Conferenza alla quale erano intervenuti anche Gianni Pittella (senatore del Pd, allora capogruppo SD al Parlamento europeo e fervente clintoniano, nonché “caro amico” di Mifsud), il senatore del Copasir Giuseppe Esposito e il direttore della Polizia Postale italiana Roberto Di Legami.

JOSEPH MIFSUD E Ivan TimofeevJOSEPH MIFSUD E IVAN TIMOFEEV
Non risulta al procuratore speciale Mueller che Papadopoulos abbia mai gestito email della Clinton o abbia riferito nulla alla Campagna Trump, non è stato accusato di aver complottato con i russi ma si è dichiarato colpevole di aver mentito all’FBI sulle date dei suoi contatti con Mifsud. Nel suo rapporto conclusivo Mueller cita i legami di Mifsud con la Russia e personaggi russi, lasciando intendere che il professore sia un agente russo, e riporta che interrogato dall’FBI nel febbraio 2017 ha negato di aver detto alcunché a Papadopoulos sulle email della Clinton.

Nell’arco di oltre due anni, il procuratore ha incriminato molte persone, anche solo per aver mentito all’FBI. Eppure, non ha mai accusato Mifsud. Perché? Una domanda posta direttamente a Mueller anche durante l’audizione al Congresso dal repubblicano Jim Jordan. “I can’t get into it”, non posso rispondere su questo, è stata la risposta del procuratore.

Senonché Mifsud è un professore maltese di base a Roma e a Londra, con frequentazioni ai più alti livelli dei circoli diplomatici e di intelligence occidentali – relazioni che guarda caso Mueller omette di menzionare nel suo rapporto. Dunque, se Mifsud era un agente russo, un incredibile numero di personalità e istituzioni accademiche, politiche e di sicurezza occidentali con le quali era in stretti rapporti potrebbero essere state seriamente compromesse, una gigantesca falla nella sicurezza degli Stati Uniti e dei governi alleati.
SIMONA MANGIANTESIMONA MANGIANTE

Ma Mifsud in effetti non è mai stato trattato come tale potenziale minaccia, né dall’FBI né da altri servizi occidentali. Per quasi tutto il 2017, durante l’inchiesta Mueller quindi, ha mantenuto i suoi contatti con accademici, diplomatici e politici, ha concesso interviste, scambiato email con agenti FBI. Nel dicembre 2016, quando l’Agenzia era da mesi a conoscenza dei suoi contatti con Papadopoulos e si preparava a interrogarlo, si è recato a Washington per un incontro organizzato da un’associazione sostenuta dal Dipartimento di Stato. Nessuno si è mai preoccupato dei suoi legami con la Russia.

Se allora non è un asset dei servizi russi, l’FBI e Mueller hanno però un problema nella loro narrazione. Se fosse un asset di intelligence occidentali, allora questo proverebbe che Papadopoulos è stato adescato e incastrato, già nella primavera del 2016, molto prima dell’apertura dell’inchiesta formale dell’FBI.

JOSEPH MIFSUD BORIS JOHNSONJOSEPH MIFSUD BORIS JOHNSON
Di Mifsud non si hanno più tracce dal novembre 2017, ma attraverso il suo avvocato ha lasciato una deposizione audio al procuratore Durham, di cui ha parlato John Solomon su The Hill e di cui abbiamo scritto già nella puntata di luglio. Mifsud, racconta l’avvocato, era “un collaboratore di lunga data dell’intelligence occidentale”, non russa, e gli fu precisamente richiesto dai suoi contatti alla Link University e al London Center of International Law Practice (LCILP), due centri accademici legati ad ambienti diplomatici e di intelligence occidentali, di incontrare Papadopoulos a Roma il 14 marzo 2016.

L’idea di presentare il giovane consigliere di Trump ai russi, ha raccontato ancora l’avvocato Roh a The Hill, non arrivò da Papadopoulos o dalla Russia, ma dai contatti dello stesso Mifsud alla Link e al LCILP (da Scotti, o dal “caro amico” Pittella?). Pochi giorni dopo l’incontro di marzo a Roma, Mifsud ha ricevuto istruzioni dai suoi superiori della Link di “mettere in contatto Papadopoulos con i russi”, incluso il direttore di un think tank, Ivan Timofeev, e una donna che gli fu chiesto di presentare a Papadopoulos come nipote di Putin.
Francesca OcchioneroFRANCESCA OCCHIONERO

Mifsud sapeva che la donna non era la nipote del presidente russo, ma una studentessa frequentata sia alla Link che al LCILP, e ha pensato che fosse in corso un tentativo per capire se Papadopoulos fosse un “agente provocatore” alla ricerca di contatti stranieri. È evidente, ha concluso Roh parlando a The Hill, che “non fu solo un’operazione di sorveglianza, ma una più sofisticata operazione di intelligence”, nella quale Mifsud si è trovato coinvolto.

EYEPYRAMID – Ma c’è un altro caso che ci porta a Roma. Il caso Eyepyramid che ha coinvolto i fratelli Giulio e Francesca Maria Occhionero. Condannati in primo grado per accesso abusivo a sistemi informatici, oggi accusano i loro accusatori di aver fabbricato le prove contro di loro. Denunciano un’intensa attività di hacking precedente persino alla notizia di reato, diversi tentativi di accesso ai server americani di Occhionero.
MEL SEMBLER GIULIO OCCHIONEROMEL SEMBLER GIULIO OCCHIONERO

Le loro denunce sono sul tavolo dei magistrati di Perugia, che hanno ritenuto di avere elementi tali da chiedere il rinvio a giudizio del pm di Roma Eugenio Albamonte per omissione di atti di ufficio e falso ideologico (un altro ex presidente dell’Anm sotto inchiesta a Perugia, anche se non se ne parla…), del consulente tecnico Federico Ramondino, accusato di accesso abusivo a sistema informatico, e di due agenti del CNAIPIC, Ivano Gabrielli e Federico Pereno, per omessa denuncia e falso. L’udienza davanti al gup è stata già rinviata due volte su richiesta della difesa: inizialmente fissata per il 17 luglio, è slittata prima al 27 settembre e poi a gennaio 2020.

JOSEPH MIFSUD 1JOSEPH MIFSUD 1
Molte in effetti le stranezze nel loro caso: a cominciare da quella domanda che Maurizio Mazzella, amico di Giulio accusato di favoreggiamento, si sente porre dagli agenti del CNAIPIC durante una perquisizione del 9 gennaio 2017 (alla vigilia dell’insediamento di Trump alla Casa Bianca): “Chi è il vostro contatto della squadra Trump?”. Poi la rogatoria internazionale per i server di Occhionero su suolo americano, che la Procura di Roma non ha mai prodotto in giudizio; il rifiuto del responsabile FBI dell’ambasciata Usa di Roma, Kieran Ramsey, a testimoniare nel processo; la comune frequentazione della Link University da parte di molti attori del caso EyePyramid, dal responsabile sicurezza di Enav Francesco Di Maio, da cui ha origine la notizia di reato, al pm Albamonte, passando per l’ex capo della Polizia Postale Di Legami.

JOSEPH MIFSUDJOSEPH MIFSUD
Il caso Occhionero viene citato anche in una delle email declassificate di Nellie Ohr al marito Bruce, in cui sottolineava come non fosse una mera coincidenza che il 13 gennaio, il giorno in cui Kommersant riportava delle possibili dimissioni del russo Gerasimov (capo della divisione cyber dell’FSB), fosse “tre giorni dopo l’arresto degli Occhionero in Italia” e la pubblicazione del “dossier pioggia dorata” (il Dossier Steele), da parte di BuzzFeed. Che c’entra la vicenda Occhionero? A sorprendere è che Nellie Ohr non abbia avvertito la necessità di aggiungere alcun dettaglio sugli Occhionero, come se il suo interlocutore, il marito Bruce, ai vertici del DOJ, fosse già perfettamente a conoscenza del caso e della sua pertinenza al Russiagate.

Giulio Occhionero sostiene di essere finito in un disegno precostituito il cui scopo era quello di utilizzare i suoi server situati negli Stati Uniti per far rinvenire elementi di collusione fra la Campagna Trump e la Russia, magari piazzandovi le famose email della Clinton.
ROBERT MUELLERROBERT MUELLER
Lo scorso 24 maggio il presidente Trump ha autorizzato la declassificazione di tutti i documenti relativi alla sorveglianza e a ogni altra attività sulla sua campagna utili all’indagine e ordinato che “ogni componente della comunità di intelligence, o dipartimento e agenzia che includa elementi di intelligence, fornisca prontamente l’assistenza e le informazioni che l’Attorney General dovesse richiedere riguardo la revisione”.
Sarebbero una decina i gruppi di documenti che potrebbero essere molto presto declassificati e divulgati, secondo quanto riportato da John Solomon su The Hill, e che “potrebbero aiutare a spiegare le recenti dichiarazioni del procuratore generale William Barr”, scrive Solomon. Uno di questi in particolare riguarda il ruolo svolto da governi alleati – Regno Unito, Australia e Italia – cui venne chiesto di assistere l’FBI nei suoi sforzi per trovare connessioni fra Trump e la Russia. Tick tacktick tack… Fonte: qui

FU CONTE A DECIDERE L'INCONTRO CON IL MINISTRO DI TRUMP 
IL PREMIER HA LA DELEGA AI SERVIZI SEGRETI, ED È STATO LUI AD AGOSTO E LA SETTIMANA SCORSA A DARE ISTRUZIONI AI VERTICI DI INCONTRARE WILLIAM BARR, COSA ASSAI IRRITUALE, A QUANTO PARE PER FARGLI SENTIRE GLI AUDIO DEL MISTERIOSO MIFSUD 
LA LEGA ALL'ATTACCO, LUI PROMETTE DI RIFERIRE AL COPASIR
RUSSIAGATE, LEGA ALL' ATTACCO DI CONTE LUI: RIFERIRÒ AL COPASIR
Fiorenza Sarzanini per il “Corriere della sera

conte trumpCONTE TRUMP
La nota diffusa in serata da Palazzo Chigi serve a precisare che «al presidente del Consiglio Giuseppe Conte non risulta alcuna anomalia di comportamento da parte dei vertici dei nostri Servizi» nei contatti con il ministro della giustizia americano William Barr per il Russiagate. In realtà sarà proprio lui a dover chiarire per quale motivo diede il via libera ai due incontri del direttore del Dis Gennaro Vecchione - uno a ferragosto da solo e uno il 27 settembre con i direttori di Aise e Aisi - per mettere a disposizione documenti sul ruolo del professor Joseph Mifsud e sull' università Link campus.

«Non c' è alcuna preoccupazione - si specifica nel comunicato - ma ovviamente, il premier, prima di esprimersi pubblicamente su tale vicenda, si riserva di riferire al Copasir per correttezza istituzionale».

E dopo di lui dovranno essere ascoltati proprio i capi dell 'intelligence . È stata la Lega a chiedere la convocazione di Conte e ieri Matteo Salvini è andato all' attacco assicurando che lo scorso agosto - lui era vicepremier - «Conte non mi disse nulla. Un presidente del Consiglio degno di questo nome dovrebbe venire a riferire la settimana prossima di quelle cose, sconcertanti, di cui abbiamo letto sui giornali, circa un utilizzo privato e personale dei servizi segreti che sarebbero stati utilizzati per incontrare ministri stranieri su dossier particolarmente importanti. Se non ha niente da nascondere viene in Parlamento, se non viene evidentemente ha la coscienza sporca».
giuseppe conte gennaro vecchioneGIUSEPPE CONTE GENNARO VECCHIONE

Il leader del Carroccio va contro Conte anche per il «conflitto di interessi» nato dai rapporti tra lui e il professor Guido Alpa «su progetti di parcella firmati da entrambi e su carta cointestata riferiti ai patrocini prestati al Garante per la protezione dei dati personali». Una vicenda emersa già quando Salvini era al governo ma sulla quale la Lega non aveva mai avuto nulla da obiettare.


FAVORE A TRUMP, GLI 007 SI SMARCANO: DECISE CHIGI
Stefano Feltri e Carlo Tecce per il “Fatto quotidiano

La doppia missione in Italia di William Barr, su mandato di Donald Trump per ribaltare la prospettiva del Russiagate, da favorito a vittima, fa parecchio rumore e promette conseguenze più per la forma che per la sostanza.

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E stavolta la forma è più rivelatrice della sostanza. Il ministro della Giustizia, cioè il procuratore generale, ha ottenuto un trattamento che va oltre la cortese sinergia tra alleati con accesso a informazioni riservate per un' inchiesta che, secondo le aspirazioni di Trump, può incidere sulla campagna elettorale americana per la rielezione nel novembre 2020: è riuscito a incontrare, in agosto in piena crisi di governo, prima Gennaro Vecchione, nominato da Giuseppe Conte al capo del Dis, il dipartimento che coordina le attività di intelligence, e poi in settembre lo stesso Vecchione e i vertici dei servizi segreti esteri e interni, il generale Luciano Carta (Aise) e il prefetto Mario Parente (Aisi).

Come se fosse un dettaglio irrilevante anziché un messaggio circostanziato, attraverso le agenzie di stampa, gli 007 hanno precisato che i vertici di Aise e Aisi hanno partecipato alla riunione con il ministro Barr e la delegazione americana dopo una convocazione per iscritto di Vecchione. Così viene confermata, se non fosse abbastanza lampante, la catena di comando che ha portato al ritorno di Barr a Roma una settimana fa, venerdì, epilogo del contatto agostano con il capo del Dis: il governo italiano ha accolto le richieste americane su ordine del premier Conte che, a sua volta, ha allertato Vecchione e da lì, a spiovere, i direttori di Aise e Aisi.
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Il comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, in sigla Copasir, e i capigruppo leghisti di Camera e Senato, per i succitati motivi, chiedono a Conte di riferire e spiegare: perché tanta solerzia e perché tanta irritualità? E ancora qui il fatto è la forma, non la sostanza. Gli inviati di Trump, puntualizzano ancora gli apparati di intelligence, non hanno ascoltato registrazioni audio/video di Joseph Mifsud, professore maltese che insegnava alla Link University, considerato una figura centrale del Russiagate e irreperibile da tempo. Per i servizi italiani, agli americani è stato suggerita la formula della rogatoria.

RENZI CLINTONRENZI CLINTON
Altra lettura: al tavolo con Barr e colleghi c' era bisogno, per pratiche simili, semmai del ministro della Giustizia.
E fonti vicine all' Aise riferiscono al Fatto che l' intelligence italiana non ha interferito nell' ultima campagna per le Presidenziali americane per danneggiare il repubblicano indipendente Trump contro la democratica Hillary Clinton.

Questo ulteriore chiarimento, di per sé banale, serve a scartare l' ipotesi, bizzarra, che Conte avesse risarcito Trump di uno sgarbo ricevuto nel 2016 e anche a derubricare la vicenda a un episodio normale, da prassi, quasi una consuetudine. La caccia alle prove di Barr in Italia era legittima, ma vana per chi conosce l' intelligence. Allora perché esagerare con la "cordialità" verso gli americani? Il leghista Nicola Molteni, malizioso, chiede al premier Conte di svelare "se ha usato i servizi per i suoi interessi".
Tra una visita e l' altra di Barr, c' è l' investitura mondiale a "Giuseppe" di Trump con un tweet di poche righe.
WILLIAM BARRWILLIAM BARR

Conte è riuscito a costruirsi un rapporto di simpatia/empatia personale con il titolare della Casa Bianca. Il premier era l' unico referente dei Cinque Stelle, nel marzo scorso, a sostenere il decreto legge ideato da Giancarlo Giorgetti per arginare l' avanzata del 5G cinese in Italia, proprio nel momento di massima tensione per la firma del memorandum per la nuova Via della seta, suggellato dalla trasferta a Roma di Xi Jinping. Palazzo Chigi fa sapere che Conte non è preoccupato dal caso Barr e che non gli risultano anomalie dal comportamento dei servizi segreti, anche perché - va specificato - gli 007 hanno seguito la linea del premier.

Conte è il principale responsabile del pastrocchio diplomatico con gli americani, dall' esordio a Chigi, e poi ancora al ritorno con la maggioranza giallorosa, ha tenuto per sé le deleghe all' intelligence, di solito assegnate a un sottosegretario alla presidenza del Consiglio, e Vecchione è un uomo di sua assoluta fiducia.

GENERALE LUCIANO CARTAGENERALE LUCIANO CARTA
Oltre la sostanza, per la forma è l' Italia l' unico Paese che s' è reso disponibile a esaudire un desiderio di Trump da spendere al voto del 2020. Conte dovrà replicare a un' audizione al Copasir e forse in Parlamento, Vecchione pure dovrà parlare e il premier sarà costretto a difendere l' operato di chi guida gli 007 per sopire le voci di una clamorosa sostituzione.
Fonte: qui


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