giovedì 19 dicembre 2019

MAXI OPERAZIONE DEI CARABINIERI CONTRO LA 'NDRANGHETA IN PROVINCIA DI VIBO VALENTIA: OLTRE 300 ARRESTI








SEQUESTRATI BENI PER 15 MILIONI DI EURO 
ALCUNI INDAGATI SONO STATI LOCALIZZATI E ARRESTATI IN GERMANIA, SVIZZERA E BULGARIA 
NELL'OPERAZIONE SONO IMPEGNATI 2500 CARABINIERI DEL ROS E DEI COMANDI PROVINCIALI 
IN MANETTE AVVOCATI, COMMERCIALISTI, FUNZIONARI INFEDELI DELLO STATO, MASSONI E POLITICI, TRA CUI ANCHE L'EX PARLAMENTARE DI FORZA ITALIA GIANCARLO PITTELLI…

ndranghetaNDRANGHETA

(ANSA) - Una maxi operazione dei Carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Vibo Valentia è in corso per l'esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare del gip di Catanzaro su richiesta della Dda a carico di 334 persone. L'operazione 'Rinascita-Scott' ha disarticolato tutte le organizzazioni di 'ndrangheta operanti nel Vibonese e facenti capo alla cosca Mancuso di Limbadi. Complessivamente sono 416 gli indagati, accusati a vario titolo di associazione mafiosa, omicidio, estorsione, usura, fittizia intestazione di beni, riciclaggio e altri reati aggravati dalle modalità mafiose.

NDRANGHETANDRANGHETA
Contestualmente all'ordinanza di custodia cautelare, i carabinieri stanno notificando anche un provvedimento di sequestro beni per un valore di circa 15 milioni di euro. L'imponente operazione, frutto di indagini durate anni, oltre alla Calabria interessa varie regioni d'Italia dove la 'ndrangheta vibonese si è ramificata: Lombardi, Piemonte, Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Sicilia, Puglia, Campania e Basilicata. Alcuni indagati sono stati localizzati e arrestati in Germania, Svizzera e Bulgaria in collaborazione con le locali forze di Polizia e in esecuzione di un mandato di arresto europeo emesso dall'autorità giudiziaria di Catanzaro.

GIANCARLO PITTELLIGIANCARLO PITTELLI
Nell'operazione sono impegnati 2500 carabinieri del Ros e dei Comandi provinciali che in queste ore stanno lavorando sul territorio nazionale supportati anche da unità del Gis, del Reggimento Paracadutisti, degli Squadroni Eliportati Cacciatori, dei reparti mobili, da mezzi aerei e unità cinofile. I dettagli dell'operazione verranno illustrati nel corso di una conferenza stampa che si terrà alle 11 nella Procura della Repubblica di Catanzaro alla quale parteciperanno il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, il comandante del Ros Pasquale Angelosanto e il comandante della Legione Carabinieri Calabria Andrea Paterna.

'NDRANGHETA: MAXI BLITZ CC, ARRESTATI ANCHE POLITICI
 (ANSA) - Politici, avvocati, commercialisti, funzionari infedeli dello Stato e massoni figurano tra gli arrestati della maxi operazione condotta all'alba dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Vibo Valentia con il coordinamento della Dda di Catanzaro. Tra loro anche l'avvocato ed ex parlamentare di Forza Italia Giancarlo Pittelli
Fonte: qui

“L'OPERAZIONE CONTRO LA ‘NDRANGHETA RISCHIAVA DI SALTARE: TROPPE FUGHE DI NOTIZIE E RETI DI AMICIZIE" 
PARLA IL PROCURATORE CAPO DI CATANZATO NICOLA GRATTERI: "CENTRALE LA FIGURA DI PITTELLI, EX PARLAMENTARE, AVVOCATO, MASSONE" 
L’INCHIESTA HA RICOSTRUITO ASSETTI, GERARCHIE E AFFARI DI 9 LOCALI DI ‘NDRANGHETA, 4 OMICIDI E 3 TENTATI OMICIDI PER LUNGO TEMPO RIMASTI INSOLUTI, MA HA TOCCATO IL PIÙ ALTO E FINO AD OGGI IMPENETRABILE LIVELLO 
FRA GLI ARRESTATI C’È IL COMANDANTE PROVINCIALE DEI CARABINIERI DI TERAMO E UN EX CONSIGLIERE REGIONALE PD

ALESSIA CANDITO per repubblica.it

gratteriGRATTERI
Una partita a scacchi durata due anni, che fino all’ultimo ha rischiato di saltare. “Questa operazione era prevista per domani ma abbiamo anticipato il blitz di 24 ore perché ci siamo resi conto che molti degli indagati già sapevano degli arresti” rivela il procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri. Volto stanco ma soddisfatto di chi ha seguito personalmente le delicatissime operazioni che in emergenza sono partite già ieri pomeriggio, quando tre degli indagati sono stati beccati dai reparti speciali del Gis sul treno Reggio Calabria – Milano, Gratteri parla di “miracolo” per il numero di forze – oltre 3mila carabinieri – mobilitati nel giro di un paio d’ore. E racconta di un’indagine – diretta dai pm Antonio De Bernardo, Annamaria Frustaci, Andrea Mancuso, con il coordinamento del procuratore capo Gratteri - che fin da principio i magistrati hanno dovuto difendere da continue fughe di notizie.

'ndrangheta'NDRANGHETA
Abbiamo avuto problemi fin da quando la richiesta di misure cautelari è stata trasmessa al gip”. Il motivo sta tra le carte dell’inchiesta, che non solo ha ricostruito assetti, gerarchie e affari di 9 locali di ‘ndrangheta, 4 omicidi e 3 tentati omicidi per lungo tempo rimasti insoluti, ma ha toccato il più alto e fino ad oggi impenetrabile livello, in cui la ‘ndrangheta si mischia con la politica, le istituzioni, la pubblica amministrazione.La cosa che più mi ha impressionato in questa indagine – dice il procuratore Gratteri è stato il livello di permeabilità alla ‘ndrangheta dimostrato da politica e istituzioni. Fra gli arrestati c’è il comandante provinciale dei carabinieri di Teramo”.

nicola gratteriNICOLA GRATTERI
Il canale è massonico, usa come paravento le logge ufficiali, ma si struttura in una rete che non bada ad appartenenze e obbedienze. Un mondo fatto di un “coacervo di relazioni tra i ‘grandi’ della ‘ndrangheta calabrese e i ‘grandi’ della massoneria”, cioè professionisti “ben inseriti nei contesti strategici (giudiziario, forze armate, bancario, ospedaliero e via dicendo)”. È a questo livello che matura il rapporto fra i due principali indagati dell’operazione, il capocrimine di Vibo Valentia, il boss Luigi Mancuso “Il Supremo”, vertice assoluto dei clan della zona e fra i massimi capi della ‘ndrangheta tutta, e l’ex parlamentare di Forza Italia e avvocato, Giancarlo Pittelli, “legato stabilmente al contesto di ‘ndrangheta massonica’, stabilmente a disposizione dei boss (e dunque delle sfere più alte della consorteria)”.

Per il pentito di ‘ndrangheta Cosimo Virgiglio, esponente di alto rango della massoneria, l’ex parlamentare “aveva una doppia appartenenza, una "pulita" con il Goi (Grande Oriente d'Italia) del distretto catanzarese e poi una loggia coperta, "sussurrata"; lui aveva rapporti con quelli della loggia di Petrolo di Vibo”. La più potente ed influente secondo il collaboratore. E proprio per questo l’avvocato “accreditato nei circuiti della massoneria più potente, è stato in grado di far relazionare la 'ndrangheta con i circuiti bancari, con le società straniere, con le università, con le Istituzioni tutte, fungendo da passepartout del Mancuso, per il ruolo politico rivestito, per la sua fama professionale e di uomo stimato nelle relazioni sociali”. Il contesto in cui Pittelli si muove – sottolineano i magistrati – è “molto grigio, una zona d'ombra nella quale si addensano tutti i più alti interessi delle persone con cui entra in contatto. Si tratta di relazioni intessute a condizione di reciprocità perché, come si evince globalmente, lo stesso Pittelli ne trae un tornaconto personale”.
'ndrangheta'NDRANGHETA

Noto penalista e politico di lungo corso, Pittelli – emerge dalle carte – era vicinissimo a Mancuso e non solo per motivi professionali.  “L’apporto dell’avvocato non è riducibile a una partecipazione esterna” si legge nell’ordinanza, anche perché avrebbe “condiviso la modalità di conduzione della cosca, aderendo alla “politica gestionale” di Luigi Mancuso”. Per i magistrati “La messa a disposizione di Pittelli nei confronti di Luigi Mancuso (ma anche di Saverio Razionale, di altri esponenti della ‘ndrangheta reggina e via discorrendo) è costante e sistematica”.

Amico intimo del boss, a cui era legato da un rapporto confidenziale, come documentato dalle conversazioni registrate dagli investigatori del Ros nel corso di una serie di incontri, è stato fondamentale per l’intero clan. È lui – accusa il pool di magistrati che ha lavorato all’indagine – a mettere a disposizione del clan “il proprio rilevante patrimonio di conoscenze e di rapporti privilegiati con esponenti di primo piano a livello politico-istituzionale, del mondo imprenditoriale e delle professioni, anche per acquisire informazioni coperte dal segreto d’ufficio e per garantirne lo sviluppo nel settore”.
GRATTERIGRATTERI

Ma anche per una serie di favori e servizi. Dalla raccomandazione per la figlia del boss Mancuso che non riusciva a superare un esame universitario a Messina al tentativo di far assumere al Gemelli il figlio di un altro elemento di vertice del clan, alla richiesta del boss “di intercedere presso la Regione Calabria per il trasferimento di un direttore delle Poste legato ai Piromalli (per cui si faceva anche latore di imbasciate su Cutro)”, Pittelli era sempre a disposizione. E in mano al clan avrebbe messo anche una rete di rapporti e conoscenze necessaria per concludere affari milionari, come la speculazione immaginata e poi fallita su un villaggio turistico del vibonese. 

“Oggi è giornata storica e non solo per la Calabria – commenta Gratteri – ma non è una frase fatta, è il mio pensiero, il pensiero di un uomo di 61 anni che ha dedicato oltre 30 anni di lavoro a questa terra. Tutto è partito dal 16 maggio 2016, giorno in cui mi sono insediato. Era importante avere un'idea una strategia, un sogno, una rivoluzione. Ho pensato questo il giorno del mio insediamento: smontare la Calabria come un Lego e poi rimontarla piano piano”. Un primo risultato è stato raggiunto, ma adesso – afferma – tocca alla società civile “Bisogna occupare gli spazi che noi abbiamo liberato. Questa è la sfida da oggi, se vogliamo davvero cambiare le cose”.

Fonte: qui

“LUIGI MANCUSO È IL TETTO DEL MONDO”, COSI’ GIANCARLO PITTELLI, EX PARLAMENTARE DI FORZA ITALIA E MASSONE, DEFINIVA IL BOSS SUPREMO 
ALLEANZE IN CANADA E A NEW YORK, IL VERTICE DELLA ‘NDRANGHETA DI VIBO, NEI PRIMI ANNI 90, “AL TEMPO DELLA MAFIA STRAGISTA, FU INTERPELLATO DA COSA NOSTRA”. E COMANDAVA ANCHE ALL’UNIVERSITA’... 
I PM HANNO INDIVIDUATO DUE LOGGE COPERTE A CUI ERANO AFFILIATI UOMINI DELLA CRIMINALITA’
Michela Allegri e Giuseppe Scarpa per il Messaggero

luigi mancusoLUIGI MANCUSO
Non un mafioso qualsiasi. Luigi Mancuso, 65 anni, era il vertice della ndrangheta di Vibo Valentia, punto di riferimento del crimine di Polsi, il vertice assoluto della ndrangheta unitaria (mondiale).

Mancuso era un vero boss. E fino a ieri, e per 30 anni, vestiva i gradi di grande ufficiale del crimine: «Era il più giovane capo», spiega ai pm un collaboratore di giustizia. Il supremo è il suo soprannome. Uno che nei primi anni 90, «al tempo della mafia stragista, fu interpellato da Cosa Nostra», si legge nell'ordinanza.

Carismatico, al punto tale che il suo braccio destro Giovanni Giamborino, in una conversazione intercettata nel 2017 con l'avvocato, ex parlamentare di Fi e massone Giancarlo Pittelli, definisce così Mancuso: «È il tetto del mondo». Il politico e penalista però vuole approfondire. «Numero uno in assoluto?» chiede al suo interlocutore che gli risponde: «In assoluto, non c'è nessuno a quel livello, in Italia, in tutto il mondo. Anche in Canada e a New York. Dove ci sono queste cose è sempre lui il numero uno, avete capito?». 
GIANCARLO PITTELLIGIANCARLO PITTELLI

PAX MAFIOSA Poi Giamborino riferisce all'avvocato che Mancuso è perseguitato dalle procure. Una brava persona che garantisce la pace: «Loro non si rendono conto che se c'è uno come lui non succede niente, la gente può stare tranquilla». E aggiunge «può lasciare le chiavi alla porta». «Loro non hanno capito niente perché - sottolinea il braccio destro del boss a Pittelli - sono loro che mettono le guerre, la polizia, la magistratura». Infine l'invocazione: «Perché non lo lasciate in pace con la sua famiglia dopo 25 anni?». Pittelli si mostra sensibile alle richieste di Giamborino e con il superboss stringe un rapporto fraterno. 

GIANCARLO PITTELLIGIANCARLO PITTELLI





Ecco, per esempio, che il legale si attiva subito quando Mancuso gli dice che la figlia, studentessa di medicina all'Ateneo di Messina, sta avendo problemi con un esame. Il penalista convoca il Rettore. A raccontare l'episodio è lo stesso politico in una conversazione intercettata ad aprile 2018: «Teresa la figlia (di Mancuso, ndr) viene all'aliscafo (a Messina, ndr) e dice avvocato, non riesco a superare Istologia, perché è un professore stronzo. Le dico, vieni con me tesoro, vado all'Università, chiamo l'avvocato Candido, il cugino del nuovo Rettore Cuzzocrea e dico mi trovi tuo cugino? Sì, guarda Giancarlo, dieci minuti e siamo al ristorante da te. Vengono davanti al tribunale: Teresa sai chi è questo signore?. Sì il Rettore della mia Università...».
GIANCARLO PITTELLIGIANCARLO PITTELLI

Al servizio del boss ma anche affiliato alla massoneria, ai sussurrati all'orecchio. La vita di Pittelli è ricca d'intrighi e di rapporti coltivati dentro le associazioni segrete. Stesso destino condiviso da esponenti della famiglia Mancuso: «La città di Vibo Valentia - racconta ai magistrati il maestro venerabile Cosimo Virgiglio - è l'epicentro della massoneria legale e deviata.

Gli appartenenti alle Logge regolari erano dei professionisti. Mentre quelle coperte erano formate da due filoni: I sussurrati all'orecchio, persone che rivestivano delle cariche istituzionali e non potevano essere inserite nelle liste segnalate alla Prefettura, e i sacrati sulla spada, soggetti con precedenti di vario genere, compresi gli ndranghetisti». Virgiglio conclude la sua deposizione di fronte ai pm facendo una serie di nomi eccellenti: «Della Loggia coperta con Pittelli facevano parte Chiaravalloti, magistrato divenuto presidente della Regione, Enzo Speziali e il capitano Enzo Barbieri della Finanza di Vibo».
Fonte: qui

“GIANCARLO PITTELLI PER ME SI BUTTEREBBE DA UN PONTE” 
LE INTERCETTAZIONI DI UNO DEGLI ARRESTATI NELLA MAXI-RETATA CONTRO LA ‘NDRANGHETA 
I RAPPORTI CON L’EX PARLAMENTARE DI FORZA ITALIA E CON NICOLA ADAMO, ESPONENTE STORICO DELLA SINISTRA CALABRESE 
SECONDO L'ACCUSA, L' AVVOCATO PITTELLI È “L'UOMO CERNIERA” TRA IL BOSS LUIGI MANCUSO, “E LA COSIDDETTA SOCIETÀ CIVILE” 
L'INTERCETTAZIONE IN CUI PITTELLI CHIAMA IN CAUSA DELL'UTRI 
ECCO LA RETE SEGRETA DEL CLAN: C’E’ ANCHE IL SINDACO DI PIZZO CALLIPO E UN CARABINIERE
Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”

GIANCARLO PITTELLIGIANCARLO PITTELLI
Per capire il valore della politica per la 'ndrangheta, forse, basta ascoltare la definizione che ne ha dato Giovanni Giamborino, 58 anni, arrestato nella maxiretata di ieri con l' accusa di curare le «questioni economico-commerciali» della cosca Mancuso. Intercettato mentre discute con un funzionario del Genio civile da favorire nella carriera, spiegava: «Se lo raccomandiamo, poi... che ti esce... quando cerca una carta te la fa subito... va e te la prende... manda qualcuno che interessa a te e si mette a disposizione... questo è la politica».

E la politica nell' accezione dei boss abbonda nell' inchiesta del Ros dei carabinieri e della Procura di Catanzaro, coinvolgendo nomi di rilievo nazionale o locale (dal Parlamento ai piccoli Comuni) arrestati, indagati o anche solo citati in un verbale d' interrogatorio o in una registrazione.

Un terremoto che va oltre le responsabilità penali ipotizzate nell' indagine, destinato a condizionare la campagna elettorale che porterà al voto del 26 gennaio, tra poco più di un mese. Con il procuratore Nicola Gratteri che invita la parte sana della società civile a «occupare gli spazi che abbiamo liberato». Per far tornare bianca la zona grigia, nelle intenzioni del magistrato che ha costruito gran parte del suo lavoro sulle parole degli indiziati.
'ndrangheta'NDRANGHETA

Per esempio quando ancora Giamborino parlava dell' ex parlamentare di Forza Italia Giancarlo Pittelli: «È stato due volte deputato e una volta senatore... Con me siamo fraterni amici... se gli dico che si deve buttare dal ponte si butta dal ponte». Poi gli investigatori dell' Arma hanno intercettato lo stesso Pittelli, che racconta passato e presente: «Dell' Utri la prima persona che contattò per la formazione di Forza Italia fu Piromalli a Gioia Tauro... Ci sono due mafiosi in Calabria, che sono i numeri uno in assoluto. Uno è del vibonese e l' altro è di Gioia Tauro, si chiama Giuseppe Piromalli...».

GIANCARLO PITTELLIGIANCARLO PITTELLI
Abbandonata l' attività politica ufficiale, secondo l' accusa, l' avvocato Pittelli è diventato «l' uomo cerniera» tra l' altro numero uno della mafia calabrese, Luigi Mancuso, «e la cosiddetta società civile, mettendo a disposizione la sua fitta rete di rapporti conoscenze ed entrature, anche nel mondo istituzionale».

Sfruttando pure la sua affiliazione massonica.

«Lui opera tramite il dirigente, tramite l' assessore, tramite i consiglieri, tramite tutti», diceva ancora Giamborino. Che in un' altro colloquio del dicembre 2016 vantava ottimi rapporti anche con di Nicola Adamo, esponente storico della sinistra calabrese, passato dal Pci al Pd attraverso Pds e Ds, ora indagato per traffico d' influenze.

«Lui a Catanzaro fa quello che vuole... che di che se ne dica... per quanto riguarda l' assessore regionale della politica il migliore in questo momento è solo Nicola Adamo... perché Nicola Adamo comanda il presidente...», assicurava Giamborino. Al cospetto di tanta confidenza con uomini di opposti schieramenti politici il suo interlocutore esprimeva qualche perplessità, ma l' altro lo tranquillizzava tornando a parlare di Pittelli: «Non c' entra niente... e che centrodestra e centrosinistra, perché lui non era che mangiava e beveva con Loiero (ex governatore della Calabria per il centrosinistra, ndr )... e giocavano insieme, e facevano insieme, perché lui con Nicola Adamo non è... sta così... e poi se ci sono problemi... non ce lo dice subito?».
NICOLA ADAMONICOLA ADAMO

Giamborino di politica s' intende anche perché suo cugino Pietro, finito in carcere con l' accusa di un essere un anello di congiunzione tra le istituzioni e la 'ndrangheta vibonese, ha fatto il consigliere regionale per il Pd. Di lui un pentito ha raccontato come faceva funzionare la raccolta dei voti: «In piazza a Piscopio, o quando c' era la domenica la chiesa, o quando c' era qualche lutto, due minuti si parlava. "Quanti voti mi raccogli?".

"500". Basta, si fermava il discorso». E in un' intercettazione lo stesso Pietro Giamborino, commentando le elezioni del 2018, sembra confermare: «Vince perché noi gli abbiamo dirottato 5.000 voti del Pd...A Piscopio, sperduto paesino del vibonese, da 620 del 2013, senza il mio contributo sono passati a 159».

GIANCARLO PITTELLIGIANCARLO PITTELLI


Del sistema politico-mafioso avrebbe fatto parte anche Gianluca Callipo, giovane sindaco di Pizzo Calabro, considerato un «concorrente esterno» della 'ndrangheta. Tra gli indizi, un incontro con Salvatore Mazzotta, «esponente di vertice» del clan locale sottoposto a sorveglianza speciale, che dopo la riunione imboccò un' uscita secondaria per evitare una pattuglia dei carabinieri. Eletto con il Pd renziano, Callipo (una parentela talmente lontana da sconfinare nell' omonimia con l' imprenditore candidato alla presidenza della Regione) s' era avvicinato al centro-destra. Ma questo, per i suoi presunti amici mafiosi, non rappresentava un problema.

IL FACCENDIERE, IL SINDACO IL CARABINIERE: ECCO LA RETE SEGRETA DEL CLAN
'ndrangheta'NDRANGHETA
Mic. All. e Giu. Sca. Per il Messaggero

L'«affarista massone dei boss», il politico, il carabiniere al servizio del clan, il sindaco. La rete delle cosche arrivava ai piani più alti della pubblica amministrazione e in cambio di agevolazioni illecite offriva appoggio, protezione, raccolta di voti elettorali. Uno degli uomini del clan era Giancarlo Pittelli, penalista calabrese, ex parlamentare di Forza Italia - nel 2017 passato a Fdi -,«accreditato nei circuiti della massoneria più potente», si legge nell'ordinanza. Il gip Barbara Saccà sottolinea come sia stato in grado di far relazionare la ndrangheta con circuiti bancari, società straniere, università, ospedali, «con le Istituzioni tutte».

luigi mancusoLUIGI MANCUSO
Era il «passepartout di Mancuso», grazie al suo ruolo politico, alla fama professionale, alle relazioni di altissimo livello. Per gli inquirenti era un vero e proprio associato: «Uno di noi», lo definisce un pentito.
gratteriGRATTERI















Dagli atti emerge il ritratto di uomo d'onore che, per l'accusa, è confermato dalle intercettazioni. Come quando nel giugno 2018 Pittelli incontra il boss Luigi Mancuso: «Noi santi non siamo, ti devo dire la verità», dice. O quando racconta a un amico che il capoclan «mi ha voluto far incontrare i fratelli». Pittelli puntava sempre più in alto, per il gip era l'anello di congiunzione «tra gli alti vertici della ndrangheta e quelli della società».

I FAVORI
E poi, tra gli arrestati, c'è il sindaco di Pizzo, Gianluca Callipo, che ha «concretamente contribuito, pur senza farne formalmente parte, al rafforzamento, alla conservazione ed alla realizzazione degli scopi dell'associazione mafiosa». Era il punto di riferimento per risolvere i problemi locali, garantiva appoggio e favori, «ometteva i controlli sulle attività di interesse del sodalizio». In cambio, avrebbe ricevuto un massiccio sostegno elettorale alle comunali del 2017. Ma nell'ordinanza ci sono anche i nomi di altri politici, come quello di Nicola Adamo, ex parlamentare ed ex vicepresidente della Regione in quota Pd, accusato di traffico di influenze.
GIANLUCA CALLIPOGIANLUCA CALLIPO

Gli sarebbero stati promessi 50mila euro per mediare con il Tar e «sostenere la posizione processuale» di un imprenditore catanese che aveva una causa pendente. E non è tutto. Perché il clan poteva contare anche su appoggi nelle forze dell'ordine. È il caso di Giorgio Naselli, ex comandante provinciale dei carabinieri di Teramo: acquisiva e spifferava notizie investigative segrete. Naselli, 52 anni, 4 figli, era arrivato a Teramo nel 2017, prima dirigeva il reparto operativo di Catanzaro e aveva curato indagini contro ndrangheta e cosche siciliane. Su richiesta di Pittelli, avrebbe esaminato dossier che interessavano al clan, «rivelando quali le criticità oggetto di verifiche coperte dal segreto istruttorio».

Fonte: qui

“ERA UN PICCIOTTO FEDELE, MA ERA GAY E MI ORDINARONO DI UCCIDERLO” 
IL PENTITO DI ‘NDRANGHETA ANDREA MANTELLA SVELA I TERRIBILI PARTICOLARI DELL’ASSASSINIO DI FILIPPO GANGITANO, GIUSTIZIATO PERCHÉ I SUOI GUSTI SESSUALI DISONORAVANO IL CLAN: “QUESTA COSA NELLA ‘NDRANGHETA NON POTEVA ESSERE TOLLERATA. CERCAI DI RISOLVERE LA SITUAZIONE FACENDOLO CACCIARE, MA MI DISSERO CHE…”


Alessia Candito per www.repubblica.it

andrea mantellaANDREA MANTELLA
Era gay e aveva deciso di vivere insieme al suo compagno in paese. Ma questo nella 'ndrangheta di Vibo Valentia non poteva essere tollerato. Per questo Filippo Gangitano, killer e picciotto dei Lo Bianco, nel 2002 è stato ucciso e sepolto in una tomba senza nome. A ricostruire la sua storia è il pentito Andrea Mantella, gola profonda dei clan che con le sue rivelazioni ha aperto la strada all'inchiesta "Rinascita-Scott" che giovedì 19 ha decapitato la 'ndrangheta vibonese.


andrea mantella 1ANDREA MANTELLA 
Della morte di Gangitano, il pentito può parlare senza timore di essere smentito perché è stato lui ad essere incaricato dell'omicidio, ordinato da Carmelo Lo Bianco "Piccinni", capo storico dell'omonimo clan ed Enzo Barba, alias "Il musichiere", altro soggetto di vertice dell'organizzazione. Motivo dell'esecuzione? Gangitano era omosessuale e "questa cosa - mette a verbale il pentito -nella 'ndrangheta non poteva essere tollerata". Anche se era un picciotto fedele, autore di diversi omicidi ordinati dal clan, doveva morire. "Dissero che Vibo era piena e lo sapevano tutti", che era un disonore per il clan e lui avrebbe dovuto "risolvere" la questione. Perché Gangitano era suo cugino, quindi toccava a lui "lavare" l'onore della famiglia.

ndrangheta'NDRANGHETA
Ordini di vecchi boss, ligi a regole arcaiche che per i generali sono consigli ma per la truppa sono comandamenti da rispettare. "Cercai di risolvere la situazione facendolo cacciare, ma tutti e due mi dissero che queste cose non devono esistere, che noi dobbiamo dare conto a San Luca e non ci potevamo permettere di avere o di aver avuto un gay nella cosca" racconta il pentito agli investigatori. Inutilmente, spiega Mantella, si sarebbe rivolto al figlio del patriarca, Paolino Lo Bianco, sperando in maggiore elasticità mentale, come ad un altro maggiorente del clan, Filippo Catania. "Gli chiesi di aiutarmi a farlo diventare "uomo di merda", togliendogli la carica di camorrista, ma anche con lui non ci fu nulla da fare".

ndrangheta nel viboneseNDRANGHETA NEL VIBONESE
Inutile anche il tentativo di rivolgersi ai boss Lo Bianco e Barba, implorando clemenza per il cugino ai vecchi boss. "Tutti e due - racconta - mi dissero che era responsabilità mia e che dovevo ammazzarlo, anche perché sapeva troppe cose sul conto mio e degli altri". Per Gangitano c'era sentenza di morte irrevocabile. E Mantella ha eseguito. Fallito un primo tentativo di attirare la vittima designata in una trappola, il pentito ha deciso di usare uno dei suoi fratelli, per tendere una nuova imboscata.

colpo ndranghetaCOLPO 'NDRANGHETAcarmelo lo bianco picinniCARMELO LO BIANCO PICINNI












"Decisi di ingannare mio fratello Nazareno, chiedendogli di accompagnare Gangitano alla masseria di mio padre". Il ragazzo non si fidava, temeva per il cugino. Poi "pensando davvero che si sarebbe trattato solo di un chiarimento" dice il pentito, ha eseguito gli ordini. "Lo lasciò nel piazzale della masseria e li gli sparò Scrugli" l'altro killer incaricato dai Lo Bianco della missione. Tutto di fronte ai fratelli di Mantella, Nazareno e Domenico che "quasi piangendo, su incarico di Scrugli, sebbene ignari dell'omicidio, gli diedero una mano a sotterrare Gangitano, dopo averlo messo nei sacchi del mangime".
gli incontri tra roberto rosso e gli uomini della ndranghetaGLI INCONTRI TRA ROBERTO ROSSO E GLI UOMINI DELLA 'NDRANGHETA

Quel giorno Mantella ha perso un cugino e due fratelli "che da allora non mi parlano più". Sulla tomba senza nome di Gangitano qualche anno dopo è stata costruita una strada. E lui è diventato una delle tante vittime di "lupara bianca", gli "spariti" che i familiari sanno di dover piangere senza neanche avere il conforto di una tomba su cui farlo. Fonte: qui

“I FIGLI DEI CAPI COSCA ORA FANNO I DIRIGENTI” 
IL GENERALE PASQUALE ANGELOSANTO, COMANDANTE DEL ROS: “LA ‘NDRANGHETA SI STA ORIENTANDO PROGRESSIVAMENTE VERSO SETTORI FORMALMENTE LECITI, CHE RICHIEDONO COMPETENZE GIURIDICHE E GESTIONALI” 
“QUESTE ESIGENZE VENGONO SODDISFATTE AVVIANDO I FIGLI A STUDI QUALIFICATI. NON C’È SOLO IL NARCOTRAFFICO, MA…”
Rinaldo Frignani per il “Corriere della Sera”

pasquale angelosanto 2PASQUALE ANGELOSANTO 
«Ricordati che il mondo si divide in due: ciò che è già Calabria e ciò che lo diventerà». Il dialogo fra due capi cosca è la proiezione della 'ndrangheta nei prossimi anni. Parole che il generale Pasquale Angelosanto, comandante del Ros dei carabinieri, ricorda per fotografare la minaccia che incombe ormai anche nelle regioni del nord.

Cos' è la 'ndrangheta oggi?
gli incontri tra roberto rosso e gli uomini della ndranghetaGLI INCONTRI TRA ROBERTO ROSSO E GLI UOMINI DELLA 'NDRANGHETA












«Le sentenze passate in giudicato disegnano un' organizzazione unitaria e segreta, su più livelli, con un organismo di vertice al quale rispondono ramificazioni criminali sia in Italia sia all' estero. Vertice che ha anche il compito di ratificare le indicazioni ricevute da una riservata e occulta struttura di comando con massimi esponenti della 'ndrangheta militare e soggetti delegati a curare lo stabile collegamento funzionale tra la componente visibile e le organizzazioni massoniche coperte».
colpo ndranghetaCOLPO NDRANGHETA

Meno armi e più affari?
«L' esigenza di eludere il costante aumento della pressione investigativa e giudiziaria in Calabria ha indotto le consorterie a limitare al massimo il ricorso alle armi o a manifestazioni criminali eclatanti».

E all' estero?
«Germania, Svizzera, Australia e Canada, la Costa Azzurra, Spagna e Olanda sono strategiche per il controllo del traffico di droga proveniente dal nord Africa e dal sud America. E poi Malta, Regno Unito, Lussemburgo e Svizzera».
'ndrangheta'NDRANGHETA

È un problema di norme più favorevoli?
«Sì, a cominciare dall' assenza di norme come il nostro 416 bis. Molti Paesi lavorano per dotarsi di un assetto normativo efficace ma ad oggi sono ancora vulnerabili».
pasquale angelosanto 1PASQUALE ANGELOSANTO 

Intanto la politica continua a non essere immune.
«L' approccio è improntato alla ricerca di rapporti collusivi funzionali, dello scambio elettorale politico-mafioso, dell' accesso diretto alle cariche pubbliche, elettive o meno, da parte di soggetti affiliati alle cosche. Negli ultimi 5 anni sono stati sciolti 36 comuni in Calabria, Emilia Romagna e Liguria».
ARRESTI MILANO NDRANGHETAARRESTI MILANO NDRANGHETA

Ci sono altri settori di interesse per i clan?
«C' è il progressivo orientamento verso settori formalmente leciti, che richiedono specifiche competenze tecniche, giuridiche e gestionali: esigenza, quest' ultima, che le cosche soddisfano con collaborazioni con qualificati professionisti esterni, ovvero avviando i figli dei capi cosca a iter di studi qualificati. Non c' è solo il narcotraffico mondiale o le tradizionali attività predatorie e parassitarie sul territorio. Grazie alle nostre indagini negli ultimi quattro anni siamo riusciti a ottenere l' emissione di provvedimenti ablativi per circa 700 milioni di euro».
ndrangheta'NDRANGHETA'ndrangheta'NDRANGHETA

Quanti sono gli affiliati?
«Ci sono "locali" ovunque: oltre che in Calabria, in Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte, Valle d' Aosta, Liguria, all' estero. Ognuna, per le regole di 'ndrangheta, deve avere un numero minimo di associati (49). Nell' ultima operazione sono state arrestate 334 persone, gran parte delle quali delle "locali" solo in provincia di Vibo Valentia».

Continuerà il ricambio generazionale?
gli incontri tra roberto rosso e gli uomini della ndrangheta 1GLI INCONTRI TRA ROBERTO ROSSO E GLI UOMINI DELLA NDRANGHETA
«La componente familiare della struttura 'ndranghetista assicura il ricambio. Come viene meno la figura del capo di una cosca, il reggente viene subito individuato in uno dei figli non gravato da problemi con la giustizia. Una 'ndrina con molti uomini è considerata potente militarmente, in grado di competere su più fronti, dai grandi traffici illegali agli interessi illeciti e non».
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"INCHIESTE EVANESCENTI: NON AVETE VISTO COME SON FINITE TUTTE LE INDAGINI DEL SIGNOR GRATTERI?” 

IN TV ATTACCO FRONTALE DEL PROCURATORE GENERALE LUPACCHINI AL CAPO DEI PM DI CATANZARO DOPO I 334 ARRESTI NELL’INCHIESTA CONTRO LA ‘MASSOMAFIA”: "NON MI HA INFORMATO" 

NON BASTA: POLEMICA CONTRO GRATTERI ANCHE LA DEPUTATA DEL PD ENZA BRUNO BOSSIO PER IL CUI MARITO NICOLA ADAMO, IL GIP HA DISPOSTO IL DIVIETO DI DIMORA IN CALABRIA…

Lucio Musolino per il Fatto Quotidiano

otello lupacchiniOTELLO LUPACCHINI
Dopo la maxi-inchiesta "Rinascita-Scott" contro la cosca Mancuso, è guerra tra magistrati ma ad attaccare al momento è uno solo: il procuratore generale di Catanzaro Otello Lupacchini. Nel mirino c' è il procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri, tra i pm più esposti in Calabria e sempre in prima linea contro la "massomafia".

All' indomani dei 334 arresti e dopo aver inferto un colpo durissimo a quel "sistema" di potere che per decenni ha governato la regione, già Gratteri è stato bersaglio di polemiche feroci da parte della deputata del Pd Enza Bruno Bossio per il cui marito Nicola Adamo, il gip ha disposto il divieto di dimora in Calabria.

Polemiche dalle quali ha preso le distanze anche il Pd elogiando il lavoro della Dda di Catanzaro e dei carabinieri di Vibo Valentia che il 24 dicembre hanno visto migliaia di persone partecipare a un corteo per dire "grazie" agli investigatori che hanno liberato un territorio, arrestando i boss della cosca Mancuso e i colletti bianchi al loro servizio.

Durante una trasmissione sul Tgcom, al procuratore generale di Catanzaro è stata chiesta un' opinione sull' inchiesta. E in un momento delicatissimo per la magistratura calabrese, arriva la risposta che non ti aspetti proprio quando la Direzione distrettuali antimafia (Dda) guidata da Gratteri è sotto attacco da una parte della politica oltre che dalla 'ndrangheta.
gratteriGRATTERI

Le parole di Lupacchini diventano pietre lanciate addosso alla squadra di Gratteri: "Per quanto concerne l' operazione - ha affermato il magistrato - sebbene questo possa sembrare paradossale, non so nulla di più di quanto pubblicato dalla stampa, in quanto vi è la buona abitudine da parte della Procura distrettuale di Catanzaro di saltare tutte le regole di coordinamento e collegamento con la Procura generale". In sostanza, Lupacchini lamenta che Gratteri, dopo aver avvertito la Direzione nazionale antimafia, come prevede il regolamento, non ha fatto lo stesso con il suo ufficio.

"Buona abitudine" a parte non c' è una norma che obblighi le Dda a informare le Procure generali prima degli arresti. Lupacchini la pensa diversamente: "I nomi degli arrestati e le ragioni degli arresti li abbiamo conosciuti soltanto a seguito della pubblicazione sulla stampa che evidentemente è molto più importante della Procura generale contattare e informare. Al di là di quelle che sono poi, invece, le attività della Procura generale, che quindi può rispondere soltanto sulla base di ciò che normalmente accade cioè l' evanescenza come ombra lunatica di molte delle operazioni della Procura distrettuale di Catanzaro stessa".
nicola gratteri

Un attacco frontale che Lupacchini, intervistato dal Fatto Quotidiano, ieri conferma facendo l' esempio dell' inchiesta "Lande desolate" nell' ambito della quale era stato disposto il divieto di dimora per il governatore della Calabria Mario Oliverio poi revocato dalla Cassazione. Per il procuratore generale di Catanzaro si tratta di "esiti che non hanno confortato il trionfalismo della presentazione. Parliamo di 'Lande desolate' e di tanti altri processi nei quali la Cassazione è intervenuta censurando il pregiudizio accusatorio e l' inconsistenza indiziaria.

Almeno in questo anno i risultati sono stati molto al di sotto delle aspettative. Quando si catturano tante persone che poi vengono rimesse in libertà o si censurano i provvedimenti, non da parte mia ma da parte della Corte di Cassazione, tacciandoli di pregiudizio accusatorio e di evanescenza indiziaria, chiaramente questo è un dato che posso permettermi di esprimere perché fondato sui fatti e non sulle impressioni".

"Di quella frase - continua il suo attacco Lupacchini - risponderò di fronte a chiunque, perché ci sono gli atti che dimostrano che certe indagini sono evanescenti. Non ha visto come son finite tutte le indagini del signor Gratteri? Il Consiglio superiore della magistratura, il ministro e il procuratore generale (della Cassazione, ndr) sono stati ampiamente informati di quel che ho detto".

E mentre Gratteri non risponde alle sollecitazioni e decide di non partecipare alla polemica, Lupacchini nega che ci sia una "guerra tra magistrati": "È un' invenzione di qualcuno - dice - che tende a mettermi sullo stesso piano di una persona con cui obiettivamente non ho nulla a che fare e che apprezzo moltissimo.

Guerra col dottore Gratteri non ce n' è. È solo nella mente di qualche testa bacata che non sapendo come passare il tempo e come gonfiare le notizie mette in giro una guerra tra me e Gratteri".

luigi mancusoLUIGI MANCUSO
Eppure sia Lupacchini che il procuratore di Catanzaro, l' estate scorsa sono finiti al Csm. La vicenda è poi rientrata, ma il motivo era lo stesso. Il primo, infatti, lamentava il mancato coordinamento dei due uffici nella trasmissione a Salerno degli atti relativi al procuratore di Castrovillari Eugenio Facciolla comparso nell' inchiesta su un carabiniere, poi arrestato per concorso esterno con la 'ndrangheta. Il secondo non ci stava a passare per disonesto e ha portato Lupacchini davanti al Consiglio superiore della magistratura, che se da una parte ha messo una pezza allo scontro, dall' altra a novembre ha mandato via da Castrovillari Facciolla per il quale la Procura di Salerno ha chiesto il rinvio a giudizio per corruzione.
luigi mancusoLUIGI MANCUSO

Una decisione che, evidentemente, Lupacchini non condivide al punto che sui social promuove la petizione di change.org affinché il Csm riveda la scelta di trasferire Facciolla al Tribunale civile di Potenza

Fonte: qui

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