LO SCANDALO EMERGE NON DA UN'INCHIESTA DEI MAGISTRATI LOCALI, MA DAL DIPARTIMENTO DI GIUSTIZIA AMERICANO E DELLA SEC, CHE HANNO SCOPERCHIATO UN ''GROVIGLIO INCESTUOSO'' TRA FINANZA, POLITICA E SOCIETÀ SVEDESE.
LICENZIATA IN TRONCO LA CEO
Mario Ajello e Andrea Bassi per “il Messaggero”
Si considerano un Paese al di sopra di ogni sospetto, dalla reputazione inattaccabile. Si percepiscono come la nazione della trasparenza economica e finanziaria. Eppure il presidente del consiglio di amministrazione di Swedbank, Lars Idermark, che ieri ha licenziato su due piedi l' amministratore delegato della banca Brigitte Bonnesen, ha candidamente ammesso davanti alle incalzanti domande della stampa, che in quindici giorni, non ha trovato nemmeno un minuto di tempo per dare un' occhiata a un documento importante: «Non ho letto quel rapporto», ammette Idermark.
Sono le pagine - sconosciute al pubblico da molto tempo, ma rese note dalla stampa quindici giorni fa - che stanno terremotando una delle maggiori banche svedesi e mettendo a nudo la natura oligarchica e il sistema da consorteria che dominano il mondo della finanza di quel Paese. Una terra in cui, a dispetto delle apparenze, e di una presunta correttezza, tutto è nascosto e così deve restare. Proprio come racconta questa storia.
IL DOSSIER SEGRETO
La vicenda è venuta alla luce, non da un' indagine della magistratura locale, ma da un' inchiesta del Dipartimento della giustizia degli Stati Uniti e dalla Sec. Riguarda la più grande operazione di riciclaggio mai registrata in Europa: 135 miliardi di euro. L' accusa è di frode aggravata e di insider trading. Il ceo Bonnesen di Swedbank ieri è stata licenziata in seguito al raid della polizia nella sede centrale dell' istituto. Un sistema venuto alla luce solo per il pressing americano. Le autorità svedesi, come da consuetudine, a dispetto del mito della trasparenza, si erano chiuse a riccio.
Louise Brown, portavoce di Trasparency International, ha sottolineato come «in un Paese piccolo come la Svezia, i legami stretti tra le alte sfere della finanza fanno da muro a qualsiasi critica e tentativo di fare chiarezza». La polvere, insomma, va ben tenuta sotto il tappeto. La controprova è che il direttore generale dell' Autorità di controllo, che avrebbe dovuto indagare sullo scandalo, Erik Thedeen, ha dovuto lasciare il dossier al suo vice a causa dei suoi stretti legami di amicizia con il direttore generale della Swedbank.
AUTOINDULGENZA
Questa vicenda di massiccio riciclaggio di denaro russo nei paesi baltici è collegata allo scandalo gemello di Danske Bank, accusata a sua volta dello stesso reato, dopo che nelle filiali in Estonia sono venute alla luce operazioni sospette per 230 miliardi di dollari. Swedbank, secondo gli inquirenti, sarebbe un «canale per ripulire capitali di alcuni fra gli uomini più potenti dell' ex Unione Sovietica, tra cui il deposto presidente dell' Ucraina: Viktor Yanukovich. Ma lo scandalo con epicentro Stoccolma sta diventando un intrigo transoceanico.
Secondo il canale della televisione pubblica Svt, rientrano nell' affaire anche i pagamenti che l' ex presidente ucraino ha fatto nei confronti di Paul Manafort, l' ex responsabile della campagna elettorale di Donald Trump. Lo scandalo solleva interrogativi non soltanto sul riciclaggio del sistema bancario svedese, ma in generale sulla reputazione di un Paese che, a dispetto dei fatti, si reputa moralmente superiore pur avvalendosi di metodi omertosi, spesso rimproverati a torto ai paesi mediterranei.
Come ammette del resto Per Bolund, il ministro di centro-sinistra delle Finanze. Il quale osserva: «Swedbank avrebbe dovuto cooperare con le Autorità, invece ha fatto esattamente l' opposto, e questo è del tutto inaccettabile. Ha messo a rischio la reputazione della Svezia». Per settimane il ceo Bonnesen ha negato, mentendo, qualsiasi tipo di analogia e di parentela tra questo scandalo e quello della danese Danske. Le autorità americane si erano messe in moto dopo che dai Panama Papers dello studio Mossad Fonseca, era emerso il coinvolgimento di una serie di banche nordiche.
Ma tra queste la Swedbank aveva provato a minimizzare il proprio coinvolgimento, dicendo che si trattava di poche decine di conti e tutti afferenti a cittadini svedesi. Salvo poi dover impattare con la realtà di centinaia di conti movimentati da cittadini russi. Un tentativo di mettersi al riparo nella speranza di non essere investiti dalla bufera.
Proprio mentre le Autorità degli altri Paesi coinvolti si attivavano per fare luce sulla vicenda.
Ma le Autorità di regolamentazione svedesi, come ha sostenuto ieri anche il Financial Times, «sono troppo indulgenti».
STA SUCCEDENDO UN GRAN CASINO CON LA SWEDBANK, LA BANCA COINVOLTA NELLO SCANDALO RICICLAGGIO PER 135 MILIARDI DI EURO E PROTETTA DAL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
L’ISTITUTO HA OCCULTATO PER SETTIMANE IL DOSSIER CHE DOVREBBE FARE CHIAREZZA E ORA PURE L’AGENZIA GOVERNATIVA CHE DOVREBBE INDAGARE SE NE LAVA LE MANI
I LEGAMI DELLE BANCHE DEL NORD CON I RUSSI
SWEDBANK, PROVE CENSURATE E IL GOVERNO FERMA L' INCHIESTA
Mario Ajello e Andrea Bassi per “il Messaggero”
Montesquieu, il grande teorico dell' Esprit des lois, incentrato sul rispetto delle leggi, delle autorità e della divisione dei poteri, non aveva un buon concetto della Svezia. La vedeva somigliante «a un fiume di cui si tagliassero le acque alla sorgente, mentre vengono sviate dal suo corso». Insomma, come un posto arido e non costruttivo.
Oggi il padre del liberalismo troverebbe sostegno nel suo giudizio, di fronte al potere bancario di quel Paese che sta facendo di tutto per impedire che il potere giudiziario cerchi di fare luce nel mega scandalo dei 135 miliardi di euro riciclati attraverso i conti dela Swedbank. E che cosa direbbe Montesquieu, così affezionato all' equilibrio dei poteri, davanti alla Sweden' s Economic Crime Authority - l' Agenzia del ministero della giustizia il cui ruolo è indagare e perseguire i reati finanziari - che si sta lavando le mani riguardo al sospetto di maxi riciclaggio da parte di uno dei più importanti istituti di credito svedesi?
IL DOSSIER NASCOSTO
Per giorni, tutti i media nazionali e internazionali sono rimasti appesi in attesa di una decisione dell' Agenzia governativa. Dopo che la banca aveva occultato per settimane il dossier-verità, rimasto intonso sulla scrivania del presidente Lars Idermark - «non ho trovato il tempo per leggerlo» - e che successivamente al licenziamento in tronco dell' amministratore delegato Brigitte Bonnesen, è finito nell' occhio del ciclone e giovedì potrebbe essere a sua volta dimissionato.
Ebbene il braccio investigativo del ministero della giustizia si è trincerato dietro un alibi a dir poco fragile. Ovvero: «I fatti della Swedbank», spiegano all' Agenzia, «sono avvenuti prima del 2014, quando ancora non era in vigore la legge restrittiva sull' antiriciclaggio».
Il che significa allontanare lo scandalo dalle proprie competenze e non voler approfondire. E mentre il governo chiude gli occhi, la magistratura è costretta ad arretrare dal muro eretto dalla banca a protezione dei propri confini. Invalicabili.
Il procuratore capo svedese per le questioni finanziarie, Thomas Langrot, ha accusato Swedbank nei giorni scorsi anzitutto di aver bloccato la polizia, quando ha fatto irruzione nel quartier generale dell' istituto a caccia di documenti sulla frode multi miliardaria. Il procuratore ha anche sostenuto che il board di Swedbank, si è rifiutato di consegnare proprio il rapporto sulle presunte violazioni nei conti riguardanti cittadini dei Paesi dell' est nelle filiali baltiche della banca.
«Non mi è mai capitato che una banca o un altro attore nei mercati finanziari - spiega Langrot - si sia opposto all' accesso a documenti o a informazioni necessarie per le nostre indagini». Gli avvocati della banca si sono appellati al segreto professionale, sostenendo che quei documenti rientravano nella sfera confidenziale della difesa.
Di fatto, come scrive la stampa internazionale a cominciare dal Financial Times, «una vera e propria guerra di parole è scoppiata tra i procuratori svedesi e Swedbank, aumentando ulteriormente la pressione sul più grande istituto di credito dei Paesi baltici per lo scandalo del riciclaggio». Il muro della banca non è stato, in realtà, eretto soltanto dai top manager. A voltare lo sguardo dall' altra parte sono un po' tutti, compresi i dipendenti. Lo ha ben spiegato l' investitore internazionale Bill Browder, del fondo Hermitage Capital, le cui denunce hanno contribuito a far emergere lo scandalo.
LE COMPLICITÀ
«Gli impiegati della Swedbank, che erano responsabili delle relazioni con i clienti - ha scritto Browden nella lettera-denuncia alle autorità svedesi - sono stati reticenti e non hanno provato a fermare le transazioni sospette. In diversi casi, i segnali di pericolo erano chiari e bisogna chiedersi se i dipendenti hanno consapevolmente depistato e se sono stati complici».
L' effetto del mega scandalo è stato, per ora, la perdita in Borsa del 35 per cento del valore azionario della banca. L' Autorità svedese di sorveglianza finanziaria, che pure sta tentando di indagare sul riciclaggio, ha detto di «non essere preoccupata per la stabilità finanziaria dell' istituto». Il direttore generale dell' organismo, Erik Thedeen, ha detto di essere «in stretto contatto con la banca, nel caso dovessero esserci sviluppi». Una posizione a dir poco attendista, al punto che, l' Autorità di sorveglianza, prevede di arrivare alle prime conclusioni sulla vicenda non prima del prossimo mese di ottobre. Evidentemente a quelle latitudini si ha un senso del tempo estremamente dilatato.
DANSKE BANK, SWEDBANK, ING, CREDIT AGRICOLE E NON SOLO. TUTTI GLI INTRECCI CON LA BANCA PRIVATA RUSSA TROIKA DIALOG SECONDO STRASBURGO
Stefano Masa per www.startmag.it
Deplorevole. Questo è il giudizio espresso dal Parlamento europeo nei confronti della lotta al riciclaggio di denaro. Nella sua recente “Relazione sui reati finanziari, l’evasione fiscale e l’elusione fiscale” vengono menzionati i recenti casi che hanno visto alcune banche appartenenti all’Ue in veste di parte attiva al sistema di riciclaggio. Nel documento si rileva come, sia al punto 234 che al 235, l’organo europeo condanna – per ben due volte – tale reato giudicandolo come deplorevole.
Nel 2018 ha tenuto banco il caso della Danske Bank che, attraverso la sua filiale estone, ha registrato un flusso in ingresso e in uscita di operazioni per un valore superiore a 200 miliardi di euro: per molti è stato identificato come un’azione di portata storica per il vecchio continente. Ma la storia ha il proprio corso e, come spesso accade, il presunto traguardo finale rappresenta invece una linea di partenza per una corsa caratterizzata da più ampi orizzonti.
E così è accaduto e sta accadendo nel corso di quest’anno: nella più recente e attuale rassegna stampa internazionale trova evidenza la Swedbank AB. Non si tratta di una piccola banca che, al fine di poter far quadrare i propri conti, si cimenta in “operazioni border line”. Tutt’altro. È il principale istituto di credito svedese ed è rappresentativo di una realtà molto solida: nei recenti stress test Eba, grazie ai suoi ratio patrimoniali, occupava il terzo posto per “Cet1 – Scenario avverso 2020” sia Fully loaded che Transitional Cet1. Inoltre, nel corso degli ultimi dieci anni, ha registrato una perdita d’esercizio solo nel 2009 (con il paese in recessione) mentre tra il 2011 e il 2018 gli utili sono praticamente raddoppiati.
Per la Swedbank i reati sono quello di riciclaggio di denaro, frode aggravata ed insider trading: non trapelano molte indiscrezioni su tali presunte attività poiché, come si sa, la Svezia è riconosciuta per la sua riservatezza talvolta sinonimo di omertà. Tra i fatti più significativi, e degni di cronaca, vi è solo il licenziamento dell’amministratore delegato Birgitte Bonnesen alla vigilia dell’incontro annuale con il proprio (ed ormai ex) consiglio di amministrazione.
Le operazioni sospette riconducibili l’istituto svedese ammonterebbero ad un valore prossimo ai 135 miliardi di euro. Un ulteriore ed ampio filone di riciclaggio dopo quello di Danske Bank.
Il Parlamento europeo rende noto come ci sia preoccupazione per quanto accaduto finora. Consultando la suddetta relazione – al punto 235 di quest’ultima – si legge: «Osserva con preoccupazione che il caso “Troika Laundromat” ha anche rivelato pubblicamente come 4,6 miliardi di USD provenienti non solo dalla Russia siano passati attraverso banche e imprese europee; sottolinea che al centro dello scandalo c’è la Troika Dialog, già una delle maggiori banche d’investimento private russe, e la rete che potrebbe aver permesso all’élite russa al potere di usare segretamente i proventi illeciti per acquisire azioni di società statali, acquistare beni immobili sia in Russia che all’estero e beni di lusso; deplora inoltre il fatto che diverse banche europee sarebbero state coinvolte in tali operazioni sospette, ovvero Danske Bank, Swedbank AB, Nordea Bank Abp, ING Groep NV, Credit Agricole SA, Deutsche Bank AG, KBC Group NV, Raiffeisen Bank International AG, ABN Amro Group NV, Cooperatieve Rabobank U.A. e l’unità olandese di Turkiye Garanti Bankasi A.S.”.
Come appare evidente, l’elenco degli istituti di credito coinvolti in questa “deplorevole azione” è ampio. Da sottolineare inoltre come, gran parte dei soggetti menzionati, non è stato (per ora) oggetto di cronaca finanziaria: probabilmente è per tale motivo la manifesta “preoccupazione” in capo al Parlamento europeo.
Si rimane pertanto in attesa di importanti sviluppi: non solo perché il dossier è ampio, ma soprattutto perché deplorevole.
Fonte: qui
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