sabato 22 aprile 2017

La retromarcia tedesca sulle politiche della Bce


Ci sono chiari segnali che le banche centrali torneranno a usare politiche espansive, assecondando così le richieste dei mercati.


Benvenuti nel Qe globale. Già, potete tranquillamente segnarvi la data di ieri sul calendario, cerchiatela di rosso: il mercato ha lanciato segnali chiari di cosa ha bisogno e, state certi, governi e Banche centrali troveranno il modo di accontentarlo. Anche a costo di continuare destabilizzazioni e guerre proxy in mezzo mondo. Cominciamo dal voto francese di domenica, una delle tornate più imprevedibili di sempre e caricata di ulteriore valore simbolico dopo la decisione della Gran Bretagna di andare al voto anticipato l'8 giugno prossimo (Theresa May lo avrebbe evitato volentieri, è stata la Regina Elisabetta a imporlo e il perché di questo diktat è il vero mistero da chiarire): bene, il grafico più in basso ci dice che lo Skew, indicatore della ricerca di protezione da rischi al ribasso sulle Piazze azionarie europee, è ai massimi, un livello mai toccato nemmeno nella crisi Lehman o per il Brexit. 

Insomma, la questione non è più il potenziale arrivo di Marine Le Pen all'Eliseo, qui sono molte le anomalie temute dal mercato. Prima, infatti, si dava per certo un ballottaggio Macron-Le Pen che avrebbe visto vincitore il primo: ovvero, un liberale europeista e moderato. Ora i sondaggi parlano di fatto di un'ammucchiata a quattro nell'arco di 5 punti percentuali di differenza, di fatto con tre candidati su quattro non particolarmente graditi a chi investe (e tira i fili). Ma la questione francese è solo l'appendice del caos globale. Ieri le Borse, tranne Londra ancora sotto shock per il voto anticipato, hanno reagito bene e la vulgata vedeva due eventi come i catalizzatori dei rialzi: il dato record delle immatricolazioni di automobili nell'area euro più Efta a marzo, le quali hanno segnato un +10,9% e la decisione di Ubs di alzare il rating del comparto bancario europeo da underweight a neutral, contemporaneamente abbassando quello sugli istituti di credito statunitensi da overweight a neutral. 

Vero, sicuramente. Ma se nel primo caso dobbiamo attenderci due fattori reflattivi, ovvero la fine della stagione di incentivazione e una reazione pesante degli Usa per non perdere quote di mercato (tanto più che il crollo delle valutazioni dei bond di grandi gruppi del noleggio come Hertz e Avis, dopo la notizie che hanno scaricato sul mercato dell'usato 400mila auto all'anno, parla la lingua di un effetto subprime sul settore che si avvicina sempre di più), probabilmente attraverso un intervento statale in stile Obama, nel secondo non è il giudizio della banca svizzera a pesare da solo. A muovere gli indici al rialzo è stato il netto rallentamento dell'inflazione nell'area euro. 
A marzo la crescita dei prezzi al consumo su base annua si è attestata all'1,5%, interrompendo una fase di accelerazione che perdurava da oltre un anno e che aveva portato il caro vita da livelli di quasi deflazione di inizio 2016 (nel marzo dello scorso anno l'indice segnava crescita zero) a un picco del 2% a febbraio. I dati definitivi diffusi ieri da Eurostat confermano quanto indicato nella stima preliminare e attenuano le pressioni a carico della Bce nella prosecuzione delle sue manovre di consistenti stimoli monetari all'economia. Un trend che ha coinvolto anche l'Italia, dove l'inflazione è risultata pari all'1,4% a marzo dopo l'1,6% a febbraio, ma che nel complesso mostrano anche la natura "variegata" del continente per il quale l'Eurotower è chiamata a prendere decisioni monetarie: si passa infatti da tassi ultra-bassi come quelli registrati in Romania (0,4%), Irlanda e Olanda (0,6%) ad altri molto più alti e oltre il target della Bce, come in Lettonia (3,3%), Lituania (3,2%) ed Estonia (3%). 

In attesa della prossima stima flash sull'inflazione, prevista il 28 aprile, la Bce può quindi tirare un sospiro di sollievo: e con lei, i mercati che già temevano il tapering degli acquisti e quindi la fine della pacchia. E a confermare che Mario Draghi potrà operare senza troppo fiato sul collo della Germania, almeno per ora, è proprio l'allarme giunto sempre ieri dalla Bundesbank: tassi di interesse più elevati potrebbero mettere a rischio il 50% degli istituti di credito, circa 800 banche, stando a quanto annunciato da Andreas Dombret, consigliere della Banca centrale tedesca in un'intervista a Boersenzeitung. Insomma, dopo aver strepitato per la profittabilità delle Landesbanken, colpite dai tassi sotto zero, ecco che ora Berlino teme un effetto "banche toscane" per i suoi istituti di più piccola dimensione, legato a una possibile normalizzazione della politica monetaria. Il semaforo di Francoforte su questi istituti «è sul giallo», ha avvertito Dombret, spiegando che la Bundesbank «tiene sotto osservazione queste banche perché sappiamo che, sul fronte dei rischi da variazioni di interesse, sono vulnerabili». 

Come ho anticipato, si tratta comunque di istituti di medie-piccole dimensioni per la gran parte, quindi che non coprono una maggioranza critica degli assets di bilancio aggregati nel Paese e per ora «non state accertate vere e proprie carenze». Recentemente, Felix Hufeld, presidente dell'Autorità di vigilanza dei mercati finanziari, Bafin, aveva parlato di circa 150-200 banche sotto osservazione per la stessa ragione su un totale di 1.500 istituti minori vigilati. La Bundesbank, ha aggiunto Dombret, ha avviato, assieme a Bafin, la terza indagine sulle conseguenze di bassi tassi di interesse sul sistema bancario, chiedendo agli istituti piani aggiornati per il periodo 2017-2021 in cinque diversi scenari di tassi di interesse. Inoltre, vengono condotti stress test e richieste informazioni su impieghi nel settore immobiliare, copertura dei fondi pensione e andamento degli standard di concessione di credito. Ma la stessa Bce, a fine febbraio, aveva annunciato un'analisi sulle modalità con cui le banche reagiscono alle variazioni dei tassi di interesse: Daniele Nouy, numero uno della vigilanza bancaria della Banca centrale europea, ha confermato che, in assenza quest'anno degli stress test da parte dell'Eba, «si è deciso di analizzare noi stessi i rischi in caso di rialzo dei tassi d'interesse». 

Ed ecco che i nostri amici rigoristi, cominciano a fare dei distinguo, quando si tratta di salvare la ghirba ai propri soldi: a livello di regolamentazione, infatti, Dombret ha detto che la Bundesbank intende presentare, «a breve, proposte concrete su una serie di esenzioni dalla regolamentazione internazionale per gli istituti più piccoli, in particolare per le casse di risparmio e le popolari minori, creando una maggior differenziazione, a livello di rischi e di dimensioni», come già chiesto a inizio marzo dal ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble. 

E un'ulteriore conferma sull'aria che tira, ce l'ha offerta un report di Credit Suisse dedicato al comparto bancario europeo, il quale - ragionando proprio sul possibile rialzo dei tassi di deposito - ha sottolineato che le banche del Vecchio continente potrebbero trarre maggiori benefici da un aumento dei tassi di deposito che dal tapering. Ma va, chi lo avrebbe mai detto!? Un incremento dei tassi di deposito sarebbe infatti un segnale forte del fatto che la Bce sta agendo, cosa che andrebbe a ridurre la pressione sulla redditività delle banche. Inoltre, un tasso sui depositi più elevato ha un effetto immediato e diretto sui bilanci degli istituti di credito. 

Tutto a posto, quindi? Calma, per scatenare un Qe in piena regola di vuole un evento di un certo livello, quindi non è affatto detto che il mercato non conosca una fase di seria instabilità, oltretutto potendo "contare" sui driver politici e geopolitici di elezioni in Europa e guerre potenziali in mezzo mondo. Tanto più che l'America, proprio ieri, ci ha fornito la conferma della sua crisi economica acclarata: questo grafico ci mostra infatti come i ristoranti statunitensi stiano patendo la peggiore crisi dal 2009. E il dato in sé non deve farci pensare soltanto a un calo delle disponibilità di spesa e del potere d'acquisto, ma anche al fatto che, come vi ho più volte mostrato negli scorsi due anni, camerieri e barman sono stati la spina dorsale della crescita occupazionale sotto Obama, al netto di un continuo calo degli occupati più "nobili" nella manifattura: se va in crisi anche questo settore, con quello automobilistico in pieno caos da saturazione di offerta e clientela subprime sul credito al consumo, cosa succede? A quel punto Trump tenterà di usare la leva della spesa pubblica, ma l'unico moltiplicatore del Pil in grado di operare rapidamente e su larga scala è il warfare, ovvero la ripartenza della spesa in armamenti e nel comparto difesa-sicurezza. 
Il fatto che sempre ieri la Cina abbia allentato un po' i controlli di capitale sulle banche ci potrebbe dimostrare che la lotta alle fughe di capitali ha sortito in parte il suo effetto, ma occorre anche ricordare che negli ultimi tre giorni Pechino ha svalutato pesantemente lo yuan, pompando quantità record di liquidità nel sistema, il tutto senza che Trump avesse nulla da dire riguardo la famosa manipolazione valutaria del Dragone. Insomma, serve instabilità geopolitica e un evento di credito in grado di spaventare: le Banche centrali sono pronte, la stessa Fed vedrete che comincerà a mischiare la propria retorica da falco sul rialzo dei tassi con più accomodanti riflessioni sui rischi al ribasso che proprio l'instabilità globale potrebbe portare con sé. 

Siamo a un bivio, quello di cui vi parlavo quando - mostrandovi i dati sull'indebitamento globale - vi dicevo che si sarebbe arrivati al redde rationem: il sistema pare aver deciso, servirà un deleverage controllato garantito da eventi di rischio e poi si torna tutti a stampare come se non fosse accaduto nulla. E, come vedete, di potenziali eventi di rischio da brandire come spaventapasseri per i mercati, ce ne sono a bizzeffe. Cosa succederà dopo, non si sa. 

Fonte: qui

LA FEDELI SI COMPLIMENTA CON UN RAGAZZO CHE DICE ‘TROPPA MESOPOTAMIA, STUDIAMO LA SIRIA CONTEMPORANEA’


LUCIANO CANFORA: ‘È MINISTRO DA POCO TEMPO, IO LE DICO SOLO: NON BUTTIAMO A MARE I SUMERI. SENZA CONOSCERE IL PASSATO NON SI PUÒ CAPIRE IL PRESENTE’

1. LA MINISTRA RAGAZZINA
Mattia Feltri per ‘la Stampa

VALERIA FEDELIVALERIA FEDELI
«A scuola studiamo gli assiri e i babilonesi e poi accendiamo la tv e ci accorgiamo di non sapere nulla di quello che succede in Siria o in Medio Oriente». Lo ha detto Bernard Dika, presidente del parlamento degli studenti di Toscana, al ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli.

Dika è molto stupito (come lo eravamo noi a nostri tempi) che i programmi di storia si fermino alla Seconda guerra mondiale, di modo che ai ragazzi è impedito di comprendere i fatti della contemporaneità. Un ministro avrebbe chiarito a Dika che la scuola non spiega ai ragazzi la contemporaneità (quello lo fanno tv e giornali, e se non ci si fida di tv e giornali ci sono approfondimenti a migliaia su Internet, o addirittura nelle biblioteche e nelle librerie) ma piuttosto gli dà le basi necessarie per comprenderla.

La scuola non informa, istruisce. Quindi meno babilonesi e più attualità è una sciocchezza, perché se non si studiano i babilonesi non si capisce il Medio Oriente di oggi, se non si studia Odino non si capiscono nazismo e razzismo, se non si studia Pericle non si capiscono i fondamenti della democrazia, se non si studia Giustiniano non si capisce il diritto come scienza umana dell’Occidente.

Questo avrebbe detto un ministro, e non importa se senza laurea, purché con un’idea del proprio ruolo. Invece Fedeli si è molto complimentata con Dika e ha promesso di interessarsi alla modifica dei programmi: meno babilonesi e più attualità. È che un ragazzo ha il diritto di essere un ragazzo, mentre un ministro ha il dovere di essere un ministro.


2. "CARA MINISTRA NON BUTTIAMO A MARE I SUMERI"
Elisabetta Pagani per la Stampa
VALERIA FEDELI CARTELLONI IN GIRO PER ROMAVALERIA FEDELI CARTELLONI IN GIRO PER ROMA

La storia insegnata a scuola si ferma spesso poco più in là del Secondo conflitto mondiale, arrivando al massimo a lambire la Guerra Fredda. Gli studenti, ciclicamente, se ne lamentano: troppa attenzione sul passato, col risultato di escludere la contemporaneità e rendere difficile la comprensione del presente.

Come raccontava ieri il Buongiorno di Mattia Feltri, all' appello di Bernard Dika, liceale pistoiese presidente del «parlamento degli studenti di Toscana», che ha chiesto al governo di intervenire perché «nell' ordinamento scolastico si colmi questo gap in storia», la ministra dell' Istruzione Valeria Fedeli ha risposto complimentandosi «per la determinazione» e aprendo a un' eventuale revisione dei programmi.

Luciano CanforaLUCIANO CANFORA
Limitare - non cancellare - lo studio degli Assiri, come auspica lo studente, per dare spazio alla seconda metà del Novecento e a quello che succede da quelle parti oggi, la guerra in Siria? «È una contestazione che si sentiva già nel '68», premette Luciano Canfora, filologo classico e storico antichista, con un occhio sempre vigile sulle vicende del presente, «e per citare un personaggio molto caro a quell' epoca, il presidente Mao, rispondo che la storia non si può tagliare a pezzi, non si può mutilare».

«A scuola studiamo i Babilonesi e poi accendiamo la televisione e ci accorgiamo di non sapere nulla di quello che accade in Medio Oriente» è la preoccupazione dello studente.
« Non è vero che si dedica troppo spazio, se non alle elementari, allo studio della storia antica. E poi trovo profondamente sbagliato, sintomo di una visione molto eurocentrica, il disinteresse per il mondo antico orientale. Conoscere gli antichi imperi di Cina, India e Mesopotamia non è esotismo, ci aiuta a capire che il mondo è grandissimo e non c' è solo la storia patria. La scuola deve insegnare la storia universale».

Se la storia funziona secondo un meccanismo di causa ed effetto, cosa non capiremmo oggi senza conoscere il passato?
«Moltissimo. Senza l' Illuminismo non capiremmo come si è arrivati alla Rivoluzione francese, con tutto quello che ne è derivato. Non capiremmo l' imperialismo moderno, soprattutto britannico, che ha il suo antecedente nella struttura provinciale dell' impero romano. Né l' impero americano, che tuttora esiste e consiste nel fatto di tenere legati ideologicamente, con le buone o le cattive, altri Paesi: come succedeva nel sistema ateniese. E lo stesso discorso vale per i grandi imperi dell' area mesopotamica».

Ma questo tipo di formazione dà ai giovani gli strumenti per capire il presente?
«È una forma di avvicinamento alla comprensione dell' attualità, le chiavi del presente non le ha nemmeno il Padre Eterno. La conoscenza non si limita a una somma di informazioni. L' idea utilitaristica della cultura è improduttiva. Se così fosse, visto che la lingua per comunicare a livello internazionale è ormai l' inglese, dovremmo buttare a mare il tedesco, o l' italiano. La vera lacuna, nelle nostre scuole, è quella del diritto, dello studio della Costituzione».

Se la ministra rivedesse i programmi condensando il passato per dare più spazio all' oggi?
palmira al colosseo 5PALMIRA AL COLOSSEO 
« È ministra da poco tempo. Io le dico solo: non buttiamo a mare i Sumeri».

Per l' attualità bisogna rivolgersi ai mezzi di informazione?
«Non c' è contrapposizione tra la scuola e la televisione, i giornali o Internet, sono canali che possono interagire». Ma a scuola gli studenti da decenni si sono dovuti accontentare di arrivare solo alla Seconda guerra mondiale, o poco più in là. «I lamenti dei ragazzi sono dettati dalla voglia di conoscere, e da questo punto di vista sono encomiabili, però non bisogna dimenticare che non è del tutto vero. Fino al '68 si arrivava alla Prima guerra mondiale, oggi i manuali sono ben fatti, coprono tutto il '900, sta ai professori scandire il programma nel modo giusto per concluderlo».

Quasi nessuno ci riesce.
« Si perde tempo in assemblee e gite non sempre utili. E comunque io ho sempre sostenuto, piuttosto isolatamente, che l' unica soluzione è aggiungere un anno alle scuole superiori e farne sei. Invece la linea prevalente è quella di adeguarsi agli altri Paesi europei e finire un anno prima, ma è una forma di incultura».

Già così, però, arriviamo nel mondo del lavoro in ritardo rispetto al resto d' Europa.
«Se ci fosse un mercato del lavoro assetato avrebbe senso accorciare i tempi, ma non è così. Il vero ostacolo sono i costi: la spesa che lo Stato destina all' istruzione è la Cenerentola nel budget generale».

Fonte: qui

WIKILEAKS E IL MANUALE SEGRETO PER SPIARE LE SMART TV

ASSANGE SVELA A ‘REPUBBLICA’ COME FUNZIONA ‘WEEPING ANGEL’, ANGELO PIANGENTE, IL PROGRAMMA CREATO DAI SERVIZI INGLESI IN COLLABORAZIONE CON LA CIA PER ASCOLTARE LE CONVERSAZIONI ATTRAVERSO LE TV DELLA SAMSUNG CHE HANNO MICROFONO E WEBCAM

Stefania Maurizi per www.repubblica.it

E' una delle rivelazioni che più hanno colpito l'opinione pubblica. Quando un mese fa Wikileaks ha iniziato a pubblicare i file segreti della Cia, ha fatto il giro del mondo la notizia che la Central Intelligence Agency e i servizi inglesi dell'MI5 abbiano sviluppato un software malevolo (malware) dal nome Weeping Angel, l'Angelo Piangente, che permette di trasformare la smart tv F8000 della Samsung in un orecchio degli 007, capace di rubare ogni conversazione all'interno della stanza in cui si trova il televisore.

samsung smart tv spia wikileaksSAMSUNG SMART TV SPIA WIKILEAKS
Complice anche quel nome preso dalla popolarissima serie di fantascienza della BBC, Doctor Who, l'Angelo Piangente ha colpito l'immaginario collettivo, perché proprio come le inquietanti creature del film - che sembrano solo statue di pietra, ma in realtà sono predatori letali – quello strumento permette di ascoltare le conversazioni attraverso la smart tv anche quando questa sembra spenta e quindi completamente innocua.

Oggi l'organizzazione di Julian Assange rivela in esclusiva con Repubblica e con il quotidiano francese Libération un documento segreto che permette finalmente di rispondere ad alcune domande su Weeping Angel. Si tratta del manuale utente, una guida tecnica che spiega come installare questo malware su un televisore preso di mira, come configurarlo e ascoltare le conversazioni.

CHI HA CREATO ANGELO PIANGENTE? - Questo file del febbraio 2014 sembra confermare che Weeping Angel sia una creazione dei servizi inglesi, perché il documento è precedente a quello in cui Central Intelligence Agency e MI5 perfezionano insieme il software ed è marcato con il livello di segretezza “Secret Strap 2 UK Eyes Only”, un tipo di classificazione utilizzato dall'intelligence britannica, che solo successivamente sembra aver condiviso le informazioni su questo progetto con Langley in un workshop tenutosi nel giugno 2014.

samsung smart tv spia wikileaksSAMSUNG SMART TV SPIA WIKILEAKS
Il manuale rivela che Weeping Angel prende di mira le smart tv Samsung serie F, quindi non si limiterebbe a colpire il solo modello F8000, come sembrava inizialmente, anche se il file non lo specifica in modo inequivocabile. Tutti i malware, vanno installati sul dispositivo da colpire e l'Angelo Piangente non fa eccezione. Per installarlo, gli 007 hanno bisogno di avere accesso fisico all'apparecchio elettronico in modo da potervi inserire una chiavetta che lo infetti: a differenza di altri tipi di codice malevolo, infatti, Weeping Angel non si installa da remoto attraverso internet o perlomeno non riusciva a farlo fino al 2014, anno a cui risale il documento.

TACI, LA SMART TV TI ASCOLTA - Una volta che è penetrato nel televisore, Cia e MI5 hanno varie opzioni per ascoltare e registrare le conversazioni che si svolgono nella stanza in cui l'apparecchio è piazzato. Possono ad esempio registrare sempre oppure solo ed esclusivamente quando la tv appare spenta ma in realtà non lo è, una modalità questa che gli 007 chiamano “Fake-off” (finto spento). Il manuale rivela come il software riesca, in modo ingannevole, a far sembrare la smart tv disattivata: quando un dispositivo infettato da Weeping Angel viene spento con un telecomando, il malware intercetta il segnale impartito dal telecomando e smorza lo schermo, lasciando però acceso il processore del televisore.
julian assangeJULIAN ASSANGE

Il documento chiarisce una volta per tutte che questo malware non solo permette di registrare le conversazioni che si svolgono nella stanza dove si trova la tv, ma consente anche di ascoltarle in diretta. Per farlo, però, gli 007 devono utilizzare un computer che usi i sistemi operativi Windows 7 e Windows 8 e devono trovarsi nelle vicinanze dell'edificio in cui si trova la tv, più esattamente nel raggio in cui funziona il collegamento Wi-Fi dell'apparecchio Samsung o, in alternativa, devono avere un computer piazzato nei dintorni che invii l'audio della conversazione “rubata” a un altro computer remoto da cui gli agenti Cia o dell'MI5 possano ascoltarlo.

L'ANGELO LIMITATO - Questo manuale segreto permette di capire che, dal punto di vista dell'utilizzabilità sul campo, Weeping Angel è uno strumento con molte limitazioni. Il requisito dell'accesso fisico alla smart tv da infettare con una chiavetta è certamente un grande vincolo: richiede agli operativi della Central Intelligence Agency o ai loro cugini inglesi di recarsi fisicamente presso l'edificio in cui si trova l'apparecchio elettronico da compromettere.

Se il software viene configurato per registrare le conversazioni e salvarle nella smart tv, poi l'agente segreto deve ritornare sul posto a recuperarle con una chiavetta, a meno che non scelga di impostare Weeping Angel in modo da poter trasferire i file audio da remoto, con tutta una serie di limitazioni e complicazioni.

SALONE DELLA SEDE DELLA CIA A LANGLEYSALONE DELLA SEDE DELLA CIA A LANGLEY
Non solo: come tutti i malware, l'Angelo Piangente lascia tracce nel dispositivo infettato e quindi se la persona sorvegliata si insospettisce e ingaggia un tecnico forense per esaminare il dispositivo Samsung, l'esperto può essere in grado di recuperare quelle tracce e studiarle. A insospettire il target possono essere dettagli come un Led blu sul retro della tv che rimane accesso anche quando l'apparecchio appare spento.

Tutti questi problemi e limitazioni portano a pensare che Weeping Angel sia stato creato dai servizi inglesi per essere utilizzato in situazioni veramente specifiche, in cui gli 007 non possono usare altri approcci più efficienti e flessibili, tipo hackerare il telefonino o il computer dell'obiettivo.

Repubblica ha contattato i servizi inglesi dell'MI5 per chiedere spiegazioni sulla loro creatura, ma l'MI5 non ha voluto commentare. Samsung, invece, ci ha risposto: «Proteggere la privacy e la sicurezza dei nostri prodotti è al top delle nostre priorità. Siamo consapevoli di questo programma e ce ne stiamo occupando urgentemente». L'azienda fa notare che i file su Weeping Angel descrivono un software malevolo che va installato attraverso una chiavetta Usb e che si applica a modelli di televisori venduti nel 2012 e 2013, «molti dei quali sono stati già riparati attraverso un aggiornamento del firmware».

I documenti sull'Angelo Piangente pubblicati da WikiLeaks nel marzo scorso confermano che, come dice l'azienda, con gli aggiornamenti del software il malware dell'MI5 non può essere installato più da chiavetta Usb, ma tanto la Cia quanto i servizi inglesi dimostrano di esserne consapevoli: dai file, Weeping Angel appare un work in progress, non è quindi detto che gli 007 di Langley insieme a quelli di sua Maestà non siano riusciti a risolvere il problema anche per le versioni più aggiornate, come infatti sono riusciti a fare con il problema di alcuni fastidiosi Led che rischiavano di mandare all'aria tutto.
Sede dell\'MI5 servizi segreti inglesiSEDE DELL\'MI5 SERVIZI SEGRETI INGLESI

Che tre anni fa il progetto fosse un lavoro in corso lo dimostrano anche le ambizioni di Cia e MI5, rivelate dai documenti. Oltre alle conversazioni, Langley e l'intelligence inglese puntavano a rubare le immagini video. Tre anni dopo, ci saranno riusciti? E quante smart tv e, più in generale, dispositivi dell'internet delle cose saranno ormai completamente compromessi? Come nella serie fantascientifica di Doctor Who, Weeping Angel ci conferma il futuro che ci aspetta: un mondo popolato di oggetti apparentemente inanimati e innocui, ma in realtà completamente “posseduti” dalle spie.

Fonte: qui

Commento sul debito di Perù, Argentina e Venezuela

Perù
  • Un boom minerario, a dispetto dei bassi prezzi dei metalli industriali, ha permesso all’economia del Perù di crescere nel 2016 al ritmo più alto tra i principali Paesi dell’America Latina. Grazie all’inizio dell’estrazione in una serie di nuovi progetti minerari, il Perù è diventato il secondo produttore mondiale di rame dopo il Cile e l’attività mineraria ha aggiunto 2 punti percentuali alla crescita del PIL, che nel 2016 ha sfiorato il 4% rispetto al 2015.
  • Il Ministro delle Finanze ha sorpreso i mercati annunciando che uno scandalo per tangenti che coinvolge la società brasiliana di costruzioni Odebrecht rallenterà 22 miliardi US$ di investimenti pubblici in infrastrutture, e come conseguenza la crescita economica nel 2017 potrebbe non raggiungere il 4%. Questo era il driver chiave per l’economia quest’anno, dal momento che il contributo del settore minerario è destinato a diminuire. Dopo aver disinflazionato con successo l’economia e ricondotto l’inflazione entro il range target 2%+/-1%, la Banca Centrale adotterà verosimilmente una linea di politica monetaria più espansiva.
  • Il nuovo Governo del Presidente Kuczynsky ha confermato l’impegno al consolidamento fiscale, con il target di deficit pubblico per il 2016 al 3% del PIL che è stato verosimilmente centrale e quello del 2,5% per il 2017 facilmente raggiungibile. Nel frattempo il focus del Governo è passato dal sostegno all’economia tramite tagli delle imposte all’aumento della spesa in infrastrutture, che è più positivo per la crescita economica. Nonostante l’opposizione guidata da Keiko Fujimori controlli il Congresso, vi è un ampio consenso bipartisan sulla conduzione di una politica economica ortodossa e sul rigore nella gestione dei conti pubblici che compensa le occasionali schermaglie politiche.
  • Grazie alla crescita molto elevata, alle politiche economiche ortodosse, alla credibilità delle istituzioni ed al bassissimo indebitamento pubblico, il Perù è uno dei crediti sovrani più solidi dell’America Latina e come tale tende ad avere un beta molto basso rispetto ai mercati degli asset rischiosi ed uno spread sovrano molto compresso. Inoltre le esigenze di funding sono minime (non è previsto l’utilizzo del mercato primario per quest’anno). Considerando il livello non attraente dello spread ed il rischio che lo scandalo Odebrecht possa avere ripercussioni sul Governo, adottiamo una view neutrale sul credito sovrano del Perù, monitorando eventuali allargamenti dello spread per creare nuove posizioni.
20142015201620172018
PIL in miliardi USD202.841192.113180.291192.619204.857
PIL reale % annuo2.433.283.934.204.00
Inflazione % annua3.253.543.602.952.70
Tasso di disoccupazione6.006.436.606.30 –
Bilancio pubblico % PIL0.15-2.30-3.00-2.50-2.30
Bilancia partite correnti % PIL-4.05-4.82-3.66-3.00-3.00
Debito pubblico netto % PIL20.7123.9826.25 –
Riserve valutarie in milioni USD60,06859,40059,917 – –
CDS 5y115.59187.68108.15103.21 –
Tasso d’interesse ufficiale3.503.754.254.25 –
Rating Moody’sA3A3A3A3 –
Rating S&PBBB+BBB+BBB+BBB+ –
Rating FitchBBB+BBB+BBB+BBB+ –

Argentina
  • In linea con le attese, la recessione in Argentina è iniziata nel 4Q 2015 ed ha probabilmente raggiunto l’apice nel 3Q 2016, quando il PIL si è contratto in termini reali del 3,6% su base annua. Dopo aver raggiunto il 40% annuo alla fine del 2016 per effetto della svalutazione del pesos e dell’aumento delle tariffe dei servizi pubblici, l’inflazione sta ora diminuendo. Anche se il target del 12/17% per quest’anno non sarà probabilmente raggiunto, l’inflazione dovrebbe scendere verso il 20% entro la fine del 2017, permettendo alla Banca Centrale di continuare a tagliare i tassi d’interesse (attualmente al 24,75%). L’aumento dei salari reali (grazie alla discesa dell’inflazione) e dei prezzi delle commodities, la fine della recessione in Brasile (maggior mercato di esportazione) ed il miglioramento del clima d’affari (come conferma per esempio l’accordo per gli investimenti nello shale oil) dovrebbero permettere all’economia dell’Argentina di tornare a crescere nel 2017.
  • Il processo di ristrutturazione macroeconomico dell’Argentina iniziato con la Presidenza Macri è proseguito anche se ad un ritmo meno rapido dopo i grandi progressi della prima metà del 2016. In particolare, se la normalizzazione della politica monetaria verso un regime di target d’inflazione prosegue speditamente, il consolidamento fiscale ha subito una battuta d’arresto dopo la sconfitta del Governo alla Camera Bassa del Parlamento sulla riforma delle imposte sul reddito e potrebbe rallentare ulteriormente con l’avvicinarsi delle elezioni di medio termine in ottobre. La popolarità del Governo ha risentito della recessione e delle misure economiche impopolari, ma l’attesa uscita dalla recessione e riduzione dell’inflazione prima delle elezioni dovrebbero confermare la posizione di Macri, permettendo di accelerare sul risanamento fiscale, che è l’ultimo tassello mancante del piano di riforme, e di centrare il target di deficit pubblico primario al 4,2% del PIL nel 2017 dal 4,8% nel 2016.
  • Pur in assenza di notizie negative significative ed anzi con i proventi più alti del previsto dall’amnistia sul rimpatrio dei capitali all’estero, i bond dell’Argentina hanno sottoperformato durante il sell-off post-Trump e nel successivo rimbalzo, probabilmente per «indigestione»: il posizionamento degli investitori era pesantemente sovrappesato, il Governo ha saturato il mercato primario e vi era incertezza sulle esigenze di rifinanziamento per il 2017. Alla luce della storia positiva di riequilibrio macroeconomico, delle valutazioni attraenti e dell’annuncio di un fabbisogno di funding più basso delle attese (10 miliardi US$, di cui 7 miliardi già realizzati), manteniamo una view positiva sui bond dell’Argentina, in particolare in Euro, e della YPF (la compagnia petrolifera di Stato con la leva finanziaria più bassa dell’America Latina), che dovrebbe tornare a breve sul mercato primario. I warrant PIL rimangono un’opzione a buon mercato sulla storia idiosincratica positiva del Paese
20142015201620172018
PIL in miliardi USD563.614630.448541.75594.98651.34
PIL reale % annuo-2.822.65-2.003.003.25
Inflazione % annua –19.0039.9522.2016.00
Tasso di disoccupazione7.257.209.008.608.45
Bilancio pubblico % PIL-0.18-0.45-5.30-5.50-5.00
Bilancia partite correnti % PIL-1.33-2.65-2.70-2.90-2.90
Debito pubblico netto % PIL43.5952.1351.75 – –
Riserve valutarie in milioni USD26,04220,57133,563 – –
CDS 5y2,987.13419.39363.40 –
Cambio ARS/US$8.4612.9415.8815.39 –
Rating Moody’sCaa1Caa1B3B3 –
Rating S&PSDSDB-B- –
Rating FitchRDRDBB –

Venezuela
  • Il 2016 è stato un anno di stallo per il Venezuela, sia economico che politico. Dal punto di vista economico, lo scenario rimane cupo: la recessione si è intensificata (-10% di contrazione annua reale stimata del PIL) a causa della debolezza della produzione petrolifera, del collasso della domanda domestica e della carenza di valuta forte. La scarsità di beni sul mercato interno e la monetizzazione del debito hanno portato ad un’iperinflazione quasi conclamata, acuita dal divario enorme tra i tassi di cambio ufficiali e quello sul mercato nero, che drena capitali verso estero aumentando ancora le pressioni inflazionistiche.
  •  Dal punto di vista politico, il Governo Maduro ha avuto successo nel frenare l’ascesa delle opposizioni e nel ridurne la compattezza, guadagnando tempo potenzialmente fino alle elezioni presidenziali del 2018, ma al costo di un ulteriore calo di popolarità. Per compattare il partito chavista di fronte ad una situazione sociale esplosiva, all’inizio del 2017 Maduro ha annunciato l’ennesimo rimpasto di Governo, che non sembra però destinato ad determinare variazioni nella politica economica.
  • Lo scenario per il 2017 rimane invariato. Dal momento che il riequilibrio macroeconomico non è una priorità per il Governo, la recessione dovrebbe continuare per il quarto anno consecutivo, l’inflazione aumenterà ulteriormente e le restrizioni sulle importazioni e sui movimenti di capitali continueranno a determinare scarsità di beni anche primari, alimentando persistenti tensioni sociali. Anche se il migliore outlook per il prezzo del petrolio potrebbe attenuare l’intensità della recessione, è altamente probabile che la situazione sia talmente deteriorata che il riaggiustamento dell’economia avverrà in modo disordinato a seguito di un cambio di regime politico.
  • Le azioni del Governo confermano che il servizio del debito estero rimane una priorità; questa situazione è chiaramente insostenibile a lungo termine ma il rischio di un evento di credito nel 2017 è ora più ridotto grazie all’aumento del prezzo del petrolio, all’utilizzo delle ridotte riserve in valuta della Banca Centrale, al supporto cinese ed ai benefici del recente swap sui bond PDVSA. A causa dei persistenti rischi di instabilità sociale e politica e di arbitrati internazionali sfavorevoli, del calendario di scadenze più pesante e delle difficoltà per PDVSA nel portare a termine lo swap del 2016, il rischio di default dovrebbe tornare a salire nel secondo semestre 2017. Inoltre si riaffaccia il rischio di offerta, dopo che il Governo ha collocato 5 miliardi US$ di bond alla Banca Centrale, che compariranno sul mercato secondario probabilmente nel corso dell’anno. Per queste considerazioni, manteniamo una view negativa sui bond Venezuela/PDVSA, raccomandando di vendere sui rialzi guidati dal prezzo del petrolio e preferendo i bond con prezzo più basso, più vicino al valore di recovery.
20142015201620172018
PIL in miliardi USD215.296260.089333.715314.103210.164
PIL reale % annuo-3.60-7.50-10.10-2.500.20
Inflazione % annua61.77116.16344.60423.30313.05
Tasso di disoccupazione6.956.807.408.00 –
Bilancio pubblico % PIL-12.50-10.45-8.70-8.00 –
Bilancia partite correnti % PIL1.67-7.83-3.36-1.500.60
Debito pubblico netto % PIL63.4941.5032.85 –
Riserve valutarie in milioni USD22.0816.3610.503 –
CDS 5y3,121.464,864.163,742.343,310.85 –
Cambio VEF/US$ (mercato nero)173.24833.002971.624105.15 –
Rating Moody’sCaa1Caa3Caa3Caa3 –
Rating S&PCCC+CCCCCCCCC –
Rating FitchCCCCCCCCCCCC –

Fonte: qui