Robert S. Rodvik Rete Voltaire, 13 gennaio 2013
Dopo decenni di azioni segrete destinate a rovesciare il governo comunista della Cina, nel 1989 la CIA lanciò la prima delle sue cosiddette rivoluzioni “colorate” che, fallita, non raggiunse lo scopo, venendo denominata così in un secondo tempo, in Europa orientale e Georgia. L’azione si svolse a Pechino, dove la CIA aveva preparato una consorteria di “studenti” per spodestare il governo.
Con una scoperta fortuita mi è capitato un piccolo articolo sepolto a pagina 20 di The Sun Vancouver del 17 settembre 1992, attribuito all’Associated Press. Fu l’unico pezzo ovviamente sfuggito ai gatekeeper che ci offrono “l’unica notizia adatta alla stampa“. L’articolo era intitolato: “Tiananmen – la reazione dell’uomo della CIA fraintesa, dicono le fonti“. [1] Dimenticate il titolo. Tutti i titoli sono creati da persone diverse dall’autore, e spesso hanno poco senso con il contenuto del pezzo. In questo caso la storia è estremamente indispensabile per la verità, e questa dell’AP è stata una vera rivelazione, per quanto alla verità sia interessata. L’articolo inizia così: “Il capo della stazione della CIA in Cina ha lasciato il Paese due giorni prima che le truppe cinesi attaccassero i manifestanti nella capitale Pechino, nel 1989, dopo la previsione che i militari non avrebbero agito, secondo dei funzionari degli Stati Uniti… La CIA aveva fonti tra i manifestanti, così come nei servizi d’intelligence della Cina con sui è in rapporti dal 1970, hanno detto i funzionari, che parlavano in condizione di anonimato“. Molto più che per le “fonti”, tuttavia, fu per i metodi attuati per rovesciare la leadership comunista del Paese, perseguiti per decenni. L’articolo continua: “Mesi prima dell’attacco contro i manifestanti del 3 giugno, la CIA aveva aiutato gli attivisti a formare il movimento anti-governativo fornendo macchine da scrivere, fax e altre apparecchiature per diffondere i loro messaggi, ha detto un funzionario. La CIA ha rifiutato di rilasciare dichiarazioni“. Un ulteriore articolo su The Vancouver Sun del 31 maggio 1999 e attribuito al Washington Post [2] apparve poco dopo il bombardamento degli Stati Uniti dell’ambasciata cinese a Belgrado, in Jugoslavia. Fu la risposta ufficiale ai continui commenti anti-cinesi degli USA sulla versione occidentale degli eventi di Tienanmen. L’articolo inizia così: “La Cina ha accusato gli Stati Uniti d’incitare le massicce proteste in piazza Tiananmen, che scossero Pechino un decennio fa nell’ambito di una strategia per promuovere il caos politico in Cina“. Il Washington Post indica ciò che pensa di una simile affermazione, dicendoci che proviene dal “parlamento formale” della Cina. Naturalmente siamo d’accordo che tutto ciò che il Post riporta dalla Cina sicuramente dev’essere delirante, mentre ciò che proviene da Washington è senz’ombra di dubbi. L’articolo del Post continua con tale affermazione sulla fonte parlamentare cinese: “Gli Stati Uniti ‘ebbero un ruolo inglorioso’ nelle proteste del 1989 che ‘diressero e pianificarono consegnando denaro e beni a sostegno dei manifestanti’ afferma la dichiarazione… gli USA diffusero anche ‘voci orribili utilizzando i loro media per ingannare la comunità internazionale’ ha detto”. L’articolo del Post sembra deplorare qualsiasi particella d’informazione proveniente dalla Cina, chiudendo dicendo: “Il governo continua la critica implacabile degli Stati Uniti per il bombardamento dell’ambasciata cinese a Belgrado del 7 maggio, secondo cui aveva lo scopo di destabilizzare la Cina“. [3] Immaginate i cinesi protestare solo perché gli USA hanno bombardato la loro ambasciata e ucciso loro funzionari. Immaginate una situazione al rovescio con la Cina che bombarda l’ambasciata degli Stati Uniti dai qualche parte nel mondo. Quanto pensate passerebbe prima che i bombardieri B2 decollino. Il che mi porta a un’altra scoperta sorprendente, le foto dei veri “studenti” della CIA nelle loro “proteste per la democrazia”, ancora scomparse dalla realtà, e poco dopo la rivista che le ha pubblicate, China Review, scomparire del tutto dal mondo della stampa. Il numero del luglio 1989 contiene una serie di fotografie delle violenze dei “pacifici” partecipanti, blindati e autocarri militari demoliti e in rovina; “Studenti” con fucili d’assalto, ecc. A quanto pare l’addestramento della CIA andava oltre i telefax. [4] Si dà il caso che vidi il documentario della PBS Frontline del 2006 dal titolo “Tank Man”. Tra i protagonisti vi era il professor Timothy Brook, docente di Storia cinese presso l’Università della British Columbia di Vancouver. Il professor Brook potrebbe aver lavorato per la CIA per quanto si riferisse agli spregevoli (secondo lui) crimini della Cina del docudrama. Riuscì a telefonare al professore Brook, certificando che parlavo con l’uomo giusto, e gli chiesi se sapeva del coinvolgimento della CIA in tutta la dolorosa vicenda e nella distruzione di molte forze dell’EPL. Il professor Brook affermò che tale incidente accadde. Risposi dicendo che gli avrei spedito copie nel mio materiale, come feci. Fu l’ultima volta che sentì il capo del dipartimento cinese dell’UBC, dimostrando che i divulgatori d’informazione nel sistema universitario sono poco più che propagandisti dell’imperialismo occidentale.
Bombardamento dell’ambasciata cinese
La notte del 7 maggio 1999, tre missili della NATO colpirono un punto critico dell’ambasciata cinese a Belgrado, in Jugoslavia, che ospitava la stanza di raccolta di informazioni elettroniche. In un primo momento l’atrocità fu attribuita dagli Stati Uniti a mappe obsolete che non indicavano l’ambasciata nella posizione corretta. Fu patetico e non convinse nessuno, meno di tutti i cinesi che esplosero con reazione furiosa per i 26 feriti e tre uccisi dell’attacco intenzionale. Risulta che la CIA avesse espressamente scelto il bersaglio che, secondo essa, era puramente accidentale dovuto a mappe obsolete. Fu una “pura coincidenza”, ha detto un anonimo funzionario del Pentagono. “L’errore è dovuto ai dati originali. Erano superati. Credo fosse una mappa del 1992, quando avrebbe dovuto essere una mappa aggiornata“. [5] Ulteriore spiegazione della storia, ovviamente fraudolenta, viene offerta al lettore: “Solo dopo il disastro la CIA svelò due mappe che ponevano nel modo accurato l’ambasciata… Un ultimo backup fallì quando diverse banche dati informatizzate dei siti esclusi dai bombardamenti, come ambasciate, ospedali e chiese, non diede la posizione corrente dell’ambasciata cinese“. [6] E se non credi a ciò che vedo, ho un ponte da venderti. I commenti seguirono una pista diversa in seguito, nell’ottobre 1999, quando The Observer di Londra contestò la versione ufficiale degli Stati Uniti con il titolo: La NATO ha bombardato i cinesi deliberatamente, affermando tra l’altro che: “La NATO ha deliberatamente bombardato l’ambasciata cinese a Belgrado durante la guerra in Kosovo, dopo aver scoperto che trasmetteva comunicazioni dell’esercito jugoslavo. Secondo alte fonti militari e d’intelligence di Europa e Stati Uniti, l’ambasciata cinese fu rimossa dalla lista dei bersagli vietati dopo che l’intelligence elettronica (Elint) della NATO rilevò l’invio di segnali militari alle forze di Milosevic. Un ufficiale del controllo del volo della NATO a Napoli, ci ha anche confermato che la mappa dei “non-obiettivi”: chiese, ospedali e ambasciate, tra cui quella cinese, esisteva. Su tale mappa l’ambasciata cinese era correttamente sul sito attuale, e non dov’era fino al 1996, come sostengono Stati Uniti e NATO“. [7]
Se, tuttavia, la banda NATO disponeva di un simile elenco di “non-bersagli”, come già citato, allora perché bombardò ospedali, case di riposo, chiese, scuole e altri luoghi civili? Uno studio storico del terrorismo della NATO ne stabilisce senza ombra di dubbio il disprezzo criminale per i civili, ovunque il suo apparato militare si scateni. Lo stesso giorno in cui l’ambasciata cinese fu colpita, i bombardieri della NATO colpirono anche Nis, la terza città della Jugoslavia, bombardando un ospedale e un mercato all’aperto pieno di civili, “uccidendo 15 persone e ferendone 70″. “I giornalisti furono portati a Nis, città industriale a 195 km a sud-est di Belgrado, per mostrare la devastazione dall’attacco con cluster bomb che colpì un mercato e un complesso ospedaliero… Gli edifici furono crivellati dalle bombe con esplosivi a scoppio ritardato (sganciando piccole bombe che si aprono a ventaglio per uccidere su un ampio raggio, spargendo indiscriminatamente esplosivi e trasformando il suolo colpito in un mostruoso campo di sterminio”. [8] Dopo un lungo studio del bombardamento dell’ambasciata, trovo che il resoconto dell’Observer sul perché la NATO colpì l’ambasciata, sia menzognero.
Perché i cinesi passavano le comunicazioni dalla capitale alle truppe jugoslave sul campo? Cosa avevano da guadagnarci? Credo che ci sia una spiegazione più credibile.
Il motivo reale dell’attacco era insabbiare i crimini di guerra della NATO che si verificavano quasi ogni giorno, e la postazione d’ascolto cinese situata nell’ambasciata bombardata intercettava gli ordini emessi dalla NATO chiaramente rivelandone i crimini. I cinesi dovevano essere messi a tacere e le loro operazioni chiuse, non importando le conseguenze. Prendete, per esempio, la colonna di profughi albanesi del Kosovo su trattori e carretti. La colonna che Stati Uniti e NATO bombardarono uccidendone a decine. Come il Globe and Mail di Toronto: “Le autorità jugoslave hanno detto che aerei della NATO hanno ucciso più di 60 albanesi kosovari in un attacco contro una colonna di profughi. Una strada disseminata dei corpi di rifugiati è stata mostrata alla televisione serba e giornalisti stranieri sono stati accompagnati sul sito a filmare la carneficina. La televisione serba ha rivelato estratti ciò che ha definito conversazione registrata di un pilota della NATO a cui viene ordinato di attaccare un convoglio civile in Kosovo, nonostante vedesse solo auto e trattori. Ha detto che la conversazione era tra il pilota e un aereo radar di allarme precoce (AWACS). L’estratto ha riguardato il momento critico in cui il pilota individuava il convoglio. Alla domanda se ci fossero dei carri armati nel convoglio, ha detto che vedeva solo auto e trattori. Ma l’altro aereo rispose “E’ un obiettivo militare, un obiettivo militare del tutto legittimo. Distruggere il bersaglio…” [9].
Questo, credo, è il motivo per cui il posto di ascolto venne distrutto.
La capacità d’intercettare le comunicazioni della NATO era molto più dannosa per la credibilità della NATO di qualsiasi altro motivo presunto.
Gli aerei AWACS guidavano tutti i bombardamenti della NATO e la possibilità di registrare le comunicazioni presentava la grave situazione di criminali di guerra che attivamente attaccavano non-bersagli: ospedali, chiese, mercati, ponti, industrie, stazioni televisive e praticamente ogni bersaglio immaginabile. I cinesi, umiliati per l’incapacità di rispondere, prestarono attenzione e si resero conto che Stati Uniti e satrapi partner avvertivano che la Cina era una tigre di carta senza sostanza, e che era la prossima nella lista degli aggressori imperialisti. Da qui, credo, cominciarono a dedicare seriamente un maggiore bilancio per sviluppare le proprie forze militari. Fu, decisero gli analisti cinesi, il campanello d’allarme che li convinse della necessità di una maggiore reattività, sicuramente comprendendo che senza un esercito efficace, le loro economia e sovranità avrebbero subito un attacco comprendente anche armi nucleari. Con il pivot di Obama verso il Pacifico, credo che sia solo questione di tempo!
La notte del 7 maggio 1999, tre missili della NATO colpirono un punto critico dell’ambasciata cinese a Belgrado, in Jugoslavia, che ospitava la stanza di raccolta di informazioni elettroniche. In un primo momento l’atrocità fu attribuita dagli Stati Uniti a mappe obsolete che non indicavano l’ambasciata nella posizione corretta. Fu patetico e non convinse nessuno, meno di tutti i cinesi che esplosero con reazione furiosa per i 26 feriti e tre uccisi dell’attacco intenzionale. Risulta che la CIA avesse espressamente scelto il bersaglio che, secondo essa, era puramente accidentale dovuto a mappe obsolete. Fu una “pura coincidenza”, ha detto un anonimo funzionario del Pentagono. “L’errore è dovuto ai dati originali. Erano superati. Credo fosse una mappa del 1992, quando avrebbe dovuto essere una mappa aggiornata“. [5] Ulteriore spiegazione della storia, ovviamente fraudolenta, viene offerta al lettore: “Solo dopo il disastro la CIA svelò due mappe che ponevano nel modo accurato l’ambasciata… Un ultimo backup fallì quando diverse banche dati informatizzate dei siti esclusi dai bombardamenti, come ambasciate, ospedali e chiese, non diede la posizione corrente dell’ambasciata cinese“. [6] E se non credi a ciò che vedo, ho un ponte da venderti. I commenti seguirono una pista diversa in seguito, nell’ottobre 1999, quando The Observer di Londra contestò la versione ufficiale degli Stati Uniti con il titolo: La NATO ha bombardato i cinesi deliberatamente, affermando tra l’altro che: “La NATO ha deliberatamente bombardato l’ambasciata cinese a Belgrado durante la guerra in Kosovo, dopo aver scoperto che trasmetteva comunicazioni dell’esercito jugoslavo. Secondo alte fonti militari e d’intelligence di Europa e Stati Uniti, l’ambasciata cinese fu rimossa dalla lista dei bersagli vietati dopo che l’intelligence elettronica (Elint) della NATO rilevò l’invio di segnali militari alle forze di Milosevic. Un ufficiale del controllo del volo della NATO a Napoli, ci ha anche confermato che la mappa dei “non-obiettivi”: chiese, ospedali e ambasciate, tra cui quella cinese, esisteva. Su tale mappa l’ambasciata cinese era correttamente sul sito attuale, e non dov’era fino al 1996, come sostengono Stati Uniti e NATO“. [7]
Se, tuttavia, la banda NATO disponeva di un simile elenco di “non-bersagli”, come già citato, allora perché bombardò ospedali, case di riposo, chiese, scuole e altri luoghi civili? Uno studio storico del terrorismo della NATO ne stabilisce senza ombra di dubbio il disprezzo criminale per i civili, ovunque il suo apparato militare si scateni. Lo stesso giorno in cui l’ambasciata cinese fu colpita, i bombardieri della NATO colpirono anche Nis, la terza città della Jugoslavia, bombardando un ospedale e un mercato all’aperto pieno di civili, “uccidendo 15 persone e ferendone 70″. “I giornalisti furono portati a Nis, città industriale a 195 km a sud-est di Belgrado, per mostrare la devastazione dall’attacco con cluster bomb che colpì un mercato e un complesso ospedaliero… Gli edifici furono crivellati dalle bombe con esplosivi a scoppio ritardato (sganciando piccole bombe che si aprono a ventaglio per uccidere su un ampio raggio, spargendo indiscriminatamente esplosivi e trasformando il suolo colpito in un mostruoso campo di sterminio”. [8] Dopo un lungo studio del bombardamento dell’ambasciata, trovo che il resoconto dell’Observer sul perché la NATO colpì l’ambasciata, sia menzognero.
Perché i cinesi passavano le comunicazioni dalla capitale alle truppe jugoslave sul campo? Cosa avevano da guadagnarci? Credo che ci sia una spiegazione più credibile.
Il motivo reale dell’attacco era insabbiare i crimini di guerra della NATO che si verificavano quasi ogni giorno, e la postazione d’ascolto cinese situata nell’ambasciata bombardata intercettava gli ordini emessi dalla NATO chiaramente rivelandone i crimini. I cinesi dovevano essere messi a tacere e le loro operazioni chiuse, non importando le conseguenze. Prendete, per esempio, la colonna di profughi albanesi del Kosovo su trattori e carretti. La colonna che Stati Uniti e NATO bombardarono uccidendone a decine. Come il Globe and Mail di Toronto: “Le autorità jugoslave hanno detto che aerei della NATO hanno ucciso più di 60 albanesi kosovari in un attacco contro una colonna di profughi. Una strada disseminata dei corpi di rifugiati è stata mostrata alla televisione serba e giornalisti stranieri sono stati accompagnati sul sito a filmare la carneficina. La televisione serba ha rivelato estratti ciò che ha definito conversazione registrata di un pilota della NATO a cui viene ordinato di attaccare un convoglio civile in Kosovo, nonostante vedesse solo auto e trattori. Ha detto che la conversazione era tra il pilota e un aereo radar di allarme precoce (AWACS). L’estratto ha riguardato il momento critico in cui il pilota individuava il convoglio. Alla domanda se ci fossero dei carri armati nel convoglio, ha detto che vedeva solo auto e trattori. Ma l’altro aereo rispose “E’ un obiettivo militare, un obiettivo militare del tutto legittimo. Distruggere il bersaglio…” [9].
Questo, credo, è il motivo per cui il posto di ascolto venne distrutto.
La capacità d’intercettare le comunicazioni della NATO era molto più dannosa per la credibilità della NATO di qualsiasi altro motivo presunto.
Gli aerei AWACS guidavano tutti i bombardamenti della NATO e la possibilità di registrare le comunicazioni presentava la grave situazione di criminali di guerra che attivamente attaccavano non-bersagli: ospedali, chiese, mercati, ponti, industrie, stazioni televisive e praticamente ogni bersaglio immaginabile. I cinesi, umiliati per l’incapacità di rispondere, prestarono attenzione e si resero conto che Stati Uniti e satrapi partner avvertivano che la Cina era una tigre di carta senza sostanza, e che era la prossima nella lista degli aggressori imperialisti. Da qui, credo, cominciarono a dedicare seriamente un maggiore bilancio per sviluppare le proprie forze militari. Fu, decisero gli analisti cinesi, il campanello d’allarme che li convinse della necessità di una maggiore reattività, sicuramente comprendendo che senza un esercito efficace, le loro economia e sovranità avrebbero subito un attacco comprendente anche armi nucleari. Con il pivot di Obama verso il Pacifico, credo che sia solo questione di tempo!
Note
[1] The Vancouver Sun, “TIANANMEN – CIA man misread reaction, sources say”, 17 settembre 1992, p.A20.
[2] Michael Laris, “Beijing Blames America For Tiananmen Protests“, The Washington Post, 31 maggio 1999.
[3] The Vancouver Sun, “U.S. had ‘inglorious role’ in 1989 protest, China says“, 31 maggio 1999, p.A2.
[4] China Review, luglio 1989, pp. 31-43.
[5] Il presidente della commissione del Senato USA per l’intelligence Richard Shelby, 10 maggio, spiega perché la Central Intelligence Agency diresse la NATO nel bombardare l’ambasciata cinese a Belgrado uccidendo quattro (?) persone. (Altri resoconti parlano di tre uccisi).
[6] The New York Times, “In Fatal Error, C.I.A. Picked a Bombing Target Only Once: The Chinese Embassy“, 23 luglio 1999, p.A9.
[7] The Observer, “NATO bombed Chinese deliberately“, John Sweeney and Jens Holsoe in Copenhagen and Ed Vulliamy in Washington, 17 Ottobre 1999.
[8] The Globe and Mail, “NATO bombs Chinese embassy“, Julijana Mojsilovic, Reuters News Agency, Belgrade, 8 maggio 1999, p.A1.
[9] The Globe and Mail, “Reports on bombing cloud the picture“, 19 aprile 1999, p.A7
[1] The Vancouver Sun, “TIANANMEN – CIA man misread reaction, sources say”, 17 settembre 1992, p.A20.
[2] Michael Laris, “Beijing Blames America For Tiananmen Protests“, The Washington Post, 31 maggio 1999.
[3] The Vancouver Sun, “U.S. had ‘inglorious role’ in 1989 protest, China says“, 31 maggio 1999, p.A2.
[4] China Review, luglio 1989, pp. 31-43.
[5] Il presidente della commissione del Senato USA per l’intelligence Richard Shelby, 10 maggio, spiega perché la Central Intelligence Agency diresse la NATO nel bombardare l’ambasciata cinese a Belgrado uccidendo quattro (?) persone. (Altri resoconti parlano di tre uccisi).
[6] The New York Times, “In Fatal Error, C.I.A. Picked a Bombing Target Only Once: The Chinese Embassy“, 23 luglio 1999, p.A9.
[7] The Observer, “NATO bombed Chinese deliberately“, John Sweeney and Jens Holsoe in Copenhagen and Ed Vulliamy in Washington, 17 Ottobre 1999.
[8] The Globe and Mail, “NATO bombs Chinese embassy“, Julijana Mojsilovic, Reuters News Agency, Belgrade, 8 maggio 1999, p.A1.
[9] The Globe and Mail, “Reports on bombing cloud the picture“, 19 aprile 1999, p.A7
Il 4 giugno 2015 per molti segna il 26° anniversario del massacro di piazza Tiananmen. Ciò che in realtà dovrebbe segnare è l’anniversario di una delle più spettacolari operazioni di disinformazione del Regno Unito, quasi come le mitiche armi di distruzione di massa irachene. La storia originale delle truppe cinesi che nella notte del 3 e 4 giugno 1989 mitragliarono centinaia di innocenti studenti che protestavano nell’iconica piazza Tiananmen a Pechino, fu poi completamente screditata da molti testimoni diretti, tra cui una troupe televisiva spagnola, un corrispondente di Reuters e gli stessi manifestanti che dicono che non fosse successo null’altro che un’unità militare arrivare e chiedere a centinaia di presenti di lasciare la piazza a tarda notte. Eppure tutto ciò non ha impedito che il massacro venga riproposto costantemente, e creduto. Tutto ciò che accadde è che la posizione fu modificata, dalla piazza alle strade che portano alla piazza. La storia originale iniziò con un lungo articolo pubblicato sei giorni dopo dal South China Morning Post di Hong Kong su un presunto manifestante la cui sorte non fu mai accertata (E’ il Buazizi cinese. NdT). Spacciare storie anonime è la tecnica preferita dalla disinformazione inglese, ma non ha impedito che apparisse sulla prima pagina del New York Times del 12 giugno, insieme a foto di veicoli trasporto truppe incendiati seguite dalla foto del tankman, il presunto studente solitario che tentava di non fare entrare nella piazza una fila di carri armati dell’esercito. Il mito della strage, da allora ha messo radici. È vero, nessuno nega che numerosi cittadini e studenti furono uccisi nei pressi della piazza dai soldati, apparentemente fuori controllo. Ma perché? Torniamo a quelle foto dei mezzi incendiati. Il punto di vista popolare è che furono incendiati dai manifestanti arrabbiati dopo la sparatoria. In realtà furono incendiati prima. La prova? Rapporti su cadaveri carbonizzati appesi sotto di cavalcavia (quello fotografato dalla Reuters rimane inedito), e di soldati feriti che cercano rifugio nelle case vicine. I soldati in questo tipo di situazione usano le armi, basta chiedere ai buoni cittadini di Falluja, in Iraq. Per fortuna abbiamo anche i rapporti orari dell’ambasciata statunitense a Pechino, disponibili su Internet, che ci dicono cosa realmente accadde. Svelando che in origine le autorità di Pechino avevano inviato truppe disarmate per cacciare dalla piazza gli ultimi studenti mentre le proteste cominciavano a terminare. Bloccati dalla folla, le truppe furono assediate e questa volta bloccate da una folla armata di bombe molotov, con risultati gravi. Anche così, alcune unità cercarono di trattenere i soldati infuriati. Un rapporto dell’ambasciata parla degli studenti che uccisero un soldato che cercava di entrare nella piazza, spiegando la carneficina nei dintorni.
Sul tankman, sappiamo dal cameraman che lo riprese nella foto ampiamente pubblicizzata, presa dalla finestra dell’albergo il giorno dopo gli scontri, che i carri armati stavano andando via e non entrando nella piazza. Un rapporto dettagliato dall’autorevole Columbia Journalist Review, ‘Il Massacro di Tienanmen è un mito e prezzo della stampa passiva‘ allora prese atto della preferenza dei media per il sangue e storie dell’orrore. Ma niente di tutto ciò sembra aver intaccato la credibilità della storia del massacro di Tiananmen. È vero, parte della colpa è anche di Pechino. Le sue campagne contro i capi della protesta e le accuse su complotti antiregime non fecero buona impressione. Ma aveva le sue ragioni. Frustrati, la lunga protesta iniziò a dissiparsi, alcuni dei capi studenteschi chiesero l’intervento di folle inferocite ancora intorno alla piazza. E come fece quella folle ad avere bombe molotov, arma non utilizzata dai rivoltosi cinesi e ritenuta responsabile della distruzione di oltre 400 veicoli? Il regime aveva tollerato i manifestanti, consentendogli di occupare la piazza centrale per sei settimane. Il segretario generale del partito aveva cercato invano di negoziare, e poi rammaricato dalla mancanza di mezzi di controllo della folla, dovette affidarsi a soldati non addestrati. Poi di nuovo, niente di tutto questo sarebbe successo se il regime non avesse avuto colpe in passato. Le parole del noto scrittore di Taiwan Hou Dejian, che fece lo sciopero della fame in piazza per solidarietà agli studenti, dicono tutto: “Qualcuno ha detto 200 morti in piazza altri numeri più alti come 2000 morti. Ci furono anche storie di carri armati che schiacciavano gli studenti che cercavano di andare via. Devo dire che non ho visto nulla di tutto questo. Io stesso fui in piazza fino alle 6:30 del mattino. “Continuo a pensare, dobbiamo utilizzare le menzogne per attaccare un nemico che mente?“
Sul tankman, sappiamo dal cameraman che lo riprese nella foto ampiamente pubblicizzata, presa dalla finestra dell’albergo il giorno dopo gli scontri, che i carri armati stavano andando via e non entrando nella piazza. Un rapporto dettagliato dall’autorevole Columbia Journalist Review, ‘Il Massacro di Tienanmen è un mito e prezzo della stampa passiva‘ allora prese atto della preferenza dei media per il sangue e storie dell’orrore. Ma niente di tutto ciò sembra aver intaccato la credibilità della storia del massacro di Tiananmen. È vero, parte della colpa è anche di Pechino. Le sue campagne contro i capi della protesta e le accuse su complotti antiregime non fecero buona impressione. Ma aveva le sue ragioni. Frustrati, la lunga protesta iniziò a dissiparsi, alcuni dei capi studenteschi chiesero l’intervento di folle inferocite ancora intorno alla piazza. E come fece quella folle ad avere bombe molotov, arma non utilizzata dai rivoltosi cinesi e ritenuta responsabile della distruzione di oltre 400 veicoli? Il regime aveva tollerato i manifestanti, consentendogli di occupare la piazza centrale per sei settimane. Il segretario generale del partito aveva cercato invano di negoziare, e poi rammaricato dalla mancanza di mezzi di controllo della folla, dovette affidarsi a soldati non addestrati. Poi di nuovo, niente di tutto questo sarebbe successo se il regime non avesse avuto colpe in passato. Le parole del noto scrittore di Taiwan Hou Dejian, che fece lo sciopero della fame in piazza per solidarietà agli studenti, dicono tutto: “Qualcuno ha detto 200 morti in piazza altri numeri più alti come 2000 morti. Ci furono anche storie di carri armati che schiacciavano gli studenti che cercavano di andare via. Devo dire che non ho visto nulla di tutto questo. Io stesso fui in piazza fino alle 6:30 del mattino. “Continuo a pensare, dobbiamo utilizzare le menzogne per attaccare un nemico che mente?“
Gregory Clark è un ex-diplomatico australiano, lettore di cinese e presidente degli universitari in Giappone.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
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