BELPIETRO: "RESTA OSTAGGIO DI RENZI, CHE LO USA COME SCUDO UMANO PER EVITARE DI PERDERE ROMA. VOTARE ORA SAREBBE UNA DEBACLE PER IL PD”
“Con molti consiglieri indagati o in carcere, un partito che gli ultimi sondaggi danno in caduta libera al 17 per cento e una popolarità fra i romani prossima allo zero per le molte gaffe accumulate in due anni di mandato, invece di fare il gesto della vittoria a chi lo contesta, Ignaro dovrebbe dimettersi subito”...
Maurizio Belpietro per “Libero Quotidiano”
Ignaro Marino non è ostaggio di Salvatore Buzzi, come a quanto pare invece erano molti degli uomini del Pd in municipio. Di sicuro però il sindaco è ostaggio di Matteo Renzi, il quale lo sta usando come scudo umano per evitare di perdere Roma. Da quando la Procura ha scoperchiato lo scandalo di «Mafia Capitale» l’attuale primo cittadino è un morto che cammina. Politicamente parlando, ovviamente.
Con molti consiglieri indagati o in carcere, un partito che gli ultimi sondaggi danno in caduta libera al 17 per cento e una popolarità fra i romani prossima allo zero per le molte gaffe accumulate in due anni di mandato, invece di fare il gesto della vittoria a chi lo contesta, Ignaro dovrebbe dimettersi subito. Se non lo fa, se non lo ha fatto già nei giorni scorsi, è solo perché a lui, ma soprattutto al presidente del Consiglio, è noto che le elezioni si risolverebbero in una débâcle per il Pd e per la sinistra, con la concreta probabilità di consegnare il Campidoglio ai grillini. Per Renzi la sconfitta nella Capitale sarebbe una botta peggiore della perdita della Liguria, anzi forse una botta letale.
Già, perché è vero che il risultato di domenica scorsa gli è stato sventolato per giorni sotto il naso, in particolare da una minoranza interna che non sogna altro se non di regolare i conti. Ma perdere la città eterna sarebbe un danno d’immagine difficilmente superabile per il presidente del Consiglio. Come Berlusconi perse Milano avviandosi sul viale del tramonto (di lì a poco avrebbe perso anche Palazzo Chigi), così il capo del governo rischia di immolare sull’altare del Campidoglio la sua immagine vincente.
Certo, in altri tempi e soprattutto altrove, a togliere le castagne dal fuoco ci avrebbe pensato il prefetto, il quale di fronte ai molti scandali, ma soprattutto di fronte alle accuse di infiltrazioni mafiose nella pubblica amministrazione, senza aspettare le dimissioni avrebbe fatto da sé, decretando lo scioglimento del Consiglio comunale. Marino, come è avvenuto ad altri sindaci, sarebbe stato rimosso in ventiquattr’ore dall’incarico e al suo posto sarebbe stato insediato un commissario.
Purtroppo Roma non è Bordighera. Infatti mentre la cittadina di villeggiatura in provincia di Imperia si vide sciogliere il Consiglio comunale e nominare il commissario di governo senza troppi clamori (una decisione presa dall’allora ministro dell’Interno Bobo Maroni), la rimozione della giunta della Capitale non passerebbe inosservata e la notizia farebbe il giro del mondo.
La parola Mafia sarebbe associata definitivamente al nome della città, con il battage pubblicitario alla rovescia che ne seguirebbe. Dal New York Times all’Asahi Shimbun, due tra i principali giornali internazionali, racconterebbero il marcio di Roma, spiegando a chiunque che l’organizzazione mafiosa è così radicata da aver stritolato perfino l’istituzione di una delle più belle città, se non la più bella, del mondo.
Già le cronache marziane della spartizione abbondano, con racconti che sembrano presi direttamente da un romanzo criminale: il capobanda che si compra i consiglieri comunali e lo comunica ai quattro venti, inquirenti compresi, e il tesoriere del Pd locale, che non sapendo come pagare gli stipendi degli impiegati del partito si rivolge direttamente a quel Salvatore Buzzi che già aveva a libro paga assessori e consiglieri.
Immaginatevi che cosa potrebbe raccontare la stampa internazionale di fronte al Consiglio comunale di una capitale sciolto a causa di infiltrazioni criminali. Il fango di certo non si fermerebbe al primo piano, ma salirebbe anche a quello alto, ricordando di quando il dominus della Cooperativa “29 giugno” si attovagliò alla cena di raccolta fondi indetta da Matteo Renzi.
Così se fino a ieri si è potuto scrivere che le schifezze le hanno inaugurate gli uomini di Gianni Alemanno, cioè i fascio amministratori, poi si scoprirebbe che a vendersi al miglior offerente sono stati in tanti anche a sinistra, i quali festeggiavano all’insaputa di Ignaro Marino la sua permanenza in Campidoglio: «Con lui altri tre anni e mezzo», dicevano, «ce magnamo Roma»).
Anche con Alemanno ... se magnava! |
Insomma, per tutti questi motivi, il commissariamento pur essendo, dopo ciò che si è scoperto, la cosa più logica e ovvia non si farà. Anche se il sindaco ciclista ha le gomme sgonfie, Renzi ha bisogno che Marino resti al suo posto. Per questo ha deciso di tenerlo in vita artificialmente nonostante in Campidoglio non ci siano più segni di vita. Per impedire l’accanimento terapeutico praticato sull’allegro chirurgo, non resta dunque che lanciare un’operazione di salvataggio. Salviamo il soldato Ignaro, il solo che sorridendo e facendo in favore di telecamere il segno della vittoria dimostra di non avere ancora capito che per lui la carriera è finita.
Fonte: qui
Fonte: qui
Nessun commento:
Posta un commento