Benvenuti nella strepitosa ripresa americana! La “banche del cibo” Usa, infatti, stanno terminando le scorte, con il 37% dei gestori che ha ammesso come sia costretto a mandare via bisognosi perché incapace di offrire loro generi di conforto. Solo a New York si tratta di 2,6 milioni di persone (in parte occasionali), mentre circa 1,4 milioni di cittadini della Grande Mela dipende interamente dalle food pantries per poter mangiare, stando a dati della Food Bank of New York City. E stando a quanto rivelato da PressTv, non sono solo senzatetto e disoccupati a usufruire delle mense gratuite, visto che molti visitatori sono cittadini con un impiego che però guadagnano troppo poco per poter portare in tavola del cibo senza un aiuto. Michale Berg, direttore di un’organizzazione che gestisce tre mense a New York, ha dichiarato all’Associated Press che la domanda di cibo nella città è aumentata del 20% all’anno dall’inizio della crisi. E l’aumento maggiore si è registrato a partire dal 2013, quando il Congresso ha tagliato i fondi a disposizione del Supplemental Nutrition Assistance Program, portando la media per persona a 18 dollari al mese! In compenso, Wall Street è ai massimi e Barack Obama è stato premio Nobel per la Pace.
E il 40% di chi beneficiava di tale sussidio – noto come “food stamp” – ora è dovuto ricorrere ai servizi alimentari di emergenza, ovvero le mense, stando a un articolo del New York Times. In compenso, l’inflazione sale negli Usa e proprio il comparto alimentare sta subendo gli incrementi maggiori. Nella patria delle bistecche alte tre dite e degli hamburger, infatti, sempre meno americani possono permettersi il lusso della carne, visto che stando a dati del Bereau of Labor Statistics, dopo un 2014 che ha visto il prezzo di manzo e vitello salire del 24%, nel maggio di quest’anno l’indice del prezzo Beef&Veal è arrivato al massimo record di 260.8, su del 12,3% annualizzato e del 30% a due anni, come ci mostra il grafico.
E a confermare che l’inflazione nel carrello della spesa reale degli americani c’è (cosa farà la Fed? Una bella revisione al ribasso del dato?), ci pensano le aziende produttrici non solo di alimentari ma anche di altri genere di primo consumo, come ad esempio i prodotti per l’igiene personale. Insomma, la corporate America sta cercando di nascondere l’inflazione galoppante creata dalla Fed con cinque anni di stampa ininterrotta (ma che non si deve né sapere, né tantomeno dire) con il più vecchio dei trucchi: mettere meno prodotto nelle confezioni, alzando in qualche caso anche il prezzo. La pratica ha anche un nome, “weight out”, nel gergo aziendale, mentre in caso di cause legali si parla di “slack fill”: è il caso della McCormick&Co, la quale già da inizio anno ha cominciato a mettere il 25% in meno di pepe nero nella sue confezioni, di fatto però vendendole allo stesso prezzo di sempre.
E questo vale anche per le patatine nel sacchetto o per i cereali della prima colazione, mentre nel caso dei rotoli di carta igienica “alleggeriti” si parla di “de-sheeting”. Ma, come vi dicevo, non solo cibo, visto che i giganti Procter&Gamble e Unilever a settembre scorso hanno subito altrettante class-actions per il loro modo un po’ distratto di riempiere le confezioni di deodoranti Old Spice e Axe, come ci mostra questa fotografia.
Che dite, tutti sintomi di un Paese che scoppia di salute economica, non vi pare? Questo altro grafico, ci mostra poi come l’inflazione non stia pesando solo per affitti e cibo ma anche sul prezzo dei carburanti, alla faccia del “taglio fiscale” che il risparmio sulla bolletta energetica doveva garantire ai consumatori americani grazie al calo del prezzo del petrolio.
In compenso, i salari stanno crescendo, infatti la Fed continua a sbandierare questo dato come uno spauracchio hawkish per il rialzo dei tassi. Proprio sicuri? Quest’ultimo grafico parrebbe dire il contrario,
visto che a fronte di un dato UMich di giugno rispetto al sentiment dei consumatori in crescita da 90.7 a 94.6, le aspettative legate ai redditi sono le più alte dal 2008 ma anche le più divergenti di sempre dalla realtà macro e dai tendenziali di crescita. Capito da dove arriva tutta la speranza dell’indice UMich, da un mondo in cui la gente – per disperazione – arriva a credere anche agli unicorni. Ma qualcuno, invece, sembra aver mangiato la foglia. E’ di sabato, infatti, la notizia che lo Stato del Texas ha emanato una legge che impone il rimpatrio di un miliardo di dollari di oro depositato presso la Fed di New York per essere stoccato in un caveau in loco, con tanto di articolo correlato al Bill che vieta la confisca forzata dello stesso da parte delle autorità federali. Della serie, della Fed e delle Banche centrali in genere, non si fida più nessuno.
Viva gli Usa della ripresa, viva il compagno Obama!
Fonte: qui
Fonte: qui
Nessun commento:
Posta un commento