Era nascosta in tre container arrivati dal Sudamerica.
Duro colpo alla 'ndrangheta in Calabria. E nel Crotonese 36 arresti
Duro colpo al potere e agli affari della 'Ndrangheta in Calabria. A Gioia Tauro, è stata intercettata e sequestrata più di una tonnellata di cocaina che ai clan avrebbe potuto fruttare oltre 260 milioni di euro. Nel Crotonese invece, 36 persone legate al clan Arena-Nicoscia sono state arrestate questa mattina perché accusate a vario titolo di associazione mafiosa, illecita detenzione di armi e traffico di droga.
Maxisequestro a Gioia Tauro
"Dopo il calo registrato nel 2018 per una serie di circostanze come la modifica delle rotte di spedizione e un generale calo dei volumi di traffico nello scalo, dal 2019 Gioia Tauro è tornato uno degli snodi portuali centrali del traffico di droga". Parola di Giovanni Bombardieri, capo di quella procura antimafia di Reggio Calabria che dal luglio 2019 al 30 giugno 2020 ha coordinato le operazioni di sequestro di oltre 4 tonnellate di cocaina. Numeri cui si aggiungono i 1300 chili sequestrati in meno di una settimana al porto di Gioia Tauro. La cocaina viaggiava nascosta in tre diversi carichi, nascosta in container di caffè, carne congelata e frutta esotica, provenienti dal Brasile e dall'Ecuador. Ma la diversificazione delle rotte di spedizione e della merce fra cui i borsoni di cocaina erano nascosti non ha ingannato Guardia di finanza e Agenzia delle dogane, che con il coordinamento del procuratore Bombardieri e dell'aggiunto Gaetano Paci hanno individuato e sequestrato tre diversi carichi. Risultato di un metodo ormai rodato. Per bloccare i fiumi di droga che regolarmente arrivano dall'America Latina, gli investigatori hanno da tempo a punto un sistema di controlli mirati basato su analisi di rischio, che permette di individuare i container sospetti e procedere a ispezioni mirate anche grazie ai sofisticati scanner dell'Agenzia delle Dogane. "Non tutta la droga che passa da Gioia Tauro si ferma qui" spiega il procuratore Bombardieri. I guadagni però arrivano comunque nelle tasche dei clan. Se la cocaina purissima intercettata nell'ultima settimana a Gioia Tauro fosse stata messa sul mercato, alla 'Ndrangheta avrebbe potuto fruttare oltre 260 milioni di euro.
La rete di "cavalli" degli Arena-Nicoscia
È sempre seguendo le rotte della droga, che la procura antimafia di Catanzaro, guidata da Nicola Gratteri, è riuscita invece ad individuare la rete di spaccio e traffico del clan Arena-Nicoscia di Crotone. Da questa mattina all'alba, 36 persone sono state arrestate - 5 in carcere e 31 ai domiciliari - dalla polizia di Crotone e dal Servizio centrale operativo, con la collaborazione dei poliziotti delle squadre mobili di Bergamo, Catanzaro, Cosenza, Milano, Novara, Vibo Valentia e Reggio Calabria, del Reparto prevenzione crimine di Bari, Cosenza, Lecce, Vibo Valentia e Siderno e delle Unità cinofile di Vibo Valentia e Reggio Calabria. Un'operazione a vasto raggio che ha permesso di individuare e disarticolare la rete di piccoli distributori, "cavalli" deputati allo spaccio e consumatori che faceva capo al clan del crotonese.
Usura, estorsione e autoriciclaggio, quattro fermi a Bergamo
Ma i tentacoli del clan Arena non si fermano al loro feudo di Isola Capo Rizzuto. Quattro persone, a vario titolo legate alla famiglia del crotonese, sono state fermate questa mattina dai carabinieri di Bergamo perché accusate a vario titolo di estorsione, usura, riciclaggio ed autoriciclaggio di denaro e bancarotta fraudolenta. Secondo quanto emerso dall'inchiesta, gli uomini del clan Arena, con la complicità di un imprenditore locale, avevano messo in piedi un complicato sistema di acquisizione fittizia di una ditta di trasporti, usata per riciclare capitali illeciti per poi condannarla al fallimento. E sempre a loro faceva capo un sistema di prestiti ad usura in cui sono rimati impigliate decine di persone. Ma l'inchiesta sembra destinata ad allargarsi. Dalle prime luci dell'alba, sono in corso perquisizioni in tutta la provincia di Bergamo per ricostruire la rete che ha permesso ai quattro fermati - moglie e marito residenti a Seriate e due persone individuate in Piemonte e in Calabria - di inanellare innumerevoli operazioni di falsa fatturazione e altri reati fiscali. I quattro avrebbero potuto contare tanto su prestanome, pronti a intestarsi società cartiere, come professionisti del settore contabile e fiscale che avrebbero messo a punto le operazioni.
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