domenica 15 dicembre 2019

LA BOLLA DELLA SINISTRA FUCSIA

Boris Johnson e  con lui i conservatori hanno conquistato la maggioranza persino nella Blyth Valley, desolata plaga post-industriale del Northumberland in cui l’elettorato  votava “rosso” dal 1950:  e rossi duri. Il programma di Corby  era davvero socialista,  a cominciare dalle nazionalizzazioni. –  Allo stesso modo ha votato tories – inaudito  – il “paese nero”  –  dall’antico ricordo del carbone estratto che alimentò la prima  gigantesca rivoluzione  industriale, Northumberland, Stoke-on-Trent, Wolverhampton North East, West Bromwich East  Sedgefield  tradizionale feudo di Tony Blair.
E’ più di “una   sconfitta, ma una disastrosa rotta, con il voto di Labour che precipita in collegi un tempo  sicuri”, scrive  il Telegraph  esultante, “il muro rosso  che crolla”.
(e il Regno Unito fa ciao-ciao)
Pour ceux qui avaient encore un doute, les Britanniques veulent vraiment le . Le second référendum souhaitait par certains a eu lieu ce jeudi 12 décembre 2019 et il confirme celui de 2016. Le aura lieu le 31 janvier, comme prévu.
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Ci sono analogie con le nostre regioni rosse? Vedremo. Ma una analogia è già vistosa: “la  bolla psichica di Londra”, radical chich  e “liberal” fucsia,  anche  quelli che  votano Tories  ma hanno guardato a Boris Johnson come a un pittoresco mattoide  –  non ha visto arrivare la frana: né i sondaggisti, né gli esperti da talk  show.
I  sondaggisti si sono spinti a profetizzare per Boris un successo limitato,  alcuni anche un sostanziale testa e testa di Corbyn,  che avrebbe dato al vincitore  un parlamento metà e metà, che avrebbe  dovuto obbligare  il biondo a fare un governo di coalizione.   Vedrete,  andrà così, dicevano i politologi interpellati dalla BBC.
Boris e la preda
Ricordate? “Hillary in testa” ci assicurava la celebre corrispondente  RAI da  New York. E’ il vizio della sinistra fucsia: in fondo  fanno i sondaggi chiedendo agli  amici durante  l’apericena e  le riunioni di redazione  o  la manifestazione per il Clima e interrogano le sardine.
E’ la bolla  in cui vivono.
In Inghilterra come da noi, a votare Brexit o Salvini la cementizia convinzione che solo anziani di scarsa istruzione,”deplorevoli” e “senza denti”  potevano aver paura del nuovo; i giovani voteranno Corbyn, che senza dirlo chiaro  faceva  balenare un  secondo referendum, dove avrebbe vinto il “remain”:  loro “sentivano” che sempre più inglesi si erano pentiti di aver votato Brexit, ed ora volevano un nuovo referendum – per  restare in quella meravigliosa gabbia tedesca che è  la UE, con la sua crescita letargica.
Titolo di Repubblica giugno 2017: gli inglesi si sono pentiti
(Fassino, celebre per le sue previsioni)
Se questa era il sentimento nella bolla  di Londra-City, incapace di sentire che nel paese nero  uno dei motivi che ha fatto girare le spalle al Labour  è stato proprio la sua ambiguità  sul Brexit  figuratevi nella bolla delle bolle, fra Bruxelles e  Berlino.
“Almeno non sentiremo più certi responsabili eurocrati  a Bruxelles  che il Brexit non avrà luogo, che i britannici sono “pragmatici” e  quelli che aspettavano un secondo referendum: il secondo referendum è questa votazione. Il Brexit avrà luogo il 31 gennaio.
Le conseguenze per l’eurocrazia  sono delineate con la  suprema lucidità da Ambrose Evans Pritchard:
(a  proposito, in Francia…)
Goldman Sachs –  per nulla favorevole al  Brexit – ha valutato $ 150 miliardi di flussi di capitali globali pronti ad investirsi nell’economia del Regno Unito ora che  il Parlamento ha  smesso  di ostacolare. Si aspetta una “accelerazione retroattiva” degli investimenti, portando la crescita a un tasso del 2,4% entro la fine del prossimo anno. Sta scommettendo su un’espansione di tre anni superiore al 2% e su un’impennata di recupero delle attività depresse del Regno Unito.”
Una crescita del 2,4% come effetto ritardato del Brexit.  Non  male, se lo confrontiamo col nostro  zero virgola… Ma sarà anche di più. Come ha notato il nostro Barra Caracciolo, essendo il Regno Unito  un  contributore netto al bilancio UE (come l’Italia…) ,  per effetto del  meri Brexit con il risparmio del contributo, si trova ad avere uno spazio di manovra  aggiuntivo di  10 miliardi, poco meno dello 0,4% del Pil, che  può immediatamente convertire in sgravi fiscali  o  maggior spesa pubblica.
“Inoltre, per il resto della contribuzione, diciamo la parte a “prestazione corrispettiva”, il Regno Unito disporrà di circa 0,7 punti di Pil di spazio fiscale, che potrà comunque destinare diversamente da quanto gli imponeva l’adesione ai programmi di spesa vincolati al bilancio Ue: potrà così, – e con l’aggiunta di 10 miliardi di risparmi “certi”, scegliere di incentivare maggiormente la ricerca scientifica, in finanziamento di start-up, o di imprese già esistenti, nei settori, come quello energetico e della mobilità, ritenuti strategici, o potenziare il proprio sistema sanitario pubblico o quello infrastrutturale, combattendo la povertà mediante la creazione pubblica di posti di lavoro.
Ed infatti, Boris Johnson, nella sua campagna elettorale ha molto enfatizzato questi temi – in particolare quello del rafforzamento della sanità pubblica…. Relativi alla maggior capacità, derivante dall’uscita dall’Ue, di svolgere politiche fiscali e industriali più estese e più mirate alle esigenze del Paese”.
Sicché gli eurocrati che conta(va)no che “ Boris dovrà arrendersi a tutte le richieste di Michel Barnier  (che guida la task force  eurocratica  per trattare i dettagli dell’uscita con Londra)  per ottenere accordi commerciali con la UE alla svelta e a qualunque costo”, si fanno delle illusioni, dice  Evans Pritchard :   Boris, come si vede, ha un tesoretto e un cuscinetto finanziario,  “mentre l’Europa è ferita ed esaurita; è pericolosamente vicina alla deflazione strutturale ed  ha una soglia di dolore bassa.
” La Germania è in crisi industriale ormai da sette trimestri. Non solo: secondo Goldman Sachs, in questa caduta  tedesca,  la prospettiva del Brexit (perdita di un  grosso mercato delle sue auto,  crisi della catene di approvvigionamento,  chiusure di canali fiduciari)  ha avuto l’effetto  determinante”.
Una bellissima eterogenesi dei fini:  tanto più se si pensa che nei mesi scorsi,  l’oligarchia  di Bruxelles (vedi Martin Selmayr, il badante di Juncker ) ha cercato i  modo di  punire l’Inghilterra per la sua decisione, facendole pagare un prezzo altissimo, anche per non  far veder ad altri che, fuori dalla UE, si prospera:
“La feroce umiliazione che  hanno inflitto a Theresa May, obbligandola a presentare al  Parlamento un accordo in tali termini che nessuno stato sovrano poteva ragionevolmente accettare”, ha avuto anche questo effetto collaterale: di aggravare l’ultima recessione e spingere la zona euro in profondità in una crisi strutturale.
E  Juncker e il suo badante hanno continuato a stringere i ceppi dei loro”strumenti di tortura”, fino a  quando è stata la Merkel  s’è accorta che la tortura aveva un effetto sull’economia tedesca,  avrebbe detto: “Non siamo capaci di inventare un testo  che Johnson possa firmare?”
Martin Selmayr, il vero governante dietro Juncker. E’ stato lui a volere rendere punitivo il Brexit.
Si aggiunga che questa geniale classe dirigente UE-tedesca  si è posta in rotta di collisione con  l’America di Trump, mentre ovviamente Boris ha rapporti ottimi.
Si aggiunga l’evidente cambiamento del  pensiero francese – e  di Macron –  l’impazienza   verso  la UE frenata da Berlino, e  la NATO in morte celebrale.  Macron ha un interesse decisivo a tenersi Londra  – la sola che abbia un’altra decente forza armata –  più vicina possibile nel sistema europeo  di difesa e sicurezza, che lui vuole  più autonomo da Washington.
Forse che albeggia nella oligarchia di Bruxelles  e  nella  leadership tedesca  una consapevolezza del disastro a cui hanno ridotto “il sogno europeo”? Macchè. Dopo  l’alterco che hanno avuto con Trump  al vertice NATO, la Von der LEyen e i suoi boys al  potere a Bruxelles   hanno concepito un piano grandioso: “I leader della UE ritengono che è ora che l’euro debba svolgere un ruolo più ampio per competere contro gli Stati Uniti e  la Cina”. Ne ha dato notizia il Financial Times
L’euro, moneta disfunzionale per volontà tedesca, dovrebbe  diventare moneta di riserva da  far paura al dollaro  e contrastate pure  Pechino, già che c’è. L’economista Ashoka Mody,  di solito compassato,  si  è domandato quale sostanza illegale stiano fumando negli uffici di Bruxelles.

Forse è la chiave giusta per capire: la bolla in cui  vivono i privilegiati, che anche in Italia  non ha  permesso di vedere il trionfo di  Boris Johnson, come già successe alle elezioni di Trump. Ma la droga si chiama arroganza e  delirio di potenza. Fonte: qui

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