domenica 15 dicembre 2019

LA RAPIDA DISCESA DA CIVILI A DEGENERATI.


Secondo un’ipotesi, i “selvaggi”  che ancora sopravvivono in certe isole indonesiane o nel Mato Grosso o nello stato indiano dell’Orissa (alcune di  tali tribù visitai  io stesso, nei loro villaggi  di capanne)  non sono affatto dei “primitivi”, bensì dei de-generati, scaduti da più antiche ed alte civiltà perdute. Pochi gli indizi: gli etnologi indicavano il trasparire,nelle credenze di tali selvaggi,la credenza in un Dio Unico e “Padre di tutti”, ancorché non più venerato.  La teoria, chiamata Urmonotheismus,  non è più seriamente sostenuta accademicamente
E  tuttavia, abbiamo oggi  il triste privilegio   – etnologicamente notevole  –  di assistere al fenomeno della degenerazione  di un popolo dallo stato di civiltà superiore alla condizione di comunità neo-selvaggia.
Lo  vediamo accadere sotto i nostri occhi. Nel  popolo italiano, e con una velocità impressionante.

Guardate  certi sintomi giganteschi, che però  passano inosservati nel loro significato  di ritorno al primitivo. Nella capitale, tre stazioni della metropolitana sono chiuse da mesi, per incapacità tecnico-gestionale. Autobus prendono fuoco  ogni giorno; non si è in grado di far funzionare correttamente la pulizia urbana… Non siamo più  all’altezza tecnica né per far  funzionare correttamente una metropolitana,  né al livello amministrare  una compagnia aerea  nazionale su cui abbiamo collettivamente dilapidato centinaia di miliardi. E torme di cinghiali rovistano tra le montagne di spazzatura e  minacciano –  resi intoccabili da divieti di “ecologisti”  imperiosamente incompetenti.
I nostri figli fra i più ignoranti della media OCSE,  dei quindicenni  23 per cento di loro che non ha  le competenze  culturali minime per comprendere testi su argomenti non familiari, distinguendovi i fatti dalle  opinioni; le competenze  scientifiche decenti le hanno i 3%& (contro la media OCSE del 7).  I laureati sulla popolazione sono il 18%, contro il 46% di Regno Unito ed Usa.
Una  giovane professoressa di liceo classico mi ha detto tempo fa che quando spiega  Dante,  ha scoperto che  un buon numero dei suoi studenti ignora che cosa sia il Paradiso:  nessuno gliene ha mai parlato né in famiglia né in altre  “agenzie educative” (in  parrocchia non ci vanno); una  simile falla culturale  – chissà  quante altre ne hanno- che rende loro inaccessibile la cultura storica e patria.
Del resto, il 30% dei nostri giovani che né studia né lavora: una generazione perduta per  la civiltà, oltre che per il valore della dignità personale. Come volete che si manifestino, se non come “primitivi”? Basta sentire la “musica” – inarticolata  in suoni come nelle parole – cui  danno il loro assenso  e  confrontarla con   quelle dei cantanti pop di qualche generazione fa, dai Beatles ad Edith Piaf e Frank  Sinatra, e alle  canzoni napoletane – un filone di grande lirismo di popolo.  La banalità  dei loro gusti e piaceri;  l’ossessione della discoteca  – e la droga che ne è il corollario  – come unico totalitario “divertimento”,   la sessualità banalizzata che finisce per non interessare  più, se non lo sbocco nella pornografia;  l’adesione cementizia a tutti i dogmi del conformismo imposto  da media e persuasori per nulla occulti;  la mancanza di capacità intellettuale critica; il fatto che si coprano il corpo di tatuaggi bicolori,  per sé un sintomo chiarissimo di volontà di discesa verso lo stato selvaggio e  “l’abbandono della  civiltà”  e delle sue luci per entrare in contatto con quelli che Georges Batailles chiamò “gli Arconti Osceni”.

La   causa?  Ovviamente si addita  il pedagogismo come pseudo-scienza  educativa, denunciata da Galli della Loggia

Ovviamente, l’abbandono da  parte della famiglia dei suoi compiti educativi  in  nome della “libertà”   e del “non traumatizzare” i bimbi per esempio con le favole “”ansiogene”) ed  ogni  discorso  sull’aldilà e sulla  morte, dunque sulla religione. Ma ancor più a fondo, la “famiglia”  fatta da genitori separati, ciascuno de  quali seguendo il suo sogno di “felicità sessuale” vive adesso con ”un papà”   o “mamma” non propri che i figli vivono con un tradimento, una ipocrisia  e un abbandono. La  professoressa di  cui sopra mi diceva che il dolore profondo e ineliminabile che legge negli occhi di tanti suoi studenti di quelle famiglie.
Ma bisogna accusare  l’ideologia corrente e vigente,  il permissivismo.  Già Sigmund Freud aveva acutamente indicato nella  moralità sessuale,  o sublimazione  degli impulsi sessuali un  – anzi il – fattore di  civiltà e cultura: «la pulsione sessuale mette enormi quantità di forze a disposizione del lavoro di incivilimento  […]  Chiamiamo facoltà di sublimazione questa proprietà di scambiare la meta originaria sessuale con un’altra, non più sessuale ma psichicamente affine” come “la creazione artistica, l’indagine intellettuale e in generale le attività più elevate dello spirito umano” cui la società attribuisce, in genere, grande valore.
Freud, che ne scrisse all’inizio del 19  secolo, non ha completamente sviluppato questa intuizione. Ho appreso con interesse che  nel 1936  un etno-sociologo di Oxford, James D. Unwin,  pubblicò un volume di 600 pagine, in cui (evidentemente pescando nella miniera  delle relazioni dei funzionari coloniali e missionari alla Royal Society  sugli usi e costumi  dei  popoli) esamina  i costumi di 86 civiltà, culture e tribù  per vedere se esiste una relazione tra libertà sessuale e  la fioritura culturale.
(Una versione scaricabile in pdf di Unwin’s Sex and Culture è disponibile qui )
Compito troppo vasto, si dirà. Unwind appare inoltre come un scientista evoluzionista e razionalista tipico della sua epoca.  Il fatto che scriva nel ’36,  decenni  prima che  il mondo anglo-americano prima  con il Rapporto Kinsey (1953) sdoganasse   il  tema  in una società  rigorosamente puritana, e poi, negli anni 70-80, diffondesse  nel mondo la “rivoluzione  sessuale” e la “liberazione dai tabù”.
Il fatto  è che questo Toynbee del sesso  ritiene di aver appurato che “il  singolo fattore in relazione con il fiorire di una cultura era se la castità pre-matrimoniale era imposta e pretesa nei suoi membri da quella cultura”. E  massima fioritura si trova in quelle società dove “la castità prematrimoniale è unita alla monogamia assoluta”  (un solo partner, salvo nel caso di morte del coniuge”: “E’  la combinazione più potente:  tale combinazione, mantenuta per tre generazioni,  la fa eccellere sulle culture vicine in letteratura, arte,  architettura, ingegneria ed agricoltura”.
Per converso, Unwin scopre che quando la severa castità prematrimoniale è stata  abbandonata da  una civiltà,  decadono insieme “ la monogamia assoluta, il deismo e il pensiero razionale” entro  “tre generazioni dal cambiamento nella libertà sessuale”. Questa società  decade ad una  condizione che Unwin definisce “inerte”  di “capacità concettuale morta”,  caratterizzato da persone che hanno scarso interesse per molto altro oltre ai propri desideri e bisogni. A questo livello, la cultura è di solito conquistata o rilevata da un’altra cultura con maggiore energia sociale.
“La storia di queste società è costituita da una serie di ripetizioni monotone; ed è difficile decidere quale aspetto della storia sia più significativo: la deplorevole mancanza di pensiero originale che in ogni caso mostrarono i riformatori sociali [che  l’hanno “liberata”], o la sorprendente alacrità con cui, dopo un periodo di intensa continenza obbligatoria (moderazione sessuale), l’organismo umano coglie la prima opportunità per soddisfare i suoi desideri innati in modo diretto o perverso. A volte   sentite qualcuno dichiarare che desidera sia godere dei vantaggi dell’alta cultura sia abolire la continenza obbligatoria. La natura intrinseca dell’organismo umano, tuttavia, sembra essere tale che questi desideri siano incompatibili, persino contraddittori. Il riformatore può essere paragonato al ragazzo sciocco che desidera sia conservare la sua torta che consumarla. Ogni società umana è libera di scegliere se mostrare grande energia o godere della libertà sessuale; l’evidenza è che non può fare entrambe le cose per più di una generazione”.
Che dire? Può sembrare un  insieme di asserzioni apodittiche.  Tuttavia, l’educazione alla procrastinazione della soddisfazione sessuale, è sempre stata raccomandata dagli educatori tradizionali con un preciso riferimento alla civiltà da costruire  in s,non di moralismo. Gurdjeff racconta che il suo primo maestro, il prete armeno padre  Borsh, gli disse: “Se un adolescente soddisfa la propria concupiscenza,  non fosse che una volta, prima della maggiore età, gli capiterà  come a quell’Esaù che, per un piatto di lenticchie, vendette il suo diritto di primogenitura, cioè  il bene  di tutta la sua vita … perde la possibilità di essere realmente un uomo degli di stima”.
Chissà che il degrado delle forme d’arte e del pensiero,lo scadimento della  cultura, l’ignoranza e la passività non abbiano questa  origine unica,  l’avere venduto in troppi  il bene della vita  per il piatto di lenticchie.
Abbiamo troppo dimenticato la funzione della Donna – e precisamene della donna che si nega,  o l’irraggiungibile   oggetto di desiderio e di  tutti i sogni  –  sia il centro e il fuoco delle  nobili aspirazioni  dei maschi;  “a  egregie cose i forti animi accesero” quelle donne di corte, le Isotte, le Ginevre  delle corti medievali: per “conquistare” il loro sguardo,  venivano ispirati gli atti di coraggio guerresco e grandi imprese,  poesie e musica dell’amor “cortese”.
Henry  de Montherlant si domanda come mai  l’intera poesia dei trovatori sia”esaltazione dell’amore infelice,  amore perpetuamente insoddisfatto,  poeta che cento volte che cento volte rideclama il suo lamento, e la bella che risponde di no”. E in fondo le poesie dei nostri  stilnovisti  sono sullo stesso registro.
Ma nell’apice  della cristianità, fu inventata – e mantenuta come un gioco aristocratico pieno di reale tensione erotica – quasi una scienza  della  sublimazione d’amore, in quanto incitatrice di grandi cose.  I trovatori parlarono infatti di leys  d’amors come oggi si parla di leggi della fisica:  comportamenti codificati che sarebbe errore ridurre a galateo.
Nessun trovatore (e nemmeno Dante) ha mai scritto musica e dedicato poesia alla propria moglie; perché il matrimonio è solo unione dei corpi, invece quel che si cercava era  “il balzo verso l’unione luminosa” che è l’Eros supremo.
De Montherlant ricorda il fervido rituale del vassallaggio amoroso: il cavaliere ha vinto nella giostra  per i begli occhi della sua amata segreta, il poeta ha conquistato la sua dama con la bellezza dell’omaggio musicale.
“Egli le giura in ginocchio eterna fedeltà, come si fa con un sovrano. In pegno d’amore, la dama dava al suo paladino un anello, o il suo fazzoletto, gli ingiungeva di alzarsi e gli deponeva un bacio sulla fronte. D’ora  in poi, i due amanti saranno legati dalle leggi della cortezia: il segreto, la misura … E soprattutto l’uomo sarà  il  servente della donna”.
I “due amanti”? Stupefacente  amore, come  disse il trovatore Guillhelm Montanhagol: “E d’amor mou castitaz”  – ossia: dall’Amore muove la castità.  Sorprendente, inverosimile?
Basta però ricordare che Francesco, prima di esser chiamato dal Crocifisso, si voleva cavaliere.  E quando si legò a Madonna  Povertà,  si  fece suo servente nel vassallaggio amoroso, spinto da  cortesia  di  omaggio e mettersi al servizio di una Dama  così trascurata, a cui nessun cavaliere vuol  farsi  vassallo.
Patrono d’Italia, intercedi per noi
Fonte: qui

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