lunedì 17 giugno 2019

ITALIA, IN MEDIA PER OGNI FAMIGLIA SONO STATI SPESI 1.437 EURO IN CONSULTI MEDICI (+7,2% RISPETTO AL 2014)

CON I TEMPI DI ATTESA BIBLICI PER VISITE E ACCERTAMENTI, UN ITALIANO SU TRE SI RIVOLGE AL PRIVATO: NEL 2018 SPESI 37 MILIARDI 

Paolo Russo per “la Stampa”

I tempi di attesa per visite e accertamenti restano biblici e 19,6 milioni di italiani attingono sempre più al portafoglio per imboccare la scorciatoia che porta al privato. Nelle cui casse ogni famiglia lo scorso anno in media ha versato 1.437 euro, che moltiplicato per il numero degli assistiti d' Italia fanno 37,3 miliardi di euro di spesa sanitaria privata, in crescita del 7,2% rispetto al 2014. Somme che lievitano del 50% quando i conti si fanno in tasca ai malati cronici e che triplica addirittura per i non autosufficienti.
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«Soldi spesi in larghissima parte proprio per non sottoporsi al calvario delle liste di attesa, visto che quasi sempre si è trattato di prestazioni ritenute necessarie dal medico», spiega Francesco Maietta che ha curato il rapporto del Censis su sanità pubblica, privata ed integrata, presentato al "Welfare day 2019" organizzato da Rbm Assicurazione salute. Affermazioni supportate dai numeri, perché chi si è rivolto direttamente al privato nel 92,5% dei casi aveva in tasca una prescrizione per la visita oncologica, percentuale che è superiore all' 88% per la chirurgia vascolare e gli accertamenti diagnostici, mentre è dell' 82,4% per le prime visite cardiologiche con Ecg.

L' indagine del Censis, condotta questa volta su una vasta platea di 10mila assistiti, racconta che quasi un cittadino su tre quando si è sentito dire che le liste di attesa erano chiuse o di ripassare tra qualche mese ha deciso di bussare al privato. Del resto lunghe o bloccate le liste di attesa sembrano continuare ad essere invalicabili. In media 128 giorni per ottenere una visita endocrinologica, 65 per una oncologica, 58 per il neurologo, 57 giorni per il gastroenterologo e 56 per farsi ricevere da un oculista.

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E non va meglio per gli accertamenti diagnostici, dove si aspetta in media 97 giorni per una mammografia, 75 per la colonscopia, 71 per una densitometria ossea e 49 giorni per effettuare una gastroscopia. Questo quando si riesce a farla la prenotazione.
Perché com' è capitato non a un assistito qualunque ma al ministro della salute Giulia Grillo, si può passare anche una mattinata intera al telefono senza che il Cup risponda. Del resto sono stati oltre 16.500 i cittadini che hanno segnalato disservizi sui tempi di prenotazione al numero verde "1500" del Dicastero.

Una via di uscita in realtà ci sarebbe e la offre la legge che consente di recarsi direttamente e gratuitamente (salvo ticket) dal privato convenzionato quando non vengono rispettati i tempi massimi stabiliti dal Piano nazionale o da quelli regionali per le liste d' attesa. «Peccato che molti cittadini ignorino questa possibilità e che le Asl facciano melina ritardando le autorizzazioni», denuncia il segretario nazionale del Tribunale dei diritti del malato, Antonio Gaudioso.

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Di fronte a questo stato di fatto non c' è poi da meravigliarsi se molti decidono di non perdere nemmeno tempo al telefono in attesa di una risposta del Cup e vanno diretti verso il privato. Opzione scelta dal 44% degli italiani per almeno una prestazione sanitaria. Nel 38% dei casi da chi ha un reddito basso, nel 50,7% da chi può spendere privatamente senza mettere a rischio la tenuta dei bilanci familiari. Segno che alla fine le liste d' attesa diventano anche un fattore di discriminazione sociale.

E neanche a dire che dietro questa corsa al privato si nasconda qualche pregiudizio sul servizio pubblico, perché la maggioranza degli assistiti "surfa" tra i due rami della nostra sanità. Il 62% di chi ha effettuato una prestazione nel privato, ha infatti usufruito di almeno una visita nel pubblico. Anche in questo caso una libertà di scelta appannaggio più dei redditi alti che di quelli bassi.
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Dinanzi a questo quadro non ci si deve poi stupire che aumentino gli assistiti ai quali non vengono garantiti i livelli essenziali di assistenza. I dati illustrati dall' ad di Rbm, Marco Vecchietti, dicono che se nel 2006 erano solo un milione e 300mila gli italiani fuori dal perimetro dei Lea, oggi sono lievitati a 8,7 milioni. «Bisogna raddoppiare il diritto alla salute degli italiani garantendo a tutti la possibilità di aderire alla sanità integrativa», propone Vecchietti portando acqua al suo mulino. Che altri vorrebbero si versasse nella sanità pubblica da troppi anni in cura dimagrante. Fonte: qui

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