martedì 27 settembre 2016

Roma, la polizia sgombera immigrati in via Vannina. Protesta e blocco di via Tiburtina

Questa mattina gli agenti hanno inziato a liberare alcuni edifici occupati abusivamente. 

Ma una settantina di immigrati che vivono lì hanno opposto resistenza e hanno fermato il traffico

Erano quasi le nove di questa mattina quando gli agenti della polizia hanno iniziato l'attività di sgombero di alcuni immobili occupati abusivamente da extracomunitari in via di Vannina, ai civici 74, 76 e 78. Negli edifici c'erano circa 70 persone. 

Dopo che una trentina di loro sono state portate via per le procedure di identificazione, le altre hanno inscenato una protesta sulla via Tiburtina, nei pressi del civico 1113.





Lo sgombero degli stabili occupati era programmato da tempo. Ma quando la polizia ha tentato di liberare gli edifici, è scoppiata la protesta: gli occupanti abusivi hanno trascinato carrelli e bidoni in mezzo alla strada. Hanno anche lanciato uno di questi carrelli contro un'auto della polizia.

Il traffico è stato bloccato in entrambi i sensi di marcia dai manifestanti che urlavano e fermavano le macchine in transito, sdraiandosi sull'asfalto. Alla fine, gli agenti sono riusciti a liberare la strada e dunque a riportare anche il traffico alla normalità, mentre le persone che hanno inscenato la protesta sono state tutte identificate. Sul posto sono intervenuti anche i carabinieri.

Fonte: qui

Ventimila profughi fuori dalle strutture di accoglienza, è allarme: "Servono 600 milioni"

Ventimila profughi fuori dalle strutture di accoglienza, è allarme: "Servono 600 milioni"

Come scrive oggi il Corriere della Sera le organizzazioni che si occupano dell'accoglienza ormai da sei mesi attendono il pagamento da parte dello Stato delle spese per l'assistenza ai migranti: "Se il problema non sarà risolto saremo costretti a sospendere il servizio"


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ROMA Sono almeno 20 mila i richiedenti asilo che entro qualche settimana potrebbero rimanere fuori dalle strutture di accoglienza. Liberi di circolare in Italia, in attesa di una nuova sistemazione. 

L’ultimatum di organizzazioni umanitarie e cooperative che ormai da sei mesi attendono il pagamento delle spese per l’assistenza ai migranti è già stato recapitato: «Se il problema non sarà risolto saremo costretti a sospendere il servizio». Una situazione drammatica che — come sottolineano al Viminale — potrebbe creare anche «problemi di ordine pubblico per le tensioni sociali che rischiano di generarsi». Mancano oltre 600 milioni di euro. L’erogazione dei fondi è stata bloccata dal ministero del Tesoro e su questo la posizione del ministro dell’Interno Angelino Alfano è chiara: «Il problema delle risorse è vero, occorre rimpinguarle per pagare i nostri creditori. Ma io non sono un centro autonomo di spesa, quando il Mef dà i soldi pagheremo, altrimenti non posso pagare».

Il buco nei conti

Secondo i dati aggiornati a ieri sono 131.974 le persone sbarcate in Italia dall’inizio dell’anno e 160.030 quelle ospitate nei centri governativi e nelle strutture private. A loro bisogna aggiungere i minori non accompagnati che sono oltre 15 mila. Ogni straniero costa tra i 25 e i 45 euro al giorno. I conti precisi sono stati fatti dal Dipartimento Immigrazione e trasmessi al dicastero dell’Economia proprio per evidenziare la necessità di pagare, soprattutto di coprire i debiti arretrati. Secondo la stima per il 2016 serve un miliardo di euro che va sommato al «buco» di 210 milioni ereditato dal 2015. Ma finora sono stati erogati soltanto 50 milioni e i gestori reclamano quanto dovuto. «Altrimenti — avvertono — dovremo chiudere». Dal Veneto alla Toscana, passando per l’Emilia Romagna, il Lazio e la Campania, le organizzazioni non governative, le cooperative e le associazioni che si occupano del vitto, dell’alloggio, dell’assistenza sanitaria e di ogni altra necessità legata all’assistenza degli stranieri lanciano l’allarme.

Le cooperative

Se ne fa portavoce Giuseppe Guerini, il presidente di Confcooperative che sottolinea come «non ci sono mai stati ritardi così eclatanti e oltre al rischio altissimo di non poter più provvedere all’assistenza, c’è anche un problema legato all’occupazione. Da oltre sei mesi i dipendenti non ricevono lo stipendio, siamo al collasso». Tra i casi più eclatanti c’è quello di due cooperative emiliane che sommano debiti per ben 10 milioni di euro.

Assistenza sospesa

A Treviso sono circa 2.000 gli stranieri che potrebbero rimanere senza assistenza, molti di più a Lucca e Massa Carrara. E poi ci sono svariate strutture a Modena, altre a Napoli e nelle regioni del Sud. La procedura per chi presenta richiesta di asilo prevede un’attesa di almeno sei mesi, che talvolta diventa più lunga se si tratta di un nucleo familiare. In questo periodo la legge prevede che queste persone debbano rimanere nei centri. Nessuna restrizione della libertà, ma l’obbligo di sottoporsi ai controlli proprio perché non è scontato che arrivi il riconoscimento dello status e in quel caso deve scattare il rimpatrio. In cambio l’Italia assicura la dimora, i pasti e l’assistenza giornaliera. Servizi che adesso non possono più essere garantiti con tutte le conseguenze che questo comporta perché chi lascerà i centri dovrà provvedere alla propria sopravvivenza.

Il coordinamento

Un problema che il governo dovrà affrontare con urgenza, mentre si stringono i tempi per spostare a Palazzo Chigi il coordinamento tra i vari ministeri. Alfano non vuol sentire parlare di commissariamento e dice: «Parole come commissariamento o cabina di regia servono per aizzare, in questa fase di campagna elettorale, frizioni che non esistono. Con Renzi su questo argomento andiamo d’amore e d’accordo, non si litiga per competenze che fanno perdere voti». E sull’ipotesi che per l’incarico venga scelto Piero Fassino aggiunge: «È il mio interlocutore istituzionale sino a oggi come presidente Anci, una persona che stimo molto e che è stata molto leale su questi temi. Sono stato io a suggerirne la scelta, con un biglietto scritto a Renzi con il suo nome quale persona che ritengo possa svolgere un lavoro complementare a quello che ognuno di noi sta facendo». 

Fonte: qui

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