sabato 11 febbraio 2017

CIMICI E INTERCETTAZIONI INGUAIANO BAZOLI. E NON SOLO PER LE OPERAZIONI SU UBI BANCA

CONVINSE NAPOLITANO CHE ALL’ENI BISOGNAVA METTERE DESCALZI, SU CONSIGLIO DI SCARONI 

RENZI VOLEVA UNA DONNA, MA KING GEORGE LO DISSUASE
Maurizio Tortorella per la Verità

GIOVANNI BAZOLIGIOVANNI BAZOLI
Non ci sono soltanto gli incontri e i suggerimenti del presidente emerito Giorgio Napolitano, che nel marzo 2015 introduceva l' indagato Giovanni Bazoli presso il neoeletto capo dello Stato, Sergio Mattarella. Non c' è solo quello, nei brogliacci di migliaia di telefonate intercettate depositati dalla Procura di Bergamo lo scorso 17 novembre, alla conclusione delle indagini sui vertici di Ubi Banca. 

Gli inquirenti, che con Bazoli accusano 38 manager e azionisti di ostacolo alla vigilanza e d' illecita influenza sull' assemblea dei soci, dall' inizio del 2014 e per metà del 2015 hanno messo sotto controllo una serie di telefoni.

DE BORTOLI E BAZOLIDE BORTOLI E BAZOLI
Di certo il più «interessante» è il cellulare dello stesso Bazoli, nel 2007 fondatore di Ubi Banca, ma anche di Intesa-SanPaolo, il colosso creditizio di cui nel 2014 era ancora al vertice (si dimetterà il 27 aprile 2016). E proprio quel telefono conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, che l' ottuagenario banchiere è al centro di mille intrecci e di continue trattative: dalle nomine nel consiglio d' amministrazione della Scala di Milano, su su fino alla guerra per conservare il controllo del Corriere della Sera.

RENZI NAPOLITANORENZI NAPOLITANO
Il suo cellulare è in contatto diretto con alti prelati, direttori di giornali, sindaci, parlamentari, grand -commis di Stato, ministri, banchieri, e alcune delle più alte cariche della Repubblica. Ci sono addirittura cardinali che premono per conservare le consulenze di Intesa-SanPaolo a un loro protetto, uno che (così dice Bazoli, con un filo di cinico realismo) «deve avere fatto loro tutta una serie di piaceri...».

L' 11 aprile 2014 chiama anche Paolo Scaroni, amministratore delegato dell' Eni, colosso dell' energia controllato dal Tesoro, il quale rivela a Bazoli che «il nuovo amministratore delegato sarà Claudio Descalzi», o almeno questo è quello che lui vorrebbe fosse designato come suo successore, mentre il nuovo presidente del consiglio Matteo Renzi «vorrebbe che fosse una donna». Nel brogliaccio si legge che Scaroni aggiunge di «averne parlato con il presidente Giorgio Napolitano». Scaroni richiama allarmato due giorni dopo, il 13 aprile, per avvertire che «l' indomani Renzi andrà da Napolitano con la lista delle nomine, per cui se uno vuole poter dire qualcosa...». Insomma, Bazoli deve intervenire in fretta.
Descalzi ScaroniDESCALZI SCARONI

Il banchiere rivela di avere già chiesto un appuntamento al Colle per giovedì 17. I due si risentono il 18, e Bazoli riferisce dell' incontro con Napolitano: «Ho capito che alcune cose sono andate per il verso giusto», attacca Bazoli, poi aggiunge poche parole: «L' azienda rimane in mani fidate». Insomma, quattro importanti cariche all' interno del gruppo. La mattina del 14 maggio 2014, quando l' inchiesta viene svelata dalle prime perquisizioni tra Brescia e Bergamo, i telefoni di molti indagati diventano roventi. Alcuni, però, sono più accorti di altri.

Francesca, per esempio, parla dell' inchiesta con un notaio di Milano, il quale sostiene che l' accusa «che gli fa più paura» è quella che ipotizza che Bazoli abbia gestito tutte le nomine di comune accordo con Emilio Zanetti, il leader dell' Associazione amici di Ubi, la compagine azionaria bergamasca.
UBI BANCAUBI BANCA

È proprio la «cabina di regia» che ipotizzano i magistrati di Bergamo, Walter Mapelli e Fabio Pelosi. Il notaio aggiunge che l' Associazione banca lombarda e piemontese, la compagine azionaria bresciana di cui proprio Giovanni Bazoli è presidente, «si può considerare un patto parasociale che...». Ma Francesca lo interrompe bruscamente: «Meglio non parlare al telefono». La stessa preoccupazione traspare il 16 maggio, quando Francesca chiama un amico al dipartimento della pubblica sicurezza presso il ministero dell' Interno e gli confida, forse provocando qualche legittimo imbarazzo, che le «hanno detto che i telefoni sono sorvegliati».
victor massiahVICTOR MASSIAH

Francesca, comunque, non riesce sempre a trattenersi. Lo stesso 14 maggio 2014, alla fine della convulsa giornata delle perquisizioni, parla al cellulare con l' amministratore delegato di Ubi, Victor Massiah, a sua volta indagato. Costui si dice ottimista sull' inchiesta: «Ne usciremo», dice, «anche perché lo spessore di chi ci accusa non è...». E lei risponde: «La cosa più triste è che una Procura si presti a tutto ciò».

FRANCESCA BAZOLI













FRANCESCA BAZOLI
Mesi dopo, nel febbraio 2015, padre e figlia sembrano un poco più preoccupati dell' inchiesta che avanza. Il 13 di quel mese, Giovanni Bazoli per chiamare Francesca usa il telefono di un dipendente di Banca Intesa e fa mostra di grande pessimismo: contro di loro, dice, «c' è un piccolo oltretutto una mole di materiale immenso, non si fermano nel modo più assoluto».

Nelle carte depositate dalla Procura c' è infine il brevissimo capitolo della microspia piazzata nell' ufficio di Giovanni Bazoli. Verso le ore 13 di giovedì 15 maggio 2014, l' indagata Francesca Bazoli è a colloquio con suo padre Giovanni. La donna, che forse sospetta di essere stata intercettata per mesi e tra quelle mura si crede più al sicuro, cerca di consolare l' anziano banchiere e parla degli articoli appena usciti. Giovanni Bazoli le risponde con un implicito invito alla cautela: «Per i reati contestati c' è la possibilità di effettuare le intercettazioni».

BAZOLIBAZOLI
L' audio a quel punto si abbassa, forse la cimice comincia a funzionare male, o forse i due parlano più piano. Francesca si lascia andare: «Ma com' è possibile che un' indagine tanto delicata sia in mano a un pubblico ministero giovanissimo, inesperto? Queste notizie lasciano allibita la gente e l' opinione pubblica». A quel punto, la conversazione diventa per un breve tratto incomprensibile. Quindi Francesca sostiene che «in questo momento è impossibile tirarsi fuori da questi attacchi» e consiglia al padre di «lasciare perdere le relazioni con Ubi». Bazoli si lamenta dell' esposizione mediatica.

Un vero peccato che la «cimice» piazzata in quell' ufficio, da quel momento in poi, smetta di funzionare. Perché da quel momento, annotano i funzionari di polizia giudiziaria, si sentono praticamente solo rumori di fondo.

Fonte qui


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