sabato 7 gennaio 2017

Il capo della Polizia Gabrielli: «In Italia alto rischio attentati. Prima o poi l’Isis ci colpirà»


Il prefetto: «Anche noi pagheremo un prezzo»

«Lo dico in maniera molto cruda: prima o poi anche noi un prezzo lo dovremo pagare. Ci auguriamo sia quanto più contenuto possibile». 
È quanto affermato oggi sul rischio di attentati terroristici in Italia dal capo della Polizia Franco Gabrielli in due interviste, rilasciate ai quotidiani Il Giornale e Qn. «Noi – dice – dentro a quella minaccia ci siamo. Le indagini, spesso successive ai rimpatri, hanno dimostrato che buona parte delle persone fermate nel nostro Paese perché considerate vicine all’Isis stava realmente per compiere attentati e fare morti. Questo, però, non deve toglierci la nostra libertà. Saremmo sconfitti solo se ci lasciassimo condizionare nella nostra quotidianità».

ISIS, ALTO RISCHIO ATTENTATI IN ITALIA

Insomma, il capo della Polizia ribadisce che il rischio attentati in Italia è alto. Nell’intervista rilasciata a Chiara Giannini per Il Giornale il prefetto Gabrielli sostiene che dobbiamo avere una «assoluta consapevolezza che la possibilità di colpire da parte degli attentatori è elevatissima»:
Prefetto, ma davvero i terroristi sono interessati all’Italia?

«Il terrorismo “liquido” come è quello attuale, dove l’innesto non è fatto rispetto a cellule dormienti, ma è rivolto a una pletora di soggetti che devono compiere un assalto, non è da sottovalutare. Esiste una propaganda martellante che individua eventuali obiettivi (Vaticano, Papa, Colosseo, ad esempio). Una chiama una delle riviste più accreditate dell’Isis si chiama Rumiyah, che in arabo vuol dire Roma. Non c’è una ricetta, però sottovalutare la minaccia, oggi, è un errore gravissimo. Lo dico in maniera molto cruda: anche noi un prezzo lo dovremo pagare. Ci auguriamo sia quanto più contenuto possibile. Noi dentro a quella minaccia ci siamo. La cittadinanza, di contro, deve comprendere che deve continuare a vivere normalmente, altrimenti i terroristi avrebbero già vinto togliendoci la libertà. Per quanto ci riguarda, non si devono sottovalutare eventuali segnali, ma nemmeno amplificarli in maniera abnorme. Intelligence e controllo del territorio sono i due pilastri con i quali si costruisce il sistema della sicurezza nel nostro Paese. I cittadini devono pretendere, comunque, che gli apparati di sicurezza facciano il loro lavoro».

Avete rimpatriato numerose persone vicino alla Jihad. Erano realmente pericolose?

«Da indagini successive al rimpatrio abbiamo appurato che buona parte dei sospettati per terrorismo aveva realmente intenzione di compiere atti terroristici e fare morti».

Però questi attentatori potrebbero rientrare. Perché non incarcerarli, visto il rischio?

«Perché, intanto, molto spesso questo tipo di accertamenti è stato possibile solo dopo il rimpatrio. Magari sono stati presi i telefoni e si sono scoperte conversazioni altrimenti non intercettabili, ma anche perché un conto è l’accertamento ai fini penali, che è un po’ più elevato, un altro sono le misure di prevenzione».

Il rischio di attentati terroristici in Italia è davvero così alto?

«Sì. Credo che su questo dobbiamo avere una assoluta consapevolezza che la possibilità di colpire da parte degli attentatori è elevatissima. Si va dal prendere una macchina e lanciarla contro un gruppo di persone, al cominciare a sparare e chi più ne ha, più ne metta. Noi, oggi, viviamo un terrorismo che non è il terrorismo che abbiamo conosciuto in passato. Ma credo che dovremmo dare davvero un messaggio di una “sicurezza tranquilla” per usare un termine del ministro dell’Interno Marco Minniti».

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