sabato 27 agosto 2016

Grecia. La morte sociale dei pensionati

La pensione media in Grecia, prima della terza riforma, ammontava a 882 euro, il costo della vita è come quello dei paesi europei più sviluppati. 


La retorica di Tsipras non riesce a nascondere la macelleria sociale



Pensioners Union Organise Anti-Austerity Protest
Il 5 maggio 2016, il parlamento greco ha votato un progetto di legge con pesanti conseguenze per la popolazione, poiché contiene la riforma delle pensioni e nuove misure fiscali. 
La discussione alla Vouli (il parlamento greco), estesa su un fine settimana, è durata meno di 48 ore. 
Tale fretta si spiega facilmente: si trattava in effetti di far passare nuove misure antipopolari prima della riunione dell’eurogruppo di lunedì 6 maggio. Il voto di tali misure nei tempi comandati era in prima linea nelle esigenze poste dalla Troika per omologare l’esame (review) della messa in opera degli impegni negoziati dal governo greco in occasione delle firma del terzo memorandum. Dopo tutto, anche questo stesso memorandum, firmato da Alexis Tsipras nel luglio 2015 (un documento di più di mille pagine senza gli allegati) che conteneva l’insieme delle misure che il governo greco non fa che confermare da quella data, era stato votato in meno di 48 ore, anche allora per conformarsi agli ultimatum della Troika e completare il quadro della riduzione a vassallaggio del paese e delle sue istituzioni rappresentative.
La riforma delle pensioni votata dalla maggioranza Syriza e Anel alla Vouli, è altamente simbolica. È la terza di questo genere, dopo il primo Memorandum del 2010. I pensionati greci (27% della popolazione del paese) hanno già visto le loro pensioni diminuire dal 30 al 50% nel corso degli ultimi sei anni. La pensione media in Grecia, prima della realizzazione di questa terza riforma, ammontava a 882 euro, in un paese in cui il costo della vita, a parte la casa, è paragonabile a quello dei paesi europei più sviluppati.
Fatto di un’importanza cruciale per cogliere la portata di questa distruzione del sistema pensionistico: in un paese devastato dalla crisi, dove il tasso di disoccupazione ufficiale supera il 23%, e dove più di quattrocento mila persone sono emigrate dal 2010, il bilancio di più di una famiglia su due dipende in misura maggioritaria dalla pensione dei nonni. In effetti, secondo i dati comunicati da Savas Robolis, un universitario esperto in materia, peraltro vicino al governo, 350.000 famiglie non dispongono di alcuna fonte di reddito proveniente dall’attività dei loro membri, 500.000 famiglie contano un solo membro attivo, e solo 105.000 tra gli 1,35 milioni di disoccupati hanno un’indennità.[1]
Il carattere esplosivo di questa problema spiega perché il non diminuire ulteriormente le pensioni era una delle «linee rosse» del governo Syriza nella prima fase, quella del «negoziato conflittuale» con la Troika, che si è concluso con la capitolazione di Tsipras nel luglio 2015. Era anche una delle principali esigenze del «piano Junker» che era stato respinto nel referendum del 5 luglio 2015.
Per coprire i loro voltafacia, Tsipras e il suo governo, e particolarmente il ministro del lavoro Giorgos Katrougalos, hanno moltiplicato le dichiarazioni tranquillizzanti, il cui carattere menzognero diventava sempre più evidente una volta stabilite le grandi linee della «riforma». Hanno perseverato in questa linea fino in fondo. Così, nella sua dichiarazione al Parlamento, Katrougalos dichiarava «nessuna pensione principale sarà ridotta» e affermava che «questo governo non passerà il conto alle generazioni future».[2] Dal canto suo, Alexis Tsipras non ha esitato a dire ai parlamentari che «noi proteggeremo le forze sociali che per cinque anni hanno sostenuto il peso della crisi. Pensionati, operai, contadini, scienziati, disoccupati. Sono le forze sociali che vogliamo rappresentare … Con il progetto di legge che votiamo oggi, puntiamo a creare un sistema pensionistico durevole, che garantisce pensioni per tutti i cittadini e allo stesso tempo sarà conforme alla giustizia sociale, tenendo conto delle difficoltà economiche della situazione».[3]
La realtà delle misure votate, e una semplice enumerazione delle loro conseguenze, porta una crudele smentita a tali affermazioni. E rivela allo stesso tempo un livello di cinismo e di manipolazione dell’opinione mai raggiunto nel paese dopo la caduta della dittatura dei colonnelli. 
Nel testo che segue, Dimitris Stratoulis, ex viceministro degli affari sociali del primo governo Syriza, e uno dei migliori conoscitori di questo problema, smonta il meccanismo implacabile che farà solo accelerare la morte sociale del pensionato greco e di una buona parte della popolazione del paese.
da Cadtm   ……………………………………………………………………….
Stathis Kouvelakis
Fonte: qui

Colpi mortali portati al sistema delle pensioni
Dimitris Stratoulis, Unità Popolare, ex vice-ministro degli affari sociali [4] [5]
Riassunto da Stathis Kouvelakis
1. Soppressione graduale fino al 2019 dell’aiuto concesso ai 370.000 pensionati che ricevono le pensioni più basse (EKAS), che vedranno la loro pensione diminuire in media di 193 euro.
2. La divisione delle pensioni in «pensione nazionale» (sorta di rete minima di 384€) e «pensione principale», non porta solo a una diminuzione, ma a un sistema «proporzionale» applicato alla pensione principale, il che significa la fine della pensione a ripartizione l’impegno per un sistema a capitalizzazione.
3. L’indurimento delle condizioni di attribuzione della pensione nazionale, la sola garantita dallo Stato, toccherà alcune categorie, come gli handicappati con un tasso di handicap inferiore all’80%, che non otterranno più nemmeno questo minimo.
4. Riduzione dal 20 al 30% delle pensioni principali per tutti quelli che vanno in pensione dopo il voto della nuova legge, a causa della diminuzione del tasso di sostituzione portato al 40,7% (la proposta iniziale del governo era del 45%, il tasso precedente era del 60%).
5. Le pensioni principali già versate saranno «ricalcolate»sulla base dei nuovi tassi di sostituzione e dunque drasticamente ridotte. Per quante e quanti sono già pensionat/e/i, la perdita sarà compensata, fino al 2018, dalla regola della «differenza personale», ma questa sarà gradualmente cancellata a partire dal 2018.
6. Una grande parte delle pensioni subisce già dei tagli dovuti all’istituzione di un tetto massimo di 1.820 euro netti, alla soppressione graduale dell’EKAS (cfr 1) e all’aumento del contributo per l’assistenza sanitaria, alla riduzione della pensione nazionale per quanti sono andati in pensione a partire dal 1° luglio 2016 e all’ulteriore penalizzazione del 10% per quanti vanno in pensione in anticipo.
7. Tagli dal 15 al 20% alle pensioni complementari, destinati a continuare a causa dell’applicazione della regola «deficit zero» ai regimi complementari.
8. Instaurazione di un nuovo meccanismo di riduzione delle pensioni applicabile a partire dal 2017, per mantenere l’impegno di non superare di più del 2,5% il bilancio globale destinato alle pensioni in rapporto al suo livello nel 2009, e questo fino al 2060, data nella quale il numero dei pensionati sarà aumentato del 70% rispetto al 2009.
9. I pensionati che hanno un lavoro vedranno la loro pensione ridursi del 60%.
10. Aumento brutale dei contributi per le pensioni delle professioni liberali, degli indipendenti, e degli autoimprenditori, categorie molto sviluppate in Grecia, dove solo il 66%della popolazione attiva è composto di salariati, che hanno redditi medi bassi. Con l’aumento della fiscalità, sono due terzi dei redditi di queste categorie che finiscono nelle casse dello Stato.
Note
|5| Vedere il comunicato che Eric Toussaint aveva pubblicato in seguito all’incontro con il ministro Dimitris Stratoulis che ha avuto luogo nel maggio 2015 http://www.cadtm.org/Communique-d-E…
L’autore
Stathis Kouvelakis insegna filosofia politica al King’s College dell’università di Londra, è membro del comitato centrale di Syriza e della Corrente di sinistra di questo partito. Membro della redazione della rivista Contretemps, ha diretto l’opera Y a t il une vie après le capitalisme? (Le Temps des Cerises, 2008) ed è l’autore di La France en révolte : Luttes sociales et cycles politiques (Textuel, 2007) e di Philosophie et révolution, De Kant à Marx(PUF, 2003). È stato membro del comitato centrale di SYRIZA fino all’estate 2015 che ha lasciato in seguito alla capitolazione del governo di Tsipras. Ha contribuito a creare Unità Popolare.

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