DOVRÀ RISPONDERE DI REATI GRAVISSIMI, TRA CUI IL TRADIMENTO.
I CASI DI QUESTO TIPO IN FRANCIA SONO PIUTTOSTO RARI, MA PROPRIO LO SCORSO LUGLIO, DUE EX 007 SONO STATI CONDANNATI PER RIVELAZIONE DI SEGRETI ALLA CINA
Tullio Giannotti per l'ANSA
Spy Story a Napoli, dove un ufficiale francese di stanza alla base Nato ha fornito importanti informazioni top-secret ai russi. L'uomo è stato arrestato dai servizi segreti ed è ora in carcere a Parigi. Dovrà rispondere di reati gravissimi. Il giallo è totale sulle informazioni "sensibili" che possono essere state trafugate e trasmesse a Mosca. A finire nelle celle del carcere parigino della Santé, una decina di giorni fa, è stato un tenente colonnello dell'esercito distaccato alla Nato. Ad uno 007 di Mosca, che è stato visto più volte con lui a Napoli e dintorni, avrebbe fornito informazioni riservatissime, tali da nuocere "alla sicurezza dello stato", come annunciato questa mattina dall'emittente Europe 1.
BASE NATO NAPOLI
Già nella mattinata di oggi, la ministra della Difesa, Florence Parly, invitata proprio ai microfoni della stessa radio, era costretta ad ammettere che "una procedura giudiziaria" è in corso per "attentato alla sicurezza". Nel mirino un "ufficiale superiore", di cui al momento non è stata resa nota l'identità. La presunta spia francese lavorava al comando delle forze alleate che sorge vicino al capoluogo partenopeo, la sede della Nato dove vengono coordinate tutte le azioni strategiche per il sud dell'Europa.
L'uomo è sulla cinquantina, padre di cinque figli ed ha lontani ascendenti familiari russi, tali da permettergli di parlare la lingua di quel paese in modo corrente. In Italia - a più riprese - le sue cautele sono saltate e si è fatto vedere a contatto di un personaggio ritenuto una spia russa, un agente del G.R.U., il servizio segreto militare di Mosca. Quando i sospetti sono diventati più consistenti, Parigi ha deciso che non si potevano più correre rischi di lasciar agire l'ufficiale traditore: "Il ministero delle Forze armate ha preso l'iniziativa - ha spiegato la Parly - di investire del caso il procuratore della Repubblica invocando l'articolo 40 del Codice di procedura penale".
BASE NATO NAPOLI
Un articolo in cui si prevede che qualsiasi funzionario o militare venga a conoscenza di un reato ne informi immediatamente l'autorità giudiziaria. Immediatamente, la procura di Parigi ha aperto l'inchiesta e la DGSI, i servizi per la sicurezza interna, hanno arrestato - una decina di giorni fa - il militare sospetto. L'uomo era in procinto di rientrare in Italia dopo aver trascorso le ferie in Francia. Nei confronti della presunta spia francese pendono 4 capi d'accusa, il più grave dei quali - "fornitura di informazioni a una potenza straniera" - è il più grave, tale da fargli rischiare 15 anni di carcere.
Un pm sta già indagando, il sospetto è in cella ed è stato interrogato a più riprese. Resta il giallo più assoluto sul tipo di informazione che avrebbe fornito al collega russo, da quanto tempo la fuga di notizie andava avanti e per quali ragioni sia stata messa in piedi. I casi di questo tipo in Francia, spionaggio a favore di potenze straniere e in particolare la Russia (o ai suoi tempi l'Unione Sovietica) sono piuttosto rari, non più di una decina sono venuti ufficialmente a galla dai tempi della Guerra fredda.
Ma proprio lo scorso luglio, due ex 007 sono stati condannati per tradimento a favore della Cina. Nel 2001, un ufficiale francese . - anche in quel caso distaccato alla Nato - fu condannato per aver fornito nel 1998 informazioni alla Serbia sui raid della Nato contro il paese durante la guerra del Kosovo. Fonte: qui
LA PRESIDE ASSICURA CHE LA RIAPERTURA AVVERRÀ QUANDO SARANNO TERMINATI I LAVORI DI SANIFICAZIONE
IL PEDAGOGISTA: “IN CLASSE CON LA MASCHERINA DAI 6 ANNI? LA SCUOLA SI È FATTA COMMISSARIARE DALLA SANITÀ. CHIEDERE A DEI BAMBINI COSÌ PICCOLI DI STARE IN CLASSE CON LA FACCIA COPERTA SAREBBE COME CHIEDERE AI CALCIATORI DI NON CORRERE MENTRE SONO IN CAMPO”
Pochi giorni di lezione con gli studenti impegnati nei corsi del cosiddetto «Pon», il programma operativo nazionale promosso dal Ministero con fondi europei, e la scuola deve chiudere per un caso di coronavirus. Accade a Verbania, all’ISS Cobianchi. La notizia è stata divulgata domenica 30 agosto con un messaggio sul sito internet dell’Istituto dal dirigente scolastico, Vincenza Maselli.
La preside ha spiegato che la scuola «sospende le attività didattiche a partire da lunedì 31 agosto 2020 per consentire lo svolgimento di un intervento di sanificazione dei locali, così come previsto dalle attuali normative per il contenimento della pandemia da Covid-19».
DANIELE NOVARA
L’intervento di sanificazione «si è reso necessario poiché un utente, entrato recentemente in Istituto, è risultato positivo al virus Covid-19. La riapertura della scuola avverrà quando saranno terminati i lavori di sanificazione e si potrà così garantire l’accesso in totale sicurezza. Tale data verrà comunicata il prima possibile».
Ma così il campionato non avrebbe mai potuto ripartire. Il fatto è che la scuola, a differenza del calcio, si è lasciata commissariare: invece di farsi consigliare dagli esperti per poi decidere di testa propria si è ridotta a prendere ordini dal sistema medico-sanitario. A questo punto tanto varrebbe creare un ministero unico dell’Istruzione e della Sanità».
BAMBINI MASCHERINA
E’ un fiume in piena, Daniele Novara, pedagogista militante che, grazie a una serie di libri di successo e alla sua Scuola Genitori, ha guadagnato sempre più credito presso le famiglie italiane. «E’ come se io pretendessi di entrare in un reparto pediatrico e dire ai medici cosa devono fare.
E’ un problema di metodo - dice -: la scuola dovrebbe tutelare i suoi confini dalle invasioni di campo». Ma qual è il problema della mascherina per i più piccoli? «Il problema è che loro la vivono come un impedimento nella relazione con i compagni e con l’insegnante che invece è essenziale in questa fase di sviluppo, in cui i bambini imparano principalmente confrontandosi con i loro compagni sotto la guida esperta di un adulto.
Il caso più eclatante è quello dei “remigini”, che l’anno scorso hanno concluso bruscamente il ciclo della materna a marzo e quest’anno entrano finalmente in prima elementare ma si ritrovano in un mondo di mascherine, invece che di volti nuovi».
L’ospedalizzazione della scuola
I BANCHI SINGOLI CON LE ROTELLE
Soprattutto con i bambini non si dovrebbe tenere in considerazione solo il rischio sanitario: bisognerebbe anche soppesare bene gli inconvenienti che un’eccessiva ospedalizzazione della scuola può causare dal punto di vista dello sviluppo emotivo e cognitivo. In Francia per esempio la mascherina a scuola è prescritta solo dalle medie in su. Novara cita uno studio del Gaslini sugli effetti del lockdown nei bambini da 3 a 10 anni: il 70 per cento ha accusato problemi comportamentali. Chi è regredito, chi si è fatto più aggressivo, per non parlare dell’aumento dei tic. «I più colpiti sono stati i figli unici che vivevano in un appartamento magari piccolo di città e non potevano nemmeno scendere in cortile. Ma come si può pensare di aiutarli a recuperare quanto hanno perso in quei tre mesi - che per loro valgono tre anni - se li facciamo tornare in scuole trasformate in infermerie?».
Sì a termometro e tamponi, no alle mascherine
E’ vero che nelle ultime settimane c’è stato un aumento importante dei contagi, ma Novara fa notare che l’inversione della curva è avvenuta in piena estate, a scuole chiuse, e che viceversa nei centri estivi finora non si è verificato nessun problema. «Riaprire le discoteche per poi doverle richiudere: quella sì che è stata un’assurdità. Ma continuare a dipingere i bambini come dei potenziali untori è fare del terrorismo psicologico che non ha alcuna base scientifica».
SCUOLA
E’ comprensibile che in questa situazione i genitori siano allarmati ma secondo Novara il compito della politica non è di dar voce alle angosce delle famiglie ma di rassicurarle che verranno prese tutte le misure necessarie per un ritorno in classe in sicurezza nella consapevolezza che il rischio zero non esiste. «Io per esempio sarei favorevole alla misurazione della febbre a scuola, che invece il ministero ha escluso, e anche ai tamponi. Ma le mascherine, quelle no.
Nelle linee guida per l’infanzia pubblicate qualche giorno fa c’è stata una stretta anche per gli 0-6 anni. Loro non dovranno mettere la mascherina ma le educatrici sì, e pazienza se in questo modo diventeranno irriconoscibili. Anche la didattica per piccoli gruppi è sbagliata, perché così va a farsi benedire la libertà di selezione sociale. I bambini devono poter scegliere i propri amici, per poi magari cambiare idea in un secondo momento. O no?». Fonte: qui
Circa il 40% del corpo docente è over 55, oltre 170 mila professori sono sopra i 62 anni.
La sindacalista: i più anziani si metteranno in malattia, sostituiti da precari spesso più grandi.
La maggior parte precari, quasi la metà «fragili», tuttimolto preoccupati. E hanno ragione, se perfino il viceministro della Salute, Pierpaolo Sileri, dice: «Rischiamo che i docenti spendano più tempo a far rispettare le regole che a fare lezione. Sarà un arduo compito». Certo nessuno meglio di loro sa che obbligare i ragazzi a indossare la mascherina durante le lezioni sarà impossibile. Che gli assembramenti saranno all’ordine del giorno e che il verificarsi di focolai all’interno delle scuole non è una probabilità, ma una certezza.
E
così dal Veneto parte la protesta, destinata ad allargarsi, sui rischi
sanitari legati al rientro a scuola. Centinaia gli insegnanti che hanno
già chiesto di non tornare in cattedra in quanto “lavoratori fragili”,
quindi più esposti al contagio da Covid: più di 55 anni, magari con
problemi di asma e allergie, o con malattie croniche, o con cicli di
chemioterapia in corso. Il governatore Luca Zaia alza le mani: «Sono
anche io convinto che chi ha problemi di salute debba evitare ogni tipo
di assembramento - spiega - ma questo non rientra nelle nostre
competenze, almeno finché non avremo l’autonomia».
Coronavirus, Miozzo (Cts) : "Con il rientro a scuola ci aspettiamo un aumento di contagi"
Il governo finora ha sorvolato sul problema, nonostante il 40% del nostro corpo docente, circa 400mila persone, sia over 55 e i professori con più di 62 anni siano 170mila. Lo scorso aprile l’Inail aveva pubblicato un documento in cui inseriva nella categoria dei soggetti “fragili” tutte le lavoratrici e i lavoratori sopra i 55 anni. Per loro è stata prevista una «sorveglianza sanitaria eccezionale», assicurata dal datore di lavoro, con la possibilità di essere considerati temporaneamente inidonei al servizio e quindi sostituiti. Di queste attenzioni però non c’è traccia nelle ultime linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità sulla ripresa della scuola. «È una situazione molto complicata, abbiamo chiesto più volte che venga chiarita – dice Maddalena Gissi, segretaria della Cisl Scuola – perché lascia senza tutele questi insegnanti e apre ulteriori incognite sulla ripartenza delle lezioni».
Ad esempio i docenti di ruolo più anziani, pur di restare a casa, potrebbero comunque optare per la malattia, trovando un medico disposto a certificare la loro “fragilità”. «E così si cercherà un supplente, un precario che magari è più vecchio del collega che va a sostituire, perché questa è la realtà», continua Gissi, «serve un intervento normativo per stabilire come gestire questi insegnanti». Senza contare che nella stessa situazione ci sono anche migliaia di bidelli e di assistenti amministrativi, questi ultimi ora esclusi dal regime di smart working, che invece prosegue per gli altri dipendenti pubblici.
Se venissero a mancare gli insegnanti “fragili”, potrebbero aprirsi buchi di organico imprevisti, proprio nel momento in cui si cerca invece di potenziare il personale scolastico. Anche se i sindacati hanno già sollevato dubbi sulla possibilità di assumere effettivamente 85mila nuovi docenti, come annunciato dalla ministra dell’Istruzione Azzolina: «Non è un problema di soldi, che magari arriveranno, ma di disponibilità nelle graduatorie delle figure necessarie – spiega Gissi – i primi dati sono chiari, ad esempio a Milano non potranno concretizzarsi le previste 3mila assunzioni di insegnanti di sostegno, perché non ci sono, come non ci sono i docenti di materie scientifiche». Insomma, salvo miracoli, «non si andrà oltre il 30% delle assunzioni previste». E come sempre toccherà ai precari tenere in piedi l’anno scolastico. Secondo una stima della Flc Cgil, i supplenti necessari saranno oltre 200mila. Fonte: qui
Scuola, Galli: "Impossibile per i bimbi portare le mascherina per 5 ore"
SULLA RIPRESA DELLE LEZIONI IL GOVERNO SI GIOCA LE ELEZIONI
SORGI: "L'IPOTESI SLITTAMENTO AGITA L'ESECUTIVO. IL GOVERNO NON È PRONTO PER ASSICURARE L'INIZIO DELL'ANNO SCOLASTICO IN TEMPI DI COVID IL 14 SETTEMBRE. E UNA PARTENZA FATTA 'COSTI QUEL CHE COSTI' SI RIPERCUOTEREBBE SUI RISULTATI DELLE REGIONALI DEL 20. DI QUI L'IDEA CHE A PROPORRE IL RINVIO, PER SCAVALLARE IL VOTO, COME STA GIÀ FACENDO DE LUCA PER LA CAMPANIA, POSSANO ESSERE PROPRIO LE AMMINISTRAZIONI DELLE REGIONI IN CUI SI VOTA…"
All'alba del diciassettesimo giorno dall'apertura delle scuole, due punti sono chiarissimi: il governo non è pronto per assicurare l'inizio dell'anno scolastico in tempi di Covid il 14 settembre. E una partenza fatta "costi quel che costi" si ripercuoterebbe pesantemente sui risultati delle elezioni regionali del 20.
La coincidenza tra le due date, forse, avrebbe potuto saltare agli occhi del premier e dei leader della maggioranza ben prima del drammatico vertice del 26 agosto in cui è emerso chiaramente che non ce la si fa. Ma tant' è.
MARCELLO SORGI
Ora a Palazzo Chigi ragionano sulle soluzioni da trovare e sul fatto che sarebbe disastroso l'annuncio di un rinvio, quasi alla vigilia di una scadenza tanto enfatizzata e mentre altri Paesi europei vanno avanti, facendo i conti con le conseguenze, certo, ma senza ripensamenti. Peraltro anche quello si rifletterebbe su un voto di natura locale, ma che via via ha assunto le dimensioni politiche di un test nazionale che potrebbe pesare sulle sorti del governo.
CONTE AZZOLINA
D'altra parte se al vertice dell'altro ieri è stato Bonaccini, vale a dire il presidente di una delle regioni più organizzate come l'Emilia-Romagna, a far notare come per aprire le scuole non bastino le mascherine, il gel e i banchi che il commissario Arcuri è pronto a mettere a disposizione, ma servano spazi per il distanziamento e piani straordinari dei trasporti di cui non si vede neppure l'ombra, si può capire lo stato dell'arte del progetto 14 settembre.
MARCELLO SORGI
Di qui l'idea che a proporre il rinvio, per scavallare il voto del 20, come sta già facendo De Luca per la Campania, possano essere proprio le amministrazioni delle regioni in cui si vota, con la motivazione (anche questa, per carità, affrontabile da tempo) che sistemare le scuole per il 14 per poi doverle rismontare per il 20 avrebbe poco senso. Il governo a quel punto prenderebbe atto. Limitandosi forse a suggerire che il rinvio valga per l'intero territorio nazionale.
E sopportando gli attacchi che l'opposizione sicuramente non gli farebbe mancare. Una procedura del genere, per quanto azzardata, dovrebbe essere annunciata il prima possibile, proprio per limitarne gli effetti sulle elezioni regionali. Che oltre a quelli sulla vita delle famiglie italiane, comunque, è inutile negarlo, ci saranno.
I nuovi banchi anti Covid acquistati in tutta fretta in vista dell' apertura delle scuola sono «una vera, clamorosa occasione perduta che farà danni molto gravi per i nostri ragazzi». La denuncia arriva dai medici ortopedici e dagli studiosi di ergonomia medica che, «stupiti per il gravissimo errore», hanno deciso di mettere nero su bianco in una lettera aperta le criticità del nuovo acquisto anti Covid.
RAOUL SAGGINI
Primo firmatario del documento il presidente della Società Italiana di Medicina Riabilitativa - Rigenerativa Interventistica Multidisciplinare Raoul Saggini, ordinario in Medicina Fisica e Riabilitativa dell' Università Gabriele D' Annunzio, tra i maggiori conoscitori dei rischi per la salute ergonomica degli alunni, visto che è stato anche coordinatore di un Gruppo tecnico di approfondimento sulla classificazione, approfondimento e misurazione della postura e delle relative disfunzioni presso il Ministero della Salute.
AZZOLINA SCUOLA MASCHERINA
Chi ha scelto i nuovi banchi anti Covid in arrivo nelle scuole, infatti, il rischio della scoliosi non deve averlo tenuto nella giusta considerazione. Se è vero che gli arredi scolastici acquistati in tutta fretta in vista dell' apertura dell' anno scolastico potranno diminuire il pericolo di contagiarsi dal Covid, non si può dire altrettanto per quanto riguarda le conseguenze che avranno sulla schiena e i muscoli dei ragazzi.
I nuovi banchi, infatti, hanno le stesse caratteristiche dei vecchi, e non garantiscono quindi una corretta postura. E dire che gli effetti sulla colonna vertebrale erano stati già segnalati da diversi studi scientifici, già a partire dagli anni 80. Eppure, non se n' è tenuto per niente conto.
OPERAI AL LAVORO SUI NUOVI BANCHI SCOLASTICI
I VECCHI ERRORI
Così come nei vecchi banchi, anche i nuovi, rimarcano insomma gli esperti, presentano gli stessi errori. A cominciare dallo schienale della seduta, che è posto a livello dorsale, e così la colonna lombare, non avendo il minimo supporto, si raddrizza. Il materiale scelto, poi, ossia il legno o la plastica dura, a contatto con i glutei, provocano l' infiammazione della struttura miofasciale e nervosa.
LUCIA AZZOLINA
Nessuna differenziazione inoltre in base alla diversa altezza degli studenti, o ai differenti comparti anatomici. In sostanza, «gli amministratori statali - si legge nel documento - sono soliti acquistare arredi più grandi in quanto nel grande sta il piccolo mentre nel piccolo non sta il grande». Un acquisto dunque poco opportuno che, a quanto pare, non è dettato nemmeno da problemi di budget.
«Fra la scelta che è stata fatta e quella che sarebbe stato necessario fare in relazione agli studi scientifici per preservare la salute anatomica degli studenti - rimarcano gli esperti - non ci sarebbe stata nessuna differenza di costo».
EMIDIO SALVATORELLI VASTARREDO
"BANCHI CONSEGNATI PER FINE OTTOBRE SEDIE CON ROTELLE? NON SONO A NORMA"
Consegnare in tempo i banchi monoposto, agevolare così il distanziamento degli studenti in classe e contribuire alla ripartenza della scuola. L' hanno presa un po' come una missione alla Vastarredo, una delle più grandi aziende italiane specializzate nella produzione di arredi scolastici.
I BANCHI SINGOLI CON LE ROTELLE
Impianti aperti 24 ore su 24, 6 giorni su 7, nello stabilimento abruzzese in provincia di Chieti, con la convinzione di rispettare i tempi annunciati: «Dobbiamo consegnare tutto entro la fine di ottobre e stiamo lavorando per farcela, anche perché nel contratto sono previste penalità in caso di ritardo - spiega il presidente Emidio Salvatorelli - dopo qualche difficoltà all' inizio, ora che la macchina è avviata non si ferma».
Per partecipare alla gara europea bandita dal Commissario per l' emergenza Domenico Arcuri, Vastarredo si è alleata con altre sette aziende del settore, era l' unico modo per poter affrontare una sfida così impegnativa. Tocca a loro produrre 500mila banchi monoposto e 130mila sedie, in pratica un quarto dell' ordine complessivo fatto da Arcuri (2 milioni di banchi e 400mila sedie).
LUCIA AZZOLINA
«Noi come Vastarredo forniremo circa l' 80 per cento del totale, 340mila pezzi, le prime consegne sono già partite». Proprio sulle consegne si registra un po' di confusione, «perché ci avevano detto che i nostri banchi sarebbero finiti in Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia - racconta Salvatorelli - poi all' improvviso ci hanno chiamato e ci hanno detto di dirottare le consegne sulle zone più colpite dall' epidemia, ad esempio a Piacenza, Bergamo o Treviso».
L'ESERCITO CONSEGNA I BANCHI A CODOGNO ALZANO E NEMBRO3
Alla Vastarredo arrivano quasi quotidianamente comunicazioni dalla struttura commissariale, «telefonate frenetiche, cambiamenti dell' ultimo minuto, dobbiamo adattarci». L' unica certezza è che le loro sedute non sono "innovative", ma tradizionali, «senza le rotelle, insomma, anche perché quelle che io sappia non sono a norma, specie per l' uso da parte dei minorenni».
Quindi le aziende che le producono come fanno? «Si assumono il rischio di essere ritenute responsabili in caso di incidenti, poi non so quali accordi abbiano preso con il committente». Anche perché a quanto pare i contratti non sono tutti uguali, ma sono stati negoziati azienda per azienda, a seconda della fornitura prevista.
DOMENICO ARCURI
A proposito di accordi, impossibile avere informazioni precise sul valore della commessa, «è lo Stato che ha ordinato, tocca a loro rendere pubblici i costi, posso dirvi che normalmente un banco con sedia di questo tipo costa 70/80 euro».
Prima di fare i conti, però, bisogna considerare che sulla spesa totale incide non poco la consegna, in particolare il cosiddetto "ultimo miglio", che costa almeno tre volte di più di un trasporto normale. Si tratta di portare i banchi e le sedie fin dentro la scuola, affrontando difficoltà logistiche non da poco.
L'ESERCITO CONSEGNA I BANCHI A CODOGNO ALZANO E NEMBRO
«Per la nostra commessa parliamo di circa 800 tir da caricare e smistare. Per fortuna diverse aziende di trasporto private si sono fatte vive per collaborare, useremo anche i loro camion e i loro addetti». Fondamentale anche la disponibilità dei grandi gruppi italiani del legno e dell' acciaio: «È stato un gioco di squadra, ci hanno garantito subito le materie prime necessarie per pianificare il lavoro, altrimenti saremmo stati fermi». Ora, però, si deve correre.
EMIDIO SALVATORELLI VASTARREDO
Davvero sicuro di farcela per la fine di ottobre? «Sì, al massimo sforeremo di una settimana o due. Che poi, con il caos che c' è, siamo sicuri che la scuola ripartirà regolarmente? Finisce che ci saranno i nostri banchi, ma non gli studenti». Fonte: qui
L'ESERCITO CONSEGNA I BANCHI A CODOGNO ALZANO E NEMBRO
Il «Capo grasso» faceva paura a tutti: vessava, minacciava, imponeva ritmi massacranti nei campi per 4,5 euro all'ora. «Questo mese solo un giorno di pausa, sempre lavoro. Io sempre stanco, faccio il lavoro di dieci persone», si sfoga Ibrahim lamentando turni fino a dodici ore consecutive. StraBerry, la fattoria delle fragole, era tutt' altro che l'idillio agreste a quindici chilometri dal centro di Milano.
È il primo caso di caporalato all'ombra della Madonnina. La startup dei frutti di bosco a chilometro zero fondata dal bocconiano Guglielmo Stagno d'Alcontres, ha svelato l'inchiesta della Procura di Milano che ha indagato sette persone, era un'azienda agricola da 7,5 milioni con gli schiavi extracomunitari nei campi, sprezzante della legge e dell'umanità.
STAGNO D'ALCONTRES STRABERRY
MANCANZA DI SCRUPOLI
A imporre le regole, rivelano le intercettazioni, è il «Capo grasso» Stagno d'Alcontres, che dettando le direttive mostra la sua «totale mancanza di scrupoli», scrive il pm Gianfranco Gallo nella richiesta di sequestro convalidata dal gip Roberto Crepaldi.
«Questo deve essere l'atteggiamento, perché con loro devi lavorare in maniera tribale. Tu devi fare il maschio dominante - ride d'Alcontres - è quello il concetto, io con loro sono il maschio dominante. Sono più orgoglioso di avere inventato StraBerry che avere questi metodi coercitivi, chiamiamoli così, nei loro confronti. Ma sono i metodi con i quali bisogna lavorare».
STRABERRY
Un manager muscolare sprezzante di ogni regola contrattuale, scrive il pm: chi non accetta turni massacranti viene licenziato, spesso nemmeno confermato dopo due giorni in prova senza retribuzione.
I braccianti non conoscono la lingua, non hanno il permesso di soggiorno e vivono nei centri di accoglienza, pur di racimolare qualche euro abbassano la testa. Qualcuno prova a ribellarsi, ma incassa solo umiliazioni: «Mi ha detto che siamo dei poveracci africani che non hanno niente, poi mi ha spintonato violentemente provando a buttarmi fuori dall'ufficio e mentre mi spingeva continuava a venirmi sulla faccia e continuava ad urlare e sputacchiarmi in faccia», è il trattamento ricevuto da Mohamed da parte di uno dei capi.
STAGNO D'ALCONTRES STRABERRY
«Erano molto offensivi, sempre, contro tutti gli africani. Usavano parole come cog...one, negro di merda, animali. Offendevano». Le condizioni di lavoro non erano da meno. «È concesso bere ma soltanto se hai con te una bottiglietta d'acqua, non è permesso poter andare a bere alla fontanella. Quindi se non hai la bottiglietta non bevi e io, quel giorno, me la ero dimenticata - ricorda Diallo - Ci sono altre proibizioni.
Per esempio non è possibile parlare con i compagni di lavoro, ho visto tante volte Capo grasso mandare via le persone perché parlavano tra di loro». O soltanto perché, stremate dalla sete, sono andate alla fontanella distante dieci minuti di cammino.
BAGNI SOLO PER ITALIANI
Non ci sono toilette, riferisce un ex stagista, «i servizi igienici sono costituiti da un bagno chimico a esclusivo uso del personale di origine italiana. Non c'è un servizio igienico per gli operai» provenienti dall'Africa.
«Ogni volta che avevo bisogno del bagno andavo nei cespugli - dice Idron - Non ci sono docce, c'è un rubinetto con il tubo di plastica per bere ma era vietato usarlo per lavarci, andavamo in un piccolo canale. Non c'è la mensa, mangiavamo lungo il viale d'ingresso dell'azienda, per terra».
SEQUESTRO STRABERRY
Chi prova a protestare viene cacciato. È la regola del Capo grasso: «Domani cominciamo a buttarli fuori uno alla volta, anche quelli vecchi. Cominci a buttarne uno, no? E vediamo gli altri. Il primo che rompe i cog...ni va a casa, vediamo se gli altri non stanno attenti».
CASO STRABERRY DALLE CARTE EMERGE IL CLIMA DI TERRORE INSTAURATO DALL'EX BOCCONIANO. IL GIP: QUADRO DESOLANTE D'ALTRI TEMPI
Giampiero Rossi per il “Corriere della Sera”
«Noi noi con questa cosa qua che abbiamo il contratto a chiamata, non ti dico che chiamo... Però lo usiamo come strumento, no? Lavori male non ti chiamo, lavori bene ti chiamo». Guglielmo Stagno d'Alcontres spiega così, ignaro di essere intercettato dalla Guardia di finanza, la sua strategia nella gestione della forza lavoro nei suoi campi di fragole.
STAGNO D'ALCONTRES STRABERRY
«Questo deve essere l'atteggiamento perché con loro devi lavorare in maniera tribale, come lavorano loro, tu devi fare il maschio dominante ( ride ), è quello il concetto, io con loro sono il maschio dominante».
A far scattare il sequestro della StraBerry è stata un'indagine complessa, condotta dalle Fiamme gialle. Per capire che cosa accadesse davvero nelle serre «fotovoltaiche» di Cassina de' Pecchi, oltre all'incrocio di molte testimonianze - soprattutto da parte dei lavoratori africani - sono state necessarie molte verifiche di documenti e, anche, intercettazioni telefoniche.
SEQUESTRO STRABERRY
E quello che ne emerge, nelle parole dello stesso giudice per le indagini preliminari Roberto Crepaldi, è un «quadro desolante, francamente degno di ben altra epoca e contesto, emerso dalle indagini», che «denota una visione meramente economica del lavoratore, inteso come mezzo produttivo da "spremere" per conseguire un maggior margine di profitto».
È questa l'altra faccia - quella brutta - della start up modello creata dal giovane bocconiano siciliano dal cognome blasonato e premiata due volte da Coldiretti. Ad aprire il primo squarcio sul «clima del terrore», come lo definiva lo stesso manager dalle nobili origini, sono proprio i ragazzi africani, i lavoratori reclutati per passaparola nei centri di accoglienza e poi arruolati per lavorare a Cascina Pirola, secondo regole non scritte ma urlate.
CAPORALATO
Uno dopo l'altro, i braccianti - molti dei quali domiciliati nel centro di accoglienza di via Corelli - si sono rivolti alla Guardia di finanza per raccontare le condizioni vessatorie di lavoro imposte a Cascina Pirola. Hanno paura, ma i conti non tornano: e poiché chi è ai margini inferiori della scala economica lavora soprattutto in cambio di denaro, la rabbia iniettata dalle vessazioni quotidiane si incanala nella denuncia di buste paga irregolari.
STRABERRY
Per esempio, in vista di controlli, come quello degli emissari della Coop, il padrone istruisce così i lavoratori: «Se lui chiedere quanto prendere soldi una persona azienda, tu bisogno dire "io non lo so"». E poi: «Tu devi dire "io no pagare orario ma pagare giornata, giornata prendiamo più o meno 50 euro"».
STRABERRY
I racconti dei giovani braccianti africani si confermano a vicenda. Ma gli investigatori cercano ulteriori prove nelle conversazioni telefoniche tra i dipendenti e i consulenti della StraBerry. Ascoltano conversazioni dalle quale emerge chiaramente che - per politica aziendale non c'è alcun legame tra ore lavorate e salario percepito, fino al giorno in cui, quasi increduli, intercettano una richiesta inusuale alla consulente delle paghe (a sua volta indagata): «A Guglielmo serviva una busta paga che fosse giusta, ok? Come se... un facsimile ».
STRABERRY
E così finisce che ai lavoratori vengono riconosciuti 4,5 euro all'ora, la metà di quanto spetterebbe loro per contratto. Sui campi, intanto, incombe il più severo controllo. Una squadra di cinque persone, quattro italiani e un africano, sorvegliano ogni mossa del centinaio di lavoratori chini sulle piantine di fragole.
Nei racconti dei braccianti ci sono un «capo grande» e un «capo piccolo» che controllano ogni mossa. Guai a chi risponde al telefono o fa durare più di pochi secondi una pausa per bere o per fare pipì. E soprattutto, vietato considerare conclusa la giornata di lavoro se non sono stati raggiunti gli obiettivi stabiliti dal dominus .
SEQUESTRO STRABERRY
Chi non ha raccolto o non ha zappato abbastanza non può andarsene: «Tu quanto hai fatto? Hai finito cinque? Ok ci vediamo domani» dice per telefono Stagno d'Alcontres a uno dei suoi dipendenti. Gli altri li manda via. In altre conversazioni intercettate, del resto, è lo stesso manager bocconiano a teorizzare un «sistema del terrore».
Il giudice parla anche di «uso strumentale del contratto a chiamata» e di «tono violento e razzista». Insomma nel 2020, a 15 chilometri dal Duomo, osserva il giudice, c'è chi fa impresa «sfruttando l'enorme disponibilità di mano d'opera straniera che accetta condizioni di lavoro al limite con la schiavitù pur di sopravvivere in Italia». Fonte: qui