E POI: COME PUÒ L’ITALIA, OTTAVO PAESE AL MONDO PER PIL E QUINTO PER AFFLUSSO DI TURISTI, SECONDO POLO MANUFATTURIERO NELL’EURO ZONA, LE CUI AZIENDE CONTROLLANO ALL’ESTERO 24.000 IMPRESE E DOVE CI SONO 15.000 SOCIETÀ ESTERE, ABBIA UNA COMPAGNIA AEREA SPARITA DALLE CLASSIFICHE MONDIALI PER MERCI E PASSEGGERI TRASPORTATI E VALORE ECONOMICO DEL BRAND?
Antonio Guizzetti* per “Il Sole 24 Ore”
*Presidente Guizzetti & Associates
Ci
sono almeno un paio di inesplorati misteri nella storia dell’Alitalia:
il primo è: Come può esistere nel 2020 una compagnia aerea che ha chiuso
l’ultimo bilancio in utile nel 2002?; il secondo, suona così: Come può
essere che un Paese (Italia) che è l’8° al mondo per PIL, 5° per
afflusso di turisti, 2° polo manufatturiero nell’Euro Zona, le cui
aziende controllano all’estero 24.000 imprese e dove ci sono 15.000
società estere, abbia una compagnia aerea sparita dalle classifiche
mondiali per merci e passeggeri trasportati e valore economico del brand
(oltre la cinquantesima posizione, nei tre casi)?
Questo
diario probabilmente non chiarisce nulla di questi misteri ma forse mi
consente di affermare che chiunque si è occupato di Alitalia negli
ultimi anni un qualche errore di strategia e gestione l’ha fatto:
politici, capitani coraggiosi, managers, commissari, advisors,
consulenti, magari anche i sindacati e forse le banche. Tutti
protagonisti di un dramma con risvolti di farsa e poi di crociata di
riscatto.
Senza
rimestare nella storia, mi limito a partire dal 2017, quando nel maggio
comincia l’amministrazione straordinaria di Alitalia affidata a tre
commissari. In quel momento, Alitalia aveva €2.300 milioni di passivo
corrente a fronte di €900 milioni di attivo.
Da
anni continua ad assorbire cassa e i governi e i ministri competenti
che si sono secceduti, rispettivamente: Gentiloni e Calenda sino al 1
giugno 2018, Conte 1° e Luigi Di Maio, sino al 4 settembre 2019, Conte 2
e Stefano Patuanelli, tutt’ora in carica, sono riusciti in un paio di
imprese titaniche: erogare ad Alitalia finanziamenti ponte per
assicurare la continuità del servizio offerto dalla compagnia (come
recitano i DL susseguitisi nel tempo) per un importo complessivo di €
1.300 milioni (DL N.50 24 aprile 2017; N. 148 16 ottobre 2017; N. 137 2
dicembre 2019); azzerare due bandi di gara per l’aggiudicazione degli
attivi Alitalia: il 1° alla cordata FS Italiane, Delta, MEF, con un
quarto player, un socio definito industriale da scegliere al quale fu
richiesta anche una robusta partecipazione nel capitale (dal 35 al 40%)
della NEWCO, mai scelto (in attesa di Atlantia, mai arrivata!), tra
quelli che avevano presentato una manifestazione d’interesse (Toto,
Claudio Lotito, German Efromovich);
il
2° annullato per virus a marzo di quest’anno, che aveva visto in gara -
a dire dello stesso Commissario Straordinario Leogrande - soltanto un
competitore per l’acquisto di tutta Alitalia soddisfaceva tutti i
requisiti economici (fatturato) e finanziari (patrimonio netto)
richiesti dal bando, cioè: Synergy Holding di German Efromovich (ancora
interessato, malgrado tutto e qualche recente problema finanziario con
United Airlines).
Se
fosse cinico, potrei anche dire che il COVID 19 sia stato una manna dal
cielo per chi – in Italia sono tantissimi – ha sempre pensato che
nazionalizzare Alitalia avrebbe riscritto una bella favola per il Paese.
Mettere sul tavolo €3.000 milioni (perchè €3.000 e non €4.000 o altra
cifra a caso?) per un’operazione di nostalgia aviatoria nazionalistica
che non costa niente alla politica ma però permette di cominciare da
subito il gioco del totonomine alla guida della NEWCO tricolore. Per
fare cosa, nessuno lo sa. Ma su chi lo possa fare, i nomi si sprecano,
con la casacca dell’una o dell’altra contrada di questo paesone
impazzito che è ormai l’Italia.
L’alibi
della nazionalizzazione è presto messo in piedi: portare in Italia i
turisti e riportare a casa gli italiani in tempo di pandemia. Peccato
che i turisti, in Italia, ci vengano lo stesso, malgrado Alitalia.
Peccato (absit iniuria verbis!) che la pandemia sia calante e che in
nessuna parte del mondo servano vettori di proprietà pubblica per
rimpatriare i propri connazionali, in qualunque circostanza questo debba
avvenire. A pensare male, forse si fa peccato ma spesso ci si indovina.
Non è che siamo tutti un po’ nostalgici dei vecchi cari carrozzoni
delle partecipazioni statali?
Del
resto, un piccolo mistero aggiuntivo ai due citati all’inizio resta:
perchè Mediobanca, advisor di FS Italiane, nel 1° bando, ha escluso
German Efromovich dalla gara? Perché, dopo il riconoscimento della
sussistenza dei requisiti economici e finanziari di Synergy Holding per
la partecipazione all’offerta d’acquisto di tutti gli assets di
Alitalia, nessuno si è premurato di convocare il suddetto, pazzo
individuo per domandargli che idea avesse, lui disposto a investire sino
a un miliardo di Euro? Non è che il futuro di Alitalia sia scritto come
compagnia regionale della grande Lufthansa? (che potrebbe anche essere
una buona scelta, ma dipende dalle condizioni. In genere, le aziende
tedesche non sono istituti di beneficenza).
Alla
fine, un po’ di maggiore chiarezza da parte di tutti gli stakeholders
Alitalia non sarebbe male. E magari meno di attaccamento a poltrone e
poltroncine, a amici e fiancheggiatori a potere e visibilità. In questo
scenario, SYNERGY Holding è la scelta giusta per rilanciare Alitalia. Fonte: qui
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