I SINDACATI: “GLI ANZIANI MORIVANO E A NOI, NONOSTANTE L'EVIDENZA DEI SINTOMI, DICEVANO CHE SI TRATTAVA SOLO DI BRONCHITI E POLMONITI STAGIONALI. QUANDO L'EPIDEMIA NON SI POTEVA PIÙ NASCONDERE, CI È ARRIVATO L'ORDINE DI NON TRASFERIRE PIÙ I PAZIENTI NEL PRONTO SOCCORSO DOVE DI SOLITO RICEVONO LE CURE NECESSARIE. IL CHE DI FATTO SIGNIFICA: LASCIATELI MORIRE NEI LORO LETTI…”
Estratto dell’articolo di Gad Lerner per “la Repubblica”
La direzione del Pio Albergo Trivulzio, oltre milletrecento anziani ricoverati, il polo geriatrico più importante d' Italia, per tutto il mese di marzo ha occultato la diffusione del Covid-19 nei suoi reparti, intanto che il morbo contagiava numerosi pazienti e operatori sanitari. Il professor Luigi Bergamaschini, geriatra fra i più qualificati di Milano, ha subìto il 3 marzo un provvedimento di esonero perché colpevole di autorizzare l'uso delle mascherine chirurgiche al personale alle sue dipendenze. Il giorno stesso del suo allontanamento forzato è stato fatto esplicito divieto a medici e paramedici di indossarle.
Le ripetute diffide sindacali che parlano apertamente di "gestione sconsiderata dell' emergenza" hanno indotto la Procura di Milano ad aprire un' inchiesta "Modello 44" a carico di ignoti. Ma il delegato Cgil della Rsu, Pietro La Grassa, non esita a indicare il nome e il cognome del direttore generale del Pat, Giuseppe Calicchio, prescelto dalla Regione Lombardia, in carica dal primo gennaio 2019. "Il filosofo", lo chiama, perché in effetti quello è l' unico titolo universitario che Calicchio indica nel curriculum. Di lui è noto semmai il legame con l' assessore regionale alle Politiche sociali, Stefano Bolognini, cerchia ristretta di Salvini, al cui fianco Bolognini si trovava anche l' estate scorsa al Papeete di Milano Marittima.
«Gli anziani morivano e a noi, nonostante l' evidenza dei sintomi, dicevano che si trattava solo di bronchiti e polmoniti stagionali», denuncia La Grassa. «Il risultato è che ora al Trivulzio abbiamo sette reparti isolati completamente e due vuoti perché non accettiamo più nuovi pazienti. Nella struttura di Merate novanta sono sotto osservazione. Al Principessa Jolanda di via Sassi due reparti sono in isolamento».
Non basta. «Quando l'epidemia non si poteva più nascondere, ci è arrivato l' ordine di non trasferire più i pazienti nel pronto soccorso dove di solito ricevono le cure necessarie», prosegue La Grassa, «il che di fatto significa: lasciateli morire nei loro letti. Niente tamponi, ci mandano allo sbaraglio».
[…] Per salvaguardare l' apparenza di struttura immune dal coronavirus, è stata sacrificata l' incolumità di milletrecento persone. A marzo sono stati settanta i morti solo nel grande edificio di via Trivulzio. Decisamente sopra la media. Senza contare le altre due sedi. Nei bollettini ufficiali si sosteneva che solo in nove decessi fosse riscontrabile il Covid-19 come concausa. Una cifra palesemente inferiore al vero. Intanto un fisioterapista è finito intubato in rianimazione, un medico risulta positivo con polmonite e altri due operatori sono infettati. Ma, in assenza di tamponi, è impossibile stabilire quanti siano davvero i portatori di coronavirus. […] Fonte: qui
PER LA COMMISSIONE D’INCHIESTA SULLE MORTI AL PIO ALBERGO TRIVULZIO IL COMUNE DI MILANO HA CHIAMATO L’EX MAGISTRATO GHERARDO COLOMBO COME COMPONENTE DI FIDUCIA
LA FIGLIA DI UNA DONNA DI 83 ANNI: “I MEDICI LE AVEVANO CONSIGLIATO UNA DEGENZA LÌ DOPO UNO SCOMPENSO. STAVA BENE E SI ERA RIPRESA. IL 12 MARZO CI DICONO CHE DEVONO DIMETTERLA, NEL FRATTEMPO AVEVA INZIATO AD AVERE DOLORE E…”
Alessandro Da Rold per “la Verità”
C' è un' inchiesta della procura sulle carenze organizzative del Pio Albergo Trivulzio, storica casa di cura per gli anziani di Milano. Da giorni sul tavolo dei magistrati milanesi piovono denunce dei familiari delle vittime di Covid-19. Sono le storie di madri, padri, nonne e nonni che erano lì ricoverati o che sono stati dimessi in fretta e furia dopo l' ordinanza del 8 marzo, quando Regione Lombardia decise di chiedere alle Rsa di fare spazio anche ai malati di Covid-19. Il Trivulzio si è difeso: «Ad aprile 27 decessi per il coronavirus, a marzo nessuna "strage nascosta", il Pat si è sempre attenuto rigorosamente alle disposizioni delle autorità sanitarie». Ieri sulle pagine della Verità, il direttore Pierluigi Rossi ha detto «di non avere niente da nascondere. Spiegheremo con trasparenza l' attività svolta».
Proprio ieri Regione Lombardia ha istituito una commissione d' urgenza su quanto accaduto. Vi parteciperà anche il Comune di Milano (che nomina il presidente del Pat), che ha indicato l' ex magistrato Gherardo Colombo (ora presidente del Comitato per la legalità di Palazzo Marino), come proprio componente di fiducia. A lato del dibattito politico resta però soprattutto il dolore delle persone che hanno perso i propri cari in queste settimane, come Manuela, la cui mamma di 83 anni è morta il 26 marzo.
Sua madre D.G. era ricoverata al Trivulzio dal 26 febbraio. «In precedenza era in un altro ospedale. I medici le avevano consigliato una degenza al Pio Albergo Trivulzio dopo uno scompenso cardiaco. Stava bene. Si era ripresa. Il fisiatra del San Paolo ci aveva consigliato di spostarla lì per almeno 3 mesi».
Sono i giorni in cui la Lombardia è già nel vortice dell' emergenza. Il 21 c' è stato il caso del paziente 1 di Codogno. «Ai primi di marzo ci avevano già detto che le visite erano vietate», continua Manuela. «Il 12 però ci chiamano e ci dicono che devono dimetterla. Non ci dicono i motivi, solo che serve spazio. Di fronte alle mie proteste rispondono in modo brusco: non c' è niente da fare. Nel frattempo mia mamma aveva iniziato a stare poco bene, tra dolore agli occhi e un po' di affaticamento. Mi viene detto da medici e infermieri di non preoccuparsi».
Cosa succede in quei giorni? Dopo l' ordinanza della Lombardia il Trivulzio si attrezza per ospitare malati Covid-19. A quanto apprende La Verità la decisione è di dimettere i pazienti che non arrivano da zone o strutture a rischio. D.G è probabilmente una di quelle.
Eppure il Trivulzio non ha ancora una struttura adeguata per affrontare la situazione. «È arrivata a casa il 18 e già non stava benissimo. Il personale dell' autoambulanza che l' ha portata era senza mascherine e guanti. Le ho chiesto se i medici e gli infermieri portavano le mascherine al Trivulzio, mi ha risposto che hanno iniziato solo il 16 marzo». Manuela prosegue: «Ero convinta come mi avevano detto che si trattasse solo di un po' di stress dopo questi mesi difficili». Poi però il 21 mattina la situazione precipita. «Mia madre è caduta, non riusciva a respirare. Le ho provato con il saturimetro l' ossigenazione del sangue, era troppo bassa. Ho chiamato l' ambulanza. Stavolta sono arrivati con le tute di protezione. L' hanno portata all' Humanitas».
Nel pomeriggio la Tac conferma una polmonite da Covid-19, poi il tampone confermerà il quadro clinico. «In quei giorni iniziano a stare male anche mio figlio e mio marito. Segnaliamo la situazione al numero verde. Veniamo messi in quarantena. Quindi chiamo il Trivulzio, per spiegare quello che è successo. La risposta di uno degli infermieri è questa: "Qui al Trivulzio la situazione è disperata"».
Nel frattempo all' Humanitas la situazione peggiora e il 26 arriva la conferma del decesso. «Quella sera ho chiamato il medico che l' aveva in cura al Trivulzio. All' inizio ha iniziato ad attaccarmi, dicendomi che mia madre poteva aver contratto il Covid-19 dopo essere stata dimessa dal Trivulzio. Poi quando gli ho spiegato che non era possibile si è scusato e mi ha raccontato di essersi autosospeso, che erano stati obbligati a non portare le mascherine. Ha riconosciuto di aver messo a rischio la salute dei pazienti».
Fonte: qui
“LE CASE DI RIPOSO COME FRULLATORI: SANITARI E PAZIENTI MISCHIATI E IL VIRUS È ESPLOSO”
DAL 10 MARZO A IERI, L'ONDATA DEL COVID-19 SU MILANO HA LASCIATO OLTRE 600 MORTI NELLE RESIDENZE PER ANZIANI. IL VIRUS S'INSINUA PERCHÉ SI DIFFONDE UNA GENERALE AVVERSIONE ALL' USO DELLE PROTEZIONI.
ISTITUITA UNA COMMISSIONE DI INCHIESTA SULLE CASE DI RIPOSO: IL COMUNE DI MILANO HA NOMINATO L' EX MAGISTRATO GHERARDO COLOMBO...
Elisabetta Andreis e Gianni Santucci per il “Corriere della Sera”
«L' epidemia può essere un cecchino, che uccide a intervalli costanti; uno, due morti al giorno per settimane - racconta un medico, cercando di darsi una spiegazione che non trova -. Oppure può entrare in una casa per anziani come un terrorista, e falcidiare quasi a raffica. Qui le abbiamo viste entrambe».
Quartiere Corvetto, via dei Cinquecento e via dei Panigarola, 200 metri di distanza, pochi passi che separano gli ingressi di due antiche residenze per anziani del Comune di Milano, strutture «gemelle»: la prima ad andare in sofferenza col contagio è stata la «Virgilio Ferrari», la «"Casa per coniugi" invece sembrava al riparo, meno colpita, chissà perché; poi però la strage è iniziata, è stata veloce e devastante», 53 decessi su meno di 200 anziani ospiti, più di uno su quattro, più dei 49 della residenza vicina.
I morti al Corvetto sono solo una parte della catastrofe che le cronache milanesi del Corriere raccontano da giorni: dal 10 marzo a ieri, l' ondata del Covid-19 su Milano ha lasciato oltre 600 morti nelle residenze per anziani.
Testimonianza del signor Salvatore Nigretti, figlio di una donna ricoverata al Pio Albergo Trivulzio, la storica «baggina» dei milanesi: «Mia madre era ricoverata. Appena prima che chiudessero le visite, nella prima settimana di marzo, siamo andati a trovarla. Avevamo mascherine e guanti. Il caporeparto ci ha detto bruscamente di "togliere tutto per non allarmare i parenti, altrimenti non entrate". Siamo entrati senza protezioni».
Inizia tutto da lì, i primi 10 giorni di marzo: quello è il momento in cui il virus dilaga a Milano. In ritardo rispetto a Bergamo e Brescia, dunque con una maggiore possibilità di contenimento. Il Covid-19 s' insinua nelle Rsa perché si diffonde una generale e comune avversione all' uso delle protezioni (ne esistono testimonianze al Trivulzio, al «Don Gnocchi» - altro pezzo di storia dell' assistenza agli anziani -, alla «San Giuseppe» di via delle Ande, collegata al «San Raffaele», e in decine di residenze più piccole).
Le dirigenze smentiscono; i lavoratori denunciano (sono quasi una decina i fascicoli aperti in Procura), e servirebbe forse uno studio di psicologia della rimozione per spiegare perché i responsabili di strutture da «sigillare», per proteggere gli anziani, ingaggiano invece una sorta di «guerra» contro dipendenti e parenti che invocano responsabilità.
Succede al Trivulzio (oltre 110 decessi da inizio marzo), al «Don Gnocchi» (oltre 140 anziani morti), a Mediglia (64 morti), alla «Rsa San Giuseppe» (almeno 25 decessi), nella Rsa e nei laboratori di riabilitazione dell'«Auxologico», altra eccellenza della sanità privata lombarda. Un filo comune di incoscienza e sottovalutazione.
Nessuno alza dunque i primi argini, anche perché mascherine e camici mancano negli ospedali, «figuriamoci cosa potevano dare a noi», riflette un infermiere. Coglie un punto decisivo: le Rsa se le sono dimenticate tutti. Sono rientrate a fatica nel dibattito pubblico quando si sono trasformate in universi concentrazionari, focolai di contagio, infine cimiteri.
A inizio marzo la Regione decide che le Rsa possono ospitare pazienti dagli ospedali, dove serve liberare posti: non è un obbligo, ma la compiacenza di molte dirigenze scatena la corsa ad accogliere.
«Al Trivulzio sono arrivati 20 pazienti da Sesto - racconta un medico -, per accettarli si sono fatti spostamenti, sono stati chiamati medici e infermieri, poi tornati ognuno nel proprio reparto. Questo è avvenuto in moltissime Rsa.
Mescolare così tanti sanitari e pazienti provenienti da strutture e reparti diversi, ad epidemia già scoppiata, è come mettere il virus in un frullatore, poi aprire il coperchio e farlo schizzare ovunque».
Francesco Maisto, garante dei «diritti delle persone fragili», riflette: «Da un primo esame si rilevano maggiori criticità nelle strutture di grandi dimensioni, mentre sembra che le strutture piccole, pur non ottemperando completamente alle ordinanze, si sono procurate i dispositivi di protezione per i pazienti ed il personale».
Ieri la Regione ha incaricato l' Ats di Milano di istituire una commissione di inchiesta sulle Rsa, il Comune ha nominato l' ex magistrato Gherardo Colombo.
A metà marzo, dopo giorni di mascherine assenti o scoraggiate, iniziano le febbri. Degli anziani e del personale. Al «Golgi-Redaelli», altro pezzo di storia dell' assistenza a Milano, da metà marzo si contano oltre 120 pazienti «positivi», 25 decessi confermati Covid-19 su circa 60, una dozzina di medici e infermieri ammalati: ma anche due morti proprio tra il personale, due donne, 45 e 55 anni, una operatrice di una cooperativa. Su questo punto la Cisl attacca fin dall' inizio una battaglia durissima: «Abbiamo sempre chiesto mascherine e protezioni - spiega Rossella Del Curatolo - pretendiamo i tamponi.
Proteggere i lavoratori vuol dire proteggere i pazienti».
Alcuni infermieri dormono «in struttura per paura di tornare a casa». Per settimane non succede nulla: il personale che si ammala costringe quello che resta a moltiplicare le ore di lavoro, e il rischio di portare il virus in giro (testimonianza dalla Fondazione «Martinelli» di Cinisello: «Hanno cominciato a isolare un' ala del reparto e istituito turni di 12 ore al giorno, anche di notte»). A Cormano, dopo 20 decessi, le diffide dei sindacati portano sanificazione, tamponi, protezioni.
Non esistevano protocolli, nessuno in Regione aveva considerato e ripassato il «piano pandemico» che prevedeva un' allerta immediata e un cordone di protezione per le case di riposo. Ultima voce dal Corvetto: «Qui prima quando un parente scriveva in Comune per uno scarafaggio arrivava l' Ats dopo due ore.
Quando chiamavamo perché ci morivano uno-due anziani a notte, per settimane, non ci hanno neppure risposto».
Fonte: qui
IERI MORTI ALTRI 12 ANZIANI NELLA CASA DI RIPOSO (110 TOTALI), DOVE IN PIENA EMERGENZA CORONAVIRUS NON FACEVANO INDOSSARE GUANTI E MASCHERINE AGLI OPERATORI SANITARI PER NON FAR SPAVENTARE GLI OSPITI
Il Pio Albergo Trivulzio ormai ha distrutto più classi dirigenti della rivoluzione francese.
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faziosità di sx:si è aperta inchiesta,con supporto di certi pm, su caso dell’albergo Trivulzio e il bersaglio è Fontana.Giusto indagare sui morti. E sul decreto Gov 8 marzo che entró in vigore 48ore dopo con esodi da Nord a Sud, causa dell’escaletion del contagio?Solo silenzio!
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Mentre Fontana si metteva la mascherina, un geriatra veniva cacciato dal Pio Albergo Trivulzio perché permetteva ai medici di portarla. @gadlernertweet racconta una serie di coincidenze inquietanti. Di cui qualcuno dovrebbe dare conto via glistatigenerali.com/milano/ti-cono …@stati_generali
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Lerner è stato querelato dal direttore e dal presidente del Pio Albergo Trivulzio.
I numeri mostrano che non c'è stata alcuna strage.
È la solita montatura giornalistica per attaccare Salvini.
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CISL, AL TRIVULZIO IERI MORTI ALTRI 12 ANZIANI
(ANSA) - Soltanto ieri al Pio Albergo Trivulzio di Milano sono morti "altri 12 anziani". E' quanto ha spiegato all'ANSA Rossella Delcuratolo, sindacalista della Cisl che segue operatori e infermieri che lavorano nella struttura. Da marzo in poi, dunque, alla 'Baggina' di Milano, al centro di polemiche e indagini in questi giorni per la gestione dell'emergenza Coronavirus, sarebbero morti in totale, come ha chiarito la sindacalista, "circa 110 persone", settanta a marzo e una quarantina in questi giorni di aprile.
CORONAVIRUS: CISL,DA PAT MASCHERINE DOPO UN MESE DA EPIDEMIA
(ANSA) - Gli operatori del Pio Albergo Trivulzio di Milano avrebbero ricevuto dalla struttura le mascherine per proteggere loro stessi e gli anziani ospiti oltre un mese dopo lo scoppio dell'epidemia in Lombardia, il 23 marzo scorso. E' quanto ha spiegato all'ANSA Rossella Delcuratolo, sindacalista della Cisl che segue i lavoratori della 'Baggina', confermando quanto viene riportato anche in una lettera di diffida di fine marzo inviata da Cisl e Cgil ai vertici della casa di riposo, tra cui il dg Giuseppe Calicchio.
Prima di quel giorno, racconta Delcuratolo, infermieri e operatori del Pat "hanno provato ad usare le mascherine, ma anche se se le portavano da casa veniva loro impedito di indossarle, perché dicevano che spaventavano i pazienti". Alcuni operatori, come loro stessi hanno raccontato, sarebbero anche stati "minacciati", "soprattutto - ha chiarito la sindacalista - quelli che lavorano a tempo determinato, che avevano paura di perdere il posto". Tra gli operatori, ha aggiunto, "una ventina sono già risultati positivi" al Coronavirus, ma altre decine sono a casa "con sintomi, in attesa ancora dei tamponi".
TRIVULZIO: CARI SALA E FONTANA, CHIEDETE AL PROCURATORE GRECO
Tiziana Maiolo per “Il Riformista”
Il governatore della Regione Lombardia Attilio Fontana e il sindaco di Milano Beppe Sala farebbero bene, uno di questi giorni, ma al piu presto, ad andare al Palazzo di giustizia a trovare il Procuratore della repubblica e fare con lui due chiacchiere. Intanto perché Francesco Greco e molto simpatico. Poi perché e accorto e sensato, tanto da aver suggerito nei giorni scorsi ai suoi sostituti di evitare di contribuire all'affollamento delle carceri italiane, che sono già tra le più stipate del mondo, con nuovi arresti. Limitate la custodia cautelare, ha scritto ai suoi pm, ai “reati con modalità violente” o di “eccezionale gravita e/o codice rosso”.
Un provvedimento di cui dovrebbero essergli grati tutti i cittadini, perche sarebbe un’ecatombe di proporzioni eccezionali se il coronavirus, che si e già affacciato in qualche istituto ma ancora con numeri contenuti, facesse esplodere il contagio anche nelle carceri. E visto che su un reale svuotamento, come e stato già fatto in diverse parti del mondo, non si può contare fino a che avremo un ministro guardasigilli sordo come Bonafede, e opportuno evitare il più possibile gli ingressi di chi, da fuori, potrebbe portare inconsapevolmente il virus all’interno.
Ma, finiti i convenevoli e i complimenti per la sensibilità mostrata dal Procuratore nei confronti dei reclusi, c’e un altro motivo per cui il presidente della Regione e il sindaco di Milano farebbero bene a sentire l’aria che tira in tribunale. Come ampiamente previsto, e come noi stessi avevamo denunciato già da parecchi giorni, il virus da sanitario si sta già trasformando in giudiziario. Al tribunale di Bergamo fioccano le denunce ed e stata aperta un’inchiesta che va a coprire addirittura i fatti che riguardano tutta l’epidemia fin dal primo contagiato di cui si sia avuta notizia. C’e stato un dettagliato esposto di un giornalista e ci sono denunce.
Si prospettano indagini per omissioni, ma si comincia a parlare anche di diffusione colposa del contagio. Sotto la lente d’ingrandimento l’incapacità (o l’impossibilita), nelle situazioni territoriali, di diagnosticare con sicurezza la differenza tra polmoniti e contagi da coronavirus. E qui entrano nell’occhio del tifone anche i medici. E si teme una catena di S. Antonio, che parte dai parenti delle persone decedute per arrivare ai sanitari e infine alle Asl, alle strutture ospedaliere e su su fino ai vertici regionali.
Ma le denunce ci sono anche a Milano, gia una decina, e sono nelle mani del procuratore aggiunto Tiziana Siciliano, che fino a ora non pare aver assunto alcuna iniziativa. Ma siamo all’impazzimento generale, che trasforma il dolore in rabbia e una parte dell’informazione che soffia sul fuoco e si butta su uno scandalismo che non vedevamo a Milano dai tempi di Mani Pulite. Non e un caso che sia La Repubblica (tallonata dallo scodinzolante Fatto Quotidiano) a buttarsi come un lupo affamato proprio sul Pio Albergo Trivulzio, il più grande Istituto geriatrico assistenziale italiano, ingaggiando una gara di numeri di morti e di bare, tanto da guadagnarsi una diffida tanto dalla Presidenza quanto dalla Direzione generale dell’Ente.
Non e secondario il fatto che la diffida porti le due firme, quella del presidente dottor Ferrara e quella del Dg dottor Calicchia. Perché uno e stato nominato da Giuliano Pisapia e l’altro da un accordo Regione-Comune di Milano. E perché la maggioranza del Consiglio di indirizzo dell’Ente (quattro a tre) e nominata dal Comune di Milano, cioè dalla sinistra. Se problemi politici dovessero esserci in futuro quindi, si deve sapere che riguardano una gestione congiunta tra la giunta comunale di centrosinistra e quella regionale di centrodestra.
Nelle Case di riposo lombarde (e anche di altre Regioni) sono morte moltissime persone, nello scorso mese di marzo. Il che in tempi normali non sarebbe neanche una notizia, dal momento che nelle Rsa ormai sono ospitati solo malati gravi di alzheimer e demenza senile o persone molto anziane. Ci sono piu novantenni che settantenni. Sono numeri che possono fare impressione, se si sente dire per esempio che al Pato al Golgi Redaelli, che sono le due grandi strutture assistenziali milanesi, nel marzo dell’anno scorso e mancata una settantina di persone. Ma e la triste normalità.
Ma nel marzo di quest’anno ne sono morti di più, al Trivulzio come in tutte le settecento case di riposo lombarde: bronchiti e polmoniti, o coronavirus? Non si conoscono con precisione le diagnosi, pur in presenza nei due istituti di personale medico e paramedico specializzato e molto preparato. E non si conoscono neppure bene i numeri. Anche perché, in seguito a una delibera regionale dell’8 marzo alcune Rsa (in genere le più piccole, private) hanno accolto pazienti in via di guarigione dimessi dall’ospedale o persone in quarantena. Pazienti che difficilmente possono aver contagiato gli anziani, visto che erano stati alloggiati in settori separati, ma di cui non si conoscono bene l’entità e i numeri.
Ora ci sono ispezioni del Ministero e indagini amministrative della Regione. Nella Commissione di indagine sul Pat il sindaco Sala, che non e ancora riuscito a farsi perdonare, pur essendosi in seguito scusato, gli aperitivi sui Navigli e la campagna “Milano non si ferma” mentre gia era grave il contagio, chissà perché ha inserito l’ex magistrato Gherardo Colombo. E’ evidente che sarebbe stato preferibile metterci un bravo medico, anche per non creare imbarazzi con la Procura della repubblica.
Ma l’ex Pm di mani Pulite e oggi una persona diversa dal 1992 e sapra partecipare all’inchiesta con equilibrio. Ma la sua presenza vale sempre qualche curiosità e qualche titolo di giornale in più. Con rammarico del Fatto Quotidiano: “nuovi delitti, ancora da provare, per antichi castighi, che a Gherardo Colombo oggi non piacciono piu”, scrive Gianni Barbacetto.
Per tutto questo il sindaco di Milano e il governatore della Lombardia farebbero bene ad andare a trovare il procuratore Francesco Greco. Perche un conto sono le indagini amministrative, che separeranno il grano dal loglio, al Trivulzio come nelle altre Rsa, e diranno se ci sono state confusioni nelle diagnosi, se i parenti dei degenti, che giustamente erano stati tenuti lontani per timore dei contagi, non siano stati tenuti informati. E anche se qualcuno non abbia avuto le cure necessarie e se il personale non sia stato tutelato.
Ma quando i dubbi o gli errori o le responsabilià arrivano in tribunale, allora prendono subito una coloritura diversa. E vanno trattati con cura. E con delicatezza. Un giornale da tempo piuùscandalistico che rigoroso come La Repubblica puo anche titolare senza vergogna “Poveri morti nascosti”, come se qualcuno avesse avviato un traffico di salme, o anche “Mani pulite sul Trivulzio”, istigando ad aprire un’inchiesta giudiziaria di carattere politico.
Un giornale lo puo fare, per quanto sia discutibile. Ma un magistrato deve parlare un linguaggio diverso. E siamo sicuri che il procuratore Francesco Greco non seguirà la scia dello scandalismo. Ma intanto, cosi per sentire l’aria che tira, Sala e Fontana, andate al quarto piano del Palazzo di giustizia a trovare il procuratore capo.
Fonte: qui
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