UN TEAM DI RICERCA INTERNAZIONALE IPOTIZZA CHE IL CORONAVIRUS POSSA ESSERE IN CIRCOLAZIONE DA ANNI: GLI STUDIOSI PENSANO CHE LO SPILLOVER, IL SALTO DI SPECIE DA ANIMALE A UOMO, POSSA RISALIRE AD ANNI O ADDIRITTURA DECENNI FA E CHE IL VIRUS ABBIA CIRCOLATO IN PICCOLI GRUPPI DI PERSONE
SOLO DI RECENTE, TUTTAVIA, AVREBBE SVILUPPATO LA MUTAZIONE CHE L’HA TRASFORMATO NEL PATOGENO “KILLER”…
Andrea Centini per "www.fanpage.it"
I primi casi accertati di COVID-19, l'infezione scatenata dal coronavirus SARS-CoV-2, risalgono alla fine dello scorso anno in Cina, associati al mercato del pesce Huanan della metropoli industriale da 11 milioni di abitanti Wuhan. Ciò nonostante, secondo alcuni scienziati il patogeno sarebbe in circolazione nella popolazione umana da alcuni anni, se non addirittura da decenni.
Ciò significa che il cosiddetto “spillover”, cioè il salto di specie da animale a uomo, sarebbe avvenuto da molto tempo e non tra il 20 e il 25 novembre 2019, come suggerito da uno studio guidato da scienziati italiani del Campus BioMedico di Roma.
A sostenere l'origine remota del patogeno che sta mettendo in ginocchio il mondo intero è stato un team di ricerca internazionale guidato da uno scienziato del prestigioso The Scripps Research Institute di La Jolla, California, che ha collaborato a stretto contatto con colleghi dell'Istituto di Biologia dell'Evoluzione dell'Università di Edimburgo (Regno Unito), del Center for Infection and Immunity presso la Mailman School of Public Health dell'Università Columbia, del Marie Bashir Institute for Infectious Diseases and Biosecurity dell'Università di Sydney (Australia) e della Facoltà di Medicina dell'Università di Tulane.
Si tratta della stessa, autorevole squadra che ha smentito l'origine in laboratorio del coronavirus, le cui caratteristiche sono state rigorosamente plasmate dall'evoluzione naturale.
Proprio attraverso il sequenziamento del genoma del SARS-CoV-2, il team guidato dal professor Kristian Andersen, docente presso il Dipartimento di Microbiologia e Immunologia dell'istituto californiano, è giunto alla conclusione che il coronavirus possa essere tra noi da moltissimo tempo.
Secondo gli scienziati, il patogeno presenta una mutazione unica non rilevata nei coronavirus degli animali dai quali sarebbe avvenuto il salto di specie, come i pipistrelli del genere Rhinolophus (i pipistrelli dal muso a ferro di cavallo) e i pangolini malesi, nei quali sono stati trovati patogeni molto vicini al SARS-CoV-2. Per gli autori dello studio la mutazione sarebbe emersa dopo ripetute infezioni avvenute in passato tra animali e uomo, definite dagli scienziati “a piccoli cluster” (gruppi di persone).
Replicazione dopo replicazione, il virus, che inizialmente non faceva ammalare i contagiati, avrebbe sviluppato un mutazione nella proteina (spike) che si lega alla furina, un enzima presente nel nostro organismo, trasformandolo nel “killer” che, nel momento in cui stiamo scrivendo, sulla base della mappa interattiva messa a punto dall'Università Johns Hopkins ha contagiato oltre 720mila persone e ne ha uccise 34mila (quasi 11mila solo in Italia).
A sostegno dell'evoluzione “lenta” del coronavirus, dopo essere passato per piccoli gruppi di persone in un ampio lasso di tempo, vi è anche il dottor Francis Collins, direttore del National Institute of Health (NIH) degli Stati Uniti, “A seguito di cambiamenti evolutivi graduali nel corso di anni o forse decenni, il virus alla fine ha acquisito la capacità di diffondersi da uomo a uomo e ha iniziato a causare malattie gravi, spesso pericolose per la vita”, ha dichiarato lo scienziato, come riporta il South China Morning Post. I dettagli della ricerca sull'origine del coronavirus sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Nature Medicine.
DALL'OSPEDALE SACCO DI MILANO LE PRIME FOTO DEL CORONAVIRUS LOMBARDO CHE STA FACENDO UNA STRAGE
SONO STATE PUBBLICATE DAL SITO DELL'ADNKRONOS
"SI OSSERVANO CHIARAMENTE, AD UN INGRANDIMENTO, LE PARTICELLE VIRALI DI SARS-COV-2 CHE ADERISCONO ALLE MEMBRANE SULLA SUPERFICIE E ALL'INTERNO DI CELLULE. IN UN'ALTRA LE PARTICELLE VIRALI CON LA TIPICA SOVRASTRUTTURA..."
Sono le prime straordinarie immagini del coronavirus lombardo che sta facendo una strage nella regione e che sono state pubblicate dal sito dell'Adnkronos. Arrivano da Milano e sono state catturate al microscopio elettronico nel Laboratorio di Malattie infettive dell'università Statale-ospedale Sacco, coordinato da Massimo Galli e Gianguglielmo Zehender, in collaborazione con l'Anatomia patologica diretta da Manuela Nebuloni del Dipartimento di Scienze biomediche e cliniche Luigi Sacco.
Hanno ottenuto gli isolamenti - ricordano da UniMi - i ricercatori Alessia Lai, Annalisa Bergna, Arianna Gabrieli (tre giovani scienziate precarie) e Maciej Tarkowski (ricercatore polacco in forze a Milano), mentre hanno effettuato le osservazioni al microscopio elettronico e prodotto le immagini Antonella Tosoni e Beatrice Marchini.
In una fotografia, spiegano dall'ateneo, "si osservano chiaramente, ad un ingrandimento di 30000X, le particelle virali di Sars-CoV-2, adese alle membrane sulla superficie e all'interno di cellule Vero E6 utilizzate per l'isolamento". Una seconda foto è invece "la combinazione di 2 immagini a diverso ingrandimento (50000X e 140000X) che mostra le particelle virali con la tipica ultrastruttura caratterizzata dalla corona di glicoproteine superficiali".
ABBIAMO AVUTO UN FALSO “PAZIENTE 1”
TRA LA FINE DI GENNAIO E I PRIMI DI FEBBRAIO UN SIGNORE DI MILANO VIENE RICOVERATO CON FEBBRE E TOSSE, MA LA SUA POSITIVITÀ AL COVID-19 E' STATA IDENTIFICATA IL 20 FEBBRAIO, LO STESSO GIORNO IN UN CUI SI ACCERTA IL CONTAGIO DI MATTIA, IL 38ENNE DI CODOGNO
I RICERCATORI HANNO ANALIZZATO LE SEQUENZE COMPLETE DEI DUE CEPPI DI SARS-COV2 ISOLATI NEI PAZIENTI E HANNO SCOPERTO CHE…
Davide Milosa per il “Fatto quotidiano”
Tra la fine di gennaio e i primi di febbraio, un signore che vive e lavora a Milano inizia ad avere febbre e tosse. Il 10 febbraio viene ricoverato in un importante ospedale del capoluogo lombardo. Diagnosi: "Coinvolgimento polmonare bilaterale con opacità del vetro smerigliato, che ha richiesto cure intensive". È Covid-19.
La sua positività sarà però identificata il 20 febbraio, giorno in cui all' ospedale di Codogno il tampone rinofaringeo certifica in un 38enne del posto il primo paziente Covid in Italia. Si chiama Mattia. Da ieri, però, il primato non spetta più a lui, ma al signore di Milano, la cui storia clinica è coperta da uno stretto riserbo. Il dato, che il Fatto è in grado di svelare, implica diverse conseguenze decisive. Le vedremo.
La scoperta di un nuovo paziente 1, che retrodata con certezza il contagio, arriva da uno studio scientifico messo insieme dai ricercatori di diversi enti, dall' Istituto superiore di sanità al Laboratorio di microbiologia del Sacco di Milano diretto dalla professoressa Maria Rita Gismondo. Il rapporto è stato pubblicato sulla rivista Eurosurveillance. I ricercatori hanno così analizzato le sequenze complete di due ceppi di Sars-Cov2 isolati in due pazienti.
La prima risale alla fine di gennaio e riguarda un turista cinese di Wuhan, la seconda e più importante è di un milanese che mostra un contagio autoctono senza collegamenti diretti né con la Cina né con persone rientrate da quel Paese.
L' analisi delle sequenze ha dato una prima certezza: l' ingresso multiplo della nuova Sars in Europa e anche in Italia. Il virus del cittadino di Wuhan, infatti, è sovrapponibile ad altri due riferibili a turisti cinesi ricoverati in gennaio allo Spallanzani di Roma. Queste tre sequenze, si legge nel documento, "sono situate in un cluster con genomi principalmente dall' Europa (Inghilterra, Francia, Italia, Svezia), ma anche uno dall' Australia".
La sequenza del signore di Milano invece si trova "in un diverso cluster comprendente due sequenze di genomi provenienti dalla Germania (Monaco di Baviera e Baden-Württemberg) e una sequenza del genoma dal Messico". Di più: dall' analisi sulla composizione degli amminoacidi del virus, i ricercatori hanno individuato alcune differenze tra il ceppo del paziente milanese e il virus di Wuhan. Questo potrebbe ipotizzare la mutazione verso una maggiore aggressività.
Il dato che al momento appare però rilevante è la retrodatazione del cosiddetto "paziente 1" ai primi giorni di febbraio con una dislocazione geografica che da Codogno ci conduce alle porte di Milano.
Un dato in linea con il recente studio dell' Unità di crisi della Regione Lombardia che indica in 385 i sospetti casi di Covid-19 prima dell' inizio formale dell' emergenza. Gli esperti delle Ast regionali collocano persone sintomatiche a partire dal primo gennaio con un andamento prima lieve e poi sempre più veloce. Le mappe allegate indicano attorno alla metà di gennaio due primi casi, uno individuato nell' area di Codogno, il secondo invece proprio a ridosso della periferia nord-ovest di Milano.
L' obiettivo ora è comprendere se il genoma del paziente milanese sia sovrapponibile o meno a quello dei ceppi isolati sempre all' ospedale Sacco nei primi tre pazienti arrivati da Codogno. Il dato è rilevante perché un mancato match indicherebbe in Lombardia un secondo ingresso del virus che in parte giustificherebbe la diffusione esponenziale registrata in oltre un mese di emergenza.
Il virus dei tre pazienti del Lodigiano mostra un primo errore di replicazione il 26 gennaio, data che al momento viene fissata come ingresso in Lombardia di Sars-Cov2.
Questo grazie al lavoro dell' equipe coordinata dal professor Massimo Galli. Le tre sequenze di Codogno sono poi sovrapponibili a una isolata in Baviera attorno al 22 gennaio.
Oggi le sequenze complete sono diventate almeno 30. Alcune arrivano dalla zona di Bergamo ed è su queste che i ricercatori stanno lavorando.
Anche qua l' obiettivo è capire se il virus circolato in Val Seriana sia lo stesso di Codogno o rappresenti un ennesimo ingresso autonomo.
Allo stato dunque, il paziente zero italiano resta un cittadino lombardo, forse del Basso lodigiano che, contratto il virus in Germania, lo ha portato qua. Quello che invece si può dire con certezza, seguendo lo studio pubblicato su Eurosurveillance, è che il nuovo paziente 1 è di Milano e non di Codogno.
MA PERCHÉ BASTA LAVARSI LE MANI PER FAR FUORI IL CORONAVIRUS?
LA RISPOSTA ARRIVA DAI RICERCATORI DEI "CENTERS FOR DISEASE CONTROL" DI TAIWAN CHE SPIEGANO COME IL SAPONE RIESCA A DISTRUGGERE IL MATERIALE GENETICO DEL COVID-19: LE MOLECOLE DI SAPONE SONO IN GRADO DI ATTACCARE IL RIVESTIMENTO…
Alcuni studi scientifici, tra cui quello del Centers for Disease Control di Taiwan, spiegano come il sapone riesca a distruggere il materiale genetico del coronavirus. Le molecole di sapone, infatti, riescono ad attaccare il rivestimento esterno delle particelle virali del Covid-19. Per questo la comunità scientifica sottolinea l'importanza di lavarsi accuratamente le mani con un detergente.
Alcuni studi scientifici, tra cui quello del Centers for Disease Control di Taiwan, spiegano come il sapone riesca a distruggere il materiale genetico del coronavirus. Le molecole di sapone, infatti, riescono ad attaccare il rivestimento esterno delle particelle virali del Covid-19. Per questo la comunità scientifica sottolinea l'importanza di lavarsi accuratamente le mani con un detergente.
“PERCHE' COLORO CHE NON SENTONO PIÙ ODORI E SAPORI SONO CONSIDERATI AFFETTI DA CORONAVIRUS? IL MONDO SCIENTIFICO STA MONITORANDO QUESTI DUE APPARENTEMENTE INNOCUI SINTOMI PER COMPRENDERE SE IL COVID19, OLTRE AD AGGREDIRE I POLMONI, POSSA STABILIZZARSI ANCHE NEL SISTEMA NEUROLOGICO E…”
Melania Rizzoli per Dagospia
Oggi tutti coloro che improvvisamente, in assenza di altri disturbi, non sentono più odori e sapori sono considerati affetti da Coronavirus e contagiosi, e devono essere messi in quarantena.
Anosmia e disgeusia. Questi due termini medici, che indicano la scomparsa del senso dell' olfatto e del gusto, sono i due sintomi che permettono di diagnosticare clinicamente e con sicurezza la presenza del Corona, che confermano la sua azione patologica sulle vie aeree superiori, e che indirizzano in quale fase della infezione virale si trova il paziente che li accusa.
L' anosmia indica la perdita della capacità di percepire gli odori, può essere transitoria o permanente, e compare di solito in seguito a malattie di tipo respiratorio del tratto nasale, come per esempio in caso di raffreddore virale, anche se può essere causata da traumi cranici, Parkinson, Alzheimer, neoplasie cerebrali e farmaci decongestionanti nasali.
La maggior parte dei pazienti con anosmia ha una normale percezione delle sostanze salate, dolci, aspre e amare, ma mancando la discriminazione degli aromi, che si basano in gran parte sull' olfatto, le stesse perdono il senso del gusto (ageusia) per cui i cibi che si assaggiano non hanno più alcun sapore.
Poiché i diversi sapori dipendono da aromi che stimolano i chemorecettori olfattivi, olfatto e gusto sono fisiologicamente interdipendenti. L' anosmia infatti, compare quando un'agente patogeno o una malattia distrugge od inattiva il neuroepitelio olfattivo, ne danneggia i tratti, il bulbo o le fibre del nervo olfattivo o le sue connessioni nervose che dialogano con i centri cerebrali.
Nel caso del coronavirus, la sua aggressione di un gran numero dei recettori olfattivi, porta ad una notevole riduzione o all' azzeramento del senso dell' olfatto, con la conseguente scomparsa del senso del gusto, una disfunzione non certo invalidante ma che necessita di una attenta osservazione medica, perché non diventi permanente e perché la sua rilevanza può dimostrarsi utile ai fini prognostici.
In queste settimane infatti, chiunque subisca una improvvisa perdita dell'olfatto, in assenza di altri sintomi significativi quale febbre, dispnea o tosse, viene considerato un portatore sano o nascosto del Coronavirus, secondo le prove raccolte dalla British Association of Otorhinolaryngology e dagli specialisti del settore europei, i quali raccomandano di testare, isolare e mettere in quarantena questi potenziali pazienti, poiché potrebbero contribuire alla diffusione inconsapevole del Covid19 ancora presente ed attivo nel loro organismo.
Quasi tutte le infezioni virali delle vie aeree superiori, quali il raffreddore, le riniti, le sinusiti e le sindromi parainfluenzali, provocano l' anosmia transitoria, che regredisce con l'esaurimento della carica virale specifica, e lo stesso sembra accadere nella malattia da Coronavirus, essendo stato questo sintomo osservato in circa la metà dei pazienti affetti, ma quello per cui ci si interroga a livello scientifico è se questo virus possa in qualche modo depositarsi in maniera silente o quiescente nell' apparato nervoso delle vie aeree superiori.
Nel caso per esempio del virus della varicella, una malattia pediatrica esantematica, il suo agente virale, l' Herpes Virus, disattiva la sua azione patologica al termine della malattia, ma non abbandona mai più il corpo che ha infettato, restando addormentato nel profondo dei nervi dell'organismo.
In alcune persone predisposte lo stesso virus si 'risveglia' e dà segni di sé in determinate occasioni, quali stati febbrili, periodi di stress, esposizioni ai raggi ultravioletti, viaggi intercontinentali con fuso orario o malattie sottostanti non diagnosticate, ed in queste occasioni esso rende nota la sua presenza e la sua vitalità con la comparsa di manifestazioni vescicolari tipiche dell' Herpes Simplex o Zoster, che fioriscono sulle labbra o su altre parti della superficie cutanea, quella che nel sottoderma custodisce il complesso nervoso che ospita il virus erpetico in fase di letargo.
Non essendo noto se anche il Corona possa potenzialmente avere questa modalità di comportamento, poiché ci vuole ancora molto tempo per capirlo, il mondo scientifico sta focalizzando e monitorando questi due apparentemente innocui sintomi, l' anosmia e la disgeusia da Coronavirus, per comprendere se il Covid19, oltre ad essere un virus che aggredisce i polmoni, possa stabilizzarsi anche nel sistema neurologico, ed anziché scomparire, possa ripresentare in futuro i segni clinici e patologici della sua subdola presenza, manifestando gli stessi sintomi o differenti disturbi.
CASTIGLIONE D’ADDA, UNO DEI COMUNI DELL' EX ZONA ROSSA LODIGIANA, È DIVENTATO UN CASO DI STUDIO: SU 60 CITTADINI CHE SI ERANO PRESENTATI A DONARE IL SANGUE, 40 ERANO POSITIVI AL CORONAVIRUS. SI TRATTA DI SOGGETTI ASINTOMATICI CHE HANNO SVILUPPATO GLI ANTICORPI, COME SE FOSSERO VACCINATI
DAL LORO PLASMA SI SVILUPPERÀ UNA CURA SPERIMENTALE PER I MALATI…
Monica Serra per “la Stampa”
Quando i volontari dell' Avis li hanno convocati per la donazione del sangue, erano certi che avrebbero riscontrato un alto numero di positivi al Covid19. Dagli esiti dei test e dei tamponi è arrivata la conferma: su 60 cittadini di Castiglione D' Adda, uno dei comuni dell' ex zona rossa lodigiana, 40 sono risultati positivi senza saperlo. Tutti asintomatici, sfuggiti alle statistiche ufficiali: sono entrati in contatto con la malattia, non l' hanno sviluppata, ma hanno prodotto gli anticorpi, come fossero stati vaccinati.
Un dato significativo, venuto fuori da uno screening avviato da Avis in collaborazione con le università di Pavia e di Lodi che, questa settimana, inizieranno a sperimentare una nuova terapia: «La somministrazione del plasma ricco di anticorpi per curare i malati», spiega Gianpietro Briola, presidente di Avis e primario del pronto soccorso dell' ospedale di Manerbio, nel Bresciano. «L' obiettivo sarà quello di ricavare farmaci plasmaderivati da somministrare ai pazienti più fragili con malattie croniche. Oppure come terapia per i malati Covid».
L' Avis e le università che stanno lavorando alla sperimentazione non hanno scelto a caso l' ospedale di Codogno e i donatori di Castiglione D' Adda, con i suoi 80 decessi su 4600 abitanti: «Sapevamo già che nella zona focolaio avremmo trovato un' alta incidenza di positivi asintomatici, con gli anticorpi», spiega il presidente Briola, che non esclude che la sperimentazione sarà allargata anche ad altre zone come Bergamo e Brescia. Ma il dato che viene fuori dalla ricerca è comunque interessante: il 70 per cento dei donatori sono risultati positivi al Covid.
«Un numero che in realtà non sconvolge affatto», commenta il presidente dell' Ordine dei medici di Lodi, Massimo Vaiani. «È vero che non si può estendere questa percentuale a tutta Italia. Ma, di sicuro, il numero sommerso degli asintomatici nei Comuni della Bassa, come in altre aree maggiormente colpite, è anche superiore».
Per questo molti medici del Lodigiano hanno chiesto di effettuare tamponi a tappeto in tutta l' area. «Forse adesso è anche tardi per farlo. Sarebbe stato necessario nelle prime settimane come è stato fatto in Veneto, a Vo' Euganeo - prosegue Vaiani -. Ma la nostra preoccupazione è ora rivolta a chi uscirà di casa e tornerà al lavoro anche in città lontane dalla zona rossa, come Milano».
Perché ovviamente dopo la quarantena il doppio tampone, che deve risultare negativo, viene effettuato solo a chi ha presentato i sintomi più violenti della malattia. Non a tutti gli altri. «Per questo stiamo chiedendo di potenziare l' utilizzo del tampone o comunque di scegliere un metodo di monitoraggio allargato per mappare le persone asintomatiche che, senza saperlo, rischiano di continuare a portare in giro il virus».
Per provare a codificare la giusta forma di monitoraggio, proprio oggi si terrà un incontro dell' Ordine dei medici con l' Asst Lodi e con l' Ats.
Monica Serra per “la Stampa”
Quando i volontari dell' Avis li hanno convocati per la donazione del sangue, erano certi che avrebbero riscontrato un alto numero di positivi al Covid19. Dagli esiti dei test e dei tamponi è arrivata la conferma: su 60 cittadini di Castiglione D' Adda, uno dei comuni dell' ex zona rossa lodigiana, 40 sono risultati positivi senza saperlo. Tutti asintomatici, sfuggiti alle statistiche ufficiali: sono entrati in contatto con la malattia, non l' hanno sviluppata, ma hanno prodotto gli anticorpi, come fossero stati vaccinati.
Un dato significativo, venuto fuori da uno screening avviato da Avis in collaborazione con le università di Pavia e di Lodi che, questa settimana, inizieranno a sperimentare una nuova terapia: «La somministrazione del plasma ricco di anticorpi per curare i malati», spiega Gianpietro Briola, presidente di Avis e primario del pronto soccorso dell' ospedale di Manerbio, nel Bresciano. «L' obiettivo sarà quello di ricavare farmaci plasmaderivati da somministrare ai pazienti più fragili con malattie croniche. Oppure come terapia per i malati Covid».
L' Avis e le università che stanno lavorando alla sperimentazione non hanno scelto a caso l' ospedale di Codogno e i donatori di Castiglione D' Adda, con i suoi 80 decessi su 4600 abitanti: «Sapevamo già che nella zona focolaio avremmo trovato un' alta incidenza di positivi asintomatici, con gli anticorpi», spiega il presidente Briola, che non esclude che la sperimentazione sarà allargata anche ad altre zone come Bergamo e Brescia. Ma il dato che viene fuori dalla ricerca è comunque interessante: il 70 per cento dei donatori sono risultati positivi al Covid.
«Un numero che in realtà non sconvolge affatto», commenta il presidente dell' Ordine dei medici di Lodi, Massimo Vaiani. «È vero che non si può estendere questa percentuale a tutta Italia. Ma, di sicuro, il numero sommerso degli asintomatici nei Comuni della Bassa, come in altre aree maggiormente colpite, è anche superiore».
Per questo molti medici del Lodigiano hanno chiesto di effettuare tamponi a tappeto in tutta l' area. «Forse adesso è anche tardi per farlo. Sarebbe stato necessario nelle prime settimane come è stato fatto in Veneto, a Vo' Euganeo - prosegue Vaiani -. Ma la nostra preoccupazione è ora rivolta a chi uscirà di casa e tornerà al lavoro anche in città lontane dalla zona rossa, come Milano».
Perché ovviamente dopo la quarantena il doppio tampone, che deve risultare negativo, viene effettuato solo a chi ha presentato i sintomi più violenti della malattia. Non a tutti gli altri. «Per questo stiamo chiedendo di potenziare l' utilizzo del tampone o comunque di scegliere un metodo di monitoraggio allargato per mappare le persone asintomatiche che, senza saperlo, rischiano di continuare a portare in giro il virus».
Per provare a codificare la giusta forma di monitoraggio, proprio oggi si terrà un incontro dell' Ordine dei medici con l' Asst Lodi e con l' Ats.
Il promettente trattamento al COVID-19 di Johns Hopkins
Mentre l'uso dell'idrossiclorochina (e dello zinco) per il trattamento di COVID-19 ha dominato i titoli per settimane, un nuovo metodo di trattamento sviluppato dal Johns Hopkins Hospital ha appena ottenuto l'approvazione speciale della FDA per essere accelerato.
Conosciuto come terapia sierica convalescente, il plasma sanguigno ricco di anticorpi dei sopravvissuti di COVID-19 viene prelevato, insaccato e somministrato a pazienti in condizioni critiche.
Mentre la FDA ha iniziato a consentire un uso limitato della terapia il 24 marzo per gli ospedali di Houston e New York City (con un "programma di accesso ampliato" in corso), Johns Hopkins sta sviluppando contemporaneamente la terapia con l'obiettivo di prevenire un medico di prima linea altrimenti sano il personale si ammala . L'università è in attesa dell'approvazione della FDA per una seconda sperimentazione clinica su pazienti che sono leggermente o moderatamente malati per vedere se è in grado di ridurre o eliminare COVID-19.
Sotto la guida dell'immunologo Arturo Casadevall, il team Johns Hopkins sta collaborando con medici e scienziati in tutto il paese per stabilire una rete di almeno 40 ospedali e banche del sangue in 20 stati per la raccolta, l'isolamento e l'elaborazione del plasma sanguigno.
Altro via Johns Hopkins (enfatizza la nostra) :
Le persone che si riprendono da un'infezione sviluppano anticorpi che circolano nel sangue e possono neutralizzare il patogeno. I ricercatori sperano di utilizzare la tecnica per trattare i pazienti con COVID-19 in condizioni critiche e potenziare il sistema immunitario degli operatori sanitari e dei primi soccorritori. Attualmente non esistono terapie farmacologiche comprovate o vaccini efficaci per il trattamento del nuovo coronavirus.
" Alla fine di gennaio, sapevo che questa malattia stava per uscire dalla Cina, e sapevo che c'era una grande storia nell'uso del plasma e del siero nel 20 ° secolo ", afferma Casadevall, illustre professore di microbiologia molecolare di Bloomberg e immunologia e malattie infettive presso la Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health e School of Medicine. "Questo [sforzo medico] è diventato un colosso ... Stiamo correndo per schierarlo."
Migliaia di sopravvissuti potrebbero presto schierarsi per donare il loro plasma ricco di anticorpi, secondo i medici. Ma questo è solo se i primi studi promettenti sulla terapia fatta in Cina sono confermati da studi statunitensi che mostrano "effetti e miglioramenti drammatici" nei pazienti, secondo Tobian . È ottimista che la terapia farà proprio questo. "Penso assolutamente che questo potrebbe essere il miglior trattamento che avremo per i prossimi mesi."
Questa terapia con anticorpi passivi è stata utilizzata fin dal 1890 per combattere malattie come il morbillo, la SARS, l'Ebola, l'influenza H1N1 e la poliomielite e mantiene la promessa di tenere a bada il virus fino a quando non sarà possibile sviluppare un vaccino. ( Le stime attuali indicano che un vaccino per uso di emergenza potrebbe essere disponibile all'inizio del 2021.) Durante l'epidemia di SARS nel 2002-2003, uno studio di 80 persone su siero convalescente a Hong Kong ha scoperto che le persone trattate con esso entro due settimane dalla comparsa dei sintomi aveva maggiori possibilità di essere dimesso dall'ospedale rispetto a quelli che non erano stati curati.
La bellezza della terapia, afferma Casadevall, è che coinvolge il metodo consolidato e sicuro di donazione di sangue. Tranne in questo caso, il plasma (o siero) dei sopravvissuti, che contiene l'anticorpo anti-COVID-19, è separato dai globuli rossi e trasfuso nelle tre categorie di destinatari: il malato critico come misura di "cura compassionevole" dell'ultima fermata ; i pazienti che sono leggermente o moderatamente malati per tenerli fuori dalle ICU e dai ventilatori scarsi e dagli operatori sanitari di prima linea per impedire loro di ammalarsi. Quasi una tazza di siero (200 millilitri o un'unità) verrebbe somministrata a ciascun destinatario, secondo Tobian, con ciascun donatore che fornirà siero sufficiente per un massimo di quattro pazienti. (Ogni donatore, a seconda delle dimensioni del corpo, può fornire da due a quattro unità).
Casadevall ha avuto la visione per questo trattamento. Aveva anche la saggezza di non microgestire la sua squadra di medici, che ha liberato per creare i loro mini-team a flusso rapido. Insieme, si unirono ai coetanei di tutto il mondo in una maratona di lavoro disinteressato e 24 ore su 24 verso un obiettivo comune urgente: sopraffare e schiacciare il virus COVID-19. "In attesa di un altro giorno di lavoro con un'incredibile serie di colleghi", ha twittato Casadevall alla fine di marzo. "La giornata è iniziata alle 4 del mattino e andrà quasi a mezzanotte." In questo processo, medici, ricercatori e autorità di regolamentazione provenienti da Israele ed Etiopia si sono uniti ai medici Hopkins per creare protocolli terapeutici, aprire laboratori, ottenere approvazioni normative e istituzionali, identificare donatori, compilare dati e organizzare e condividere informazioni vitali.$ 3 milioni dalle filantropie di Bloomberg e $ 1 milione in finanziamenti dallo stato del Maryland .
" Di solito passiamo un anno a prepararci per la prossima stagione influenzale ", afferma Andy Pekosz , vicepresidente del Dipartimento di microbiologia molecolare e immunologia presso la Bloomberg School of Public Health. "Quello che facciamo per l'influenza in un anno, stiamo cercando di fare in un mese per COVID-19. La nostra finestra di recitazione è piccola." Il coronavirus a rapida diffusione ha già ucciso almeno 70.000 persone in tutto il mondo, con quasi 1.300.000 casi confermati . Numeri che continuano a crescere.
Fin dall'inizio, Casadevall sapeva di aver affrontato più di un problema medico. La storia della terapia al plasma era sconosciuta alla maggior parte delle persone, quindi aveva bisogno di attirare l'attenzione pubblica sulla sua causa. Realizzando un commento su una rivista medica avrebbe raggiunto un pubblico limitato, Casadevall ha cercato un editoriale che sollecitava l'uso del siero convalescente. Il saggio, pubblicato nell'edizione del 27 febbraio del Wall Street Journal , raccontava la storia di un geniale medico di Pottstown, in Pennsylvania, che nel 1934 arrestò un focolaio di morbillo in un collegio di ragazzi usando la terapia del siero. "Una straordinaria vittoria contro una malattia altamente contagiosa", scrisse Casadevall.
Casadevall ha licenziato il saggio a dozzine di colleghi che lo hanno incoraggiato nel suo piano a pubblicare anche un documento accademico che trasmetteva informazioni tecniche sufficienti per dimostrare alla comunità medica che aveva fatto i compiti . In quattro giorni, lui e la collaboratrice di lunga data Liise-anne Pirofski, capo del dipartimento di malattie infettive dell'Albert Einstein College of Medicine di New York City, hanno scritto quello che Casadevall chiama "forse il documento più importante della mia vita" - " The Opzione Convalescent Sera per contenere COVID-19 ", apparso sul Journal of Clinical Investigationil 13 marzo. Scritto nel linguaggio freddo e preciso degli esperti clinici, il documento ha concluso: "Raccomandiamo alle istituzioni di considerare l'uso di emergenza dei sieri convalescenti e di iniziare i preparativi il più presto possibile". Ma la sua frase finale recava un avvertimento acuto e decisamente poco studioso: "Il tempo è essenziale."
Il risultato? " Tutto è decollato ", afferma Casadevall. "La sua pubblicazione ha coinciso con il maggiore aumento dei casi negli Stati Uniti. I media hanno saltato su di esso."
Se non fosse stato per un uccello tropicale da compagnia il cui guano ha infettato il suo proprietario nel 1995, il percorso di Casadevall non si sarebbe mai incrociato con quello dello specialista in malattie infettive Shmuel Shoham , professore associato di medicina presso la School of Medicine. "È stato così che abbiamo legato", ricorda Shoham, che ha messo a punto il primo protocollo per il trattamento di potenziali pazienti COVID-19.
Allora Casadevall era ad Albert Einstein nel Bronx, mentre Shoham era alla Boston University, ma grazie ad un amico comune, hanno scritto un articolo innovativo negli Annals of Internal Medicine che è stato raccolto dal New York Times . La loro ricerca ha dimostrato il legame finora sconosciuto tra la malattia fungina umana e la "cacca di cacatua", come afferma Shoham.
Nel corso degli anni, la loro carriera li ha portati in diverse città e in direzioni separate, ma quando Casadevall è arrivato a Hopkins cinque anni fa, hanno rinnovato la loro amicizia e sono diventati nuovamente collaboratori chiave. A metà febbraio, quando l'Italia riferì di casi crescenti, Shoham iniziò a pensare: "Se c'è un buco nella barca, non importa se è dalla mia parte o dalla tua parte, andremo tutti giù. Se questo accade in Italia, non c'è assolutamente alcun motivo per cui ciò non possa accadere a Baltimora ". Poi vide un tweet di Casadevall: "Il plasma sarà la soluzione. " All'inizio Shoham fece un passo indietro, dicendo che la terapia non aveva funzionato con i pazienti con influenza. Ma quei pazienti erano troppo malati, rispose Casadevall, e in una raffica di tweet avanti e indietro,
Con il virus che inizia a imperversare negli Stati Uniti, Casadevall ha convocato una teleconferenza alle 7:30 del mattino il 4 marzo, cinque giorni dopo la sua pubblicazione sul WSJ , con un gruppo della Divisione delle malattie infettive di Hopkins . Shoham ha risposto alla chiamata mentre si recava al lavoro. "Ho detto loro che dovevamo fare [qualcosa]", ricorda Casadevall. "Questo era qualcosa che non era sullo schermo radar. Ci fu silenzio, e io dissi:" Avremo bisogno di un protocollo ".
Shoham si offrì volontario per scriverlo. Sebbene in genere trascorra i due terzi del suo tempo con i pazienti, per caso ha avuto pochi pazienti nel suo calendario e questo gli ha dato il tempo di immergersi in COVID-19. Il giorno dopo aveva martellato le ossa nude di un protocollo per prevenire l'infezione somministrando il plasma a coloro che erano stati esposti. "Era una specie di protocollo davvero disordinato con punti salienti come un segnaposto 'This Space Left Intentionally Blank'", afferma Shoham. Finì una bozza più dettagliata, ma ancora rudimentale, in tempo per la prossima teleconferenza di Casadevall pochi giorni dopo.
Casadevall ha annullato il protocollo a un collega della Mayo Clinic, che lo ha convertito in uno per il trattamento della malattia da lieve a moderata, che i medici Hopkins hanno ulteriormente perfezionato e rivisto in collaborazione con i medici Mayo. Questo modello di collaborazione rapida e interurbana sarebbe ripetuto all'infinito tra gli altri medici per altre esigenze nei giorni a venire.
"Improvvisamente, i centri di tutto il paese dicevano:" Oh, mio Dio, questo è qualcosa che possiamo fare. "Quindi, abbiamo fatto grandi teleconferenze con dozzine di centri", dice Shoham, che ora è la FDA investigatore principale per lo studio sulla profilassi, che lo rende responsabile di tutta l'esecuzione e il controllo della ricerca clinica su quel protocollo.
Il team ha dovuto sapere come raccogliere il siero del donatore e come trasfondere. Quindi, il patologo Tobian e il suo collega Evan Bloch, professore associato di medicina, sono saliti a bordo. Oggi Tobian e Bloch aiutano a guidare il gruppo trasfusionale. "Riceviamo e-mail ogni giorno da altri ospedali su come iniziamo la raccolta, su come lavoriamo sugli aspetti normativi", afferma Tobian. "E siamo in contatto con i medici di medicina trasfusionale in tutta la nazione numerose volte al giorno." Il ritmo è stato "folle", aggiunge Bloch, uno specialista in malattie infettive trascurate.
Nel segno di questi tempi ad alta tecnologia, Casadevall non ha mai incontrato nessuno dei due. "Non so nemmeno che aspetto abbia Evan Bloch", dice, "e gli parlo sempre. Questi uomini sono magnifici. Si adeguano all'occasione." Incontri di persona accadono ma sono per lo più considerati "un lusso" che non possono permettersi perché metterebbero le persone a rischio, dice Shoham.
Per analizzare il siero, Casadevall ha chiamato Pekosz. Fino a marzo, Pekosz, un ricercatore di base, non aveva pensato che sarebbe stato così direttamente coinvolto in un simile sforzo. Ma dopo che Casadevall ha condiviso i suoi piani, Pekosz ha realizzato che parte del suo lavoro poteva supportare la necessità di misurare gli anticorpi nel sangue prima che le trasfusioni fossero fatte.
" È diventato un turbine, un tornado in cui siamo stati spazzati via, parte di un enorme sforzo per curare i pazienti e avere un impatto diretto sulla pandemia ", afferma Pekosz. Alla fine di marzo, Casadevall ha inviato un'e-mail a Pekosz per dire che Vice Provost per la ricerca Denis Wirtz aveva fornito $ 250.000 in finanziamenti per lanciare un nuovo laboratorio per valutare le risposte anticorpali COVID-19 nel siero destinate ai pazienti dell'ospedale.
"Arturo ha detto che avevo bisogno di creare un laboratorio per farlo perché questo potrebbe essere un compito davvero scoraggiante in termini di numero di pazienti che vogliamo trattare", ricorda Pekosz. "A quel punto, ho davvero capito, 'Wow, questa sarà una bestia per sé'."
Una parte importante del lavoro di Pekosz - oltre a supervisionare sei nuovi impiegati di laboratorio, uno staff che potrebbe presto raddoppiare - comporta la consulenza ad altri ospedali su come procedere. "Non ricordo nemmeno il numero di istituzioni che mi hanno contattato che vogliono fare la stessa cosa. Stiamo cercando di lavorare con loro per essere il più vicino possibile ai risultati dei test reciproci, in modo da poter avere coerenza tra i siti ".
Dopo lo scoppio iniziale di entusiasmo e azione organizzativa di Casadevall, confessa che c'è stato un momento in cui le cose sembravano oscure. " Ti rendi conto dell'entità di ciò che stai cercando di fare e, in particolare, ti rendi conto che potrebbero esserci enormi problemi di regolamentazione ", afferma. Ricordò a se stesso che progetti come questo erano stati realizzati da generazioni precedenti e in altri paesi, e con determinazione, dice, " Non ho mai dubitato per un minuto di poterlo realizzare " .
Il processo di approvazione della FDA è un'arma a doppio taglio, secondo Shoham, che afferma che uno dei maggiori problemi è l'ambiente normativo. Requisiti FDA apparentemente antiquati a volte hanno lasciato i medici scuotere la testa. La presentazione di un IND (la domanda per un nuovo farmaco sperimentale) non è ufficiale a meno che non sia fisicamente spedita con numerose copie di documenti. "Avremmo potuto inviare un'e-mail [con allegati PDF]", afferma Tobian, riferendosi a un IND che Hopkins ha preparato. "Invece [stavamo] cercando di trovare chi potesse fare tutte queste fotocopie e inviare un pacchetto FedEx, e per lo più a tutti è stato detto che avrebbero dovuto lavorare da casa".
Tuttavia, né lui né Casadevall credono che il vecchio sistema di consegna abbia rallentato le decisioni della FDA o il loro lavoro. "La FDA ha un lavoro impossibile", afferma Casadevall. "Non li criticherò mai. Stanno lavorando molto duramente. Il loro lavoro è la sicurezza e il nostro compito è farlo."
Lisandro, l'ammiraglio spartano che conquistò Atene nel 405 a.C., è l'eroe di Casadevall. "Ha fatto qualcosa di inaudito in quel momento", si meraviglia di Casadevall. "Ha risparmiato la città e, risparmiando la città, ha preservato Atene.
Mentre l'uso dell'idrossiclorochina (e dello zinco) per il trattamento di COVID-19 ha dominato i titoli per settimane, un nuovo metodo di trattamento sviluppato dal Johns Hopkins Hospital ha appena ottenuto l'approvazione speciale della FDA per essere accelerato.
Conosciuto come terapia sierica convalescente, il plasma sanguigno ricco di anticorpi dei sopravvissuti di COVID-19 viene prelevato, insaccato e somministrato a pazienti in condizioni critiche.
Mentre la FDA ha iniziato a consentire un uso limitato della terapia il 24 marzo per gli ospedali di Houston e New York City (con un "programma di accesso ampliato" in corso), Johns Hopkins sta sviluppando contemporaneamente la terapia con l'obiettivo di prevenire un medico di prima linea altrimenti sano il personale si ammala . L'università è in attesa dell'approvazione della FDA per una seconda sperimentazione clinica su pazienti che sono leggermente o moderatamente malati per vedere se è in grado di ridurre o eliminare COVID-19.
Sotto la guida dell'immunologo Arturo Casadevall, il team Johns Hopkins sta collaborando con medici e scienziati in tutto il paese per stabilire una rete di almeno 40 ospedali e banche del sangue in 20 stati per la raccolta, l'isolamento e l'elaborazione del plasma sanguigno.
Altro via Johns Hopkins (enfatizza la nostra) :
Le persone che si riprendono da un'infezione sviluppano anticorpi che circolano nel sangue e possono neutralizzare il patogeno. I ricercatori sperano di utilizzare la tecnica per trattare i pazienti con COVID-19 in condizioni critiche e potenziare il sistema immunitario degli operatori sanitari e dei primi soccorritori. Attualmente non esistono terapie farmacologiche comprovate o vaccini efficaci per il trattamento del nuovo coronavirus.
" Alla fine di gennaio, sapevo che questa malattia stava per uscire dalla Cina, e sapevo che c'era una grande storia nell'uso del plasma e del siero nel 20 ° secolo ", afferma Casadevall, illustre professore di microbiologia molecolare di Bloomberg e immunologia e malattie infettive presso la Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health e School of Medicine. "Questo [sforzo medico] è diventato un colosso ... Stiamo correndo per schierarlo."
Migliaia di sopravvissuti potrebbero presto schierarsi per donare il loro plasma ricco di anticorpi, secondo i medici. Ma questo è solo se i primi studi promettenti sulla terapia fatta in Cina sono confermati da studi statunitensi che mostrano "effetti e miglioramenti drammatici" nei pazienti, secondo Tobian . È ottimista che la terapia farà proprio questo. "Penso assolutamente che questo potrebbe essere il miglior trattamento che avremo per i prossimi mesi."
Questa terapia con anticorpi passivi è stata utilizzata fin dal 1890 per combattere malattie come il morbillo, la SARS, l'Ebola, l'influenza H1N1 e la poliomielite e mantiene la promessa di tenere a bada il virus fino a quando non sarà possibile sviluppare un vaccino. ( Le stime attuali indicano che un vaccino per uso di emergenza potrebbe essere disponibile all'inizio del 2021.) Durante l'epidemia di SARS nel 2002-2003, uno studio di 80 persone su siero convalescente a Hong Kong ha scoperto che le persone trattate con esso entro due settimane dalla comparsa dei sintomi aveva maggiori possibilità di essere dimesso dall'ospedale rispetto a quelli che non erano stati curati.
La bellezza della terapia, afferma Casadevall, è che coinvolge il metodo consolidato e sicuro di donazione di sangue. Tranne in questo caso, il plasma (o siero) dei sopravvissuti, che contiene l'anticorpo anti-COVID-19, è separato dai globuli rossi e trasfuso nelle tre categorie di destinatari: il malato critico come misura di "cura compassionevole" dell'ultima fermata ; i pazienti che sono leggermente o moderatamente malati per tenerli fuori dalle ICU e dai ventilatori scarsi e dagli operatori sanitari di prima linea per impedire loro di ammalarsi. Quasi una tazza di siero (200 millilitri o un'unità) verrebbe somministrata a ciascun destinatario, secondo Tobian, con ciascun donatore che fornirà siero sufficiente per un massimo di quattro pazienti. (Ogni donatore, a seconda delle dimensioni del corpo, può fornire da due a quattro unità).
Casadevall ha avuto la visione per questo trattamento. Aveva anche la saggezza di non microgestire la sua squadra di medici, che ha liberato per creare i loro mini-team a flusso rapido. Insieme, si unirono ai coetanei di tutto il mondo in una maratona di lavoro disinteressato e 24 ore su 24 verso un obiettivo comune urgente: sopraffare e schiacciare il virus COVID-19. "In attesa di un altro giorno di lavoro con un'incredibile serie di colleghi", ha twittato Casadevall alla fine di marzo. "La giornata è iniziata alle 4 del mattino e andrà quasi a mezzanotte." In questo processo, medici, ricercatori e autorità di regolamentazione provenienti da Israele ed Etiopia si sono uniti ai medici Hopkins per creare protocolli terapeutici, aprire laboratori, ottenere approvazioni normative e istituzionali, identificare donatori, compilare dati e organizzare e condividere informazioni vitali.$ 3 milioni dalle filantropie di Bloomberg e $ 1 milione in finanziamenti dallo stato del Maryland .
" Di solito passiamo un anno a prepararci per la prossima stagione influenzale ", afferma Andy Pekosz , vicepresidente del Dipartimento di microbiologia molecolare e immunologia presso la Bloomberg School of Public Health. "Quello che facciamo per l'influenza in un anno, stiamo cercando di fare in un mese per COVID-19. La nostra finestra di recitazione è piccola." Il coronavirus a rapida diffusione ha già ucciso almeno 70.000 persone in tutto il mondo, con quasi 1.300.000 casi confermati . Numeri che continuano a crescere.
Fin dall'inizio, Casadevall sapeva di aver affrontato più di un problema medico. La storia della terapia al plasma era sconosciuta alla maggior parte delle persone, quindi aveva bisogno di attirare l'attenzione pubblica sulla sua causa. Realizzando un commento su una rivista medica avrebbe raggiunto un pubblico limitato, Casadevall ha cercato un editoriale che sollecitava l'uso del siero convalescente. Il saggio, pubblicato nell'edizione del 27 febbraio del Wall Street Journal , raccontava la storia di un geniale medico di Pottstown, in Pennsylvania, che nel 1934 arrestò un focolaio di morbillo in un collegio di ragazzi usando la terapia del siero. "Una straordinaria vittoria contro una malattia altamente contagiosa", scrisse Casadevall.
Casadevall ha licenziato il saggio a dozzine di colleghi che lo hanno incoraggiato nel suo piano a pubblicare anche un documento accademico che trasmetteva informazioni tecniche sufficienti per dimostrare alla comunità medica che aveva fatto i compiti . In quattro giorni, lui e la collaboratrice di lunga data Liise-anne Pirofski, capo del dipartimento di malattie infettive dell'Albert Einstein College of Medicine di New York City, hanno scritto quello che Casadevall chiama "forse il documento più importante della mia vita" - " The Opzione Convalescent Sera per contenere COVID-19 ", apparso sul Journal of Clinical Investigationil 13 marzo. Scritto nel linguaggio freddo e preciso degli esperti clinici, il documento ha concluso: "Raccomandiamo alle istituzioni di considerare l'uso di emergenza dei sieri convalescenti e di iniziare i preparativi il più presto possibile". Ma la sua frase finale recava un avvertimento acuto e decisamente poco studioso: "Il tempo è essenziale."
Il risultato? " Tutto è decollato ", afferma Casadevall. "La sua pubblicazione ha coinciso con il maggiore aumento dei casi negli Stati Uniti. I media hanno saltato su di esso."
Se non fosse stato per un uccello tropicale da compagnia il cui guano ha infettato il suo proprietario nel 1995, il percorso di Casadevall non si sarebbe mai incrociato con quello dello specialista in malattie infettive Shmuel Shoham , professore associato di medicina presso la School of Medicine. "È stato così che abbiamo legato", ricorda Shoham, che ha messo a punto il primo protocollo per il trattamento di potenziali pazienti COVID-19.
Allora Casadevall era ad Albert Einstein nel Bronx, mentre Shoham era alla Boston University, ma grazie ad un amico comune, hanno scritto un articolo innovativo negli Annals of Internal Medicine che è stato raccolto dal New York Times . La loro ricerca ha dimostrato il legame finora sconosciuto tra la malattia fungina umana e la "cacca di cacatua", come afferma Shoham.
Nel corso degli anni, la loro carriera li ha portati in diverse città e in direzioni separate, ma quando Casadevall è arrivato a Hopkins cinque anni fa, hanno rinnovato la loro amicizia e sono diventati nuovamente collaboratori chiave. A metà febbraio, quando l'Italia riferì di casi crescenti, Shoham iniziò a pensare: "Se c'è un buco nella barca, non importa se è dalla mia parte o dalla tua parte, andremo tutti giù. Se questo accade in Italia, non c'è assolutamente alcun motivo per cui ciò non possa accadere a Baltimora ". Poi vide un tweet di Casadevall: "Il plasma sarà la soluzione. " All'inizio Shoham fece un passo indietro, dicendo che la terapia non aveva funzionato con i pazienti con influenza. Ma quei pazienti erano troppo malati, rispose Casadevall, e in una raffica di tweet avanti e indietro,
Con il virus che inizia a imperversare negli Stati Uniti, Casadevall ha convocato una teleconferenza alle 7:30 del mattino il 4 marzo, cinque giorni dopo la sua pubblicazione sul WSJ , con un gruppo della Divisione delle malattie infettive di Hopkins . Shoham ha risposto alla chiamata mentre si recava al lavoro. "Ho detto loro che dovevamo fare [qualcosa]", ricorda Casadevall. "Questo era qualcosa che non era sullo schermo radar. Ci fu silenzio, e io dissi:" Avremo bisogno di un protocollo ".
Shoham si offrì volontario per scriverlo. Sebbene in genere trascorra i due terzi del suo tempo con i pazienti, per caso ha avuto pochi pazienti nel suo calendario e questo gli ha dato il tempo di immergersi in COVID-19. Il giorno dopo aveva martellato le ossa nude di un protocollo per prevenire l'infezione somministrando il plasma a coloro che erano stati esposti. "Era una specie di protocollo davvero disordinato con punti salienti come un segnaposto 'This Space Left Intentionally Blank'", afferma Shoham. Finì una bozza più dettagliata, ma ancora rudimentale, in tempo per la prossima teleconferenza di Casadevall pochi giorni dopo.
Casadevall ha annullato il protocollo a un collega della Mayo Clinic, che lo ha convertito in uno per il trattamento della malattia da lieve a moderata, che i medici Hopkins hanno ulteriormente perfezionato e rivisto in collaborazione con i medici Mayo. Questo modello di collaborazione rapida e interurbana sarebbe ripetuto all'infinito tra gli altri medici per altre esigenze nei giorni a venire.
"Improvvisamente, i centri di tutto il paese dicevano:" Oh, mio Dio, questo è qualcosa che possiamo fare. "Quindi, abbiamo fatto grandi teleconferenze con dozzine di centri", dice Shoham, che ora è la FDA investigatore principale per lo studio sulla profilassi, che lo rende responsabile di tutta l'esecuzione e il controllo della ricerca clinica su quel protocollo.
Il team ha dovuto sapere come raccogliere il siero del donatore e come trasfondere. Quindi, il patologo Tobian e il suo collega Evan Bloch, professore associato di medicina, sono saliti a bordo. Oggi Tobian e Bloch aiutano a guidare il gruppo trasfusionale. "Riceviamo e-mail ogni giorno da altri ospedali su come iniziamo la raccolta, su come lavoriamo sugli aspetti normativi", afferma Tobian. "E siamo in contatto con i medici di medicina trasfusionale in tutta la nazione numerose volte al giorno." Il ritmo è stato "folle", aggiunge Bloch, uno specialista in malattie infettive trascurate.
Nel segno di questi tempi ad alta tecnologia, Casadevall non ha mai incontrato nessuno dei due. "Non so nemmeno che aspetto abbia Evan Bloch", dice, "e gli parlo sempre. Questi uomini sono magnifici. Si adeguano all'occasione." Incontri di persona accadono ma sono per lo più considerati "un lusso" che non possono permettersi perché metterebbero le persone a rischio, dice Shoham.
Per analizzare il siero, Casadevall ha chiamato Pekosz. Fino a marzo, Pekosz, un ricercatore di base, non aveva pensato che sarebbe stato così direttamente coinvolto in un simile sforzo. Ma dopo che Casadevall ha condiviso i suoi piani, Pekosz ha realizzato che parte del suo lavoro poteva supportare la necessità di misurare gli anticorpi nel sangue prima che le trasfusioni fossero fatte.
" È diventato un turbine, un tornado in cui siamo stati spazzati via, parte di un enorme sforzo per curare i pazienti e avere un impatto diretto sulla pandemia ", afferma Pekosz. Alla fine di marzo, Casadevall ha inviato un'e-mail a Pekosz per dire che Vice Provost per la ricerca Denis Wirtz aveva fornito $ 250.000 in finanziamenti per lanciare un nuovo laboratorio per valutare le risposte anticorpali COVID-19 nel siero destinate ai pazienti dell'ospedale.
"Arturo ha detto che avevo bisogno di creare un laboratorio per farlo perché questo potrebbe essere un compito davvero scoraggiante in termini di numero di pazienti che vogliamo trattare", ricorda Pekosz. "A quel punto, ho davvero capito, 'Wow, questa sarà una bestia per sé'."
Una parte importante del lavoro di Pekosz - oltre a supervisionare sei nuovi impiegati di laboratorio, uno staff che potrebbe presto raddoppiare - comporta la consulenza ad altri ospedali su come procedere. "Non ricordo nemmeno il numero di istituzioni che mi hanno contattato che vogliono fare la stessa cosa. Stiamo cercando di lavorare con loro per essere il più vicino possibile ai risultati dei test reciproci, in modo da poter avere coerenza tra i siti ".
Dopo lo scoppio iniziale di entusiasmo e azione organizzativa di Casadevall, confessa che c'è stato un momento in cui le cose sembravano oscure. " Ti rendi conto dell'entità di ciò che stai cercando di fare e, in particolare, ti rendi conto che potrebbero esserci enormi problemi di regolamentazione ", afferma. Ricordò a se stesso che progetti come questo erano stati realizzati da generazioni precedenti e in altri paesi, e con determinazione, dice, " Non ho mai dubitato per un minuto di poterlo realizzare " .
Il processo di approvazione della FDA è un'arma a doppio taglio, secondo Shoham, che afferma che uno dei maggiori problemi è l'ambiente normativo. Requisiti FDA apparentemente antiquati a volte hanno lasciato i medici scuotere la testa. La presentazione di un IND (la domanda per un nuovo farmaco sperimentale) non è ufficiale a meno che non sia fisicamente spedita con numerose copie di documenti. "Avremmo potuto inviare un'e-mail [con allegati PDF]", afferma Tobian, riferendosi a un IND che Hopkins ha preparato. "Invece [stavamo] cercando di trovare chi potesse fare tutte queste fotocopie e inviare un pacchetto FedEx, e per lo più a tutti è stato detto che avrebbero dovuto lavorare da casa".
Tuttavia, né lui né Casadevall credono che il vecchio sistema di consegna abbia rallentato le decisioni della FDA o il loro lavoro. "La FDA ha un lavoro impossibile", afferma Casadevall. "Non li criticherò mai. Stanno lavorando molto duramente. Il loro lavoro è la sicurezza e il nostro compito è farlo."
Lisandro, l'ammiraglio spartano che conquistò Atene nel 405 a.C., è l'eroe di Casadevall. "Ha fatto qualcosa di inaudito in quel momento", si meraviglia di Casadevall. "Ha risparmiato la città e, risparmiando la città, ha preservato Atene.
"Per me, i miei eroi sono sempre umanisti, persone che fanno il loro lavoro, ma c'è un aspetto umano nel modo in cui lo fanno", dice. "La cosa più grande dell'essere umano è la capacità di empatia, la capacità di prendersi cura degli altri e di essere ottimisti nei momenti peggiori."
La squadra di Casadevall elogia la sua leadership. "È una forza della natura", afferma Shoham. Geniale, carismatico, entusiasta e generoso è il modo in cui Bloch lo descrive.
"Arturo ha realizzato ciò che poche persone potevano fare", aggiunge Pekosz. "Ha ottenuto più istituzioni in tutta la nazione per riunire in questo progetto per creare lo slancio che ha portato la FDA a dire:" Dobbiamo farlo, perché le persone stanno andando avanti ". C'è stato un tale motivo di entusiasmo per questo approccio, la FDA ha dovuto prestarci attenzione ".
Per la maggior parte della squadra, c'è stato poco riposo per settimane. Quando gli è stato chiesto di quanto sonno stia dormendo, Bloch risponde: "La scorsa notte non è andata male, dalle quattro alle cinque ore. È solo un lavoro continuo nei fine settimana, nelle notti". Ciò che lo spinge è in parte le previsioni dello scenario peggiore che legge che dice "spaventose ... ... Stai pensando alle persone in background - gli impatti sulla salute, sociali ed economici. Avere una visione di ciò che sta succedendo può essere un po 'stressante ".
" Non ci sarà un giorno libero per molti, molti mesi " , afferma Casadevall.
Le persone in medicina pensano spesso a una gratificazione ritardata, secondo Shoham, perché non sanno mai se un po 'di conoscenza che possiedono oggi potrebbe essere necessaria domani per una ragione imprevista.
"Non stiamo pensando alla prossima cosa", dice. "Eccolo. Questo è quello."
I risultati degli studi nei due ospedali di New York City sono attesi per la fine di aprile. Quanto ampiamente si usi la terapia sierica dopo, per il momento, rimane poco chiaro.
"Vogliamo ora completare i test clinici", insiste Casadevall. "L'utilizzo compassionevole sarà disponibile [nelle prove]. I sieri convalescenti saranno utilizzati nel paese, non c'è dubbio. È già stato distribuito in Europa. Penso che il prossimo compito sia imparare se, quando, e come usarlo, e per questo, dobbiamo fare prove cliniche ".
La Croce Rossa sta cercando persone a completa guarigione da COVID-19 e che potrebbero essere in grado di donare plasma per aiutare i pazienti attuali con infezioni COVID-19 gravi o immediatamente pericolose per la vita o quelli giudicati da un operatore sanitario ad alto rischio di progressione verso malattia grave o potenzialmente letale. Per ulteriori informazioni, visitare il sito Web della Croce rossa americana . Fonte: qui
"Per me, i miei eroi sono sempre umanisti, persone che fanno il loro lavoro, ma c'è un aspetto umano nel modo in cui lo fanno", dice. "La cosa più grande dell'essere umano è la capacità di empatia, la capacità di prendersi cura degli altri e di essere ottimisti nei momenti peggiori."
La squadra di Casadevall elogia la sua leadership. "È una forza della natura", afferma Shoham. Geniale, carismatico, entusiasta e generoso è il modo in cui Bloch lo descrive.
"Arturo ha realizzato ciò che poche persone potevano fare", aggiunge Pekosz. "Ha ottenuto più istituzioni in tutta la nazione per riunire in questo progetto per creare lo slancio che ha portato la FDA a dire:" Dobbiamo farlo, perché le persone stanno andando avanti ". C'è stato un tale motivo di entusiasmo per questo approccio, la FDA ha dovuto prestarci attenzione ".
Per la maggior parte della squadra, c'è stato poco riposo per settimane. Quando gli è stato chiesto di quanto sonno stia dormendo, Bloch risponde: "La scorsa notte non è andata male, dalle quattro alle cinque ore. È solo un lavoro continuo nei fine settimana, nelle notti". Ciò che lo spinge è in parte le previsioni dello scenario peggiore che legge che dice "spaventose ... ... Stai pensando alle persone in background - gli impatti sulla salute, sociali ed economici. Avere una visione di ciò che sta succedendo può essere un po 'stressante ".
" Non ci sarà un giorno libero per molti, molti mesi " , afferma Casadevall.
Le persone in medicina pensano spesso a una gratificazione ritardata, secondo Shoham, perché non sanno mai se un po 'di conoscenza che possiedono oggi potrebbe essere necessaria domani per una ragione imprevista.
"Non stiamo pensando alla prossima cosa", dice. "Eccolo. Questo è quello."
I risultati degli studi nei due ospedali di New York City sono attesi per la fine di aprile. Quanto ampiamente si usi la terapia sierica dopo, per il momento, rimane poco chiaro.
"Vogliamo ora completare i test clinici", insiste Casadevall. "L'utilizzo compassionevole sarà disponibile [nelle prove]. I sieri convalescenti saranno utilizzati nel paese, non c'è dubbio. È già stato distribuito in Europa. Penso che il prossimo compito sia imparare se, quando, e come usarlo, e per questo, dobbiamo fare prove cliniche ".
La Croce Rossa sta cercando persone a completa guarigione da COVID-19 e che potrebbero essere in grado di donare plasma per aiutare i pazienti attuali con infezioni COVID-19 gravi o immediatamente pericolose per la vita o quelli giudicati da un operatore sanitario ad alto rischio di progressione verso malattia grave o potenzialmente letale. Per ulteriori informazioni, visitare il sito Web della Croce rossa americana . Fonte: qui
Coronavirus, c'è una nuova via con cui invade l’organismo
E' un recettore che si trova su tutte le cellule, sensibile a farmaci anti-diabete
Ansa - C'è un'altra via d'ingresso del nuovo coronavirus nell'organismo: è il recettore Dpp4, una serratura molecolare che il virus usa per invadere le cellule, si trova su tutti i tipi di cellule umane ed è lo stesso su cui agiscono molti farmaci anti-diabete. Ciò indica che gli stessi farmaci potrebbero essere usati contro la Covid-19, almeno nei casi più lievi. L’ osservazione, pubblicata su Diabetes Research and Clinical Practice, è di Gianluca Iacobellis, dell'Università di Miami.
Dopo il recettore Ace2, che si trova soprattutto sulle cellule del sistema respiratorio umano e che è stato individuato fin dall'inizio come la principale porta d'ingresso del nuovo coronavirus nell'organismo umano, la scoperta che il SarsCoV2 si lega al recettore Dpp4 indica che "esiste anche un meccanismo diverso, che potrebbe aprire una via terapeutica per chi ha la malattia Covid-19 in forma moderata", ha detto all'ANSA Iacobellis, che dirige il Servizio di Diabetologia dell'ospedale universitario di Miami.
Il recettore Dpp4 è noto per essere presente sulla superficie di tutte le cellule, come quelle di bronchi e cuore, e per avere un legame con il sistema immunitario e con quello infiammatorio, così come era noto il suo coinvolgimento nella malattia da coronavirus comparsa nel 2002-2003, la Sars. Adesso si tratta di capire fino a che punto i farmaci anti-diabete possono essere efficaci contro la Covid-19. Risposte certe non ci sono ancora perché la ricerca su questo tema è appena all'inizio.
Il primo passo è raccogliere i dati e a questo proposito, ha detto Iacobellis, "nell'Università di Miami abbiamo appena iniziato uno studio osservazionale per vedere se i pazienti con Covid-19 trattati con la terapia per il diabete hanno decorso diverso". Le molecole alla base di questi farmaci si chiamano sitagliptin linagliptin saxagliptin e alogliptin: "tutte hanno un profilo di tollerabilità molto buono - ha osservato - e recentemente è stato anche totalmente smentito il sospetto che aumentassero il rischio di infezioni alte vie respiratorie".
Ansa - C'è un'altra via d'ingresso del nuovo coronavirus nell'organismo: è il recettore Dpp4, una serratura molecolare che il virus usa per invadere le cellule, si trova su tutti i tipi di cellule umane ed è lo stesso su cui agiscono molti farmaci anti-diabete. Ciò indica che gli stessi farmaci potrebbero essere usati contro la Covid-19, almeno nei casi più lievi. L’ osservazione, pubblicata su Diabetes Research and Clinical Practice, è di Gianluca Iacobellis, dell'Università di Miami.
Dopo il recettore Ace2, che si trova soprattutto sulle cellule del sistema respiratorio umano e che è stato individuato fin dall'inizio come la principale porta d'ingresso del nuovo coronavirus nell'organismo umano, la scoperta che il SarsCoV2 si lega al recettore Dpp4 indica che "esiste anche un meccanismo diverso, che potrebbe aprire una via terapeutica per chi ha la malattia Covid-19 in forma moderata", ha detto all'ANSA Iacobellis, che dirige il Servizio di Diabetologia dell'ospedale universitario di Miami.
Il recettore Dpp4 è noto per essere presente sulla superficie di tutte le cellule, come quelle di bronchi e cuore, e per avere un legame con il sistema immunitario e con quello infiammatorio, così come era noto il suo coinvolgimento nella malattia da coronavirus comparsa nel 2002-2003, la Sars. Adesso si tratta di capire fino a che punto i farmaci anti-diabete possono essere efficaci contro la Covid-19. Risposte certe non ci sono ancora perché la ricerca su questo tema è appena all'inizio.
Il primo passo è raccogliere i dati e a questo proposito, ha detto Iacobellis, "nell'Università di Miami abbiamo appena iniziato uno studio osservazionale per vedere se i pazienti con Covid-19 trattati con la terapia per il diabete hanno decorso diverso". Le molecole alla base di questi farmaci si chiamano sitagliptin linagliptin saxagliptin e alogliptin: "tutte hanno un profilo di tollerabilità molto buono - ha osservato - e recentemente è stato anche totalmente smentito il sospetto che aumentassero il rischio di infezioni alte vie respiratorie".
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