L'ERRORE,
DATATO 7 APRILE, È SIA SU COME FARE IL TEST SIA SU QUANDO: L'ISS DICEVA
DI FARLI ENTRO IL TERZO GIORNO DALL'INIZIO DELL'INFEZIONE, MA È TROPPO
PRESTO. PER LA JOHNS HOPKINS VANNO FATTI ALL'OTTAVO GIORNO, QUANDO LA
PERCENTUALE DI FALSI NEGATIVI SCENDE AL…
Paolo Russo per “la Stampa”
Un
rapporto sbagliato dell' Istituto superiore di sanità (Iss) su come
eseguire i tamponi, poi corretto, ma che circola ancora nel web. E poi
controlli eseguiti prima che il virus sia rilevabile. Sono queste le
cause principali dei tanti falsi negativi al Covid, anche con polmoniti
conclamate. Un problema denunciato dal Presidente del Sis 118, Mario
Balzanelli e dal virologo dell' Università di Milano, Fabrizio
Pregliasco.
E che i
falsi negativi siano più di quanto si immagini lo rivela uno studio
della prestigiosa Johns Hopkins School of Public Health, che tra i
tamponi eseguiti al quinto giorno dall' infezione ha scoperto ben il 38%
di falsi negativi, percentuale che scende al 20% all' ottavo giorno,
che è quello consigliato dagli autori dello studio per eseguire il test.
Tutto il contrario di quello che raccomanda uno degli indicatori del
monitoraggio epidemiologico a cura di Iss e Ministero della salute,che
invece punta a un' esecuzione entro tre giorni.
Ma
il problema non è solo quando ma anche come si fanno. A svelare il
giallo dell' errato rapporto dell' Iss, numero 11 del 7 aprile è il
Professor Gaetano Libra, otorino laringoiatra con una lunga carriera
alle spalle presso l' Ospedale Maggiore di Bologna. «In quel testo
-spiega- si indica una posizione verticale obliqua del tampone, anziché
orizzontale rivolta in direzione del canale uditivo, come dovrebbe
essere. Con il rischio che, eseguito in questo modo, il tampone non
raggiunge la zona dove si raccolgono muco e secrezioni nei quali va
ricercato il virus. Inoltre in questo modo c' è il serio rischio di
lesioni al cervello e al bulbo olftattivo».
Gli
esperti dell' Iss in effetti se ne accorgono e il 17 aprile pubblicano
con lo stesso numero e la sigla Rev il rapporto con le istruzioni
corrette. Ma non cancellano il primo, che quando si vanno a ricercare
nel web le istruzioni sul test diagnostico compare puntualmente sullo
schermo, dove è invece difficile trovare il documento corretto. «Un
problema di non esatta esecuzione dei tamponi esiste, anche perché per
molti operatori travolti dall' emergenza eseguirli è stata una novità e
la confusione sulle linee guida non aiuta di certo», ammette Gianpiero
D' Offizi, primario infettivologo dello Spallanzani di Roma.
Anche
Pregliasco parla di difficoltà nella corretta esecuzione dei tamponi.
«A volte vengono eseguiti in modo troppo delicato per paura di far male,
ma il problema maggiore sono i falsi negativi che risultano tali perché
la carica virale è bassa e non viene rilevata dal test».
Un
aiuto arriva però da quelli sierologici, che servono a rilevare gli
anticorpi, ma che in Lombardia, Toscana, Veneto e Lazio dove è iniziata
la campagna di screening hanno permesso di scoprire sul totale della
popolazione a rischio sottoposta a controllo un 25-30% di asintomatici,
che rappresentano le vere mine biologiche vaganti della fase 2. Fonte: qui
QUELLO CHE SAPPIAMO DEL VIRUS È CHE NON
SAPPIAMO NIENTE
CORONAVIRUS - TAMPONE
coronavirus tampone germania
Particelle del coronavirus SarsCov2 sulla superficie di una cellula
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emergenza coronavirus ospedale villa sofia palermo
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QUELLO CHE SAPPIAMO DEL VIRUS È CHE NON
SAPPIAMO NIENTE
MELANIA RIZZOLI: “CI SONO ALCUNI ASPETTI DEL
CORONAVIRUS ANCORA IGNOTI E UN NUOVO FENOMENO STA PREOCCUPANDO GLI
ESPERTI IMPEGNATI A COMBATTERLO. LA NUOVA INSIDIA SONO I MOLTI CASI DI
PERSONE CHE PRESENTAVANO SINTOMI SFUMATI OPPURE EVIDENTI DELL'INFEZIONE
DA CORONAVIRUS, MA CHE AI TEST-TAMPONE, RIPETUTI PIÙ VOLTE, RISULTAVANO
SEMPRE NEGATIVI, AL PUNTO CHE MOLTI ANALISTI HANNO INIZIATO A
ESAMINARE…”
Melania Rizzoli per “Libero quotidiano”
Molte
cose ancora sfuggono. Abbiamo imparato a riconoscerlo, ad
identificarlo, lo abbiamo isolato, ne abbiamo sequenziato il genoma, gli
abbiamo dato un nome, preso contezza della sua pericolosità e letalità,
e tentato di difenderci da lui con ogni tipo di farmaco a disposizione,
eppure ci sono alcuni aspetti del Coronavirus ancora ignoti. A
cominciare dai diversi quadri clinici che sviluppa e le controverse
manifestazioni che ne derivano, su cui la comunità scientifica è
chiamata di nuovo a confrontarsi.
Un
nuovo fenomeno sta preoccupando gli esperti impegnati a combattere il
Covid19, perché questo virus sembra si diverta a nascondersi, a
confondere le idee, a rivoltare le carte in tavola abbattendo le poche
certezze acquisite nel mostrare beffardo le sue diverse facce un poco
alla volta.
La
nuova insidia sono i molti casi che, nelle ultime settimane, sono
arrivati all' osservazione medica, di persone che presentavano sintomi
sfumati oppure evidenti dell' infezione da Coronavirus - come febbre,
tosse, dispnea e polmonite interstiziale - ma che ai test-tampone,
ripetuti più volte, risultavano sempre negativi, al punto che molti
analisti hanno iniziato ad esaminare in una diversa prospettiva il
valore di questo esame, finora ritenuto l' unico sicuro dal punto di
vista diagnostico di infezione in atto.
ANALISI SPECIFICHE
Nei mesi scorsi gli esami ematologici e radiologici avevano evidenziato
seri problemi in pazienti che apparentemente non manifestavano sintomi
specifici, ma che mostravano positività ai test naso-faringei e
sierologici, a conferma dei sospetti clinici dei medici, mentre ora
molte persone nelle quali viene sospettata l' infezione per l' evidenza
dei disturbi in atto, alle analisi specifiche risultano negative
nonostante gli specialisti siano sicuri della loro diagnosi clinica,
confermata non solo dalla sintomatologia, ma addirittura dal quadro
radiologico e tomografico di polmonite interstizio-alveolare che
restituivano le immagini "a vetro smerigliato" di interi lobi polmonari
aggrediti, una fotografia ormai tipica e consolidata dell' azione
virale.
La
prima segnalazione di tale espressione patologica è arrivata da
Taranto, dove 45 pazienti su 100 sono risultati negativi a due Tamponi
successivi nonostante avessero certamente contratto la malattia, ed
altri sono stati individuati a Chiavari e in Lombardia, come ha
confermato in uno studio congiunto condotto a Codogno dal virologo
Fabrizio Pregliasco, dell' università di Milano, e pubblicato su
Radiology.
MODALITÀ ERRATE Ma
come è possibile questa nuova nuova forma clinica della malattia? L'
ipotesi che è stata avanzata è che la negatività di tali pazienti al
test-tampone possa essere legata al fatto che l' esame sia stato
eseguito troppo in anticipo, prima che il virus fosse rilevabile, o
addirittura eseguita in maniera non corretta, oppure imputata alla
presenza di falsi negativi finora sconosciuti, e in ogni caso è emersa
l' esigenza di dover sorvegliare e indagare più a fondo questo tipo di
malati.
Che
i falsi negativi siano più di quanto si immagini lo rivela uno studio
della Johns Hopkins School of Public Health, che tra i tamponi eseguiti
al quinto giorno dell' infezione ha scoperto ben il 38% di falsi
negativi, percentuale che scende al 20% all' ottavo giorno, che è quello
consigliato dagli autori dello studio per eseguire il test - tutto il
contrario di quello che raccomanda il monitoraggio epidemiologico a cura
dell' Iss e ministero della Salute, che puntano all' esecuzione entro
tre giorni.
test polpastrello per coronavirus
Il
problema però non è solo quando ma anche come si fanno i tamponi, che
dovrebbero essere inseriti in posizione orizzontale rivolta in direzione
del canale uditivo destro e sinistro, dove si raccoglie il muco,
anziché in posizione verticale obliqua nelle cavità naso-faringee,
poiché in tal modo il rischio è che che il Tampone non raggiunga la zona
esatta dove il virus si insedia e dove va ricercato.
MEDICI E CORONAVIRUS
Inoltre
molte volte i tamponi sono stati eseguiti in modo troppo delicato per
paura di far male o dare fastidio al paziente già sofferente, ed in tal
modo molti test sono risultati negativi perché la carica virale non è
stata catturata, oppure perché ricercata troppo in anticipo e quindi
ancora troppo bassa. In realtà ad oggi non abbiamo alcuna certezza in
merito alla reale diffusione dell' infezione da Covid-19 tra la
popolazione italiana, poiché il numero dei contagi é direttame
proporzionale al numero dei tamponi eseguiti, il che è a sua volta
enormemente inferiore rispetto alla necessità di effettuare screening di
massa finalizzati ad individuare i positivi asintomatici o
paucisimtomatici, altamente infettanti, che sono l' elemento valutativo
chiave da prendere in considerazione.
coronavirus
NUMERO SOTTOSTIMATO In
alcuni dei pazienti sintomatici simil Covid, che risultavano negativi
al test-tampone, le tracce del virus sono state rilevate in un secondo
momento attraverso l' esame broncoscopico eseguito per confermare la
diagnosi, e tali tracce sono state trovate nei bronchi, cioè nelle vie
aeree inferiori rispetto a quelle superiori naso-faringee, a
dimostrazione del classico percorso del virus verso gli alveoli
polmonari.
Ciò
che preoccupa è l' idea che il tampone possa non essere l' unico
strumento efficace ad individuare chi è affetto da Covid, chi ha sintomi
compatibili con la malattia ma risulta negativo al test, il che induce a
ritenere che il numero attuale di positivi all' infezione virale sia di
molto sottostimato, ed è stato calcolato che praticamente la metà degli
infetti sia sfuggito alla contabilità dei contagi.
Per
cui oggi nei pazienti che mostrano sintomatologia specifica da
Coronavirus ma risultano negativi al tampone, vengono eseguiti anche gli
esami radiologici per cercare i suoi effetti nel profondo dei bronchi,
oltre a quelli ematologici per confermare o meno la cascata
infiammatoria dovuta alla tempesta immunitaria tipica di questa
malattia.
NUOVE STRATEGIE La
necessità di elaborare nuove strategie di monitoraggio, tra le quali
quelle con i test sierologici attualmente in corso, si impone quindi per
individuare le persone sintomatiche o asintomatiche che effettivamente
hanno od hanno avuto la malattia e continuano ignare a trasmettere il
virus, contribuendo alla sua diffusione anche a due settimane dopo la
presunta guarigione clinica, una prolungata contagiosità già confermata
dall' Oms, ed a complicare ulteriormente le cose c' è anche la
possibilità che il virus non scompaia totalmente dal corpo e non
abbandoni più l' ospite che ha infettato, restando latente o in letargo,
al riparo da tutte le tecniche e gli esami oggi a disposizione per
cercarlo, stanarlo e disattivarlo.
coronavirus effetto sui polmoni
Purtroppo
per sapere cosa accadrà a medio e lungo termine ci vorrà del tempo, per
acquisire informazioni più precise e scientificamente solide, e
soprattutto per non dare false speranze od errate certezze su un virus
del quale sappiamo ancora troppo poco.
Fonte: qui
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