In Assemblea 8 consiglieri vigileranno sulle delibere pronti a revocare il loro sostegno
Esce Daniele Frongia (e quel che resta del «Raggio magico»: via Salvatore Romeo e Renato Marra, fratello di Raffaele) e entra Massimo Colomban.
Che dentro c’era già da assessore alle Partecipate, ma che d’ora in poi sarà l’uomo del M5S di Grillo e Casaleggio che si occuperà di marcare da vicino la sindaca Raggi.
Colomban è arrivato a Roma su impulso di Davide Casaleggio per rimettere a posto le malconce aziende del Comune, soprattutto l’Atac che non sembra aver le energie per risorgere. Ora avrà il compito di rimettere a posto l’intera amministrazione dopo il terremoto Marra.
In pratica sarà un commissario: sarà lui vero sindaco di Roma.
Sessantasette anni, di Santa Lucia di Piave, provincia di Treviso, un veneto vero: «Penso sempre all’indipendenza del Veneto all’interno di una federazione — disse a Radio24 appena arrivato in Campidoglio —. L’euro? La moneta unica è un danno per i cittadini e le imprese. Bisogna chiedere ai cittadini con un referendum se vogliono restare nell’euro».
Colomban controllerà i lavori dall’alto, anche se Raggi ha provato fino all’ultimo un colpo di coda: prima ha chiesto di spostare al posto di Frongia Andrea Mazzillo, l’assessore al Bilancio, poi ha tentato di trovare una stampella in Assemblea pescando negli scranni di fdi. Un dettaglio, quest’ultimo, che la dice lunga sulla svolta a destra dell’amministrazione e sui ripescaggi dei tanti «alemanniani»nelle partecipate. Ora sarà Colomban il tutor: grazie alla sponda politica del M5S nazionale e alla morsa tecnica dei grillini «lombardiani» in Campidoglio. Otto, per ora.
Non una corrente, termine che il M5S ha cassato dal proprio vocabolario. Ma una rappresentanza dal peso decisivo, quello sì. Gli otto consiglieri che hanno detto no a Raggi spaccando in due la maggioranza Cinque Stelle in Campidoglio sono adesso l’elemento che può decidere le sorti dell’amministrazione, ovviamente in linea diretta con Colomban: in tutto gli scranni M5S in aula sono 29, quindi basta che gli otto decidano di non sostenere col voto un documento strategico, tipo la manovra finanziaria che è in discussione in questi giorni, e la sfiducia tecnica è servita. Ieri a palazzo Valentini, messa al voto la fiducia a tempo alla sindaca, gli otto falchi hanno detto sì. Ora l’appuntamento è con l’approvazione del bilancio.
Angelo Sturni, Gemma Guerrini, Giuliano Pacetti, Maria Teresa Zotta, Sara Seccia, Valentina Vivarelli e il presidente della commissione bilancio Marco Terranova: gli anti-Raggi sono tutti legati ai due big «lombardiani», il presidente dell’Assemblea Marcello De Vito (che non vota in Consiglio comunale) e il capogruppo Paolo Ferrara (che invece vota). Politicamente il reset del «Raggio magico» e l’inserimento di Colomban azzerrano il margine d’azione della sindaca. E tecnicamente il manipolo dei ribelli può tenere costantemente sott’occhio i lavori della giunta. Ogni provvedimento, in sostanza, assumerà da ora in avanti il senso di un check-point sulla fiducia. Quindi per forza a tempo.
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Esce Daniele Frongia (e quel che resta del «Raggio magico»: via Salvatore Romeo e Renato Marra, fratello di Raffaele) e entra Massimo Colomban.
Che dentro c’era già da assessore alle Partecipate, ma che d’ora in poi sarà l’uomo del M5S di Grillo e Casaleggio che si occuperà di marcare da vicino la sindaca Raggi.
Colomban è arrivato a Roma su impulso di Davide Casaleggio per rimettere a posto le malconce aziende del Comune, soprattutto l’Atac che non sembra aver le energie per risorgere. Ora avrà il compito di rimettere a posto l’intera amministrazione dopo il terremoto Marra.
In pratica sarà un commissario: sarà lui vero sindaco di Roma.
Sessantasette anni, di Santa Lucia di Piave, provincia di Treviso, un veneto vero: «Penso sempre all’indipendenza del Veneto all’interno di una federazione — disse a Radio24 appena arrivato in Campidoglio —. L’euro? La moneta unica è un danno per i cittadini e le imprese. Bisogna chiedere ai cittadini con un referendum se vogliono restare nell’euro».
Colomban controllerà i lavori dall’alto, anche se Raggi ha provato fino all’ultimo un colpo di coda: prima ha chiesto di spostare al posto di Frongia Andrea Mazzillo, l’assessore al Bilancio, poi ha tentato di trovare una stampella in Assemblea pescando negli scranni di fdi. Un dettaglio, quest’ultimo, che la dice lunga sulla svolta a destra dell’amministrazione e sui ripescaggi dei tanti «alemanniani»nelle partecipate. Ora sarà Colomban il tutor: grazie alla sponda politica del M5S nazionale e alla morsa tecnica dei grillini «lombardiani» in Campidoglio. Otto, per ora.
Non una corrente, termine che il M5S ha cassato dal proprio vocabolario. Ma una rappresentanza dal peso decisivo, quello sì. Gli otto consiglieri che hanno detto no a Raggi spaccando in due la maggioranza Cinque Stelle in Campidoglio sono adesso l’elemento che può decidere le sorti dell’amministrazione, ovviamente in linea diretta con Colomban: in tutto gli scranni M5S in aula sono 29, quindi basta che gli otto decidano di non sostenere col voto un documento strategico, tipo la manovra finanziaria che è in discussione in questi giorni, e la sfiducia tecnica è servita. Ieri a palazzo Valentini, messa al voto la fiducia a tempo alla sindaca, gli otto falchi hanno detto sì. Ora l’appuntamento è con l’approvazione del bilancio.
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