MELANIA RIZZOLI: ''LA SINDACA È UNA CALAMITÀ PER IL M5S, PER ROMA E PER SE STESSA. TOTALMENTE INADEGUATA AL COMPITO''1. SAVIANO: DI BATTISTA URLAVA ''ONESTÀ'' IN FACCIA A ROBERTO MAGI DEI RADICALI, I POCHI CHE DAVVERO HANNO COMBATTUTO SCARPELLINIRoberto Saviano pubblica su Facebook il video dei Radicali, con Di Battista che strepita ''Onestà'' in faccia a Riccardo Magi (2014)
Raffaele Marra e il silenzio di Alessandro Di Battista.Di Battista è stato il maggiore sponsor a Roma di Virginia Raggi. È responsabile, insieme alla Sindaca, della scelta di avere Marra tra i collaboratori della giunta. Marra che prima dell'arresto era "insostituibile" e che ora è "uno dei 23mila dipendenti del Comune di Roma".
Oggi Di Battista tace. Non ha ancora urlato, o anche solo pronunciato, una parola sull'arresto di Raffaele Marra. Eppure ricordo la virulenza, ai limiti dell'aggressione, utilizzata nei confronti di Riccardo Magi, segretario di Radicali Italiani. E pensare che proprio i Radicali con Rita Bernardini denunciarono gli affari del costruttore Scarpellini, arrestato insieme a Marra. L'omertà di Di Battista oggi ci insegna che chiedere onestà agli altri vale poco se non la si pretende prima in casa propria.
Dopo l'arresto di Marra non ci uniremo al coro festante dei nuovi manettari che oggi sono prontissimi a darsi il cambio coi manettari di prima. L’onestà in sé e per sé non potrà mai essere un argomento politico significativo: lo è invece la capacità di cambiamento concreto dei meccanismi che favoriscono la corruzione e il malaffare, a prescindere dalle singole persone che se ne faranno interpreti. (Video del dicembre 2014)
2. SAVIANO: VIRGINIA RAGGI E IL DOVERE DEL PASSO INDIETRORoberto Saviano per ''la Repubblica''
Si e' diversi non quando si dichiara di essere diversi, ma quando si agisce diversamente. Scegliendo Marra, Virginia Raggi non ha agito diversamente dai suoi predecessori. L’arresto del fedelissimo della sindaca, l’uomo che ha difeso innumerevoli volte da luglio a oggi resistendo anche alle sollecitazioni di Beppe Grillo, che avrebbe voluto la sua rimozione, dimostra una volta di più che il re è nudo.
L’arcadia idealizzata dal Movimento non esiste, non è mai esistita. I pochi mesi di amministrazione Raggi a Roma sono bastati a farci comprendere quanto il M5S sia fragile. Una denuncia che si sta sollevando anche al suo interno, come dimostra il clima che sta infuocando il confronto tra le diverse correnti romane e parlamentari.
Il Movimento, purtroppo per i suoi elettori e per i tantissimi italiani che gli hanno dato fiducia nella prova referendaria, in mancanza di regole organizzative e di selezione precise e riconoscibili, in altre parole di regole democratiche, sta evidenziando un altro dei suoi limiti, forse il più inquietante: è un movimento scalabile. Può essere preso d'assalto da chiunque e, siccome chi critica ha in sorte l'epurazione, non riesce a maturare una crescita interna che lo renda più solido e meno contraddittorio nelle scelte e nei comportamenti.
Questo è quanto accaduto a Roma, dove la destra vicina agli ambienti di Forza Italia e dell'ex sindaco Gianni Alemanno lo ha di fatto occupato. Beppe Grillo lo sa bene, ne è perfettamente consapevole, ma finora non ha potuto riconoscerlo pubblicamente - forse nemmeno con i suoi più stretti collaboratori - perché significherebbe alzare bandiera bianca, ammettere che la sua creatura non ha sufficienti anticorpi per scongiurare che gruppi organizzati possano infiltrarsi nelle sue strutture fluide e prendere il potere, utilizzando la buona fede degli elettori.
Il punto di partenza di questo ragionamento, anche se mi aspetto che i militanti mi diano del servo del Pd, è proprio questo: la buona fede di chi ha scelto e votato i Cinquestelle. E questa è la ragione per la quale, se il M5S non vuole disperdere il capitale umano e politico accumulato in questi anni, deve darsi nuove regole precise. Deve accettare di praticare la democrazia al proprio interno se vuole chiedere e pretendere la stessa democrazia all'esterno, alle istituzioni e alle altre forze politiche del Paese.
Una conseguenza mi pare inevitabile. Virginia Raggi deve dimettersi (o autosospendersi fino a un chiarimento giudiziario) perché ha legato il proprio destino a quello di Raffaele Marra. Perché lo ha difeso strenuamente quando in molti, anche tra quelli del suo Movimento, le hanno fatto notare l'imbarazzante continuità di Marra con le esperienze amministrative precedenti. Raggi ha un obbligo etico che le deriva dalla fascia tricolore che le è stata consegnata dopo la vittoria alle elezioni.
Deve dimostrare di comprendere fino all'ultima piega che cosa significhi essere la Sindaca della più importante città del Paese e il suo riflesso nel mondo. Deve farsi carico delle sue responsabilità politiche e civili. Deve dar conto delle sue scelte ai cittadini, non soltanto quelli che hanno votato per lei. Deve dar conto a quei cittadini che oggi scoprono chi è Marra: una pedina inamovibile della sua squadra e della sua amministrazione. Perché Marra non è - come si è voluto far credere - una figura marginale. Marra è l'amministrazione Raggi. Marra è Virginia Raggi.
Da lui sono passate tutte le decisioni più importanti della sindaca. Una sindaca che, nella migliore delle ipotesi, non ha saputo leggere e interpretare la complessità del reale. Lei e i 5stelle alla prova dei fatti sino ad oggi hanno fallito. Ecco perché è il caso che Raggi passi la mano. Mettere la testa sotto la sabbia, questo Grillo dovrebbe saperlo, porterebbe a un disastro peggiore. Quando chiesi (e ne sono ancora convinto) le dimissioni per conflitto di interessi della ministra Maria Elena Boschi fui accusato di essere grillino. Venni letteralmente massacrato dal Pd e dall'intero suo popolo riunito alla Leopolda in quei giorni. Eppure quelle mancate dimissioni hanno segnato l'inizio della ingloriosa fine del renzismo. Chi oggi lo nega lo fa per convenienza.
La situazione del nostro Paese è disastrosa, si è lavorato soprattutto alle apparenze e molto poco alla sostanza. La storia di Beppe Sala a Milano mostra come il governo abbia rischiato molto a delegare tutta la sua diversità all'Anac (l'Autorità nazionale anticorruzione) che non essendo una procura, non potendo né indagare né investigare, concede il suo bollino blu (come fatto su Expo) a vicende e situazioni che non può conoscere bene fino in fondo, dando più una valutazione mediatica che reale.
Ora l'inchiesta Expo rischia di gettare una luce ambigua sull'Anac rendendola l'ennesima operazione di facciata del governo Renzi. L'augurio è che sia in grado di sottrarsi al ruolo di chi si limita a battezzare il bene e il male dell'amministrazione pubblica e cerchi di tornare alle sue funzioni di prevenzione e analisi.
Dopo l'arresto di Marra, mi accusano nuovamente di essere al soldo del Partito democratico. Domando anche a chi mi attacca: quanto vi sta a cuore il vostro presente e il vostro futuro? Che cosa risponderete ai vostri figli quando vi chiederanno dove eravate quando c'era bisogno di fermarsi a ragionare? Per capire, solo per capire. Niente di più. Chi critica non può essere considerato un nemico da epurare. Possiamo continuare a ragionare in questo modo? Il Pd dice "se non appoggi Renzi aiuti Salvini e Grillo" e il M5S "se critichi la gestione Raggi vuoi riconsegnare Roma nelle mani di chi ha permesso Mafia Capitale".
Attestarsi su queste posizioni distrugge ogni possibilità di dibattito, riduce le idee a uno scontro tra squadre. Eppure Marra è la dimostrazione che la politica, anche quella del Movimento, che si pone come radicalmente nuova deve sempre misurarsi (e allearsi) con i meccanismi di scambio, influenza, opportunismo.
Amministrare è difficilissimo, per cambiare davvero bisogna essere prudenti e saper ascoltare. Perché dinanzi alle prove politiche (non ancora giudiziarie) di continuità tra Marra e Alemanno (Marra sottoscrisse - come racconta il giornalista dell'Espresso Emiliano Fittipaldi - contratti milionari a favore di Fabrizio Amore, un costruttore imputato di associazione per delinquere) la Raggi ha continuato a difenderlo?
Forse la ragione è semplice: le figure come Marra garantiscono voti, controllo burocratico, influenza, rapporto con immobiliari e imprenditori. Si può discutere di tutto questo senza essere accusati di essere cospiratori contro il nuovo? Chi insulta non pensa. Essere liberi, diversi, dissidenti non è un'aspirazione facile. Ma non dovremmo mai smettere di provarci.
3. È UNA CALAMITÀ PER M5S, ROMA E SE STESSAMelania Rizzoli per ''Libero Quotidiano''
Per noi romani lo spettacolo è desolante.Da mesi viviamo lo smarrimento della nostra città, la Capitale d' Italia, mortificata, umiliata e ormai allo sbando, senza un governo che si possa chiamare tale. Le strade di Roma sono sporche, abbandonate, i sampietrini di basalto delle nostre piazze, che una volta brillavano, sono divelti, smontati e rubati addirittura, e i marciapiedi sono invasi da mendicanti, venditori abusivi e borseggiatori che spariscono rapidi nei vicoli con il loro bottino, correndo indisturbati tra i ratti e i sacchi di spazzatura.L ARTICOLO DI FITTIPALDI CHE ANTICIPAVA DI TRE MESI L ARRESTO DI RAFFAELE MARRA E I RAPPORTI CON LA RAGGI
La neo-sindaca Virginia Raggi, eletta lo scorso giugno con un plebiscito di voti del popolo pentastellato, non solo non si è rivelata all' altezza, ma oggi appare totalmente inadeguata al compito, cosa di cui si è accorta anche la magistratura, che, in assenza di iniziative politiche, interviene come suo solito a gamba tesa e inizia a demolire la sua fragile giunta con gli avvisi di garanzia e gli arresti, e a smantellare un governo che non c' è, evitando così la lunga e penosa agonia della Capitale.
Era già sembrato strano che una grande comunità come quella romana, cinica e disincantata, tollerante e irriverente insieme, avesse espresso la sua volontà popolare su una donna giovane e sconosciuta, senza nessuna empatia con il popolo capitolino, presentata come «una di noi» e forte solo del marchio stellato di Beppe Grillo, fidelizzandosi nella sua scelta, al grido di «onestà onestà», senza rendersi conto di promuovere al Campidoglio un avvocato con scarsa esperienza politica, priva di quella competenza, caparbietà e carattere necessari per governare la città più ingovernabile d' Italia. Il breve percorso di Virginia Raggi è stato segnato fin dall' inizio solo da problemi, da incertezze, da esitazioni, da scelte sbagliate e poi da strenue difese di collaboratori indifendibili, con una luna di miele post-elettorale che non c' è mai stata, sfregiata da quella «partenza con il piede sbagliato» denunciata anche dal Wall Street Journal che ridicolizzava, in un articolo di luglio, la provinciale ascesa del populismo a Roma, umiliando in poche righe la memoria della grandezza della nostra città.
NERVI TESI E LACRIME FACILIEra già sembrato strano che il Movimento 5 Stelle continuasse a sostenere questo giovane sindaco incerto, emotivamente fragile, sempre sull' orlo di una crisi di nervi, dalle lacrime facili, priva del coraggio spietato che il ruolo impone, come pronta a mollare tutto di fronte ai mucchi di immondizia nelle strade, ai frigoriferi abbandonati sui marciapiedi, al caos dei trasporti, della viabilità, della sicurezza e della corruzione nelle sue stesse stanze, che interviene esitante in consiglio leggendo a cantilena, con tono depresso, testi scritti da altri per lei, da quei funzionari e top manager che via via hanno rassegnato le dimissioni.
Era già sembrato strano leggere sul blog di Beppe Grillo «Virginia non si tocca!» nel tentativo di fermare gli attacchi durissimi al neo-sindaco che arrivavano anche dagli stessi esponenti dei Cinque stelle, come fosse un virus infettante che avrebbe potuto contagiare anche loro e che andava distrutto subito prima della prevedibile epidemia.
Eppure Grillo aveva toccato con mano il degrado di Roma cadendo rovinosamente in una delle famose voragini che decorano l' asfalto delle nostre strade, durante la sua manifestazione alla vigilia del referendum, e quel giorno avrebbe dovuto intuire che tutte le ambizioni del suo movimento rischiavano di essere inghiottite non dalle buche di Roma ma dall' immobilismo e dalla paralisi governativa del sindaco più inadeguato d' Italia.
Era già sembrato strano che nessun responsabile del Movimento fosse intervenuto mentre la sindaca perdeva i pezzi, impegnata tra dimissioni e cambi di poltrone, tra nomine ballerine e contestate, tra una serie di addii e di deleghe ritirate, quasi offensive per la dignità del Campidoglio, mentre la città da governare si riempiva di migranti che dormono per strada e nelle stazioni, aumentava il numero dei cortei di protesta, collassava il traffico e negli uffici del Comune entrava la Finanza per ordine della Procura.
NECESSARIA AUTOCRITICAE quindi non ci sembrerà strano se il famoso «cambio di passo» per la nostra amata Capitale, annunciato dal leader grillino, si realizzasse con una autocritica severa, con l' ammissione di aver commesso un grave errore, una scelta poco onorevole per la città del Risorgimento, che ha tante emergenze, molte criticità, ma che, per la sua storia, per la sua importanza e per la sua dignità, ha bisogno di una guida vera, autorevole, ferma e decisa.
Insomma, che ha bisogno di un sindaco che non può essere certamente Virginia Raggi, la quale farebbe bene a dimettersi in tempo, onestamente e con rapidità, prima che sia costretta a farlo ad opera della magistratura, o peggio ad opera del popolo romano, che quando perde la pazienza, rispolvera l' eterno Flaiano e dice: «A Virgì, scànsate, che nun è robba pe te...».
Fonte: qui
1. SAVIANO: DI BATTISTA URLAVA ''ONESTÀ'' IN FACCIA A ROBERTO MAGI DEI RADICALI, I POCHI CHE DAVVERO HANNO COMBATTUTO SCARPELLINI
Roberto Saviano pubblica su Facebook il video dei Radicali, con Di Battista che strepita ''Onestà'' in faccia a Riccardo Magi (2014)
Raffaele Marra e il silenzio di Alessandro Di Battista.
Di Battista è stato il maggiore sponsor a Roma di Virginia Raggi. È responsabile, insieme alla Sindaca, della scelta di avere Marra tra i collaboratori della giunta. Marra che prima dell'arresto era "insostituibile" e che ora è "uno dei 23mila dipendenti del Comune di Roma".
Oggi Di Battista tace. Non ha ancora urlato, o anche solo pronunciato, una parola sull'arresto di Raffaele Marra. Eppure ricordo la virulenza, ai limiti dell'aggressione, utilizzata nei confronti di Riccardo Magi, segretario di Radicali Italiani. E pensare che proprio i Radicali con Rita Bernardini denunciarono gli affari del costruttore Scarpellini, arrestato insieme a Marra. L'omertà di Di Battista oggi ci insegna che chiedere onestà agli altri vale poco se non la si pretende prima in casa propria.
Dopo l'arresto di Marra non ci uniremo al coro festante dei nuovi manettari che oggi sono prontissimi a darsi il cambio coi manettari di prima. L’onestà in sé e per sé non potrà mai essere un argomento politico significativo: lo è invece la capacità di cambiamento concreto dei meccanismi che favoriscono la corruzione e il malaffare, a prescindere dalle singole persone che se ne faranno interpreti. (Video del dicembre 2014)
2. SAVIANO: VIRGINIA RAGGI E IL DOVERE DEL PASSO INDIETRO
Roberto Saviano per ''la Repubblica''
Si e' diversi non quando si dichiara di essere diversi, ma quando si agisce diversamente. Scegliendo Marra, Virginia Raggi non ha agito diversamente dai suoi predecessori. L’arresto del fedelissimo della sindaca, l’uomo che ha difeso innumerevoli volte da luglio a oggi resistendo anche alle sollecitazioni di Beppe Grillo, che avrebbe voluto la sua rimozione, dimostra una volta di più che il re è nudo.
L’arcadia idealizzata dal Movimento non esiste, non è mai esistita. I pochi mesi di amministrazione Raggi a Roma sono bastati a farci comprendere quanto il M5S sia fragile. Una denuncia che si sta sollevando anche al suo interno, come dimostra il clima che sta infuocando il confronto tra le diverse correnti romane e parlamentari.
Il Movimento, purtroppo per i suoi elettori e per i tantissimi italiani che gli hanno dato fiducia nella prova referendaria, in mancanza di regole organizzative e di selezione precise e riconoscibili, in altre parole di regole democratiche, sta evidenziando un altro dei suoi limiti, forse il più inquietante: è un movimento scalabile. Può essere preso d'assalto da chiunque e, siccome chi critica ha in sorte l'epurazione, non riesce a maturare una crescita interna che lo renda più solido e meno contraddittorio nelle scelte e nei comportamenti.
Questo è quanto accaduto a Roma, dove la destra vicina agli ambienti di Forza Italia e dell'ex sindaco Gianni Alemanno lo ha di fatto occupato. Beppe Grillo lo sa bene, ne è perfettamente consapevole, ma finora non ha potuto riconoscerlo pubblicamente - forse nemmeno con i suoi più stretti collaboratori - perché significherebbe alzare bandiera bianca, ammettere che la sua creatura non ha sufficienti anticorpi per scongiurare che gruppi organizzati possano infiltrarsi nelle sue strutture fluide e prendere il potere, utilizzando la buona fede degli elettori.
Il punto di partenza di questo ragionamento, anche se mi aspetto che i militanti mi diano del servo del Pd, è proprio questo: la buona fede di chi ha scelto e votato i Cinquestelle. E questa è la ragione per la quale, se il M5S non vuole disperdere il capitale umano e politico accumulato in questi anni, deve darsi nuove regole precise. Deve accettare di praticare la democrazia al proprio interno se vuole chiedere e pretendere la stessa democrazia all'esterno, alle istituzioni e alle altre forze politiche del Paese.
Una conseguenza mi pare inevitabile. Virginia Raggi deve dimettersi (o autosospendersi fino a un chiarimento giudiziario) perché ha legato il proprio destino a quello di Raffaele Marra. Perché lo ha difeso strenuamente quando in molti, anche tra quelli del suo Movimento, le hanno fatto notare l'imbarazzante continuità di Marra con le esperienze amministrative precedenti. Raggi ha un obbligo etico che le deriva dalla fascia tricolore che le è stata consegnata dopo la vittoria alle elezioni.
Deve dimostrare di comprendere fino all'ultima piega che cosa significhi essere la Sindaca della più importante città del Paese e il suo riflesso nel mondo. Deve farsi carico delle sue responsabilità politiche e civili. Deve dar conto delle sue scelte ai cittadini, non soltanto quelli che hanno votato per lei. Deve dar conto a quei cittadini che oggi scoprono chi è Marra: una pedina inamovibile della sua squadra e della sua amministrazione. Perché Marra non è - come si è voluto far credere - una figura marginale. Marra è l'amministrazione Raggi. Marra è Virginia Raggi.
Da lui sono passate tutte le decisioni più importanti della sindaca. Una sindaca che, nella migliore delle ipotesi, non ha saputo leggere e interpretare la complessità del reale. Lei e i 5stelle alla prova dei fatti sino ad oggi hanno fallito. Ecco perché è il caso che Raggi passi la mano. Mettere la testa sotto la sabbia, questo Grillo dovrebbe saperlo, porterebbe a un disastro peggiore. Quando chiesi (e ne sono ancora convinto) le dimissioni per conflitto di interessi della ministra Maria Elena Boschi fui accusato di essere grillino. Venni letteralmente massacrato dal Pd e dall'intero suo popolo riunito alla Leopolda in quei giorni. Eppure quelle mancate dimissioni hanno segnato l'inizio della ingloriosa fine del renzismo. Chi oggi lo nega lo fa per convenienza.
La situazione del nostro Paese è disastrosa, si è lavorato soprattutto alle apparenze e molto poco alla sostanza. La storia di Beppe Sala a Milano mostra come il governo abbia rischiato molto a delegare tutta la sua diversità all'Anac (l'Autorità nazionale anticorruzione) che non essendo una procura, non potendo né indagare né investigare, concede il suo bollino blu (come fatto su Expo) a vicende e situazioni che non può conoscere bene fino in fondo, dando più una valutazione mediatica che reale.
Ora l'inchiesta Expo rischia di gettare una luce ambigua sull'Anac rendendola l'ennesima operazione di facciata del governo Renzi. L'augurio è che sia in grado di sottrarsi al ruolo di chi si limita a battezzare il bene e il male dell'amministrazione pubblica e cerchi di tornare alle sue funzioni di prevenzione e analisi.
Dopo l'arresto di Marra, mi accusano nuovamente di essere al soldo del Partito democratico. Domando anche a chi mi attacca: quanto vi sta a cuore il vostro presente e il vostro futuro? Che cosa risponderete ai vostri figli quando vi chiederanno dove eravate quando c'era bisogno di fermarsi a ragionare? Per capire, solo per capire. Niente di più. Chi critica non può essere considerato un nemico da epurare. Possiamo continuare a ragionare in questo modo? Il Pd dice "se non appoggi Renzi aiuti Salvini e Grillo" e il M5S "se critichi la gestione Raggi vuoi riconsegnare Roma nelle mani di chi ha permesso Mafia Capitale".
Attestarsi su queste posizioni distrugge ogni possibilità di dibattito, riduce le idee a uno scontro tra squadre. Eppure Marra è la dimostrazione che la politica, anche quella del Movimento, che si pone come radicalmente nuova deve sempre misurarsi (e allearsi) con i meccanismi di scambio, influenza, opportunismo.
Amministrare è difficilissimo, per cambiare davvero bisogna essere prudenti e saper ascoltare. Perché dinanzi alle prove politiche (non ancora giudiziarie) di continuità tra Marra e Alemanno (Marra sottoscrisse - come racconta il giornalista dell'Espresso Emiliano Fittipaldi - contratti milionari a favore di Fabrizio Amore, un costruttore imputato di associazione per delinquere) la Raggi ha continuato a difenderlo?
Forse la ragione è semplice: le figure come Marra garantiscono voti, controllo burocratico, influenza, rapporto con immobiliari e imprenditori. Si può discutere di tutto questo senza essere accusati di essere cospiratori contro il nuovo? Chi insulta non pensa. Essere liberi, diversi, dissidenti non è un'aspirazione facile. Ma non dovremmo mai smettere di provarci.
3. È UNA CALAMITÀ PER M5S, ROMA E SE STESSA
Melania Rizzoli per ''Libero Quotidiano''
Per noi romani lo spettacolo è desolante.
Da mesi viviamo lo smarrimento della nostra città, la Capitale d' Italia, mortificata, umiliata e ormai allo sbando, senza un governo che si possa chiamare tale. Le strade di Roma sono sporche, abbandonate, i sampietrini di basalto delle nostre piazze, che una volta brillavano, sono divelti, smontati e rubati addirittura, e i marciapiedi sono invasi da mendicanti, venditori abusivi e borseggiatori che spariscono rapidi nei vicoli con il loro bottino, correndo indisturbati tra i ratti e i sacchi di spazzatura.
L ARTICOLO DI FITTIPALDI CHE ANTICIPAVA DI TRE MESI L ARRESTO DI RAFFAELE MARRA E I RAPPORTI CON LA RAGGI
La neo-sindaca Virginia Raggi, eletta lo scorso giugno con un plebiscito di voti del popolo pentastellato, non solo non si è rivelata all' altezza, ma oggi appare totalmente inadeguata al compito, cosa di cui si è accorta anche la magistratura, che, in assenza di iniziative politiche, interviene come suo solito a gamba tesa e inizia a demolire la sua fragile giunta con gli avvisi di garanzia e gli arresti, e a smantellare un governo che non c' è, evitando così la lunga e penosa agonia della Capitale.
Era già sembrato strano che una grande comunità come quella romana, cinica e disincantata, tollerante e irriverente insieme, avesse espresso la sua volontà popolare su una donna giovane e sconosciuta, senza nessuna empatia con il popolo capitolino, presentata come «una di noi» e forte solo del marchio stellato di Beppe Grillo, fidelizzandosi nella sua scelta, al grido di «onestà onestà», senza rendersi conto di promuovere al Campidoglio un avvocato con scarsa esperienza politica, priva di quella competenza, caparbietà e carattere necessari per governare la città più ingovernabile d' Italia. Il breve percorso di Virginia Raggi è stato segnato fin dall' inizio solo da problemi, da incertezze, da esitazioni, da scelte sbagliate e poi da strenue difese di collaboratori indifendibili, con una luna di miele post-elettorale che non c' è mai stata, sfregiata da quella «partenza con il piede sbagliato» denunciata anche dal Wall Street Journal che ridicolizzava, in un articolo di luglio, la provinciale ascesa del populismo a Roma, umiliando in poche righe la memoria della grandezza della nostra città.
NERVI TESI E LACRIME FACILI
Era già sembrato strano che il Movimento 5 Stelle continuasse a sostenere questo giovane sindaco incerto, emotivamente fragile, sempre sull' orlo di una crisi di nervi, dalle lacrime facili, priva del coraggio spietato che il ruolo impone, come pronta a mollare tutto di fronte ai mucchi di immondizia nelle strade, ai frigoriferi abbandonati sui marciapiedi, al caos dei trasporti, della viabilità, della sicurezza e della corruzione nelle sue stesse stanze, che interviene esitante in consiglio leggendo a cantilena, con tono depresso, testi scritti da altri per lei, da quei funzionari e top manager che via via hanno rassegnato le dimissioni.
Era già sembrato strano leggere sul blog di Beppe Grillo «Virginia non si tocca!» nel tentativo di fermare gli attacchi durissimi al neo-sindaco che arrivavano anche dagli stessi esponenti dei Cinque stelle, come fosse un virus infettante che avrebbe potuto contagiare anche loro e che andava distrutto subito prima della prevedibile epidemia.
Eppure Grillo aveva toccato con mano il degrado di Roma cadendo rovinosamente in una delle famose voragini che decorano l' asfalto delle nostre strade, durante la sua manifestazione alla vigilia del referendum, e quel giorno avrebbe dovuto intuire che tutte le ambizioni del suo movimento rischiavano di essere inghiottite non dalle buche di Roma ma dall' immobilismo e dalla paralisi governativa del sindaco più inadeguato d' Italia.
Era già sembrato strano che nessun responsabile del Movimento fosse intervenuto mentre la sindaca perdeva i pezzi, impegnata tra dimissioni e cambi di poltrone, tra nomine ballerine e contestate, tra una serie di addii e di deleghe ritirate, quasi offensive per la dignità del Campidoglio, mentre la città da governare si riempiva di migranti che dormono per strada e nelle stazioni, aumentava il numero dei cortei di protesta, collassava il traffico e negli uffici del Comune entrava la Finanza per ordine della Procura.
NECESSARIA AUTOCRITICA
E quindi non ci sembrerà strano se il famoso «cambio di passo» per la nostra amata Capitale, annunciato dal leader grillino, si realizzasse con una autocritica severa, con l' ammissione di aver commesso un grave errore, una scelta poco onorevole per la città del Risorgimento, che ha tante emergenze, molte criticità, ma che, per la sua storia, per la sua importanza e per la sua dignità, ha bisogno di una guida vera, autorevole, ferma e decisa.
Insomma, che ha bisogno di un sindaco che non può essere certamente Virginia Raggi, la quale farebbe bene a dimettersi in tempo, onestamente e con rapidità, prima che sia costretta a farlo ad opera della magistratura, o peggio ad opera del popolo romano, che quando perde la pazienza, rispolvera l' eterno Flaiano e dice: «A Virgì, scànsate, che nun è robba pe te...».
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