LA TURCHIA E LA RUSSIA SARANNO GARANTI DELLA TREGUA, CHE PERÒ NON RIGUARDA ALCUNI GRUPPI JIHADISTI
CON QUESTA MOSSA, VLADIMIR PUTIN BLINDA ASSAD E DIVENTA IL DOMINUS DELLA SIRIA
Il governo siriano e una buona parte di gruppi ribelli hanno concordato un cessate-il-fuoco a partire dalla mezzanotte (alle 22 Gmt), che sarà seguito da colloqui di pace. L'annuncio è stato dato dal presidente russo Vladimir Putin ed è stato confermato da Mevlut Cavusoglu, il ministro degli esteri della Turchia. Mosca e Ankara, che sono su fronti opposti nel conflitto siriano, agiranno da garanti.
La Turchia ha precisato che cesseranno tutti i combattimenti, inclusi gli attacchi aerei. La tregua non riguarda però alcuni gruppi jihadisti, tra cui i membri dello stato islamico e il jabhat fateh al-sham (l'ex-fronte nusra). Sarebbe tuttavia inclusa nell'accordo l'area di est-guta, vicino a damasco.
"Da giorni Turchia e Russia erano al lavoro per far partire il cessate il fuoco generale in Siria prima del Capodanno" ha affermato Cavusoglu. Il ministro ha anche sottolineato che "è fuori questione che la Turchia si sieda al tavolo dei negoziati per colloqui con il regime di Assad", riferendosi ai colloqui che nei giorni scorsi sono stati annunciati per gennaio ad Astana.
Il ministro ha anche ricordato come tutti i gruppi armati stranieri, compreso quello del movimento sciita Hezbollah, dovrebbero lasciare la Siria. Il 20 dicembre scorso i ministri degli Esteri di Russia, Iran e Turchia si erano incontrati a Mosca e hanno sottolineato l'importanza di estendere il regime di cessate il fuoco in Siria annunciando la loro volontà di mediare per un accordo futuro tra Damasco e i miliziani dell'opposizione.
Fonte: qui
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LA PAX PUTINIANA - IL POLITOLOGO GILLES KEPEL: “MOSCA HA DECISO LE SORTI DELLA SIRIA, STABILISCE I FUTURI ASSETTI DELLA REGIONE E NON SOLO GLI AMERICANI SONO ASSENTI, MA LO SONO ANCHE GLI ARABI. COME L’EUROPA. FEDERICA MOGHERINI È RIDOTTA A UNA SORTA DI ATTRICE UMANITARIA. MA LA RUSSIA ECONOMICAMENTE E’ UN GIGANTE DAI PIEDI D’ARGILLA…”
1 - L' ORA DELLA PAX PUTINIANA SE PUTIN RIDISEGNA LA SIRIAGuido Olimpio per il “Corriere della Sera”
In una crisi dove nessuno degli schieramenti prevale l' unica svolta può arrivare dalla rottura di questo equilibrio. Ed è ciò che è avvenuto in Siria per mano di Putin, vero protagonista. Il presidente russo ha annunciato l' accordo di tregua, a partire dalle 24 di ieri, sottoscritto da parte della ribellione e dal regime. Come previsto rimangono fuori i qaedisti, l' Isis e - ingiustamente - i curdi siriani Ypg. L' intesa, se reggerà, porterà a futuri negoziati ad Astana, Kazakistan, sotto l' ombrello di Russia-Iran-Turchia.
Molti i fattori che hanno determinato la novità. La prima breccia è giunta con la sconfitta dei ribelli ad Aleppo Est, piegati dai colpi devastanti dei russi, degli iraniani (con i loro vassalli sciiti), dei lealisti. Una spallata parte della campagna lanciata un anno fa dal Cremlino.
Non contro l' Isis, ma contro i principali avversari di Assad. Ha funzionato. I tank non sarebbero bastati se non ci fosse stato un altro sviluppo. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha staccato in parte la spina a quelle brigate ribelli che ha a lungo appoggiato. Inoltre ha costretto altre a ripiegare da Aleppo verso nord per partecipare alla missione contro curdi e Isis. Dicono anche che abbia minacciato di tagliare i fondi agli insorti per obbligarli ad accettare il cessate il fuoco.
Alla perenne ricerca di un ruolo, il leader turco ha virato verso la Russia offrendosi come garante. Putin, che lo aveva dipinto come il burattinaio occulto dello Stato Islamico, lo ha accolto in nome del pragmatismo. Putin ha ampliato il ruolo nello scacchiere evitando di rischiare più del dovuto. E dunque ha provato a ridisegnare la mappa del conflitto con l' intento di stabilire zone di influenza.
Per farlo ha ingolosito Erdogan offrendogli - vediamo per quanto tempo - la gestione di una fascia nel nord della Siria. Il turco ha preso la carta riducendo, in cambio, la rete in favore dei ribelli. Quindi la giocata contro le posizioni Isis ma soprattutto per affossare un Kurdistan indipendente. Iniziativa accompagnata da tirate feroci contro gli Stati Uniti trattati come nemici, dal rullo di tamburi, ma anche da perdite notevoli per l' esercito di Ankara nel nord della Siria.
L' altra manovra di Mosca, che ha coinvolto sempre i turchi, ha riguardato gli insorti siriani.Ora dovranno scegliere se seguire la trattativa o spostarsi sulle posizioni estreme delle fazioni islamo-radicali, come la ex Al Nusra. Restare all' opposizione può significare bombe e cannonate, entrare nel dialogo può marcare la fine del sogno.
C' è rischio di scontri fratricidi. Nel contempo, però, è significativo che Mosca abbia aperto a formazioni che fino a ieri erano bollate come terroristiche, un' evoluzione non da poco. Tra gli accettati dai russi ci sono persino Ahrar al Sham e Jaysh al Islam, formazioni non certo laiche. Un capovolgimento rispetto alla posizione ufficiale che per anni ha considerato come interlocutori solo personaggi di facciata, per niente rappresentativi.
La lezione è che tutti pagano un prezzo. Compreso Assad. Ieri ha tuonato che la guerra finirà quando saranno piegati i terroristi. Frase consueta pronunciata però mentre si parla di stop alle armi. Perché teme, un giorno, di dover lasciare la poltrona. Nel piano di Mosca (ma non condiviso in toto da Teheran, molto defilata) i lealisti devono badare al controllo della parte costiera e della città. Il raìs potrebbe essere sostituito, in futuro, da figure più accettabili nell' ambito di un processo di riconciliazione da costruire. È un' ipotesi concreta o un gesto cosmetico?
In questo mosaico ci sono poi tre tasselli che ballano. Il primo è quello americano. Obama è il grande sconfitto. Voleva tenersi lontano dal fuoco, ha alimentato con il freno a mano parte degli insorti, ha tentennato. Alla fine lo hanno lasciato fuori. Anche perché è giunto al termine del mandato e il successore Donald Trump ha detto di volersi coordinare con l' amico Putin.
Posizione che ha reso ancora più cupo l' orizzonte dei ribelli siriani che contavano sul successo della Clinton. Hanno compreso che da Washington sarebbe arrivato ben poco. Il secondo è rappresentato dai curdi. Ospitano due avamposti americani, agiscono in sintonia con gli Stati Uniti, ma hanno contro tutti (o quasi) gli attori regionali nonostante siano stati i più decisi contro i jihadisti. Ieri hanno rilanciato la bozza di uno Stato federato in Siria. Il terzo quadro racchiude lo Stato Islamico. È radicato nel Nord-Est, può sfruttare il momento cercando di inglobare i delusi dalla pax russa
2 - IL POLITOLOGO KEPEL: STA NASCENDO IL MEDIO ORIENTE RUSSO
È un nuovo Sykes-Picot. Ma questa volta russo!, esclama d' impeto Gilles Kepel commentando i dettagli del nuovo cessate il fuoco sulla Siria. Il celebre politologo francese è lapidario. Come nel 1916 Francia e Inghilterra determinarono i confini del Medio Oriente, così oggi è la Russia di Putin a dettare legge nella regione e in una situazione di quasi monopolio. Con una differenza importante però: allora quegli accordi durarono un secolo, adesso invece rischiano di rivelarsi caduchi, deboli quanto è in realtà la potenza economica e militare di Mosca.
Un Medio Oriente senza Nato, senza Stati Uniti, dove l' Europa non conta nulla. Come lo spiega?È stato evidente alla riunione dei ministri degli Esteri turco e iraniano raccolti attorno al russo Sergei Lavrov a Mosca pochi giorni fa: una situazione inedita, strabiliante.Hanno deciso le sorti della Siria, stabiliscono i futuri assetti della regione e non solo gli americani sono assenti, ma lo sono anche gli arabi. Il loro destino viene determinato da Mosca assieme agli eredi dell' impero ottomano e di quello sciita-safavide che faceva capo alla vecchia Persia.
A cosa è dovuto?A più fattori. In primo luogo al ritiro americano dal Medio Oriente, che Obama ha perseguito con coerenza in ben due mandati. Gli Stati Uniti sono ancora condizionati dal trauma dell' invasione irachena voluta da George Bush. Inoltre la caduta del valore degli idrocarburi e l' aumento della produzione energetica americana riducono il prezzo del greggio a 50 o 60 dollari al barile, con la conseguenza di relativizzare l' eccezionalità del Medio Oriente sulla scena economica e politica mondiale.
E l' Europa?Ora più che mai l' Europa manca di politica estera. Federica Mogherini è ridotta a una sorta di attrice umanitaria. Il Regno Unito è indebolito dalla Brexit, la sua premier tace.Hollande non conta più nulla neppure in Francia. Angela Merkel è impegnata in una difficile campagna elettorale. In Europa gli apparati di sicurezza sono assorbiti dal controllare i jihadisti che si muovono tra i loro territori e quelli dello Stato Islamico. In sintesi: siamo di fronte a una svolta storica, l' Occidente, i Paesi Nato annaspano, le loro classi dirigenti e le loro società sono impreparate.
Così Putin ne approfitta?Certo. Paradossalmente la Russia è un Paese debole, un colosso dai piedi d' argilla dalle infrastrutture obsolete, il suo Pil è inferiore a quello dell' Italia, dipende dalle esportazioni di greggio e gas. Però Putin e Lavrov hanno saputo giocare benissimo a loro favore le debolezze occidentali. Ora godono della luna di miele con Trump, si permettono una fuga in avanti per dettare nuove regole del gioco prima che questi prenda davvero in mano le redini della politica Usa.
È la fine della Nato?No, non lo credo. Putin ha il fiato corto: vince sullo scatto, però non tiene nella resistenza. Le sue sono vittorie di breve periodo. Trump lo sostiene per motivi tattici. Ma è anche un pragmatico e gli Stati Uniti sono infinitamente più forti.
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1 - L' ORA DELLA PAX PUTINIANA SE PUTIN RIDISEGNA LA SIRIA
Guido Olimpio per il “Corriere della Sera”
In una crisi dove nessuno degli schieramenti prevale l' unica svolta può arrivare dalla rottura di questo equilibrio. Ed è ciò che è avvenuto in Siria per mano di Putin, vero protagonista. Il presidente russo ha annunciato l' accordo di tregua, a partire dalle 24 di ieri, sottoscritto da parte della ribellione e dal regime. Come previsto rimangono fuori i qaedisti, l' Isis e - ingiustamente - i curdi siriani Ypg. L' intesa, se reggerà, porterà a futuri negoziati ad Astana, Kazakistan, sotto l' ombrello di Russia-Iran-Turchia.
Molti i fattori che hanno determinato la novità. La prima breccia è giunta con la sconfitta dei ribelli ad Aleppo Est, piegati dai colpi devastanti dei russi, degli iraniani (con i loro vassalli sciiti), dei lealisti. Una spallata parte della campagna lanciata un anno fa dal Cremlino.
Non contro l' Isis, ma contro i principali avversari di Assad. Ha funzionato. I tank non sarebbero bastati se non ci fosse stato un altro sviluppo. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha staccato in parte la spina a quelle brigate ribelli che ha a lungo appoggiato. Inoltre ha costretto altre a ripiegare da Aleppo verso nord per partecipare alla missione contro curdi e Isis. Dicono anche che abbia minacciato di tagliare i fondi agli insorti per obbligarli ad accettare il cessate il fuoco.
Alla perenne ricerca di un ruolo, il leader turco ha virato verso la Russia offrendosi come garante. Putin, che lo aveva dipinto come il burattinaio occulto dello Stato Islamico, lo ha accolto in nome del pragmatismo. Putin ha ampliato il ruolo nello scacchiere evitando di rischiare più del dovuto. E dunque ha provato a ridisegnare la mappa del conflitto con l' intento di stabilire zone di influenza.
Per farlo ha ingolosito Erdogan offrendogli - vediamo per quanto tempo - la gestione di una fascia nel nord della Siria. Il turco ha preso la carta riducendo, in cambio, la rete in favore dei ribelli. Quindi la giocata contro le posizioni Isis ma soprattutto per affossare un Kurdistan indipendente. Iniziativa accompagnata da tirate feroci contro gli Stati Uniti trattati come nemici, dal rullo di tamburi, ma anche da perdite notevoli per l' esercito di Ankara nel nord della Siria.
L' altra manovra di Mosca, che ha coinvolto sempre i turchi, ha riguardato gli insorti siriani.
Ora dovranno scegliere se seguire la trattativa o spostarsi sulle posizioni estreme delle fazioni islamo-radicali, come la ex Al Nusra. Restare all' opposizione può significare bombe e cannonate, entrare nel dialogo può marcare la fine del sogno.
C' è rischio di scontri fratricidi. Nel contempo, però, è significativo che Mosca abbia aperto a formazioni che fino a ieri erano bollate come terroristiche, un' evoluzione non da poco. Tra gli accettati dai russi ci sono persino Ahrar al Sham e Jaysh al Islam, formazioni non certo laiche. Un capovolgimento rispetto alla posizione ufficiale che per anni ha considerato come interlocutori solo personaggi di facciata, per niente rappresentativi.
La lezione è che tutti pagano un prezzo. Compreso Assad. Ieri ha tuonato che la guerra finirà quando saranno piegati i terroristi. Frase consueta pronunciata però mentre si parla di stop alle armi. Perché teme, un giorno, di dover lasciare la poltrona. Nel piano di Mosca (ma non condiviso in toto da Teheran, molto defilata) i lealisti devono badare al controllo della parte costiera e della città. Il raìs potrebbe essere sostituito, in futuro, da figure più accettabili nell' ambito di un processo di riconciliazione da costruire. È un' ipotesi concreta o un gesto cosmetico?
In questo mosaico ci sono poi tre tasselli che ballano. Il primo è quello americano. Obama è il grande sconfitto. Voleva tenersi lontano dal fuoco, ha alimentato con il freno a mano parte degli insorti, ha tentennato. Alla fine lo hanno lasciato fuori. Anche perché è giunto al termine del mandato e il successore Donald Trump ha detto di volersi coordinare con l' amico Putin.
Posizione che ha reso ancora più cupo l' orizzonte dei ribelli siriani che contavano sul successo della Clinton. Hanno compreso che da Washington sarebbe arrivato ben poco. Il secondo è rappresentato dai curdi. Ospitano due avamposti americani, agiscono in sintonia con gli Stati Uniti, ma hanno contro tutti (o quasi) gli attori regionali nonostante siano stati i più decisi contro i jihadisti. Ieri hanno rilanciato la bozza di uno Stato federato in Siria. Il terzo quadro racchiude lo Stato Islamico. È radicato nel Nord-Est, può sfruttare il momento cercando di inglobare i delusi dalla pax russa
2 - IL POLITOLOGO KEPEL: STA NASCENDO IL MEDIO ORIENTE RUSSO
È un nuovo Sykes-Picot. Ma questa volta russo!, esclama d' impeto Gilles Kepel commentando i dettagli del nuovo cessate il fuoco sulla Siria. Il celebre politologo francese è lapidario. Come nel 1916 Francia e Inghilterra determinarono i confini del Medio Oriente, così oggi è la Russia di Putin a dettare legge nella regione e in una situazione di quasi monopolio. Con una differenza importante però: allora quegli accordi durarono un secolo, adesso invece rischiano di rivelarsi caduchi, deboli quanto è in realtà la potenza economica e militare di Mosca.
Un Medio Oriente senza Nato, senza Stati Uniti, dove l' Europa non conta nulla. Come lo spiega?
È stato evidente alla riunione dei ministri degli Esteri turco e iraniano raccolti attorno al russo Sergei Lavrov a Mosca pochi giorni fa: una situazione inedita, strabiliante.
Hanno deciso le sorti della Siria, stabiliscono i futuri assetti della regione e non solo gli americani sono assenti, ma lo sono anche gli arabi. Il loro destino viene determinato da Mosca assieme agli eredi dell' impero ottomano e di quello sciita-safavide che faceva capo alla vecchia Persia.
A cosa è dovuto?
A più fattori. In primo luogo al ritiro americano dal Medio Oriente, che Obama ha perseguito con coerenza in ben due mandati. Gli Stati Uniti sono ancora condizionati dal trauma dell' invasione irachena voluta da George Bush. Inoltre la caduta del valore degli idrocarburi e l' aumento della produzione energetica americana riducono il prezzo del greggio a 50 o 60 dollari al barile, con la conseguenza di relativizzare l' eccezionalità del Medio Oriente sulla scena economica e politica mondiale.
E l' Europa?
Ora più che mai l' Europa manca di politica estera. Federica Mogherini è ridotta a una sorta di attrice umanitaria. Il Regno Unito è indebolito dalla Brexit, la sua premier tace.
Hollande non conta più nulla neppure in Francia. Angela Merkel è impegnata in una difficile campagna elettorale. In Europa gli apparati di sicurezza sono assorbiti dal controllare i jihadisti che si muovono tra i loro territori e quelli dello Stato Islamico. In sintesi: siamo di fronte a una svolta storica, l' Occidente, i Paesi Nato annaspano, le loro classi dirigenti e le loro società sono impreparate.
Così Putin ne approfitta?
Certo. Paradossalmente la Russia è un Paese debole, un colosso dai piedi d' argilla dalle infrastrutture obsolete, il suo Pil è inferiore a quello dell' Italia, dipende dalle esportazioni di greggio e gas. Però Putin e Lavrov hanno saputo giocare benissimo a loro favore le debolezze occidentali. Ora godono della luna di miele con Trump, si permettono una fuga in avanti per dettare nuove regole del gioco prima che questi prenda davvero in mano le redini della politica Usa.
È la fine della Nato?
No, non lo credo. Putin ha il fiato corto: vince sullo scatto, però non tiene nella resistenza. Le sue sono vittorie di breve periodo. Trump lo sostiene per motivi tattici. Ma è anche un pragmatico e gli Stati Uniti sono infinitamente più forti.
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