Antonello Guerrera per "la Repubblica"
Lo smeraldo University College Hospital sembra placido, come il vicino Regent's Park. Ma dentro è emergenza: un medico ci spiega che i pazienti per Covid sono così tanti che «utilizzeremo le sale operatorie per alcuni ricoveri, rinviando gli interventi chirurgici differibili».
Vari ospedali londinesi stanno annullando visite di ogni tipo: i medici servono in terapia intensiva. Il prof. Marcel Levi, a capo degli University College Hospitals, è drammatico: «Di questo passo, saremo costretti in alcune strutture a curare solo pazienti Covid». Che oramai crescono di 800 al giorno. Sbaragliato il picco di ricoveri di aprile (19mila): ora siamo a 30mila, +50%
Ieri l'Health Service Journal ha ottenuto un esplosivo documento interno della Sanità pubblica Nhs: «Nel miglior scenario, gli ospedali di Londra saranno travolti di pazienti Covid entro due settimane». E così, in attesa di quella «luce in fondo al tunnel» che il primo ministro Boris Johnson già vede, dura è la notte di Londra.
Dal tramonto all'alba, la strada è ancora lunga, nonostante l'approvazione veloce dei vaccini di Pfizer e Oxford. C'è un dato tremendo: secondo gli esperti, oggi un residente su 30 nella capitale ha il Coronavirus. Non solo. La settimana scorsa 1,2 milioni di persone in Inghilterra si sono infettate. Da due giorni muoiono oltre mille persone con il Covid, ieri altri 1.162, totale 78.508. E i nuovi casi sono da giorni sopra i 50mila quotidiani (su 500mila test).
LA PANDEMIA AVANZA NEL REGNO UNITO
Non siamo a "nessuno è in salute a Londra, nessuno può esserlo" di Jane Austen in "Emma". Ma la situazione è disperata. Per questo, il 4 gennaio Johnson è stato costretto al terzo lockdown nazionale, ancora una volta aspettando troppo: «Non avevamo scelta». Perché la nuova contagiosissima variante inglese del Coronavirus - fino al 70% in più - dilaga a Londra, soprattutto nei quartieri orientali più poveri e affollati come Barking e Dagehnam, nel Kent e sud-est inglese. Ma oramai è in tutto il Regno Unito.
In una casa di riposo a Crowhurst, East Sussex, dal 13 dicembre sono morti 13 anziani sui 27 totali: «Abbiamo preso ogni precauzione», dice il direttore al Guardian, «tutto inutile. Il virus ora sembra inarrestabile». Il caso di Londra è ancora più inquietante se si pensa che la metropoli è stata in lockdown tutto novembre, e da metà dicembre a oggi.
Perché il virus non lascia scampo? «C'è un mix di fattori», ci spiega il virologo Jonathan Stoye del Francis Crick Institute, «la nuova variante si giova della capitale iperconnessa e con densità abitative alte. Ma certo il lockdown e le mascherine potevano essere imposti prima».
Questo fa infuriare molti italiani a Londra, che accusano gli inglesi di indossarle poco e male, essendo qui obbligatorie solo all'interno, e da fine estate. Ma se si entra senza "mask", quasi sempre fa niente. Mesi fa Boris Johnson fece scandalo con «rispettare le regole anti Covid è più difficile in Regno Unito perché questo è un Paese che ama la libertà a differenza di altri» (Italia e Germania, ndr). Ma diceva una mezza verità: qui sarebbero inconcepibili posti di blocco, coprifuoco, autocertificazioni, gli inglesi non hanno neanche la carta d'identità. Tutto è basato su "senso comune" e responsabilità individuale, che però l'estenuante Covid ha lacerato inesorabilmente.
Abdallah, tassista Uber, ci dice che alla vigilia di Natale ha lavorato «come mai prima. I clienti non mi hanno dato tregua, la gente saltava da una casa all'altra». Il 29 dicembre scorso in Uk sono stati riscontrati 80mila contagi, se ci si basa sul giorno in cui è stato effettuato il test. Diecimila i ricoveri Covid da Natale. E così Londra ha richiuso tutto, come il resto del Paese. Scuole incluse.
Chi può, come gli scrittori, i ricchi e la stessa Regina, fugge in campagna. Restano gli altri, inclusi i poveri e i muratori come il ceco Patrik: «Per me non è cambiato niente». Per la prima volta dal 1988, la popolazione della capitale si è ristretta. Piccadilly Circus sembra una piazzetta periferica, Trafalgar Square una maestosa desolazione, le luci di Soho e dei teatri sono accese, ma sole. E se per Herman Melville la City di Londra era l'unico posto insieme ai Mari del Sud dove si poteva sparire, oggi il quartiere finanziario è un'enorme e abbandonata isola pedonale, di nichilismo ballardiano, dove si agitano solo i cantieri.
A parte la fuliggine della "tube", Londra non ha più gli odori, o i suoi sapori etnici. È asettica come un disinfettante. A tenerla viva sono i biker del cibo a domicilio, i fattorini, gli instancabili autobus rossi a due piani popolati da poche anime mascherate. Londra non è bella come Parigi o Roma, ma ha una cultura, vitalità e velocità uniche, ora massacrate dal Covid, che l'ha resa un fantasma dell’opera.
In questa terra desolata da "28 giorni dopo" di Danny Boyle, l'unica speranza sono i vaccini. Il governo Johnson, dopo i disastri dell'anno scorso, vi ha investito tutto. Già 1,5 milioni inoculati, 15 milioni entro metà febbraio, e «la prossima settimana somministreremo centinaia di migliaia di dosi al giorno». Mobilitati l'esercito, mille medici di base, duecento farmacie. Ma il morale del Paese è ai minimi, e quindi da ieri sera alle 20 si è ripreso ad applaudire dai balconi gli eroi della sanità britannica, come nelle ore più buie della prima ondata. Almeno, oltre alle stelle, così si rivedono i vicini, una rarità a Londra. Ma ieri sera, nel quartiere di chi scrive, non è uscito nessuno. Fonte: qui
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