SMANTELLATO IL CLAN CAMORRISTICO SENESE: 28 ARRESTI PER ESTORSIONE, USURA E RICICLAGGIO
A LUI, CLAUDIO CIRINNA', E AL FIGLIO RICCARDO SONO CONTESTATI EPISODI DI USURA.
LA PARLAMENTARE PD: "DOLORE PER MIO FRATELLO, MI AUGURO CHE CHIARISCA TUTTO"
PER TUTTI L’AGGRAVANTE DI AVER AGITO CON METODO MAFIOSO AGEVOLANDO LA GALASSIA CRIMINALE DELLA CAMORRA CAMPANA…
EDOARDO IZZO per lastampa.it
Maxi operazione di polizia e guardia di finanza contro il clan camorristico dei Senese. Questa mattina i militari del Nucleo Speciale Polizia Valutaria e gli agenti della Squadra Mobile stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip di Roma, nei confronti di 28 esponenti della famiglia Senese, ritenuti responsabili di estorsione, usura, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio, autoriciclaggio e reimpiego di proventi illeciti, con l’aggravante di aver agito con metodo mafioso agevolando la galassia criminale della camorra campana.
Contestualmente le forze dell'ordine stanno eseguendo un provvedimento di sequestro preventivo di beni e aziende per circa 15 milioni di euro. Nel blitz - coordinato dal procuratore Michele Prestipino e dall'aggiunto alla Direzione Distrettuale Antimafia Ilaria Calò - sono impegnati circa 200 tra finanzieri e poliziotti, con l’esecuzione anche di perquisizioni, nelle province di Roma, Napoli, Verona, Frosinone, L'Aquila.
Tra le persone destinatarie di ordinanza cautelare, oltre al boss Michele Senese, detto "'o pazz", anche suo figlio Vincenzo, 43 anni, che al momento dell' arresto si trovava in una struttura da cinquemila euro a settimana della marina di Ugento.
Vincenzo Senese, che secondo gli inquirenti, ‘curava’ gli interessi della famiglia a Roma e non solo, spendeva migliaia di euro a settimana in strutture stellate e ristoranti dove non pagava utilizzando il cognome della famiglia. Inoltre, nell'inchiesta è coinvolto anche Claudio Cirinna', 54 anni, fratello della parlamentare del Pd, Monica Cirinna' (estranea all'indagine). Secondo quanto si apprende, gli inquirenti hanno spiegato che Cirinna' e' stato coinvolto in uno degli affari per reinvestire il capitale illecito del clan.
Fonte: qui
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IN BALLO L'ACQUISIZIONE DI UN RISTORANTE
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GIUSEPPE SCARPA PER IL MESSAGGERO
Si scrive Michele Senese. Si legge camorra a Roma. Michele o pazzo gestiva il suo network criminale da dietro alle sbarre. E la mala romana ne era ben conscia, tanto da conferirgli la corona di capo dei capi. «Cioè, qui stiamo parlando, che è il capo di Roma! Il boss della camorra romana! Comanda tutto lui!».
Lo descrive così Alessandro Presutti, coinvolto anche in altre inchieste con i Casamonica, in una intercettazione telefonica del marzo 2014. Un regno la cui parola fine è stata scritta ieri dal valutario della guardia di finanza e dalla squadra mobile.
Estorsione, usura, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio, autoriciclaggio e reimpiego di proventi illeciti con l'aggravante di aver agito con metodo mafioso sono i reati per i quali sono stati arrestati ventotto esponenti della famiglia Senese. I beni sequestrati tra quote societarie, appartamenti e locali sfiorano i 15 milioni di euro. O pazzo era in carcere dal 2014.
Sul boss pende una sentenza all'ergastolo per omicidio. Fu il mandante dell'assassinio di Giuseppe Carlino, il 10 settembre del 2001. Carlino, a sua volta, era coinvolto nell'omicidio del fratello di Michele Senese avvenuto il 16 settembre del 1997, sempre a Roma. Città in cui i Senese si erano rifugiati a metà anni Ottanta, inviati dal clan Moccia di Afragola in piena guerra di camorra contro gli storici nemici capeggiati dalla Nco di Raffaele Cutolo. E nella Capitale Senese ha piantato radici.
O meglio ha fatto entrare tonnellate di droga: «Ogni viaggio (per rifornire i Senese, ndr) erano 30 - 40 chili di cocaina e 500, 1000 chili di hashish», ha riferito un collaboratore di giustizia nel 2014 al pm Francesco Minisci, titolare della maxi inchiesta. Il cordone con la Campania, tuttavia, non è mai stato tagliato. E per mandare messaggi ai Moccia, Senese faceva affidamento sulla moglie Raffaella Gaglione (da ieri in carcere). «Gli devi dire che non ha paura quello sa morire». Un messaggio in codice che tradotto significa, «che Michele Senese - si legge nell'ordinanza - nonostante la condanna in giudicato non si dissocia». Una rassicurazione insomma.
A tenere le redini della famiglia era il figlio Vincenzo. Il primogenito, plenipotenziario del padre. O pazzo tracciava comunque la direzione. Le indicazioni venivano date anche con dei pizzini infilati dentro le scarpe. Padre e figlio se le scambiavano. In una foto gli inquirenti immortalano la scena. Vincenzo entra con le scarpe marroni dentro il penitenziario di Oristano ed esce con ai piedi quelle nere del padre, il 23 marzo del 2017.
RIPULIRE IL DANARO
Il grande problema della famiglia era ripulire il volume di denaro sporco ricavato con il business della droga e dell'usura. Da un lato i metodi tradizionali, murare il denaro dentro intercapedini e fare un uso costante del contante. Dall'altro i canali di investimento che il clan utilizzava per «ripulire» e far «fruttare» i soldi erano il commercio all'ingrosso di abbigliamento a Frosinone e Verona.
I capitali sono stati trasferiti in Svizzera e poi impiegati per finanziare attività imprenditoriali di una società milanese. Il fratello del boss, Angelo è riuscito a fare confluire investimenti per 230 mila euro in attività di ristorazione a Roma, tra le quali «Da Baffo» e «Da Baffo 2». Tra le persone arrestate figura anche Claudio Cirinnà, 54 anni, fratello della parlamentare del Pd, Monica Cirinnà.
L'uomo è accusato di usura, estorsione, auto riciclaggio e intestazione fittizia di beni. Cirinnà non aveva legami diretti con il clan Senese ma, sostanzialmente, prestava somme di denaro a soggetti che, a loro volta, erano vittime di usura del clan. «Apprendo con amarezza e dolore che mio fratello sarebbe coinvolto in un'inchiesta giudiziaria - dice la senatrice del Pd - So pochissimo della sua vita travagliata».
IN UNA DISCUSSIONE CON I FEDELISSIMI IN BALLO L'ACQUISIZIONE DI UN RISTORANTE
IL CASO «Lazialotto». Così con disprezzo era chiamato Fabrizio Piscitelli, capo ultras della curva Nord, neofascista e narcotrafficante. L'epiteto è coniato da Vincenzo Senese, il figlio di Michele.
Il primogenito del boss ha pochi dubbi con Diabolik, non vuole concludere nessun affare: «Daniele (Caroccia, ndr) una cosa ti volevo dire, la cosa la dobbiamo fare io e te». Insomma il lazialotto è fuori. La conversazione è del giugno 2017. L'affare in questione è l'apertura di un ristorante. Caroccia gli replica così: «ci volevo andare a parlare (con Piscitelli, ndr) perché lui conosce qualcuno che ha i negozi là, solo per quello».
Insomma con La Strega altro soprannome di Piscitelli, morto assassinato lo scorso 7 agosto, i Senese non volevano più fare affari. Eppure el Diablo era cresciuto nella mala sotto l'ala protettiva di Michele o pazzo. Sotto la sua benedizione, con una batteria di picchiatori albanesi gestiva lo spaccio a Ponte Milvio.
Ad ogni modo se i Senese potevano permettersi di fare i prepotenti con l'ultras della Lazio, di ben altra natura erano i rapporti intessuti con altre famiglie del grande crimine. «I Senese - scrive il gip nell'ordinanza - si rapportavano con due esponenti di spicco di ambienti delinquenziali della Capitale, Roberto De Santis e Franco Gambacurta, operanti in zone distanti e diverse tra loro».
PONTE MILVIO Insomma il clan aveva la sua fetta della Capitale. La zona intorno a Cinecittà, antico feudo di o Pazzo. Come, d'altro canto, Ponte Milvio. Nell'ordinanza emerge un particolare inquietante. Il gestore del locale la Champagneria Lady decide di mettersi sotto la protezione dei Senese.
Si offre di pagare il pizzo per essere protetto. È il 21 novembre del 2018 e dalle intercettazioni della mobile e della finanza emerge questo quadro: «La stessa proprietà - annotano gli investigatori - avrebbe manifestato la propria intenzione di essere partner del clan Senese». «Il proprietario - spiega Vincenzo Senese alla moglie - vuole stare vicino a noi». E per vantarsi dell'amicizia protettiva del clan paga mille euro al mese.
I LOCALI In generale, comunque, i Senese difficilmente pagavano quando si trattava di andare a mangiare nei ristoranti. A Ostia per esempio. Ma il fatto di non versare un euro per il conto, non impediva a Vincenzo Senese di criticare aspramente la cucina del locale. E così quando a settembre del 2018 non gli viene servito un piatto con i gamberi rossi, si arrabbia: «Gli ho detto (al ristoratore, ndr ) portami i gamberi rossi. La prossima volta che mi porti un altro tipo di gamberi.... ».
L'interlocutore cerca di calmarlo. Ma Vincenzo Senese giura di non volerci più andare nonostante non abbia pagato il conto. E spiega di voler andare da un'altra parte in una successiva occasione: «la Bussola a me, ci tratta da alto bordo, i Francia Corta, l'altra volta la tavolata da 15, tu non mi devi dare i soldi ...ci fa tante attenzioni». Serviti come i re della mala nei locali di Roma e temuti dagli avversari. «Se appartiene a Michele Senese - spiega Modestino Pellino, luogotenente del clan Moccia ad un suo interlocutore - devono lasciare perdere là». Giu. Sca
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