1. QUELL’ALBERGO NON DOVEVA STARE LI’
Fabio Tonacci per la Repubblica
Una lettera datata 18 dicembre 2014, finita agli atti dell' inchiesta di Pescara che indaga per "disastro colposo" e "omicidio colposo plurimo", spiega perché il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta non possa ancora chiamarsi fuori da questa vicenda. E quattro foto storiche, allegate all' esposto che il forum ambientalista H20 ha inviato ai magistrati, paiono rafforzare l' ipotesi che l' area dell' hotel Rigopiano (nelle prossime ore sarà posta sotto sequestro) fosse già stata colpita da una valanga nel 1936. Rendendola quindi il luogo meno adatto dove costruire un resort a quattro stelle.
La lettera su carta intestata è firmata dall' assessore regionale che, due anni fa, aveva la delega alla Protezione Civile: Mario Mazzocca. «Caro sindaco, al fine di favorire una maggiore conoscenza della particolarità del nostro territorio e anche i possibili rischi connessi alla sua frequentazione, abbiamo elaborato la Carta storica delle valanghe, che troverai nell' allegato dvd». Era indirizzata ai comuni che tra il 1957 e il 2013 avevano subito almeno una slavina. Tra questi, c' è Farindola, dove sette mesi prima della lettera era stato eletto il giovane sindaco Lacchetta, ingegnere trentenne.
Il dvd che gli fu recapitato conteneva un "Gis", un software per la navigazione cartografica, che evidenziava un fatto: nelle vicinanze dell' hotel Rigopiano, sul versante del Monte Camicia che insiste sulla provinciale 37 si erano registrate 32 valanghe. Una, nel 1999, aveva investito la strada, in località Castelli, prima del bivio che porta al resort. «La mappa - prosegue la lettera di Mazzocca - deve intendersi non come una potenziale carta del rischio valanghe, ma come strumento utile per conoscere meglio il territorio».
Dunque Lacchetta è, deve essere, perfettamente a conoscenza che perlomeno la viabilità di quella zona è vulnerabile. Il punto è che a Farindola, come scrive il Centro, da 12 anni nessuno convoca la commissione valanghe, cioè l' organismo che normalmente riceve il bollettino Meteomont, lo valuta, e lo "declina" sul proprio territorio. Il consesso, cioè, dove un sindaco si può formare un' opinione tecnica, ed eventualmente decidere un' ordinanza di sgombero "per pericolo incombente" o la chiusura delle strade.
La commissione, però, a Farindola smette di lavorare tra il 2005 e il 2006. Proprio nel periodo in cui fu deciso che il piccolo albergo estivo sarebbe stato acquistato e trasformato in un resort con piscina e spa, aperto tutto l' anno.
Lacchetta ha dichiarato che il bollettino Meteomont del 17 gennaio, quello che innalzava il rischio valanghe da 2 a 4, non gli è mai arrivato. Gli investigatori sospettano che si sia incagliato in qualche ufficio della Prefettura di Pescara. Ma se anche fosse stato inviato correttamente, a Farindola non c' era alcuna commissione in grado di valutarlo.
2. I POMPIERI: MAI VISTO NULLA DI SIMILE. E C’ERA PURE UNA FUGA DI GAS
Corrado Zunino per la Repubblica
Non ci sono più le pietre lucide sui muri esterni della Sala del biliardo, la valanga le ha strappate dal cemento. Un quadro blu e la luce che lo illuminava sono interi, il corridoio che li riparava è a fondovalle. Non sono bastati i cento filmati dei vigili del fuoco prodotti e resi pubblici in questi nove giorni per comprendere cosa è stata l' enorme slavina nata dal terremoto di mercoledì scorso. Bisogna salire qui, all' Hotel Rigopiano. Non si è mai visto nulla di simile, non lo hanno visto mai - giurano - i vigili del fuoco.
All' interno dell' area intrattenimento intitolata al Vate D' Annunzio sono stati salvati tre bambini. Ora si comprende che quella sopravvivenza, e gli undici vivi tutti, sono un evento irripetibile. Le 120mila tonnellate di neve lanciata a cento all' ora hanno staccato dai muri le pietre, eppure i muri sono rimasti in piedi.
Hanno tirato giù tre piani della struttura, conficcato sei auto nella neve in cento metri circolari, una è in perpendicolare come fosse un gioco circense, eppure il vano caldaia è illeso. Ha persino salvato un adulto. Due divani in pelle nera appoggiati alla neve, qui sporca, un materasso sputato sulla strada mezzo chilometro lontano. E tronchi, tronchi, tronchi.
Pezzi di faggi secolari ammassati intorno al resort a quattro stelle, un nuovo bunker. S' alzano gli occhi e si capisce che la slavina che si è staccata dal costone ha fatto un viaggio lungo almeno ottocento metri, una stretta curva a destra, una a sinistra più dolce per incanalarsi in un alveo naturale pieno di alberi. Sradicandoli, ha saltato un fossato che negli ultimi quarant' anni aveva fermato tutte le valanghe precedenti ed è piombata sull' hotel isolato, quaranta persone dentro assediate da due metri di nevicate. Era larga trecento metri e alta tre, la valanga, ha alzato l' albergo, lo ha fatto girare e l' ha spianato. Giù di tre piani, ora sommersi dal tetto.
Nove giorni dopo, gli effetti dell' impatto non regalano più speranze: agli undici vivi si affiancano, in un destino che li terrà sempre insieme, ventinove morti. Cinque non hanno ancora un nome. Il Gran Sasso è lì sopra, di una bellezza estrema. Il cielo di nuovo scuro, nell' aria tre gradi sotto lo zero. Viaggiamo con i ramponi sotto i dopo-sci e l' Artva agganciato al torace, serve a mandare frequenze a chi ti sta cercando sotto la neve: il rischio valanga non si è mai allontanato da Rigopiano.
L' ingegner Luca Verna, responsabile dei soccorsi, il funzionario dei vigili che aveva messo su carta il piano per il recupero, rivela un dettaglio fin qui nascosto: «Quando abbiamo raggiunto l' albergo, ci siamo accorti che c' era una fuga di gas in corso. Tutto sembrava contro di noi e le quaranta persone all' interno. Gli elicotteri non potevano volare, i mezzi pesanti non potevano avanzare. Abbiamo iniziato a scavare, e a entrare, rischiando un' esplosione. Abbiamo incanalato il bombolone grigio in una flangia e abbiamo fatto uscire il gas all' esterno, infuocato».
Ora si possono vedere da vicino i locali che in questi giorni recintavano i ritrovamenti buoni e cattivi: la reception, la cucina, il bar, la sala del caminetto, un bagno. Chi è rimasto nell' area benessere, la famosa spa al piano interrato, si è salvato. Scende il buio, si deve rientrare. Il primo sopralluogo pubblico sui resti del Rigopiano diventerà per molto tempo l' ultimo. Il cantiere finisce sotto sequestro.
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