IL GOVERNO NON SI MUOVE E BLOCCA I LICENZIAMENTI SENZA PIANO INDUSTRIALE
MA L’AZIENDA NON LO TIRA FUORI FINCHE’ NON HA GARANZIE DAGLI AZIONISTI
GLI ESUBERI SAREBBERO PIU’ DEL 13% DEL PERSONALE
PERPLESSI I SINDACATI
Nicola Lillo per La Stampa
Bisognerà aspettare ancora un paio di settimane per conoscere il destino di Alitalia. Quello di ieri al ministero dello Sviluppo economico doveva essere l’incontro per la presentazione al governo del nuovo piano di ristrutturazione e rilancio dell’ex compagnia di bandiera, ma il piano nel dettaglio ancora non c’è. I due ministri competenti, Carlo Calenda e Graziano Delrio, hanno chiesto un progetto «dettagliato e condiviso con gli azionisti, dalle banche e dalle istituzioni creditrici».
Solo allora si potrà discutere di come gestire i nuovi esuberi: si parla di almeno 1600 posti di lavoro a rischio su un totale di 12.000 dipendenti tra naviganti e staff.
Alitalia ha ancora 80 giorni di ossigeno, cioè fino al 31 marzo: è il tempo utile per lanciare il nuovo piano quinquennale. Dopo lo sblocco di linee di credito il 22 dicembre scorso l’azienda ha infatti una liquidità di 250 milioni, 100 messi a disposizione da Etihad, altri 150 dalle banche, Intesa SanPaolo e Unicredit. Con il nuovo piano, che sarà pienamente operativo dal primo aprile, dovrebbe scattare la fase due, con altri 250 milioni investiti. In tutto un impegno da mezzo miliardo, che - dice Delrio - dovrebbe essere condiviso dagli attuali soci.
Dalla riunione «è uscita una buona notizia: gli azionisti sono tutti determinati a continuare a investire», dice il ministro dei Trasporti. Il governo vuole «un piano robusto», perché quasi tutti i grandi vettori stanno guadagnando e Alitalia deve sfruttare «il momento favorevole», a partire dai costi contenuti del greggio, la prima voce dei bilanci delle compagnie aeree.
Il numero uno Cramer Ball si mostra ottimista: un «incontro molto buono». Dal ministero è invece uscito in silenzio il vice presidente e numero uno di Etihad James Hogan, nel mirino del governo e dei soci italiani per le scelte strategiche imposte fin qui all’Alitalia partecipata al 49 per cento da Abu Dhabi. «I lavoratori non devono pagare per primi alcune inefficienze del management», chiosa Delrio.
I sindacati si dicono « perplessi e preoccupati» e lamentano l’assenza di certezze: proprio per questo è saltato l’incontro previsto per domani con i rappresentanti di categoria. Gli obiettivi della ristrutturazione sono in ogni caso chiari.
Tre le linee d’azione: riduzione aggressiva dei costi, rinegoziazione di partnership come quella con Delta considerata penalizzante e soprattutto un nuovo modello di business.
L’idea dei vertici è sdoppiare il servizio: da un lato quello classico sulle rotte a lungo raggio, dall’altra un nuovo modello per i voli nazionali ed europei sui quali si potrà volare «business» o «low cost», a seconda del tipo di tariffa.
Il problema di Alitalia resta il posizionamento strategico: è troppo piccola per competere fino in fondo nel mercato business con le tre grandi sorelle dei cieli, Air France, Lufthansa e British Airlines.
I velivoli a lungo raggio con livrea Alitalia sono appena 24 e ne servirebbero 15-20 in più.
Al tempo stesso l’azienda è in difficoltà sul mercato dei voli nazionali ed europei, nel quale impiega ben 100 aeromobili ma soffre la concorrenza aggressiva di Ryanair, Easyjet e Vueling, che negli anni hanno conquistato importanti fette di mercato.
Infine c’è la concorrenza dei treni ad alta velocità che ha letteralmente prosciugato il mercato della Roma-Milano e ormai minaccia i collegamenti fra le grandi città italiane.
Fonte: qui
Nicola Lillo per La Stampa
Bisognerà aspettare ancora un paio di settimane per conoscere il destino di Alitalia. Quello di ieri al ministero dello Sviluppo economico doveva essere l’incontro per la presentazione al governo del nuovo piano di ristrutturazione e rilancio dell’ex compagnia di bandiera, ma il piano nel dettaglio ancora non c’è. I due ministri competenti, Carlo Calenda e Graziano Delrio, hanno chiesto un progetto «dettagliato e condiviso con gli azionisti, dalle banche e dalle istituzioni creditrici».
Solo allora si potrà discutere di come gestire i nuovi esuberi: si parla di almeno 1600 posti di lavoro a rischio su un totale di 12.000 dipendenti tra naviganti e staff.
Solo allora si potrà discutere di come gestire i nuovi esuberi: si parla di almeno 1600 posti di lavoro a rischio su un totale di 12.000 dipendenti tra naviganti e staff.
Alitalia ha ancora 80 giorni di ossigeno, cioè fino al 31 marzo: è il tempo utile per lanciare il nuovo piano quinquennale. Dopo lo sblocco di linee di credito il 22 dicembre scorso l’azienda ha infatti una liquidità di 250 milioni, 100 messi a disposizione da Etihad, altri 150 dalle banche, Intesa SanPaolo e Unicredit. Con il nuovo piano, che sarà pienamente operativo dal primo aprile, dovrebbe scattare la fase due, con altri 250 milioni investiti. In tutto un impegno da mezzo miliardo, che - dice Delrio - dovrebbe essere condiviso dagli attuali soci.
Dalla riunione «è uscita una buona notizia: gli azionisti sono tutti determinati a continuare a investire», dice il ministro dei Trasporti. Il governo vuole «un piano robusto», perché quasi tutti i grandi vettori stanno guadagnando e Alitalia deve sfruttare «il momento favorevole», a partire dai costi contenuti del greggio, la prima voce dei bilanci delle compagnie aeree.
Il numero uno Cramer Ball si mostra ottimista: un «incontro molto buono». Dal ministero è invece uscito in silenzio il vice presidente e numero uno di Etihad James Hogan, nel mirino del governo e dei soci italiani per le scelte strategiche imposte fin qui all’Alitalia partecipata al 49 per cento da Abu Dhabi. «I lavoratori non devono pagare per primi alcune inefficienze del management», chiosa Delrio.
I sindacati si dicono « perplessi e preoccupati» e lamentano l’assenza di certezze: proprio per questo è saltato l’incontro previsto per domani con i rappresentanti di categoria. Gli obiettivi della ristrutturazione sono in ogni caso chiari.
Tre le linee d’azione: riduzione aggressiva dei costi, rinegoziazione di partnership come quella con Delta considerata penalizzante e soprattutto un nuovo modello di business.
L’idea dei vertici è sdoppiare il servizio: da un lato quello classico sulle rotte a lungo raggio, dall’altra un nuovo modello per i voli nazionali ed europei sui quali si potrà volare «business» o «low cost», a seconda del tipo di tariffa.
Il problema di Alitalia resta il posizionamento strategico: è troppo piccola per competere fino in fondo nel mercato business con le tre grandi sorelle dei cieli, Air France, Lufthansa e British Airlines.
I velivoli a lungo raggio con livrea Alitalia sono appena 24 e ne servirebbero 15-20 in più.
Al tempo stesso l’azienda è in difficoltà sul mercato dei voli nazionali ed europei, nel quale impiega ben 100 aeromobili ma soffre la concorrenza aggressiva di Ryanair, Easyjet e Vueling, che negli anni hanno conquistato importanti fette di mercato.
I velivoli a lungo raggio con livrea Alitalia sono appena 24 e ne servirebbero 15-20 in più.
Al tempo stesso l’azienda è in difficoltà sul mercato dei voli nazionali ed europei, nel quale impiega ben 100 aeromobili ma soffre la concorrenza aggressiva di Ryanair, Easyjet e Vueling, che negli anni hanno conquistato importanti fette di mercato.
Infine c’è la concorrenza dei treni ad alta velocità che ha letteralmente prosciugato il mercato della Roma-Milano e ormai minaccia i collegamenti fra le grandi città italiane.
Fonte: qui
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