L’ALLARME DELLA SOCIETA’ ITALIANA DI CARDIOLOGIA
I FATTORI DI RISCHIO, I MEDICINALI UTILI E I RIMEDI NATURALI
Melania Rizzoli per “Libero quotidiano”
Ogni anno 4 milioni di persone in Europa, ed oltre 48mila in Italia, muoiono di malattie cardiovascolari per non avere effettuato controlli sui livelli del colesterolo "cattivo".
È questo l' allarme lanciato in apertura dell' 80° Congresso nazionale della Società Italiana di Cardiologia (Sic) che si è tenuto due settimane fa a Roma, dove sono state presentate prove schiaccianti, derivanti da studi fisiopatologici, epidemiologici, genetici e da studi di popolazione, che dimostrano come il "Colesterolo LDL", sigla di Low Density Lipoproteins (ovvero lipoproteine a bassa densità), sia una potente causa di infarto e di ictus, e che ridurre questo valore è efficace per non morire anche se si hanno livelli di partenza inferiori alla media.
Inoltre è stato evidenziato che è necessario abbassare il colesterolo LDL il più presto possibile, specialmente nei pazienti a rischio anche basso, che non esiste un limite inferiore di colesterolo LDL noto per essere pericoloso, perché la sua riduzione riduce il rischio indipendentemente dai livelli di base, e che in ogni caso questa molecola killer deve poter essere abbattuta e portata sotto i 55 mg/dl anche negli individui in apparente buona salute.
Il colesterolo LDL infatti, accumulandosi nelle arterie in forma di placche ne irrigidisce le pareti, aggravando il rischio di problemi ostruttivi, soprattutto nelle coronarie del cuore e nei vasi del cervello, per cui chi deve monitorarlo con maggiore attenzione sono coloro che soffrono di malattia aterosclerotica, cardiovascolare, chi ha già sperimentato l' infarto o l' ictus, i portatori di stent o di by-pass coronarici, e chi soffre di diabete mellito, di ipertensione e di insufficienza renale anche lieve, e quanto più si riduce il suo valore nel sangue, tanto più migliora la prognosi e l' aspettativa di vita.
FATTORI DI RISCHIO
Il colesterolo è una molecola organica lipidica molto importante nella fisiologia del nostro corpo, poiché è una costituente insostituibile delle membrane cellulari di tutte le nostre cellule, oltre ad essere un precursore degli ormoni steroidei, della vitamina D e degli acidi biliari, indispensabili per la digestione dei grassi, e la sua totale assenza è incompatibile con la vita.
La concentrazione di tale sostanza nel sangue però non deve superare certi limiti, perché i suoi livelli eccessivi possono essere molto pericolosi per la salute umana, e mentre il colesterolo HDL è considerato quello "buono" per il suo ruolo protettivo, la suddivisione tra frazione di colesterolo LDL e HDL è invece fondamentale, poiché tanto più il rapporto è favorevole alla prima, tanto più alto è il rischio di malattie cardiovascolari.
Secondo le recenti guide linea, i valori del solo Colesterolo Totale non sono invece significativamente correlati con la quantificazione del rischio cardiovascolare, in quanto sono soltanto uno dei molti fattori predisponenti, per cui meglio evitare di impazzire per riportare la soglia del colesterolo totale al di sotto dei 200mg/dl, ma piuttosto bisogna concentrarsi sulla riduzione della quota LDL, quella cioè definita la più pericolosa per le tragiche conseguenze che il suo alto dosaggio ematico comporta.
È bene sottolineare che i valori del colesterolo totale e quelli del colesterolo LDL vengono comunque utilizzati insieme per calcolare un parametro importantissimo, chiamato "indice di rischio", il quale rappresenta un valido e statisticamente significativo strumento per valutare il reale rischio cardiovascolare del paziente.
MEDICINALI UTILI
Per raggiungere l' obiettivo di portare al di sotto dei 55mg/dl il colesterolo LDL non servono a niente gli integratori, ma sono necessari i farmaci, contenenti i principi attivi farmacologici, e quelli con cui si inizia il trattamento per abbatterlo sono le statine, molecole molto ben tollerate e i cui benefici superano di gran lunga i pericoli, anche tra quelli a basso rischio, e se le statine, combinate con l' altro farmaco di prima scelta, l' ezetimibe, che agisce inibendo l' assorbimento del colesterolo a livello intestinale, non sono sufficientemente a ridurne i livelli, possono essere usati i Pcsk9, una classe di medicinali molto potenti, che vengono somministrati una volta al mese.
Un famoso studio che ha coinvolto oltre 18mila persone, pubblicato lo scorso anno sul New England Journal of Medicine, ha dimostrato che l' associazione di statina piu ezetimibe riduce in modo significativo, rispetto alle sole statine, sia gli infarti che gli ictus ischemici, anche nei pazienti con ipercolesterolemia familiare e genetica.
La buona notizia è che a breve, entro un anno, saranno immessi sul mercato alcune novità del settore farmacologico per il trattamenti dell' ipercolesterolemia, come l' acido bembepodico, che interviene direttamente sulla biosintesi del colesterolo, una molecola che non sostituirà le statine, ma potrà essere una soluzione di trattamento per chi non può assumerle.
Per quanto riguarda la dieta, chi è affetto da ipercolesterolemia deve preferire pesce azzurro, olio di oliva, noci, frutta, verdura, alimenti integrali e probiotici, considerati alcuni dei migliori alleati contro l' aumento di tale molecola lipidica, poiché la moderazione calorica e la sobrietà della dieta rappresentano un elemento chiave nel controllo del rischio cardiovascolare.
RIMEDIO NATURALE
Tra i nuovi fattori emergenti che minano la nostra salute, uno dei più importanti, oltre al colesterolo, per valutare il rischio cardiovascolare da qualche anno è rappresentato dall' Omocisteina, un amminoacido solforato, che quando presenta elevati livelli nel sangue può essere altrettanto pericoloso, e deve necessariamente essere controllato consumando adeguate quantità di acido folico, commercializzato come Folina, una vitamina presente nei vegetali a foglia verde, in grado di abbassare con una pillola al giorno questo fattore di rischio addizionale, i cui valori plasmatici non devono superare i 12mmol/l.
Nel 2017 una persona su cinque che in Italia è morta per malattie cardiovascolari ha avuto cause imputabili al mancato controllo del colesterolo LDL, per un totale di poco meno di 50mila decessi, ma nell' ultimo anno fortunatamente si sta diffondendo la cultura del controllo di tali valori plasmatici, che per troppo tempo sono stati privati dell' attenzione che meritavano.
Il colesterolo è una molecola organica lipidica molto importante nella fisiologia del nostro corpo, poiché è una costituente insostituibile delle membrane cellulari di tutte le nostre cellule, oltre ad essere un precursore degli ormoni steroidei, della vitamina D e degli acidi biliari, indispensabili per la digestione dei grassi, e la sua totale assenza è incompatibile con la vita.
Per raggiungere l' obiettivo di portare al di sotto dei 55mg/dl il colesterolo LDL non servono a niente gli integratori, ma sono necessari i farmaci, contenenti i principi attivi farmacologici, e quelli con cui si inizia il trattamento per abbatterlo sono le statine, molecole molto ben tollerate e i cui benefici superano di gran lunga i pericoli, anche tra quelli a basso rischio, e se le statine, combinate con l' altro farmaco di prima scelta, l' ezetimibe, che agisce inibendo l' assorbimento del colesterolo a livello intestinale, non sono sufficientemente a ridurne i livelli, possono essere usati i Pcsk9, una classe di medicinali molto potenti, che vengono somministrati una volta al mese.
RIMEDIO NATURALE
IL RANCORE VI ACCORCIA LA VITA
“ALLA LUNGA DIVENTA UN TARLO CHE DIVORA, CHE INFLUENZA NEGATIVAMENTE SE STESSI E CHI VIVE ACCANTO, È DISTRUTTIVO, SIA DAL PUNTO DI VISTA FISICO CHE PSICOLOGICO, E FA AMMALARE”
“MEGLIO UN ATTO DI RABBIA ESPRESSA SUL MOMENTO, PIUTTOSTO CHE UN SENTIMENTO TALMENTE NEGATIVO DA IRRANCIDIRE E LOGORARE…”
Melania Rizzoli per “Libero Quotidiano”
Portare rancore è un lavoro molto impegnativo, e la maggior parte delle volte non ne vale proprio la pena. Il rancore è un' emozione negativa causata da una situazione avversa che si è verificata, dalla quale ci si sente feriti, una condizione che non si è affrontata apertamente e che non si è risolta, la quale prolunga a tempo indeterminato il malessere alimentando sentimenti di dolore e rabbia rispetto ad un accadimento o verso una persona che si è comportata male.
Il rancore è sempre preceduto dal risentimento, un carico emozionale anch' esso negativo che non permette di ristabilire l' equilibrio psicologico, perché il ricordo dell' ingiustizia subita o del danno provocato spingono a restituire il dolore, a progettare atti di vendetta, favorendo atteggiamenti di ostilità e di aggressività verso la persona responsabile della sofferenza e del danno inflitto.
In realtà l' unica persona che soffre è la stessa che porta rancore, che prolunga la sua insoddisfazione senza risolvere il problema, ed anche se il tempo la allontana da quella situazione sgradevole vissuta e da colui/colei che l' ha provocata, chi custodisce il rancore si infligge sofferenza e conflitti interiori dai quali non tende a liberarsi La parola rancore deriva dal latino "rancore(m), derivato da "rancere", ossia essere rancido, acido o guasto, ed è usata da secoli per descrivere colui che prova astio, rabbia inespressa, profonda e persistente, covata talmente a lungo e così tenacemente da essere in grado di guastare o irrancidire l' animo umano.
Questo sentimento di profonda avversione nasce solitamente a seguite di un torto subìto o un' offesa ricevuta, e si traduce spesso in un desiderio represso di rivalsa, che però non viene manifestata immediatamente nel momento del danno subìto, bensì tenuta nascosta e covata nell' animo, in modo silenzioso e logorante, al punto che tale subdola emozione non fa che essere dannosa per chi la nutre.
VARIE GRADAZIONI
Non riconducibile ad un fenomeno psichico meramente intraindividuale, il rancore è definito in psichiatria un' esperienza emotivamente disturbante e destabilizzante, provata, rivissuta e rielaborata di continuo nella mente, che presenta varie gradazioni di intensità, ma che provoca quasi sempre la dissonanza cognitiva, ovvero la mancata consapevolezza della grettezza associata al proprio atteggiamento o ai propri sentimenti negativi ed ostili.
Spesso dietro il rancore si nasconde un profondo disagio che non si riesce a disciplinare, che può sfociare in una fobia in grado di minare anche i rapporti apparentemente più solidi, che in realtà solidi non sono mai stati, ed in definitiva il risentimento si basa sulla necessità di dire qualcosa che non si è mai stati in grado di esprimere, o almeno con l' intensità desiderata, per cui la persona è in un certo senso delusa e genera nella sua mente una serie di idee negative verso la persona oggetto del suo odio.
Generalmente si tratta di personalità fragili e insicure, che tendono ad attribuire la propria inadeguatezza a dubbie ingiustizie subìte o percepite, a colpevolizzare gli altri sul mancato raggiungimento di traguardi od obiettivi, accumulando frustrazioni causa di profonda infelicità ed animosità.
Con il passare del tempo questi pensieri diventano ossessivi e sempre più intensi, i quali possono causare molti problemi, dalla semplice ansia alle malattie psicosomatiche, fino a favorire vere e proprie malattie, via via più importanti, poiché a forza di portare sulle spalle un pesante fardello, oltre ai sentimenti negativi prevalenti, ci si nega la possibilità della benché minima serenità psicofisica.
Inoltre dietro alla persona che prova rancore si nasconde quasi sempre il giudizio o la sensazione di essere migliore dell' altra, di quella che ha commesso l' errore, senza valutare di giudicare se stessi invece di vivere indossando i panni di giudice, e soprattutto ignorando che ognuno è diverso e che le persone cambiano, per cui è sbagliato restare troppo immersi nell' immagine che si ha di quel lui/lei da non rendersi conto che questa non corrisponde più alla realtà che ci si aspettava.
DOLORE ACCUMULATO
Nella vita tutti prima o poi sperimentano molte cose che si considerano ingiuste, e comunque le si consideri è difficile trovare il lato positivo, ma in molti casi è meglio lasciar perdere piuttosto che farsi consumare dall' amarezza che condiziona il vivere quotidiano.
Ed anche se esistesse la possibilità di vendetta, questa non sarà mai la soluzione al dolore accumulato, perché le conseguenze o i conflitti successivi alla restituzione del danno subìto difficilmente restituiscono serenità e soddisfazione, perché il dolore altrui non è in grado di placare il dolore di chi serba rancore in corpo, abituato a sopportare un peso innecessario al quale si è ormai abituati e con il quale si convive.
Ma come si evita il rancore? La cosa più conveniente sarebbe risolvere la situazione quando questa si verifica, senza tentennamenti o timidezze, per esprimersi e farsi rispettare sul momento, evitando l' insorgere del risentimento e di tutto quello che questo sentimento negativo comporta.
Dopodiché bisogna anche imparare a rispettare il comportamento e il pensiero delle altre persone, libere come tutti di esprimersi, e decidere di conseguenza che relazione mantenere con quell' individuo, poiché rispettare non significa condividere il suo modo di agire, evitando così di vivere una situazione simile un' altra volta.
Provare rancore dunque non conviene, perché questo sentimento negativo e livoroso fa male alla salute, condiziona il carattere, rende animosi e astiosi, spegne il sorriso spontaneo, lo trasforma in un ghigno malefico che condiziona il comportamento, e le persone rancorose diventano agli occhi degli altri antipatiche, insopportabili e moleste, difficili da approcciare, o meglio da evitare, sempre avverse e tendenti a parlar male, a lamentarsi e recriminare, per cui si chiudono e vengono isolate, aggravando la loro situazione psicologica di profondo disagio.
Il livore infatti, alla lunga diventa un tarlo che divora, che influenza negativamente se stessi e chi vive accanto, è distruttivo, sia dal punto di vista fisico che psicologico, e fa ammalare, quindi molto meglio un atto spontaneo di rabbia espressa sul momento, piuttosto che un sentimento talmente negativo da irrancidire e logorare la serenità della mente e dell' anima.
Fonte: qui
IL RANCORE VI ACCORCIA LA VITA
“ALLA LUNGA DIVENTA UN TARLO CHE DIVORA, CHE INFLUENZA NEGATIVAMENTE SE STESSI E CHI VIVE ACCANTO, È DISTRUTTIVO, SIA DAL PUNTO DI VISTA FISICO CHE PSICOLOGICO, E FA AMMALARE”
“MEGLIO UN ATTO DI RABBIA ESPRESSA SUL MOMENTO, PIUTTOSTO CHE UN SENTIMENTO TALMENTE NEGATIVO DA IRRANCIDIRE E LOGORARE…”
Melania Rizzoli per “Libero Quotidiano”
Portare rancore è un lavoro molto impegnativo, e la maggior parte delle volte non ne vale proprio la pena. Il rancore è un' emozione negativa causata da una situazione avversa che si è verificata, dalla quale ci si sente feriti, una condizione che non si è affrontata apertamente e che non si è risolta, la quale prolunga a tempo indeterminato il malessere alimentando sentimenti di dolore e rabbia rispetto ad un accadimento o verso una persona che si è comportata male.
Il rancore è sempre preceduto dal risentimento, un carico emozionale anch' esso negativo che non permette di ristabilire l' equilibrio psicologico, perché il ricordo dell' ingiustizia subita o del danno provocato spingono a restituire il dolore, a progettare atti di vendetta, favorendo atteggiamenti di ostilità e di aggressività verso la persona responsabile della sofferenza e del danno inflitto.
In realtà l' unica persona che soffre è la stessa che porta rancore, che prolunga la sua insoddisfazione senza risolvere il problema, ed anche se il tempo la allontana da quella situazione sgradevole vissuta e da colui/colei che l' ha provocata, chi custodisce il rancore si infligge sofferenza e conflitti interiori dai quali non tende a liberarsi La parola rancore deriva dal latino "rancore(m), derivato da "rancere", ossia essere rancido, acido o guasto, ed è usata da secoli per descrivere colui che prova astio, rabbia inespressa, profonda e persistente, covata talmente a lungo e così tenacemente da essere in grado di guastare o irrancidire l' animo umano.
Questo sentimento di profonda avversione nasce solitamente a seguite di un torto subìto o un' offesa ricevuta, e si traduce spesso in un desiderio represso di rivalsa, che però non viene manifestata immediatamente nel momento del danno subìto, bensì tenuta nascosta e covata nell' animo, in modo silenzioso e logorante, al punto che tale subdola emozione non fa che essere dannosa per chi la nutre.
VARIE GRADAZIONI
Non riconducibile ad un fenomeno psichico meramente intraindividuale, il rancore è definito in psichiatria un' esperienza emotivamente disturbante e destabilizzante, provata, rivissuta e rielaborata di continuo nella mente, che presenta varie gradazioni di intensità, ma che provoca quasi sempre la dissonanza cognitiva, ovvero la mancata consapevolezza della grettezza associata al proprio atteggiamento o ai propri sentimenti negativi ed ostili.
Spesso dietro il rancore si nasconde un profondo disagio che non si riesce a disciplinare, che può sfociare in una fobia in grado di minare anche i rapporti apparentemente più solidi, che in realtà solidi non sono mai stati, ed in definitiva il risentimento si basa sulla necessità di dire qualcosa che non si è mai stati in grado di esprimere, o almeno con l' intensità desiderata, per cui la persona è in un certo senso delusa e genera nella sua mente una serie di idee negative verso la persona oggetto del suo odio.
Generalmente si tratta di personalità fragili e insicure, che tendono ad attribuire la propria inadeguatezza a dubbie ingiustizie subìte o percepite, a colpevolizzare gli altri sul mancato raggiungimento di traguardi od obiettivi, accumulando frustrazioni causa di profonda infelicità ed animosità.
Con il passare del tempo questi pensieri diventano ossessivi e sempre più intensi, i quali possono causare molti problemi, dalla semplice ansia alle malattie psicosomatiche, fino a favorire vere e proprie malattie, via via più importanti, poiché a forza di portare sulle spalle un pesante fardello, oltre ai sentimenti negativi prevalenti, ci si nega la possibilità della benché minima serenità psicofisica.
Inoltre dietro alla persona che prova rancore si nasconde quasi sempre il giudizio o la sensazione di essere migliore dell' altra, di quella che ha commesso l' errore, senza valutare di giudicare se stessi invece di vivere indossando i panni di giudice, e soprattutto ignorando che ognuno è diverso e che le persone cambiano, per cui è sbagliato restare troppo immersi nell' immagine che si ha di quel lui/lei da non rendersi conto che questa non corrisponde più alla realtà che ci si aspettava.
DOLORE ACCUMULATO
Nella vita tutti prima o poi sperimentano molte cose che si considerano ingiuste, e comunque le si consideri è difficile trovare il lato positivo, ma in molti casi è meglio lasciar perdere piuttosto che farsi consumare dall' amarezza che condiziona il vivere quotidiano.
Ed anche se esistesse la possibilità di vendetta, questa non sarà mai la soluzione al dolore accumulato, perché le conseguenze o i conflitti successivi alla restituzione del danno subìto difficilmente restituiscono serenità e soddisfazione, perché il dolore altrui non è in grado di placare il dolore di chi serba rancore in corpo, abituato a sopportare un peso innecessario al quale si è ormai abituati e con il quale si convive.
Ma come si evita il rancore? La cosa più conveniente sarebbe risolvere la situazione quando questa si verifica, senza tentennamenti o timidezze, per esprimersi e farsi rispettare sul momento, evitando l' insorgere del risentimento e di tutto quello che questo sentimento negativo comporta.
Dopodiché bisogna anche imparare a rispettare il comportamento e il pensiero delle altre persone, libere come tutti di esprimersi, e decidere di conseguenza che relazione mantenere con quell' individuo, poiché rispettare non significa condividere il suo modo di agire, evitando così di vivere una situazione simile un' altra volta.
Provare rancore dunque non conviene, perché questo sentimento negativo e livoroso fa male alla salute, condiziona il carattere, rende animosi e astiosi, spegne il sorriso spontaneo, lo trasforma in un ghigno malefico che condiziona il comportamento, e le persone rancorose diventano agli occhi degli altri antipatiche, insopportabili e moleste, difficili da approcciare, o meglio da evitare, sempre avverse e tendenti a parlar male, a lamentarsi e recriminare, per cui si chiudono e vengono isolate, aggravando la loro situazione psicologica di profondo disagio.
Il livore infatti, alla lunga diventa un tarlo che divora, che influenza negativamente se stessi e chi vive accanto, è distruttivo, sia dal punto di vista fisico che psicologico, e fa ammalare, quindi molto meglio un atto spontaneo di rabbia espressa sul momento, piuttosto che un sentimento talmente negativo da irrancidire e logorare la serenità della mente e dell' anima.
Fonte: qui
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