LE INTERCETTAZIONI DI UNA BANDA DI MILANO DEDITA A FURTI E BORSEGGI, DOVE IL NOSTRO PAESE E' CONSIDERATO UN "PARADISO"(VISTO CHE FANNO QUEL CHE VOGLIONO)
L’ESCAMOTAGE È SEMPRE LO STESSO, LE BORSEGGIATRICI FERMATE VENGONO RILASCIATE PERCHÉ INCINTE. E APPENA ESCONO RICOMINCIANO A RUBARE
«L'ITALIA È IL PARADISO DEGLI ZINGARI». COSA PENSANO DI NOI I ROM BORSEGGIATORI
Lorenzo Gottardo per “Libero Quotidiano”
Per loro l' Italia era «un paradiso per gli zingari», ma anche «un Paese di handicappati»: così si legge in una delle intercettazioni realizzate dalla polizia di Stato. E come dargli torto? Grazie a una buona conoscenza della legge, la banda di nomadi riusciva in breve tempo a far liberare le proprie componenti anche quando venivano arrestate in flagranza per i borseggi compiuti in metropolitana.
L' escamotage era sempre lo stesso. Le donne risultavano essere in stato di gravidanza, oppure qualcuno si presentava dalle forze dell' ordine con un bambino in fasce che richiedeva le attenzioni della madre. Così, nella maggior parte dei casi, il giudice propendeva per il differimento della pena. Anche a fronte di reati ripetuti nel tempo, o di un cumulo rilevante di anni di condanna. Questo il sistema di cui si avvaleva la famiglia Omerovic, un clan nomade temuto e rispettato, capace di arricchirsi grazie ai furti con destrezza che i suoi membri compivano a danno di ignari turisti nelle principali città italiane.
A interrompere il sodalizio criminale, che si muoveva da nord a sud seguendo i flussi di visitatori stranieri nel nostro Paese, è stata l' operazione, «Ieri, oggi, domani» - la scelta del nome è un voluto riferimento al famoso film del 1963 in cui Sophia Loren riusciva ogni volta a evitare il carcere grazie a una lunga serie di opportune maternità - realizzata dagli agenti della Squadra Mobile di Milano tra mercoledì 11 e giovedì 12 dicembre. In quei due giorni sei persone, tutte di cittadinanza bosniaca, sono finite in manette con l' accusa di associazione a delinquere, mentre altri due destinatari dell' ordinanza di custodia cautelare risultano ancora irreperibili.
Come ricostruito dagli inquirenti, il clan degli Omerovic aveva una struttura verticale con una suddivisione precisa dei compiti da eseguire. Ai tre uomini spettava l' organizzazione logistica dei colpi da mettere a segno (decidere in quale città spostarsi, individuare gli appartamenti dove risiedere, portare le complici sul posto e contattare gli avvocati in caso di arresto), mentre le donne si occupavano della loro realizzazione materiale.
Fino a 2500 euro al giorno, ovvero tra i 20 e i 30 mila euro al mese: tanto riuscivano a guadagnare le migliori ladre degli Omerovic prendendo di mira soprattutto comitive di turisti orientali, considerati prede più facili da avvicinare e con una maggiore disponibilità di denaro contante nel portafoglio. «Giapponesi, qua ci sono tanti giapponesi», è una delle frasi che si ripetono più di frequente nelle intercettazioni.
Ai vertici del clan c' era «Bimbo», il 38enne capofamiglia Muharem Omerovic che, insieme a figli e parenti, si godeva il frutto del quotidiano «lavoro» delle sue donne. I borseggi ripetuti, infatti, garantivano grosse cifre e una vita di lusso tra auto di grossa cilindrata - Porsche, Maserati e Bmw sono solo alcuni dei marchi che il gruppo si poteva permettere - e costose vacanze all' estero.
Per telefono, Rasid (alias «Leone»), figlio 26enne di Muharem, si vanta di un weekend trascorso a Montecarlo in occasione del gran premio di Formula Uno: «Una cosa da vip spendendo 1400 euro per i biglietti». Il padre «Bimbo», meno loquace, solo in poche occasioni parla del giro d' affari di famiglia.
Come accade con la moglie, durante una trasferta a Venezia, per lamentarsi dei magri guadagni: «Adrijana, questa settimana solo 2 mila», una cifra insufficiente persino per ripagare le spese.
Perché di spese la famiglia Omerovic ne aveva diverse. A cominciare da un singolare servizio di babysitter sudamericane, pagate con uno «stipendio» di circa 800 euro mensili, per prendersi cura dei bambini nati da poco. Senza la preoccupazione dei figli, infatti, le donne del clan potevano concentrarsi sui borseggi, mentre le babysitter si preoccupavano di recapitare i minori presso questura e carabinieri. Giusto in tempo per chiedere il differimento della pena.
Ma i figli minori tornavano molto utili anche per impedire di farsi sfrattare dalle case popolari Aler in cui gli Omerovic abitavano (una in viale Famagosta e l' altra in via Bolla): il capofamiglia pagava subito tre mensilità tutte in anticipo, poi iniziava l' occupazione abusiva e allontanarlo diventava impossibile. A tradirli alla fine è stata, però, la loro stessa avidità e le minacce ripetute nei confronti di un loro parente alla lontana: gli avevano chiesto 20 mila euro in cambio del loro permesso per vivere a Milano, ma lui ha preferito rivolgersi alle forze dell' ordine.
SCIPPATRICI DA DUEMILA EURO AL GIORNO
Federico Berni per il “Corriere della Sera - Edizione Milano”
L'Italia, per loro che vivono di furti e borseggi, è «un paradiso». Di più: «un paradiso per zingari». Il paese del «divertimento» e «degli affari». Una specie di Disneyland, per gli uomini e le donne della banda degli Omerovic, che dai loro covi nelle case popolari occupate abusivamente in via Bolla e viale Famagosta, partivano verso piazza del Duomo, verso le stazioni e le fermate della metropolitana.
E per dieci ore, ogni giorno, si dedicavano all' unica cosa che hanno sempre fatto nella vita, sin dalla tenera età: rubare portafogli e cellulari da borse, zaini e giacche dei turisti (soprattutto i giapponesi, considerati i più sprovveduti e carichi di contante).
Attività che arrivava a fruttare anche 30 mila euro al mese: fino a 1500 euro al giorno se una era particolarmente «brava». Un paese di «handicappati», l' Italia, per il clan famigliare capeggiato da Muharem Omerovic, detto Bimbo, 38 anni.
Un gruppo smantellato dalla tenacia degli agenti della sezione criminalità straniera della Squadra Mobile, diretti da Vittorio La Torre, che hanno ricostruito la loro organizzazione, fatta di borseggiatrici in perenne stato di gravidanza, di uomini che le accompagnavano e che chiamavano gli avvocati in caso di guai, di babysitter sudamericane compiacenti, che portavano i bimbi piccoli in Questura per far schivare l' arresto alle madri, e in generale di una «buona conoscenza del sistema penale italiano».
L' ordinanza di custodia cautelare del gip Maria Cristina Mannocci riguarda otto persone (due delle quali ancora attivamente ricercate), cinque uomini e tre donne, per reati di associazione a delinquere finalizzata al furto con destrezza. Cinque portano il cognome Omerovic, nomadi presenti anche in Spagna (a Barcellona, dove dispongono di ville e altri possedimenti immobiliari) e Portogallo, paesi nei quali sono stati rintracciati due indagati, grazie alla cooperazione europea tra forze di polizia.
Sono di origine bosniaca, anche se alcuni sono nati a Roma, mentre altre due donne sono croate. Quasi tutti con un soprannome (Leone, Bodri, Lenka, Vava, Koka).
Il loro nomadismo è dettato dall' esigenza di andare a colpire nelle principali città turistiche, o ai grandi eventi come il Salone del Mobile.
E Milano, con il boom turistico degli ultimi anni, era diventata per loro territorio di «caccia» prediletto. Tanto per ribadire quanto fossero ritenuti «fessi» gli italiani, è emblematica una conversazione emersa a proposito dell' appartamento Aler in cui «Bimbo» si era sistemato, al numero 4 di viale Famagosta. Immobile dove ha «smesso di pagare l' affitto dopo qualche mese, ben sapendo che con i figli piccoli conviventi sarebbe stato cacciato difficilmente», mette in evidenza il gip nel suo provvedimento. «Lì Bimbo ha preso un appartamento, ha pagato due mesi poi niente. Sta lì, non devono uscire e deve venire il tribunale (...), si paga l' anticipo e poi non esci più, finché non ti mandano via», si dicono due indagati.
L' indagine nasce da una denuncia di estorsione presentata nei confronti di Bimbo, che però non ha trovato riscontri. Quello che è uscito dalle intercettazioni, invece, è la dedizione quotidiana al furto. Donne di 30 anni già madri di 7 o 8 figli, che stanno in strada tutto il giorno, o sulla metro, puntando le vittime («ho visto un buon giapponese»), e cercando di evitare la polizia («ci conoscono»). E gli uomini che prevalentemente si dedicano alla bella vita (biglietti da 1.400 euro al Gran Premio di Monaco: «Un weekend da milionario»).
«Mia moglie è una brava, lo fa da quando ha 12 anni, porta anche 2.000 euro al giorno, sennò mica tenevo la Porsche Panamera», afferma orgoglioso Bimbo, a proposito dell' abilità della coniuge. A volte, però, gli incassi non erano quelli sperati. Rasid, per esempio, si lamenta perché la moglie ha portato «solo 200 euro», e la invita a darsi da fare, perché vuole un' Audi R8 cabrio, da 85mila euro. Fonte: qui
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