Boris Johnson e con lui i conservatori hanno conquistato la maggioranza persino nella Blyth Valley, desolata plaga post-industriale del Northumberland in cui l’elettorato votava “rosso” dal 1950: e rossi duri. Il programma di Corby era davvero socialista, a cominciare dalle nazionalizzazioni. – Allo stesso modo ha votato tories – inaudito – il “paese nero” – dall’antico ricordo del carbone estratto che alimentò la prima gigantesca rivoluzione industriale, Northumberland, Stoke-on-Trent, Wolverhampton North East, West Bromwich East Sedgefield tradizionale feudo di Tony Blair.
E’ più di “una sconfitta, ma una disastrosa rotta, con il voto di Labour che precipita in collegi un tempo sicuri”, scrive il Telegraph esultante, “il muro rosso che crolla”.
(e il Regno Unito fa ciao-ciao)
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Ci sono analogie con le nostre regioni rosse? Vedremo. Ma una analogia è già vistosa: “la bolla psichica di Londra”, radical chich e “liberal” fucsia, anche quelli che votano Tories ma hanno guardato a Boris Johnson come a un pittoresco mattoide – non ha visto arrivare la frana: né i sondaggisti, né gli esperti da talk show.
I sondaggisti si sono spinti a profetizzare per Boris un successo limitato, alcuni anche un sostanziale testa e testa di Corbyn, che avrebbe dato al vincitore un parlamento metà e metà, che avrebbe dovuto obbligare il biondo a fare un governo di coalizione. Vedrete, andrà così, dicevano i politologi interpellati dalla BBC.
Ricordate? “Hillary in testa” ci assicurava la celebre corrispondente RAI da New York. E’ il vizio della sinistra fucsia: in fondo fanno i sondaggi chiedendo agli amici durante l’apericena e le riunioni di redazione o la manifestazione per il Clima e interrogano le sardine.
E’ la bolla in cui vivono.
In Inghilterra come da noi, a votare Brexit o Salvini la cementizia convinzione che solo anziani di scarsa istruzione,”deplorevoli” e “senza denti” potevano aver paura del nuovo; i giovani voteranno Corbyn, che senza dirlo chiaro faceva balenare un secondo referendum, dove avrebbe vinto il “remain”: loro “sentivano” che sempre più inglesi si erano pentiti di aver votato Brexit, ed ora volevano un nuovo referendum – per restare in quella meravigliosa gabbia tedesca che è la UE, con la sua crescita letargica.
Se questa era il sentimento nella bolla di Londra-City, incapace di sentire che nel paese nero uno dei motivi che ha fatto girare le spalle al Labour è stato proprio la sua ambiguità sul Brexit figuratevi nella bolla delle bolle, fra Bruxelles e Berlino.
“Almeno non sentiremo più certi responsabili eurocrati a Bruxelles che il Brexit non avrà luogo, che i britannici sono “pragmatici” e quelli che aspettavano un secondo referendum: il secondo referendum è questa votazione. Il Brexit avrà luogo il 31 gennaio.
Le conseguenze per l’eurocrazia sono delineate con la suprema lucidità da Ambrose Evans Pritchard:
(a proposito, in Francia…)
Goldman Sachs – per nulla favorevole al Brexit – ha valutato $ 150 miliardi di flussi di capitali globali pronti ad investirsi nell’economia del Regno Unito ora che il Parlamento ha smesso di ostacolare. Si aspetta una “accelerazione retroattiva” degli investimenti, portando la crescita a un tasso del 2,4% entro la fine del prossimo anno. Sta scommettendo su un’espansione di tre anni superiore al 2% e su un’impennata di recupero delle attività depresse del Regno Unito.”
Una crescita del 2,4% come effetto ritardato del Brexit. Non male, se lo confrontiamo col nostro zero virgola… Ma sarà anche di più. Come ha notato il nostro Barra Caracciolo, essendo il Regno Unito un contributore netto al bilancio UE (come l’Italia…) , per effetto del meri Brexit con il risparmio del contributo, si trova ad avere uno spazio di manovra aggiuntivo di 10 miliardi, poco meno dello 0,4% del Pil, che può immediatamente convertire in sgravi fiscali o maggior spesa pubblica.
“Inoltre, per il resto della contribuzione, diciamo la parte a “prestazione corrispettiva”, il Regno Unito disporrà di circa 0,7 punti di Pil di spazio fiscale, che potrà comunque destinare diversamente da quanto gli imponeva l’adesione ai programmi di spesa vincolati al bilancio Ue: potrà così, – e con l’aggiunta di 10 miliardi di risparmi “certi”, scegliere di incentivare maggiormente la ricerca scientifica, in finanziamento di start-up, o di imprese già esistenti, nei settori, come quello energetico e della mobilità, ritenuti strategici, o potenziare il proprio sistema sanitario pubblico o quello infrastrutturale, combattendo la povertà mediante la creazione pubblica di posti di lavoro.
Ed infatti, Boris Johnson, nella sua campagna elettorale ha molto enfatizzato questi temi – in particolare quello del rafforzamento della sanità pubblica…. Relativi alla maggior capacità, derivante dall’uscita dall’Ue, di svolgere politiche fiscali e industriali più estese e più mirate alle esigenze del Paese”.
Sicché gli eurocrati che conta(va)no che “ Boris dovrà arrendersi a tutte le richieste di Michel Barnier (che guida la task force eurocratica per trattare i dettagli dell’uscita con Londra) per ottenere accordi commerciali con la UE alla svelta e a qualunque costo”, si fanno delle illusioni, dice Evans Pritchard : Boris, come si vede, ha un tesoretto e un cuscinetto finanziario, “mentre l’Europa è ferita ed esaurita; è pericolosamente vicina alla deflazione strutturale ed ha una soglia di dolore bassa.
” La Germania è in crisi industriale ormai da sette trimestri. Non solo: secondo Goldman Sachs, in questa caduta tedesca, la prospettiva del Brexit (perdita di un grosso mercato delle sue auto, crisi della catene di approvvigionamento, chiusure di canali fiduciari) ha avuto l’effetto determinante”.
Una bellissima eterogenesi dei fini: tanto più se si pensa che nei mesi scorsi, l’oligarchia di Bruxelles (vedi Martin Selmayr, il badante di Juncker ) ha cercato i modo di punire l’Inghilterra per la sua decisione, facendole pagare un prezzo altissimo, anche per non far veder ad altri che, fuori dalla UE, si prospera:
“La feroce umiliazione che hanno inflitto a Theresa May, obbligandola a presentare al Parlamento un accordo in tali termini che nessuno stato sovrano poteva ragionevolmente accettare”, ha avuto anche questo effetto collaterale: di aggravare l’ultima recessione e spingere la zona euro in profondità in una crisi strutturale.
E Juncker e il suo badante hanno continuato a stringere i ceppi dei loro”strumenti di tortura”, fino a quando è stata la Merkel s’è accorta che la tortura aveva un effetto sull’economia tedesca, avrebbe detto: “Non siamo capaci di inventare un testo che Johnson possa firmare?”
Si aggiunga che questa geniale classe dirigente UE-tedesca si è posta in rotta di collisione con l’America di Trump, mentre ovviamente Boris ha rapporti ottimi.
Si aggiunga l’evidente cambiamento del pensiero francese – e di Macron – l’impazienza verso la UE frenata da Berlino, e la NATO in morte celebrale. Macron ha un interesse decisivo a tenersi Londra – la sola che abbia un’altra decente forza armata – più vicina possibile nel sistema europeo di difesa e sicurezza, che lui vuole più autonomo da Washington.
Forse che albeggia nella oligarchia di Bruxelles e nella leadership tedesca una consapevolezza del disastro a cui hanno ridotto “il sogno europeo”? Macchè. Dopo l’alterco che hanno avuto con Trump al vertice NATO, la Von der LEyen e i suoi boys al potere a Bruxelles hanno concepito un piano grandioso: “I leader della UE ritengono che è ora che l’euro debba svolgere un ruolo più ampio per competere contro gli Stati Uniti e la Cina”. Ne ha dato notizia il Financial Times
L’euro, moneta disfunzionale per volontà tedesca, dovrebbe diventare moneta di riserva da far paura al dollaro e contrastate pure Pechino, già che c’è. L’economista Ashoka Mody, di solito compassato, si è domandato quale sostanza illegale stiano fumando negli uffici di Bruxelles.
"EU leaders believe the euro needs to play a larger role in order to compete against the US and China" What illegal substance are euro leaders inhaling?
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Forse è la chiave giusta per capire: la bolla in cui vivono i privilegiati, che anche in Italia non ha permesso di vedere il trionfo di Boris Johnson, come già successe alle elezioni di Trump. Ma la droga si chiama arroganza e delirio di potenza. Fonte: qui
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