MA TRA I VOTANTI, PIÙ DI 9 SU 10 ERANO PER IL PUGNO DI FERRO
IL GOVERNO ORA VUOLE UNA LEGGE: NIENTE STRANIERI SENZA IL VIA LIBERA DEL PARLAMENTO
Marco Imarisio per il “Corriere della Sera”
Lo schiaffone che Viktor Orbán voleva dare all' Unione Europea si rivela al massimo uno scappellotto, con potenziale effetto boomerang. Il referendum contro le quote dei migranti assegnate da Bruxelles, voluto e imposto dal primo ministro non ha raggiuntoil quorum del cinquanta per cento, quindi non è valido. Il suo risultato non conta nulla. O almeno non dovrebbe contare, Costituzione ungherese alla mano.
Al mattino presto, dopo aver votato nella scuola di un ricco sobborgo di Budapest, Orbán aveva già messo le mani avanti, dicendo che a prescindere dalla percentuale dei partecipanti, lo scontato plebiscito per il No all' accoglienza dei 1.300 profughi deciso da Bruxelles avrebbe avuto comunque serie conseguenze giuridiche. Le dichiarazioni fatte all' uscita del ginnasio non sono state solo un tentativo di vedere il bicchiere mezzo pieno in vista di un possibile fallimento. Rappresentano anche una anticipazione di quel che ben presto avverrà in Ungheria.
«Meglio un referendum valido che uno non valido - ha detto -. Le conseguenze legali si applicheranno in ogni caso. L' unica cosa importante è che ci siano più No che Sì».
Cambierà la Costituzione. Lo strappo con l'Unione europea ci sarà comunque. A urne ancora aperte Orbán ha promesso di creare una linea politica che permetta al Parlamento ungherese di essere l' unico soggetto tenuto a decidere sull' eventuale accoglienza dei migranti. «Noi, e non altri», ha sorriso prima di salutare.
Il copione sembra già scritto, a prescindere dal referendum. Il suo esito ha una importanza relativa, almeno in Ungheria. E infatti le prime parole ufficiali dopo l' annuncio del mancato quorum sembrano un inno alla gioia. «Una vittoria a valanga».
Al vicepremier Zsolt Semjén è toccata la parte dell' entusiasta. «Con questa alta partecipazione il governo ha ricevuto un chiaro mandato per rigettare le quote imposte dall' Unione europea, ed è esattamente quel che faremo, se necessario modificando anche la nostra carta costituzionale».
La surreale conferenza stampa tenuta da Orbán in una sala dove non sono stati ammessi i giornalisti testimonia però un certo nervosismo latente tra le fila dell' aspirante uomo forte del blocco dell' Est. Sottovoce e silenziati dall' enfasi governativa, ma i numeri parlano chiaro. La maggioranza degli ungheresi è rimasta a casa, accogliendo l' invito all' astensione fatto da una maggioranza quasi sempre silenziata e per giunta divisa. Potevano votare 8.167.068 persone.
Lo hanno fatto solo in tre milioni e duecentomila, pari al 43,9 degli aventi diritto. Il No ha vinto con il 95 per cento. Le cifre sul mancato quorum avrebbero potuto essere ancora più pesanti di altri sette punti percentuali per il governo se alcune formazioni politiche minori non si fossero distinte facendo appello per il Sì o per la scheda nulla.
Il plebiscito che Orbán chiedeva non c' è stato. Alla fine l' esuberante primo ministro ungherese si ritrova con lo stesso risultato delle elezioni politiche del 2014. La base elettorale del No corrisponde infatti alla somma dei voti presi da Fidesz, il partito di governo, e dall' ultradestra di Joppik, che si è mobilitata per la consultazione ma è stata la prima a presentare il conto chiedendo le dimissioni del premier. «Si è fatto un autogol, il referendum è stato un fallimento politico».
Il capo della Coalizione democratica Ferenc Gyurcsàny si è invece ritrovato con una opposizione rivitalizzata per grazia ricevuta. «Se il governo non ascolta la voce della maggioranza significa che è politicamente sordo».
La prima sconfitta di un uomo non abituato a perdere può provocare problemi di udito. Viktor Orbán infatti ha reagito alla sua maniera, tirando dritto come fa da quando ha preso il potere. «Si tratta di un risultato sensazionale. Abbiamo vinto. Ha votato No alla quote di Bruxelles lo stesso numero di persone che nel 2003 avevano approvato l' ingresso nell' Unione europea. Il nostro governo intende inserire nella Costituzione la decisione presa oggi dagli ungheresi. Entro un paio di giorni farò la proposta ufficiale al Parlamento». Fonte: qui
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