PROPRIO IL CONTRARIO DEGLI OBIETTIVI DELLA RIFORMA
BOOM DEI VOUCHER
1. L’INPS SMONTA LE FAVOLE DI RENZI
Maurizio Belpietro per “La Verità - laverita.info”
Fino a ieri sera non si segnalavano tweet del presidente del Consiglio, tuttavia il silenzio via web non deve essere mal interpretato. Essendo impegnato in un viaggio istituzionale, ossia in una merenda alla Casa Bianca prima che Barack Obama faccia le valigie, è probabile che Matteo Renzi non abbia ancora potuto prendere visione degli ultimi dati sul mercato del lavoro rilasciati dall' Inps.
Dunque, l' assenza di commenti non deve indurre in affrettati giudizi. Se il premier tace dopo mesi in cui si è dimostrato assai loquace di fronte al più piccolo segno di crescita delle assunzioni non è perché annichilito dai dati negativi, ma in quanto occupato da gravosi appuntamenti oltreoceanici.
Il viaggio in America, studiato fin nei dettagli per consentire al capo del governo di godere della luce riflessa dell' uscente presidente Usa nell' ora più difficile del referendum sulla nuova Costituzione, lo ha assorbito completamente, al punto di non consentirgli di riflettere sugli ultimi drammatici dati occupazionali.
Le cifre diffuse dall' ente presieduto da Tito Boeri, del resto, lasciano poco spazio ai commenti. Che cosa si può aggiungere di fronte al crollo delle assunzioni e all' impennata dei licenziamenti per giusta causa? Che postille apporre scorrendo la corsa senza fine dei voucher, ossia di quei ticket che si comprano in tabaccheria per pagare a ore chi è ingaggiato per svolgere i lavori più umili e meno garantiti?
Altro che #lavoltabuona, uno degli hashtag più graditi dal presidente del Consiglio. Meglio lanciare #lavoronero, perché di questo in gran parte si tratta, e il boom si registra principalmente in alcune regioni meridionali, ossia in terre in cui sono forti il caporalato e la criminalità.
Lo storytelling renziano, di fronte ai numeri, perde ogni aggancio alla realtà. «L' Italia è ripartita», «Siamo nel gruppo di testa dell' Europa», «L' economia è in ripresa»: tutte frasi che ora appaiono per quel che sono, ossia prive di senso. Nonostante il Jobs Act, i contratti a tempo indeterminato (che poi, dopo la cancellazione dell' articolo 18 per i nuovi assunti, non hanno più ragione di essere chiamati così) in 8 mesi sono crollati del 32,9 per cento. Nel frattempo, i licenziamenti per giusta causa o per motivi economici sono aumentati del 31 per cento. Giù anche le trasformazioni dei contratti precari in contratti stabili: meno 35,4 per cento. E su100 assunzioni, solo un quarto sono da considerarsi fisse. Senza dire dei quasi 100 milioni di voucher utilizzati da gennaio ad agosto.
Insomma, se i dati dell' Inps dovevano indicare la ripresa della crescita economica, finisce che testimoniano l' esatto contrario. E soprattutto documentano che la riforma del mercato del lavoro non ha avuto alcun effetto sul mercato del lavoro. Semmai, come da più parti segnalato, il boom di assunzioni registrato lo scorso anno è dovuto alla decontribuzione, ossia al generoso sconto garantito dallo stato sui versamenti previdenziali. Ma finita la pacchia (quest' anno il beneficio è stato ridotto ai minimi termini) sono finite anche le assunzioni. Creare quei posti di lavoro, allo Stato, è costato molto, ma il molto ha prodotto poco o nulla. In particolare, non ha consentito di dar vita a posti stabili, che ai giovani permettessero di pianificare il proprio futuro.
Viste dopo due anni di rodaggio, le misure del governo Renzi in materia economica appaiono dunque inefficaci. Propaganda e poco altro. Il Pil è cresciuto più per i soldi messi a disposizione dal governatore Bce che per quelli generati in casa e l' occupazione è salita solo per l' aiuto di Stato. Ma come tutte le droghe, una volta svanito l' effetto Draghi e fondi pubblici, resta solo un gran mal di testa e la certezza che nulla è cambiato.
È con questo bilancio che Renzi, il 4 dicembre, si presenterà agli elettori. E per quanto stupefacente sia l' accoglienza di Obama, alla fine sul voto conterà la realtà dei posti di lavoro e dell' economia. Perché in Italia i disoccupati votano. Mentre Barack, anche se disoccupato, no.
2. FRENA L'OCCUPAZIONE, BOOM DEI LICENZIAMENTI
R.Am. per “la Repubblica”
Indietro tutta. Diminuiscono le assunzioni, in particolare quelle a tempo indeterminato, e aumentano i licenziamenti. Tra gennaio e agosto, registra l’Osservatorio sul Precariato dell’Inps, i licenziamenti sui contratti a tempo indeterminato sono passati dai 290.656 del 2015 a 304.437, con un aumento del 4,7 per cento. In particolare quelli per giusta causa e giustificato motivo soggettivo passano da 36.048 a 46.255, con un aumento del 28 per cento: potrebbe aver giocato un ruolo importante l’attenuazione dell’art.18 e la quasi impossibilità di ottenere il reintegro del posto di lavoro nel caso di licenziamento ingiusto.
Dopo il picco del dicembre 2015, quando il 67 per cento delle nuove assunzioni era a tempo indeterminato, ad agosto la percentuale è scesa al 24,9 per cento, molto più bassa del 30 per cento “preincentivi”. Nei primi 8 mesi del 2016 le assunzioni a tempo indeterminato sono state 805.168, con un calo del 32,9 per cento rispetto allo stesso periodo del 2015. Ma si registra un calo del 7 per cento anche rispetto al 2014, quando ancora non erano in vigore gli incentivi. A conferma dell’inversione di tendenza, tornano a crescere le assunzioni a termine: nei primi otto mesi del 2016, si registrano 2.385.000 assunzioni, in aumento sia sul 2015 (più 2,5%), che sul 2014 (più 5,5%). E si conferma anche lo straripamento dei voucher, quelli da 10 euro venduti fino ad agosto arrivano a 96,6 milioni, con un aumento del 35,9% rispetto allo stesso periodo del 2015.
Il risultato complessivo è quello di un arretramento: le assunzioni totali effettuate nei primi otto mesi del 2016 (comprese quelle a termine) nel settore privato sono state 3.782.043, con un calo dell’8,5 per cento sullo stesso periodo del 2015. Più che di fallimento del Jobs Act sembra il retroeffetto degli incentivi sul lavoro, che quest’anno si limitano al 40% con un tetto di 3.250 euro.
Gli esponenti politici dell’opposizione accusano il governo di aver sbagliato tutte le politiche del lavoro, qualcuno parla di “Flops Act”. «Molti ci avevano accusato di essere gufi. Le nostre preoccupazioni si stanno però concretizzando. In assenza di investimenti, diritti e ammortizzatori si sta verificando un picco di licenziamenti», accusa la leader della Cgil Susanna Camusso, che osserva anche come «si inizino a vedere gli effetti concreti dell’aver abolito la tutela nei confronti del licenziamento, con particolare riferimento a quelli individuali o disciplinari».
Il governo difende il Jobs Act e prova a dare una lettura diversa dei dati: «È una buona legge, - dice il ministro del Lavoro Giuliano Poletti - perché a fronte del meno 32% di oggi bisogna considerare che l’anno scorso è stato registrato un più 100%». Mentre il responsabile Economia del Pd Filippo Taddei invita alla consultazione dei dati Istat, che mostrano l’aumento di occupazione stabile più alto dal 2009. E ricorda che «non sappiamo come si distribuiscano i licenziamenti per giusta causa o giustificato motivo soggettivo tra le imprese sotto e quelle sopra i 15 addetti, quelle cioè in cui valeva l’articolo 18 ».
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