CAUSA DELL’OTTUSITÀ DI BRUXELLES E DEI BUROCRATI, IL VAFFA-UE E’ DILAGATO OVUNQUE: PERSINO LA SVIZZERA RITIRA LA SIMBOLICA ADESIONE ALL’UE
La perdita del Pil olandese entro il 2030, in caso di uscita britannica dall' Ue, potrebbe essere di 10 miliardi di euro
Il governo dell' Aja è preoccupato, anche perché a aprile un chiaro segnale di insofferenza anti-Ue si è avuto con il referendum che ha visto un 60% di no all' accordo di associazione dell' Ucraina con l'Ue
Maurizio Stefanini per “Libero quotidiano”
Per ora la battaglia referendaria in corso nel Regno Unito non ha bloccato il processo di allargamento dell' Unione Europea. È vero che l' Islanda il 12 marzo 2015 ha ritirato la domanda di adesione che aveva presentato nel 2009, ma lì era stata più che altro la crisi a tentare l' isola a provare un percorso europeo di cui si è subito pentita non appena l' economia si è ristabilita.
Sono però in corso i negoziati di adesione di Turchia, Macedonia, Montenegro, Serbia e Albania, anche se in particolare l' adesione di Ankara appare problematica. E si sa che spingono per essere ammessi al club anche Bosnia-Erzegovina e Kosovo: per non parlare dell' Ucraina, le cui possibilità sono però nulle fino a quando non sarà stata riportata la stabilità.
Anche la Svizzera aveva però in corso una domanda formale di adesione. Non all'Unione Europea ma alla precedente Comunità Economica Europea, visto che risale a 22 anni fa.
Ma giusto ieri sull'impressione di quel che sta accadendo Oltremanica il Consiglio degli Stati, camera alta elvetica, ha deciso il ritiro ufficiale, con 27 voti contro 13 e 2 astensioni, e approvando una mozione che la destra dell' Udc-Svp aveva già fatto approvare alla camera bassa del Consiglio Nazionale, con 126 voti contro 46 e 18 astensioni. Un atto platonico e dunque secondo i suoi avversari inutile.
«Inutile gettare benzina sul fuoco in un momento in cui le nostre relazioni con Bruxelles sono tese», ha detto il socialista Didier Berberat. Ma i sostenitori hanno invece insistito sull' opportunità di inviare un segnale chiaro al popolo, nella sua maggioranza contrario ad un' adesione.
È possibile che da Londra e Berna inizi ora un effetto domino?
È stato lo stesso ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble a paventarlo, in un' intervista allo Spiegel. E proprio lui si è chiesto: «come reagirebbero per esempio i Paesi Bassi, che sono tradizionalmente molto legati al Regno Unito»?
La perdita del Pil olandese entro il 2030, in caso di uscita britannica dall' Ue, potrebbe essere di 10 miliardi di euro. Il governo dell' Aja è preoccupato, anche perché a aprile un chiaro segnale di insofferenza anti-Ue si è avuto con il referendum che ha visto un 60% di no all' accordo di associazione dell' Ucraina con l' Ue. È vero che ha votato solo il 30%, ma comunque quella quota minima è bastata a rendere la consultazione valida.
Anche nella Repubblica Ceca il sentimento anti-Ue sta montando, e i primo ministro Bohuslav Sobotka ha avvertito che se i britannici se ne vanno è quasi sicuro entro qualche anno un referendum anche da loro.
Il bello è che secondo un' analisi dell' Eurobarometro i britannici sono appena al settimo posto in questo momento nella classifica di ostilità all' Ue tra i cittadini europei: li precedono, nell' ordine, greci, ciprioti, austriaci, gli stesso cechi, i francesi e i tedeschi.
E già questa graduatoria dà l' idea di quelli che potrebbero essere le prossime carte del castello a cadere. Il Fronte Nazionale ha in effetti promesso un referendum in Francia se vince le presidenziali del 2017, la Fpö farebbe un passo del genere in Austria se vince le politiche del 2018, e c' è timore anche per quello che potrebbe succedere in Italia nel 2018 con il Movimento Cinque Stelle. Quanto alla Finlandia, in questo momento il dibattito non è sull' uscita dall' Ue, ma dall' euro.
Ma spesso nella storia le secessioni portano contro-secessioni. Avvenne ad esempio dopo l' elezione di Lincoln negli Stati Uniti, quando la Virginia aderì alla Confederazione sudista, e allora il West Virginia fece secessione dai secessionisti per restare con l' Unione.
Vicende analoghe si sono viste anche dopo la dissoluzione dell' Unione Sovietica e della Yugoslavia.
E oggi l' uscita del Regno Unito dall' Unione Europea può essere per i nazionalisti scozzesi l' occasione di riprendere il discorso che con la sconfitta al referendum indipendentista del 2014 per loro non è stato abbandonato ma è solo sospeso. Anche perché in caso di Brexit in Scozia temono per il loro export di whisky (valutato in 5,2 miliardi di euro) nel mercato comune europeo.
Fonte: qui
Nessun commento:
Posta un commento