NELL’AVVISO DI CHIUSURA DELL’INDAGINE C’E’ UNA FOTO COMPROMETTENTE CHE RITRAE CIRO GRILLO CHE APPOGGIA I PROPRI GENITALI SULLA TESTA DI UNA DELLE DUE RAGAZZE MENTRE QUESTA E’ IN STATO DI INCOSCIENZA PERCHÉ ADDORMENTATA
I GUAI DI CIRO TENGONO IN OSTAGGIO BEPPEMAO E TUTTO IL MOVIMENTO: “L’ELEVATO” RISCHIA DI FINIRE ALL'ANGOLO
Giacomo Amadori Fabio Amendolara per “la Verità”
Con il deposito degli atti del processo di Tempio Pausania contro Ciro Grillo e tre suoi amici (Francesco Corsiglia, Edoardo Capitta e Vittorio Lauria) il clima politico rischia di surriscaldarsi. Sino al nostro scoop di ieri nessuno (o quasi nessuno) in Parlamento sapeva che cosa contenesse davvero il fascicolo giudiziario per violenza sessuale di gruppo aggravata dall' uso di sostanze alcoliche, un processo che sembrava avanzare a tempo di lumaca verso un binario morto. Tanto che molti, nel governo giallorosso, stavano tirando un sospiro di sollievo. Ma adesso è arrivata la bomba.
Nell' avviso di chiusura delle indagini viene ricostruita la terribile notte di S. J. e R. M., le due amiche finite nelle grinfie del branco dopo una serata ad alto tasso alcolico. Ma, anche se non si parla di video, si fa riferimento a una compromettentissima foto che ha come protagonista proprio Ciro: «In particolare Grillo, alla presenza di Capitta che scattava fotografie per immortalarlo e di Lauria, appoggiava i propri genitali sul capo di R. M., la quale, in stato di incoscienza perché addormentata, era costretta a subire tale atto sessuale» hanno scritto il procuratore Gregorio Capasso e la pm Laura Bassani.
Uno scatto che è stato depositato e che è adesso nella disponibilità delle parti. Ma quell'immagine brutale del maschio dominante che estrae lo scettro della sua virilità e lo poggia come atto di sottomissione sulla testa di una giovane svenuta sarà difficile da far digerire a un elettorato fortemente legalitario. Ma soprattutto il padre di tanto virgulto come affronterà il procedimento giudiziario?
Attaccherà i pm come un Renzi qualsiasi? Scaricherà il figlio? Lo difenderà a dispetto di tutto, anche di fronte a quella foto ipermaschilista di un giovanotto già capace di scrivere su Internet «ti stupro bella bambina»? Certo la vicenda nei prossimi mesi non potrà non influire sugli equilibri dei 5 stelle, già lacerati dai conflitti interni. Quel che è certo è che il processo sardo è una mina su cui stanno danzando in molti, a partire dai magistrati (basti ricordare che il Guardasigilli Alfonso Bonafede è un fedelissimo di Grillo) che in tutta questa storia stanno evitando ogni esposizione mediatica o diffusione di atti giudiziari, cosa rarissima in casi come questo.
Nei mesi scorsi avevamo sottolineato la lentezza delle indagini e c'era chi parlava di archiviazione annunciata. Il tempo medio trascorso tra l'iscrizione nel registro delle notizie di reato e il rinvio a giudizio o l'archiviazione è stato stimato, dalla Direzione generale di statistica del ministero della Giustizia, in 216 giorni per il delitto di atti persecutori e in quasi 400 per quelli di violenza sessuale e maltrattamenti.
In questo caso le indagini sono state chiuse 493 giorni dopo il fatto, ma per l'eventuale rinvio a giudizio si potrebbe arrivare ben oltre i 600, cioè un terzo in più della media. Qualcuno potrebbe obiettare che in mezzo c'è stato il lockdown.
Tempi a parte, sarà difficile per gli indagati mettere tutto a tacere o comprare il silenzio delle famiglie delle vittime. Infatti i giovanotti avrebbero abusato di ragazze con alle spalle famiglie dai moltissimi mezzi. Il padre di S. J. gestisce un fondo, la madre è una manager, il babbo di R. M. è un importante banchiere che ha ricoperto incarichi apicali anche in istituti americani e svizzeri. I papà sono due finanzieri di livello internazionale (le figlie sono nate a Bruxelles e a Londra) e le loro ragazze si sono conosciute in uno dei più esclusivi licei di Milano. Entrambe le famiglie hanno scelto il massimo riserbo, che non va scambiato per arrendevolezza. Anzi.
I genitori di S. J., quando hanno visto che il procedimento andava a rilento, hanno ingaggiato l'avvocato Giulia Bongiorno, uno dei legali più quotati d'Italia. Un messaggio chiaro ai magistrati, ma anche alla famiglia Grillo. A ingaggiare la Bongiorno è stato T. J., norvegese di origine e milanese di adozione. L'uomo, dai toni pacatissimi, è però molto deciso.
«Tutte le altre istituzioni sono state più che veloci, più che competenti, più che lodevoli e dal nostro punto di vista i tempi si sono allungati nel processo, e si può dire che è sempre così in Italia e in alcuni altri Paesi. Uno può archiviare questa sensazione di lentezza nella scatola c e dire che il sistema è lento in ogni processo [] il sistema è quello che è, dobbiamo essere fiduciosi che produca quello che deve produrre e alla fine porti a una giustizia imparziale rispetto a tutto. La sola influenza che abbiamo noi è di scegliere una persona che può ben rappresentare nostra figlia []Noi ovviamente speriamo che nel nostro caso si vada a processo e che tutto proceda secondo giustizia».
Gli abbiamo ricordato che in Italia c'è una legge, il cosiddetto codice rosso che dovrebbe accelerare, questo tipo di procedimenti: «Un anno fa, mi ricordo bene, la notizia aveva creato un po' di speranza per un processo veloce». Una scorciatoia che non sembra aver funzionato in questo caso. Quando qualche settimana fa avevamo chiesto a T. J. se non ci fossero prove evidenti di costrizioni nei confronti della sua ragazza aveva sorriso amaro: «Penso che non dovrei commentare il caso perché è il patto con il nostro avvocato.
Ho parlato già troppo, vero?».
Gli riferimmo che ci sembrava stano che un cittadino italiano medio, nei suoi panni, si sarebbe lamentato della giustizia italiana e del peso politico della controparte. Risposta: «Io sono sicuramente uguale, ma ho tanto rispetto di quelli che abbiamo incontrato e che hanno mostrato grande impegno, aiutandoci in ogni fase, dal pronto soccorso ai carabinieri».
Si capisce che non si fida sino in fondo del nostro sistema giudiziario e ricorda che nella finanza non amano firmare contratti soggetti alla giurisdizione dei tribunali italiani. Ma alla fine il suo unico pensiero è per sua figlia: «Io sono il padre che deve stare vicino alla figlia e basta [] purtroppo una ferita fisica, un virus può passare, ma i danni che fanno le persone, questi trasgressori, non vanno via facilmente».
Così T.J.. E l' altro papà, P.M., il banchiere? E ancora più defilato. A quanto ci risulta non avrebbe preso un avvocato, né al momento sarebbe intenzionato a costituirsi parte civile nonostante gli sia stato recapitato l'avviso di chiusura indagini in cui la figlia è stata considerata vittima di abusi. Grillo, che in questo periodo non si mostra molto in giro, non ha smesso di essere attivo sui social anche quando, forse, aveva già ricevuto l'avviso di chiusura delle indagini, firmato il 6 novembre dai pm. L'Elevato potrebbe aver ricevuto la notifica già quel giorno.
Il 9 su Facebook ha pubblicato un post su come il codice postale plasmi profondamente il destino di chi vive nelle grandi città. E nei giorni a seguire ha parlato di digitale e di riserve indiane. Il 15 ha postato una frase di Italo Calvino: «Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall' alto, non avere macigni sul cuore». E passando per vari commenti ecologisti, è arrivato a ieri discettando di riconversione dei «sistemi produttivi nazionali verso la neutralità climatica». Come se nulla fosse accaduto. Fonte: qui
Ciro Grillo e lo stupro. «Il gruppo costrinse le ragazze a bere»
Le accuse dei pm e i video dei rapporti del gruppo del figlio di Beppe Grillo. «Così le accerchiarono dentro la villa»
Quella sciagurata notte, a Porto Cervo, fu senza freni. C’era chi beveva senza limite, chi abusava, chi fotografava gli abusi e chi li filmava, per poi scambiarsi i ruoli. E c’erano loro, le due ragazze, studentesse figlie dell’alta borghesia milanese, rimorchiate al Billionaire dai quattro amici e finite a casa di uno di loro, Ciro, il figlio ventenne di Beppe Grillo. Quattro ragazzi, molta vodka e un party da chiudere con un chiaro obiettivo: sesso. Nessuno nega che il finale sia stato quello ma il punto è un altro: le ragazze erano consenzienti, come sostengono i quattro amici, o c’è stata violenza, come ha denunciato una delle due? La Procura di Tempio Pausania, che ha chiuso le indagini su questa delicata vicenda che risale al 17 luglio dello scorso anno, giudica credibile la ragazza e dunque considera le studentesse vittime di violenza sessuale. E carica l’accusa con due aggravanti: quella di averla commessa con l’uso di «sostanze alcoliche» e in gruppo.
«Ero completamente ubriaca»
Cioè, gli inquirenti ritengono che i ragazzi abbiano prima ubriacato le studentesse e poi approfittato dello stato di torpore e semincoscienza in cui erano piombate. I quattro «costringevano e comunque inducevano S., abusando delle sue condizioni di inferiorità fisica e psichica dovuta all’alcol, a subire e compiere atti sessuali», scrive il pm Laura Bassani nel documento di chiusura delle indagini. Insomma, S. non era più in sé e loro l’avrebbero stuprata. Conclusione alla quale gli inquirenti sono giunti dopo aver analizzato i telefonini dei quattro giovani, tutti ventenni genovesi di buona famiglia, nei quali sono stati trovati video e foto che confermerebbero la versione data dalla ragazza: «Ero completamente ubriaca, hanno continuato a farmi bere anche dopo l’uscita dalla discoteca». Dopo aver esaminato le immagini i magistrati hanno così stabilito che Ciro e i suoi amici l’hanno obbligata «a bere della vodka tenendola per i capelli e costringendola ad avere rapporti sessuali». C’è un video di quella notte considerato più significativo degli altri perché riprenderebbe la violenza di gruppo. È stato girato dagli stessi ragazzi mentre si alternavano con S.
La Procura ha ricostruito la sequenza dei fatti
Per la Procura è un forte indizio. Per la difesa, il contrario, si tratterebbe della dimostrazione che il quartetto non aveva nulla da nascondere, essendo la ragazza consenziente. La Procura ha ricostruito la sequenza dei fatti: uno degli amici di Grillo, Franco Corsiglia, getta sul letto S., la bacia, cerca un rapporto, lei si libera ed esce dalla stanza. Il giovane la insegue, la blocca e la costringe a un primo rapporto. Mentre gli altri ridono, lui la insegue, la raggiunge e la spinge nel box doccia, «dove la costringe a un altro rapporto»”. Dal documento dell’accusa emerge una notte da incubo. L’amica, dopo la sbornia, era invece caduta in un sonno profondo.
«La foto, una prova importante dell’abuso»
E qui spunta Ciro che viene immortalato da uno scatto osceno con la ragazza. Gli inquirenti considerano la foto una prova importante dell’abuso e lo sarebbe più dei video perché l’immagine si presta a poche interpretazioni. Come si difendono i ragazzi? «Rapporti consenzienti», hanno ripetuto in questi mesi. «Nessun commento», è oggi il refrain dei loro legali. Temono la strumentalizzazione politica della vicenda, che potrebbe ripercuotersi su Beppe Grillo e sul Movimento Cinque Stelle. Defilata è rimasta anche l’avvocata della ragazza, Giulia Bongiorno: «Non parlo». È uno dei rari casi giudiziari italiani di silenzio assoluto delle parti in causa. Fonte: Corriere.it
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